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Bundesverwaltungsgericht Urteil A-5028/2013

Urteilsdetails des Bundesverwaltungsgerichts A-5028/2013

Instanz:Bundesverwaltungsgericht
Abteilung:Abteilung I
Dossiernummer:A-5028/2013
Datum:12.05.2014
Leitsatz/Stichwort:Controlli di sicurezza relativi alle persone
Schlagwörter : ;autorità; ;arma; Quot;; Tribunale; Servizio; ;esercito; ;audizione; ;incarto; ;emanazione; Stato; Orbene; ;esame; ;interpretazione; ;ultima; ;obbligo; ;impedimento; Facebook; ;estremismo; ;apprezzamento; ;applicazione; ;interessato; ;altro; SCOLARI; Diritto; ;ordinanza; Nella; Personale; ;ultimo; ;esercizio; Contro
Rechtsnorm: Art. 113 OR ;
Referenz BGE:-
Kommentar:
-

Entscheid des Bundesverwaltungsgerichts

B u n d e s v e r w a l t u n g s g e r i c h t

T r i b u n a l a d m i n i s t r a t i f f é d é r a l

T r i b u n a l e a m m i n i s t r a t i v o f e d e r a l e T r i b u n a l a d m i n i s t r a t i v f e d e r a l

Corte I

A-5028/2013

S e n t e n z a d e l 12 m a g g i o 2 0 1 4

Composizione Giudici Claudia Pasqualetto Péquignot (presidente del collegio), Marianne Ryter, Maurizio Greppi, cancelliera Sara Friedli.

Parti A. ,

patrocinato dall'avv. Alessandro Mazzoleni, ricorrente,

contro

Servizio specializzato per i controlli di sicurezza relativi alle persone,

Protezione delle informazioni e delle opere (PIO), Papiermühlestrasse 20, 3003 Bern,

autorità inferiore.

Oggetto Controllo di sicurezza relativo alle persone (art. 113 LM).

Fatti:

A.

Il Servizio specializzato per i controlli di sicurezza relativi alle persone (di seguito: Servizio specializzato) in seno alla Protezione delle informazioni e delle opere (PIO) è stato incaricato dallo Stato maggiore di condotta dell'esercito, Personale dell'esercito (AFC1), con il consenso del signor A. , di effettuare nei confronti di quest'ultimo un controllo di sicurezza relativo alle persone riguardo all'obbligo di leva.

B.

Durante il carnevale di X. 2013, il signor A.

è stato

coinvolto in uno scontro fisico nel quale i due accompagnatori di un ragazzo ubriaco - che lo ha provocato verbalmente e fisicamente - "gli sono saltati addosso". In tali circostanze, il signor A. ha sferrato un pugno ad uno dei suoi aggressori, dopo essere stato dapprima attaccato. Tale episodio non ha avuto alcuna conseguenza giuridica. Se non per aver manomesso il proprio ciclomotore nel 2010, di fatto il signor A. non è mai stato segnalato per altri reati.

C.

Il 24 luglio 2013, il Servizio specializzato ha provveduto ad effettuare l'audizione personale registrata del signor A. .

D.

Lo stesso giorno, dopo gli accertamenti esperiti e dall'audizione stessa del signor A. , il Servizio specializzato ha informato quest'ultimo circa la propria intenzione di emanare nei suoi confronti una dichiarazione di sicurezza vincolata o una dichiarazione di rischio, per mezzo dell'apposito formulario denominato "Diritto di essere sentito", ove sono altresì riportati i risultati degli accertamenti:

"Iscrizioni nei registri

Segnalazione reparto medico centro di reclutamento del 23.07.2013:

  • tatuaggio [ ]

    Breve rapporto informativo della polizia cantonale ticinese del 24.07.2013:

  • 2007: smarrimento carta d'identità

  • 2010: sequestro licenza di circolazione e contravvenzione per ciclomotore manomesso

  • non risulta abilitato all'esercizio della caccia in Ticino

  • non ha richiesto un permesso civile di acquistare armi

    Analisi profilo Facebook del 24 luglio 2013

  • indizi relativi a estremismo di destra

    Dichiarazioni effettuate durante l'audizione personale (se applicabile)

  • intorno ai 15 anni di età ha ripetutamente partecipato a scontri fisici. Se veniva provocato cercava il confronto. In almeno un'occasione gli è capitato di prendere a pugni sul viso una persona.

  • ideologie di destra, nazionalista.

  • è cosciente del fatto che il tatuaggio [ ], nella società in cui vive, rappresenta l'estremismo di destra.

  • approva alcune delle idee del fascismo ".

Criteri di valutazione di rischio

Integrità - potenziale di aggressione/violenza - sospetto di estremismo - valore mediatico [ ]".

Nel predetto documento, il signor A. ha dichiarato di rinunciare a prendere posizione in forma scritta al riguardo indicando "Non prendo posizione". Tale rinuncia è poi stata da lui rinnovata espressamente mediante sottoscrizione del formulario denominato "Dichiarazione di rinuncia" del 24 luglio 2013.

E.

Il 24 luglio 2013, lo Stato maggiore di condotta dell'esercito, Personale

dell'esercito (AFC1), ha emanato nei confronti del signor A. la

decisione relativa al licenziamento anticipato dal reclutamento, indicando che "l'attuale valutazione quale rischio per la sicurezza non permette un reclutamento".

F.

Con scritto 26 luglio 2013, il signor A.

ha presentato reclamo

contro la predetta decisione dinanzi al Capo dell'esercito, il quale ha poi respinto lo stesso con decisione 14 novembre 2013.

G.

L'8 agosto 2013, il Servizio specializzato ha emesso nei confronti del signor A. una dichiarazione di rischio, decretando che (1) esiste un motivo di impedimento per la cessione dell'arma personale al quest'ultimo e (2) ha consigliato di non cedergli l'arma personale. Tale raccomandazione si fonda sul risultato degli accertamenti esperiti dall'autorità, nonché su quanto emerso durante l'audizione del signor A. .

H.

Contro la predetta dichiarazione di rischio, il signor A. (di seguito: ricorrente) - per il tramite del suo patrocinatore - ha presentato ricorso il 9 settembre 2013 dinanzi al Tribunale amministrativo federale. Protestando tasse, spese e ripetibili, egli postula l'accoglimento del proprio gravame con conseguente annullamento della decisione impugnata e rinvio degli atti all'autorità inferiore per ulteriori e più approfonditi accertamenti ed in particolare per permettergli di esercitare il proprio diritto di essere sentito. A suo dire, non gli sarebbe stato infatti concesso di poter visionare l'incarto così come nemmeno di poter esprimere le proprie prove e considerazioni prima dell'emanazione della decisione.

I.

Con scritto 15 novembre 2013, l'autorità inferiore ha postulato il rigetto del ricorso, indicando in particolare che di fatto il diritto di essere sentito del ricorrente sarebbe stato pienamente rispettato.

J.

Con ordinanza 27 novembre 2013, lo scrivente Tribunale ha impartito al ricorrente un termine scadente il 15 gennaio 2014 per presentare le proprie osservazioni finali.

K.

Con scritti 28 novembre 2013 e 21 dicembre 2013, il ricorrente - sempre per il tramite del suo patrocinatore - ha postulato che gli venga concesso l'accesso all'intera documentazione prodotta dall'autorità inferiore, al fine di prendere posizione al riguardo, con conseguente proroga del termine impartito. Nello scritto 21 dicembre 2013, egli sottolinea che definirlo "un pericolo per lo Stato siccome appartenente a gruppi di estrema destra e ciò senza prove concrete ed oggettive e senza precedenti, allo stesso può arrecare un pregiudizio non indifferente e ciò non solamente in ambito militare bensì anche in ambito civile e sportivo. Il ricorrente tiene conseguentemente a sottolineare che se la decisione di rischio venisse annullata lui sarebbe quindi conseguentemente disposto, a malincuore, a rinunciare al servizio militare. Per evitare la tassa militare resterebbe comunque a disposizione per il servizio di protezione civile o addirittura per il servizio civile. Ciò gli permetterebbe di poter continuare la propria vita sportiva e professionale che, non dimentichiamolo, è solo all'inizio".

L.

Con ordinanza 8 gennaio 2014, lo scrivente Tribunale ha trasmesso al ricorrente in copia tutti gli atti prodotti dall'autorità inferiore (ovvero, gli atti

A1/1 - A15/5, inclusa la registrazione audio dell'audizione del ricorrente), prorogando il termine per presentare le proprie osservazioni finali sino al 3 febbraio 2014.

M.

Con scritto 3 febbraio 2014, il ricorrente - per il tramite del suo patrocinatore - lamentando nuovamente la violazione del suo diritto di essere sentito, invoca una violazione delle norme applicabili al controllo relativo alle persone in rapporto alla cessione dell'arma e dunque del principio della legalità. A suo avviso, l'autorità inferiore avrebbe infatti oltrepassato i limiti del predetto controllo, violando la sua sfera privata ed esprimendo un giudizio in merito alla sicurezza anziché un giudizio specificamente con riferimento alla consegna dell'arma. Egli ritiene altresì che l'autorità inferiore avrebbe agito in maniera arbitraria e che la decisione stessa sarebbe arbitraria.

N.

Ulteriori fatti e argomentazioni verranno ripresi, per quanto necessario, nei considerandi in diritto del presente giudizio.

Diritto:

1.

    1. Fatta eccezione delle decisioni previste dall'art. 32 LTAF, il Tribunale amministrativo federale, in virtù dell'art. 31 LTAF, giudica i ricorsi contro le decisioni ai sensi dell'art. 5 PA prese dalle autorità menzionate all'art. 33 LTAF. La procedura dinanzi al Tribunale amministrativo federale è retta dalla PA, in quanto la LTAF non disponga altrimenti (art. 37 cpv. 1 LTAF). In concreto, l'atto impugnato costituisce una decisione ai sensi dell'art. 5 PA, emessa dal Servizio specializzato per i controlli di sicurezza relativi alle persone (CSP) facente parte della PIO, che è un organo subordinato al Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) ai sensi dell'art. 33 lett. d LTAF. Inoltre i controlli di sicurezza relativi alle persone non rientrano nell'eccezione prevista dall'art. 32 cpv. 1 lett. a LTAF in ambito di sicurezza interna ed esterna (cfr. [tra le tante] sentenza del TAF A-6294/2011 del 4 agosto 2012 consid. 1 con rinvii). Il Tribunale amministrativo federale è dunque competente per la trattazione del presente ricorso (cfr. anche art. 21 cpv. 3 della legge federale del 21 marzo 1997 sulle misure per la salvaguardia della sicurezza interna [LMSI, RS 120]).

    2. Ciò indicato, è qui doveroso precisare che lo scrivente Tribunale non è invece competente per statuire in merito alla decisione relativa al licenziamento anticipato dal reclutamento emanata il 24 luglio 2013 dallo Stato maggiore di condotta dell'esercito, Personale dell'esercito (AFC1), in quanto l'autorità di ricorso competente in tale materia è il Capo dell'esercito, che peraltro ha già avuto modo di statuire sul reclamo presentato dal ricorrente con decisione 14 novembre 2013. L'oggetto del presente litigio è pertanto circoscritto al solo esame delle censure sollevate in merito alla dichiarazione di rischio dell'8 agosto 2013 emessa dall'autorità inferiore, in rapporto alla cessione dell'arma di ordinanza. Le eventuali censure inerenti alla procedura seguita per l'emanazione della decisione relativa al licenziamento anticipato dal reclutamento sfuggono invece all'esame dello scrivente Tribunale. Analogo discorso vale altresì per quanto attiene alla disponibilità del ricorrente a rinunciare volontariamente al servizio militare e ad effettuare il servizio di protezione civile, a condizione che la decisione impugnata venga qui annullata, lo scrivente Tribunale non potendosi esprimere al riguardo.

    3. Il ricorrente ha preso parte alla procedura dinanzi all'autorità inferiore. Inoltre, in quanto destinatario della decisione impugnata, egli è particolarmente toccato dalla stessa e vanta pertanto un interesse attuale e degno di protezione al suo annullamento o alla sua modificazione (art. 48 PA). Il ricorrente è pertanto legittimato ad aggravarsi contro di essa.

    4. Il ricorso è poi stato interposto tempestivamente (art. 20 segg., art. 50 PA), nel rispetto delle esigenze di forma e di contenuto previste dalla legge (art. 51 e 52 PA). Su riserva di quanto precisato al consid. 1.2 che precede, occorre pertanto entrare nel merito del ricorso.

2.

    1. Secondo l'art. 49 PA, il Tribunale amministrativo federale dispone del pieno potere d'esame: si pronuncia sulla violazione del diritto federale, ivi compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento, sull'accertamento inesatto o incompleto di fatti giuridicamente rilevanti, nonché sull'inadeguatezza, a condizione tuttavia che la decisione impugnata non sia stata emanata da un'autorità cantonale in veste di autorità di ricorso.

      Ciò premesso, nel valutare se una determinata persona rappresenta un rischio per la sicurezza, l'autorità inferiore gode di un certo margine d'apprezzamento. Tale esercizio, infatti, richiede la valutazione di circostanze particolari per la quale l'autorità inferiore dispone di conoscenze e competenze specifiche. Il Tribunale amministrativo federale esamina

      pertanto tali questioni con una certa prudenza e non si discosta, senza validi motivi, dall'apprezzamento di chi l'ha preceduto (cfr. sentenza del TF 8C_788/2011 del 2 maggio 2012 consid. 5.1.2.; sentenze del TAF A- 6294/2011 del 4 agosto 2012 consid. 2; A-3037/2011 del 27 marzo 2012

      consid. 2; A-4582/2010 del 20 gennaio 2012 consid. 2; A-6275/2010 del

      27 aprile 2011 consid. 2; A-527/2010 del 19 ottobre 2010 consid. 2). Tuttavia, nella misura in cui il ricorrente contesta l'interpretazione e l'applicazione delle prescrizioni legali o lamenta una violazione formale delle regole di procedura, lo scrivente Tribunale esamina le censure sollevate con piena cognizione (cfr. sentenza del TAF A-6907/2011 del 17 giugno 2013 consid. 2.1 con rinvii).

    2. Considerato quanto precede e conformemente all'art. 62 PA, lo scrivente Tribunale non è legato né alle conclusioni né alle argomentazioni delle parti o dell'autorità di prima istanza, secondo il principio iura novit curia. L'atto impugnato viene tuttavia esaminato soltanto nel quadro dei gravami adotti e l'esame del diritto non viene esteso nella misura in cui i motivi avanzati o l'incarto non contengano indizi propri ad incitare il Tribunale a procedere in questo senso (cfr. DTF 122 V 157 consid. 1a; DTAF 2007/27 consid. 3.3; sentenza del TAF A-6508/2012 del 12 marzo 2014 consid. 2.2 con rinvii; PIERRE MOOR/ETIENNE POLTIER, Droit administratif, vol. II, Les actes administratifs et leur contrôle, 3a ed. 2011, pag. 300 segg.).

3.

Il ricorrente lamenta innanzitutto una doppia violazione del proprio diritto di essere sentito, in quanto non gli sarebbe stato concesso né l'accesso agli atti dell'incarto né di poter prendere posizione in merito alle constatazioni dell'autorità inferiore prima dell'emanazione da parte di quest'ultima della decisione qui impugnata.

    1. Il diritto di essere sentito è una garanzia di natura formale, la cui violazione implica, di principio, l'annullamento della decisione resa dall'autorità, indipendentemente dalle possibilità di successo del ricorso nel merito (cfr. DTF 132 V 387 consid. 5.1 con rinvii; DTAF 2009/36 consid. 7). Tale doglianza deve quindi essere esaminata prioritariamente dall'autorità di ricorso (cfr. DTF 127 V 431 consid. 3d/aa; 124 I 49

      consid. 1).

      1. Detto diritto, sancito dall'art. 29 cpv. 2 Cost., è concretizzato in procedura amministrativa federale dagli art. 18, 26 - 33 e 35 cpv. 1 PA. Lo stesso garantisce all'interessato il diritto di esprimersi prima che sia

        resa una decisione sfavorevole nei suoi confronti, il diritto di prendere visione dell'incarto, la facoltà di offrire mezzi di prova su fatti suscettibili di influire sul giudizio, di esigerne l'assunzione, di partecipare alla loro assunzione e di potersi esprimere sulle relative risultanze, nella misura in cui esse possano influire sulla decisione (cfr. DTF 135 II 286 consid. 5.1 con rinvii; sentenze del TF 4A_35/2010 del 19 maggio 2010 consid. 6; 8C_321/2009 del 9 settembre 2009 consid. 2.3; sentenza del TAF A- 7094/2010 del 21 gennaio 2011 consid. 3.2 con rinvii). Tale garanzia non serve solo a chiarire i fatti, bensì rappresenta anche un diritto individuale di partecipare alla pronuncia di una decisione mirata sulla persona in quanto tale. Il diritto di essere sentito è quindi da un lato, il mezzo d'istruzione della causa, dall'altro un diritto della parte di partecipare all'emanazione della decisione che concerne la sua situazione giuridica. Garantisce l'equità del procedimento (cfr. ADELIO SCOLARI, Diritto amministrativo, Parte generale, 2002, n. 483 seg. con rinvii; ULRICH HÄFELIN/WALTER HALLER/HELEN KELLER, Schweizerisches Bundesstaatsrecht, 7a ed. 2008, n. 835).

      2. Posto quanto precede è comunque necessario sottolineare che la regola dell'annullamento della decisione impugnata in caso di violazione del diritto di essere sentito comporta un'eccezione: tale vizio può essere sanato quando l'autorità di ricorso dispone dello stesso potere d'esame dell'autorità precedente e che la parte può quindi esercitare i suoi diritti nella medesima misura (cfr. DTF 133 I 201 consid. 2; 129 I 129

consid. 2.2.3; 126 I 68 consid. 2; sentenza del TF 1C_104/2010 del

29 aprile 2010 consid. 2.1; PIERMARCO ZEN-RUFFINEN, Droit administratif, Partie générale et éléments de procédure, 2a ed. 2013, n. 358). La riparazione della decisione viziata dovrebbe tuttavia costituire un'eccezione e in linea di massima dovrebbe essere esclusa quando, nella fattispecie, la violazione dei diritti di parte è stata particolarmente grave (cfr. DTF 126 I 68 consid. 2; sentenze del TF 1C_452/2009 del 19 marzo 2010 consid. 2.2; 1C_265/2009 del 7 ottobre 2009 consid. 2.3). Infine, però, l'autorità di ricorso può sanare il vizio quando il rinvio della causa all'autorità precedente costituirebbe una vana formalità e allungherebbe inutilmente la procedura (cfr. DTF 133 I 201 consid. 2.2; sentenza del TF 1C_265/2009 del 7 ottobre 2009 consid. 2.3).

Come visto (cfr. consid. 2.1 del presente giudizio), lo scrivente Tribunale, in virtù dell'art. 49 PA - eccetto per quanto attiene agli aspetti più tecnici di competenza dell'autorità inferiore - dispone di principio dello stesso potere di cognizione dell'autorità inferiore ed una riparazione della violazione del diritto di essere sentito non è pertanto a priori esclusa.

    1. Il ricorrente sostiene innanzitutto di non essere mai stato regolarmente interpellato prima dell'emanazione della decisione qui impugnata, ciò che costituirebbe una violazione del suo diritto di essere sentito. A suo avviso, s'egli ha rinunciato all'esercizio del proprio diritto di essere sentito, ciò potrebbe valere per la procedura concernente la sospensione dal reclutamento e non invece per la procedura concernente la valutazione sul rischio della sua persona per la sicurezza del paese. Egli ritiene infatti di non aver mai rinunciato all'esercizio del proprio diritto di essere sentito circa questa procedura.

      1. Il diritto di essere sentito implica per l'interessato il diritto di esprimersi su tutti gli elementi importanti prima dell'emanazione della decisione da parte dell'autorità. Tale diritto non conferisce tuttavia alla parte il diritto di esprimersi oralmente, bensì unicamente per iscritto (cfr. ZEN-RUFFINEN, op. cit., n. 374 seg.). Per quanto attiene ai controlli di sicurezza relativi alle persone, detto diritto è stato concretizzato dall'art. 21 cpv. 1 dell'ordinanza del 4 marzo 2011 sui controlli di sicurezza relativi alle persone (OCSP, RS 120.4), il quale sancisce che l'autorità di controllo prima di emanare la propria decisione offre alla persona interessata l'opportunità di pronunciarsi per iscritto sull'esito degli accertamenti (cfr. sentenza del TAF A-2266/2012 del 25 marzo 2013 consid. 5.4).

      2. Ciò premesso, è qui doveroso constatare - come giustamente rilevato dall'autorità inferiore - che dagli atti dell'incarto emerge chiaramente che quest'ultima, a seguito dell'audizione personale, ma prima dell'emanazione della propria dichiarazione di rischio e conformemente all'art. 21 cpv. 1 OCSP, ha offerto al ricorrente la possibilità di esprimersi per iscritto mediante l'apposito formulario denominato "Diritto di essere sentito". Orbene nel predetto formulario, riassumente i motivi ritenuti dall'autorità inferiore per l'eventuale emanazione di una dichiarazione di rischio - in rapporto alla cessione dell'arma e non già soltanto per quanto attiene al reclutamento - il ricorrente nello spazio riservato alla presa di posizione ai sensi dell'art. 21 cpv. 1 OCSP ha indicato "Non prendo posizione" (cfr. doc. A6 dell'incarto dell'autorità inferiore). Il ricorrente ha altresì sottoscritto il formulario denominato "Dichiarazione di rinuncia", rinunciando di fatto a prendere posizione successivamente in merito ai risultati dei chiarimenti e dell'audizione (cfr. doc. A7 dell'incarto dell'autorità inferiore). In tali circostanze, il ricorrente non può ora validamente lamentare la mancata possibilità di prendere posizione prima dell'emanazione della dichiarazione di rischio, avendoci espressamente rinunciato (cfr. sentenza del TAF A-2266/2012 del 25 marzo 2013 consid. 5.4). Tale censura non può dunque che essere respinta.

    2. Il ricorrente indica poi che l'autorità amministrativa non gli avrebbe mai trasmesso l'intera documentazione componente il suo incarto, di modo che non gli sarebbe stato possibile esprimere le proprie opinioni con sufficiente di cognizione di causa, né presentare le sue prove. A suo parere si tratterebbe di una violazione insanabile del diritto di essere sentito: siccome l'autorità inferiore avrebbe competenze tecniche che non sarebbero date al Tribunale statuente, non risulterebbe infatti possibile sanare la predetta violazione in sede ricorsuale.

      1. Come detto (cfr. consid. 3.1.1 del presente giudizio), secondo l'art. 26 PA, il diritto di essere sentito garantisce quello di consultare l'incarto, come pure di esprimersi sugli atti (art. 29 e 30 PA). La parte ha quindi il diritto di consultare gli atti essenziali di una procedura prima che venga emanata la decisione, per potere fare amministrare le prove pertinenti, partecipare all'amministrazione delle suddette prove e fare valere la sua argomentazione in modo efficace e pertinente (cfr. DTF 129 I 85 consid. 4.1; 126 I 7 consid. 2b; cfr. parimenti, per più ampi dettagli, sentenza del TAF A-1876/2013 del 6 gennaio 2014 consid. 3.4 con rinvii).

      2. Anzitutto, però, si deduce dai disposti legali e dalla giurisprudenza summenzionata che il diritto di consultare gli atti presuppone una richiesta da parte dell'amministrato. Ciò precisato, nel caso in esame, i motivi e la documentazione su cui l'autorità inferiore si è basata sono stati esposti per la prima volta al ricorrente al momento dell'audizione personale, a seguito della quale - come visto (cfr. consid. 3.2.2 che precede) - lo stesso ha rinunciato a prendere ulteriormente posizione (cfr. docc. A5, A6 e A7 dell'incarto dell'autorità inferiore). Orbene, dagli atti dell'incarto non risulta che il ricorrente abbia espressamente postulato la consultazione del proprio dossier prima dell'emanazione della decisione qui impugnata. Nello scritto 26 luglio 2013 - peraltro, concernente il reclamo contro il licenziamento anticipato dal reclutamento e non la decisione in oggetto - non figura poi alcuna richiesta di consultazione degli atti, bensì unicamente di comunicazione di tutti gli elementi e le motivazioni secondo cui lo stesso sarebbe stato considerato come una persona a rischio per la sicurezza in rapporto al mancato reclutamento (cfr. doc. A8/3 dell'incarto dell'autorità inferiore e doc. 4 del ricorrente).

      3. Ciò indicato, a prescindere dalla consultazione o meno degli atti dell'incarto dinanzi all'autorità inferiore, si deve constatare che il ricorrente ha avuto pieno accesso ai predetti atti in sede ricorsuale, ove ha altresì potuto esprimersi ampiamente su tutti gli elementi e proporre le proprie prove. Orbene, se se è vero che per le questioni strettamente tecniche lo

scrivente Tribunale deve agire con un certo riserbo - così come giustamente sottolineato dal ricorrente - lo stesso dispone tuttavia del pieno potere di cognizione per quanto attiene alle censure sollevate in merito all'applicazione corretta da parte dell'autorità inferiore della procedura e delle norme pertinenti (cfr. consid. 2.1 del presente giudizio). Nella misura in cui le censure sollevate non toccano a priori aspetti tecnici di sola competenza dell'autorità inferiore, bensì la correttezza della procedura seguita da quest'ultima, non risulta alcun pregiudizio per il ricorrente, di modo che una eventuale violazione del suo diritto di essere sentito - ciò che non è tuttavia qui il caso - andrebbe comunque considerata come sanata dinanzi al Tribunale statuente.

4.

L'oggetto del presente litigio è circoscritto a determinare se l'autorità inferiore poteva, a giusta ragione, visto il potenziale di rischio rappresentato dal ricorrente, raccomandare che non gli venisse rilasciata un'arma (cfr. consid. 4.2 che segue). Viste le censure sollevate dal ricorrente, in merito alla validità della procedura seguita dall'autorità inferiore, occorre tuttavia dapprima delimitare i limiti del controllo di sicurezza relativo alle persone (cfr. consid. 4.1 che segue).

4.1

      1. Giusta l'art. 5 cpv. 3 OCSP, per le persone soggette all'obbligo di leva il controllo di sicurezza relativo alle persone è eseguito in occasione del reclutamento. Su riserva di quanto previsto dall'art. 113 della legge federale del 3 febbraio 1995 sull'esercito e sull'amministrazione militare (LM, RS 510.10), al controllo di sicurezza si applicano le disposizioni della LMSI e dell'OCSP (cfr. sentenza del TAF A-5673/2012 del 12 dicembre 2013 consid. 4.2 con rinvii).

      2. Le persone soggette all'obbligo di leva, destinate ad occupare una funzione sensibile dal punto di vista della sicurezza, vengono sottoposte ad un controllo di sicurezza di base (cfr. art. 10 OCSP) o ad un controllo di sicurezza ampliato (cfr. art. 11 OCSP). Detti tipi di controllo di sicurezza che discendono dall'art. 19 LMSI, sono possibili unicamente nel caso in cui per una determinata futura recluta sia già prevista una funzione concreta. Ciò è segnatamente il caso qualora l'attribuzione ad una funzione sensibile dal punto di vista della sicurezza sia già pianificata o una tale funzione faccia almeno parte di una scelta limitata. Ottenere l'approvazione globale ad un controllo di sicurezza secondo la LMSI ed eseguire un tale esame senza che la persona soggetta al servizio di leva sia già prevista per una funzione sensibile dal punto di vista della

        sicurezza, è pertanto illecito (cfr. sentenza del TAF A-6294/2011 del 4 agosto 2012 consid. 4.3).

        Tutti gli altri obbligati alla leva vengono invece, di principio, sottoposti soltanto ad un controllo di sicurezza relativo alle persone in rapporto all'esame da parte dello Stato maggiore di condotta dell'esercito dei motivi d'impedimento per la cessione dell'arma personale (cfr. art. 5 cpv. 2 lett. a OCSP e art. 113 LM).

      3. Per l'esame dei motivi d'impedimento per la cessione dell'arma personale, l'art. 113 cpv. 1 LM prevede che lo Stato maggiore di condotta dell'esercito può: (lett. a) chiedere rapporti di polizia e rapporti di condotta militari, (lett. b) consultare il casellario giudiziale, atti di causa e atti relativi all'esecuzione delle pene, (lett. c) chiedere estratti del registro esecuzioni e fallimenti, nonché consultare atti relativi a esecuzioni e fallimenti, nonché (lett. d) esigere, senza il consenso della persona interessata, la valutazione del potenziale di violenza mediante un controllo di sicurezza relativo alle persone. L'art. 113 cpv. 2 LM precisa poi che le autorità della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni, i medici e gli psicologi sono liberati dal segreto d'ufficio o dal segreto professionale se si tratta di comunicare ai servizi competenti del DDPS qualsiasi segno o indizio serio che un militare possa mettere in pericolo se stesso o terzi con l'arma personale o se vi sono altri segni o indizi di un incombente abuso dell'arma personale da parte del militare o di terzi.

4.1.4

        1. Anche l'interpretazione di disposizioni del diritto pubblico si basa sui metodi usuali di interpretazione delle norme di legge, ovvero l'interpretazione letterale, sistematica, teleologica e storica (cfr. ANDRÉ MOSER/MICHAEL BEUSCH/LORENZ KNEUBÜHLER, Prozessieren vor dem Bundesverwaltungsgericht, 2a ed. 2013, n. 2.180 segg.). Per costante giurisprudenza federale (cfr. DTF 137 V 273 consid. 4.2) la legge è da interpretare in primo luogo procedendo dalla sua lettera (interpretazione letterale). Tale interpretazione si fonda sul significato letterale, il senso del termine e l'uso che viene fatto del medesimo nella lingua (cfr. MOSER/BEUSCH/KNEUBÜHLER, op. cit., n. 2.183), le tre versioni linguistiche essendo, di principio, equivalenti (cfr. DTF 135 IV 113 consid. 2.4.2 con rinvii). Tuttavia, se il testo non è perfettamente chiaro, se più interpretazioni del medesimo sono possibili, deve essere ricercata la vera portata della norma, prendendo in considerazione tutti gli elementi d'interpretazione, in particolare lo scopo della disposizione, il suo spirito nonché i valori sui quali essa trova fondamento (interpretazione teleologica). Pure di rilievo è il senso che essa assume nel proprio contesto (interpretazione sistematica; cfr. DTF 135 II 78 consid. 2.2; 135 V 153

          consid. 4.1; 134 I 184 consid. 5.1; 134 II 249 consid. 2.3). I lavori preparatori, segnatamente laddove una disposizione non è chiara oppure si presta a diverse interpretazioni, costituiscono un mezzo valido per determinarne il senso ed evitare così di incorrere in interpretazioni erronee (interpretazione storica). Soprattutto nel caso di disposizioni recenti, la volontà storica dell'autore della norma non può essere ignorata se ha trovato espressione nel testo oggetto d'interpretazione (cfr. DTF 134 V 170 consid. 4.1 con rinvii). Occorre prendere la decisione materialmente corretta nel contesto normativo, orientandosi verso un risultato soddisfacente sotto il profilo della ratio legis. Il Tribunale federale non privilegia un criterio d'interpretazione in particolare; per accedere al senso di una norma preferisce, pragmaticamente, ispirarsi a un pluralismo interpretativo (cfr. DTF 135 III 483 consid. 5.1). Se sono possibili più interpretazioni, dà la preferenza a quella che meglio si concilia con la Cost. (cfr. DTF 131 II 562 consid. 3.5; 131 II 710 consid. 4.1; 130 II 65 consid. 4.2). In ogni caso, giusta l'art. 190 Cost., sia il Tribunale federale che il Tribunale amministrativo federale sono tenuti ad applicare le leggi federali (cfr. [tra le tante] sentenza del TAF A-817/2013 del 7 ottobre 2013 consid. 4.6 con rinvii).

        2. L'interpretazione della legge può condurre alla constatazione di una lacuna. Una lacuna pura (o lacuna propria, chiamata anche lacuna in senso proprio) presuppone che il legislatore si sia astenuto dal regolamentare un punto che avrebbe invero dovuto esserlo e che nessun'altra soluzione emerga dal testo o dall'interpretazione della legge. In altre parole, una lacuna pura, ovvero non voluta dal legislatore, sussiste laddove la legge non fornisce una risposta a una questione che si pone ineluttabilmente (cfr. DTF 131 II 562 consid. 3.5 con rinvii; SCOLARI, op. cit., n. 213 con rinvii; ZEN-RUFFINEN, op. cit., n. 115). Se invece il legislatore ha volontariamente rinunciato a codificare una situazione che non richiedeva necessariamente un suo intervento, tale omissione equivale ad un silenzio qualificato. La lacuna impropria (chiamata anche lacuna in senso improprio), si caratterizza invece per il fatto che la legge offre sì una risposta, ma che se si rivela insoddisfacente (cfr. DTF 131 II 562 consid. 3.5 con rinvii). In tal caso vi è un difetto della norma, ossia una mancanza di una regola desiderabile, che sarebbe opportuno o necessario correggere (cfr. SCOLARI, op. cit., n. 216 con rinvii; ZENRUFFINEN, op. cit., n. 118). Secondo costante giurisprudenza, soltanto una lacuna propria può tuttavia essere colmata dal giudice. In tale caso, il giudice colma la lacuna, ispirandosi allo scopo della legge per

completarla in maniera adeguata e limitandosi a quanto necessario per statuire nel caso concreto (cfr. DTF 105 Ib 94 consid. 6b/bb; ZENRUFFINEN, op. cit., n. 116). In presenza di una lacuna impropria, il giudice deve invece astenersi dal porvi rimedio, quand'anche essa risultasse da una svista del legislatore, la sua correzione essendo - secondo la concezione tradizionale derivante segnatamente dal principio della separazione dei poteri - di principio proibita, salvo nel caso in cui il fatto d'invocare il senso della norma considerato determinante non sia costitutivo di un abuso di diritto o addirittura di una violazione della Costituzione (cfr. DTF 131 II 562 consid. 3.5 con rinvii; 130 V 472 consid. 7 con rinvii; sentenza del TF 2C_818/2009 del 9 luglio 2010 consid. 4.2; SCOLARI, op. cit., n. 216 con rinvii).

4.1.5

        1. L'art. 113 LM, la cui sistematica e formulazione nelle tre lingue nazionali (italiano, francese e tedesco) non è di facile comprensione, è stato introdotto nell'ambito della revisione della LM (cfr. Messaggio del Consiglio federale del 19 agosto 2009 relativo alla modifica della legge militare [FF 2009 5137]), durante le discussioni parlamentari, allo scopo di creare la base legale affinché le autorità competenti dispongano dei necessari strumenti per poter valutare nella maniera la più affidabile possibile, la sussistenza di motivi d'impedimento alla cessione dell'arma e prevenire in tal modo l'abuso dell'arma di servizio, proteggendo sia la popolazione che l'utente stesso (cfr. Boll. Uff. 2010 N 244 seg.; Boll. Uff. 2009 S 1257). Per le persone soggette all'obbligo di leva, la sussistenza di un motivo d'impedimento alla cessione dell'arma personale, ha inoltre per conseguenza che l'interessato sarà dichiarato inabile al servizio militare (cfr. art. 13 cpv. 1 dell'ordinanza del 10 aprile 2002 sul reclutamento [OREC, RS 511.11]; cfr. sentenze del TAF A-5673/2012 del 12 dicembre 2013 consid. 4.1 con rinvii; A-4738/2012 del 10 dicembre 2013 consid. 4.1 con rinvii). Ciò premesso, gli strumenti disposti dal cpv. 1 e cpv. 2 dell'art. 113 LM, visto lo scopo perseguito dalla norma, nell'ottica del legislatore, risultano complementari e concernono chiaramente l'esame dei motivi d'impedimento per la cessione dell'arma personale (cfr. Boll. Uff. 2009 S 1257, in particolare intervento di Hans Hess). Ciò posto, a parte qualche spiegazione in merito allo scopo ricercato con l'introduzione di tale norma nei relativi processi verbali, sia nei lavori preparatori che nella legge stessa difetta qualsiasi ulteriore precisazione in merito all'applicazione dei due predetti cpv. 1 e 2.

        2. Per quanto attiene all'art. 113 cpv. 1 LM, lo scrivente Tribunale ha già avuto modo di precisare il margine di applicazione del controllo di

          sicurezza relativo alle persone ai sensi della lett. d, e meglio che lo stesso è limitato (cifra 1) da un lato, alla consultazione del casellario giudiziale informatizzato, del sistema per il trattamento dei dati relativi alla protezione dello Stato, del Registro nazionale di polizia, nonché la domanda di informazioni alle competenti autorità di perseguimento penale sui procedimenti penali in corso, conclusi o sospesi; (cifra 2) dall'altro lato all'interrogazione della persona interessata se quest'ultima è registrata in uno dei registri di cui alla cifra 1 e per questo motivo il servizio specializzato per i controlli di sicurezza relativi alle persone ha l'intenzione di rifiutare la dichiarazione di sicurezza (cfr. sentenze del TAF A-5673/2012 del 12 dicembre 2013 consid. 4.1 con rinvii; A-4738/2012 del 10 dicembre 2013 consid. 4.1 con rinvii). Di principio dunque, ai sensi di detta norma, se dalle iscrizioni non risulta alcunché, non si procederà all'audizione personale.

        3. Se da un lato l'art. 113 cpv. 1 LM, come visto, permette allo Stato maggiore di condotta dell'esercito di valutare il potenziale di violenza sulla scorta di quanto risultante da determinati registri, ricorrendo, a determinate condizioni, ad un controllo di sicurezza relativo alle persone, d'altro canto l'art. 113 cpv. 2 LM permette invece a determinate autorità nonché ai medici e psicologi di comunicare (in francese "communiquer", in tedesco "melden") al DDPS qualsiasi segno o indizio serio che un militare possa mettere in pericolo se stesso o terzi con l'arma personale, o se vi sono altri segni o indizi di un incombente abuso dell'arma personale da parte del militare o di terzi. Poiché quanto disposto dall'art. 113 cpv. 1 LM da solo non basta per prevenire ogni abuso dell'arma, il legislatore ha concepito l'art. 113 cpv. 2 LM quale base legale per la segnalazione da parte di determinate persone di ogni indizio e segno serio di potenziale abuso dell'arma (cfr. Boll. Uff. 2009 S 1257, in particolare intervento di Hans Hess). A mente dello scrivente Tribunale, tale segnalazione andrebbe fatta indipendentemente dalla sussistenza di una iscrizione o meno nei registri/documenti di cui all'art. 113 cpv. 1 lett. a-d LM. Ciò appare logico e sensato, se si considera che il solo fatto di figurare in un registro di per sé non significa ancora che un terzo presenti un potenziale rischio di abuso dell'arma; viceversa, il solo fatto di non figurarci di per sé non permette di escludere a priori siffatto rischio. Per prevenire ogni potenziale abuso dell'arma, è dunque importante garantire un controllo il più ampio possibile del potenziale di violenza in rapporto all'uso dell'arma, non soltanto al momento del reclutamento ma anche all'infuori dello stesso, prima e dopo, da qui la sinergia e complementarietà dei due strumenti iscritti nei cpv. 1 e 2 dell'art. 113 LM.

        4. Orbene, lo scrivente Tribunale non può che constatare come la legge sia silente in merito alle conseguenze della segnalazione da parte di un'autorità o di un medico/psicologo di indizi o segni di possibile abuso dell'arma ai sensi dell'art. 113 cpv. 2 LM. Non trattandosi a priori di un'omissione volontaria del legislatore (ovvero di un silenzio qualificato), o di una lacuna impropria, di fatto ci si trova confrontati ad una lacuna propria (cfr. consid. 4.4.1.2 del presente giudizio), che deve essere qui colmata nella misura necessaria alla risoluzione del presente litigio. In tale contesto, visto lo scopo perseguito dall'art. 113 LM (cfr. al riguardo consid. 4.1.5.1 del presente giudizio), in presenza di segni o indizi di potenziale abuso dell'arma ai sensi del cpv. 2, su segnalazione dell'autorità o dei medici/psicologi, appare logico e sensato ammettere che il Servizio specializzato possa procedere ad un controllo più approfondito, segnatamente mediante l'audizione del diretto interessato, al fine di accertare la sussistenza di motivi di impedimento alla cessione dell'arma o al suo possesso, prendendo se del caso i necessari provvedimenti (dichiarazione di rischio, ritiro dell'arma, ecc.). In effetti, a mente dello scrivente Tribunale, nella logica della predetta norma istituente due strumenti complementari per la prevenzione efficace di ogni abuso dell'arma di ordinanza, l'audizione personale del diretto interessato appare possibile e auspicabile non solo sulla base dell'art. 113 cpv. 1 lett. d cifra 2 LM, ma anche sulla scorta dell'art. 113 cpv. 2 LM nella misura in cui, ad esempio, dal controllo medico e psicologico al momento del reclutamento dovessero risultare dei segni o indizi di possibile abuso dell'arma. Non va infatti dimenticato che, nella valutazione del rischio di abuso dell'arma, va tenuto conto della situazione globale del diretto interessato (cfr. consid. 4.1.6 che segue). Resta ben inteso, che un eventuale controllo a seguito di una segnalazione ai sensi dell'art. 113 cpv. 2 LM, deve rimanere circoscritto al solo accertamento dei motivi di impedimento alla cessione dell'arma, rispettivamente al suo possesso. In nessun caso, l'art. 113 cpv. 2 LM può infatti costituire una base legale per estendere il controllo di sicurezza relativo alle persone al di là di quanto sancito all'art. 113 cpv. 1 lett. d LM, ciò che esclude un controllo di sicurezza relativo alle persone ex LMSI.

      1. Spetta al Servizio specializzato valutare, per ogni singolo caso, ciò che può costituire un potenziale di violenza, tenuto conto di tutti gli elementi oggettivi pertinenti del caso concreto. Al riguardo, è necessario accontentarsi di una certa probabilità. In altre parole, spetta al Servizio specializzato stabilire una prognosi sull'eventuale rischio che l'interessato potrebbe far correre se l'esercito dovesse cedergli un'arma di ordinanza, fondandosi sulle conclusioni tecniche derivanti dalle diverse informazioni

        raccolte e dai fattori legati alla persona stessa. Nella valutazione del rischio, l'autorità inferiore non deve tenere conto soltanto dei fatti comprovati ("harte" Fakten), bensì anche di quei fatti accertati in maniera sufficiente e ragionevolmente idonei a fondare il potenziale di violenza messo in evidenza (cfr. sentenze del TAF A-5673/2012 del 12 dicembre 2013 consid. 4.2 con rinvii; A-6907/2011 del 17 giugno 2013 consid. 6.3). L'autorità inferiore può infatti fondarsi sulla somma di più fonti di rischio considerate nel loro insieme, quand'anche la sussistenza di un rischio dovesse essere negata se ci si basasse sulle singole fonti di rischio. Nel valutare il potenziale di violenza di un interessato, è dunque determinante il suo comportamento globale, rispettivamente il suo stato psichico instabile (cfr. sentenze del TAF A-6907/2011 del 17 giugno 2013 consid. 6.3 con rinvii; A-5050/2011 del 12 gennaio 2012 consid. 5.3). In tale ottica appare dunque logico tenere conto anche degli indizi e segni di potenziale abuso dell'arma comunicati dal servizio medico al momento del reclutamento, giusta l'art. 113 cpv. 2 LM.

      2. Per costante giurisprudenza, il Servizio specializzato dispone di un ampio potere di apprezzamento al momento in cui pronuncia la prognosi. Non spetta dunque allo scrivente Tribunale fornirgli delle indicazioni sul metodo da adottare per l'inchiesta amministrativa, tant'è che i mezzi a sua disposizione sono definiti dalla legge. Ciò precisato, nondimeno sussiste una violazione del diritto federale, allorquando il Servizio specializzato abusa del suo potere di apprezzamento, ovvero allorquando il potenziale di violenza viene fissato sulla scorta di criteri insostenibili, privi di pertinenza, oppure allorquando il Servizio specializzato emette una prognosi particolarmente scioccante, inspiegabile o severa. Il riserbo che s'impone allo scrivente Tribunale ha tuttavia per corollario l'obbligo, per il Servizio specializzato, di spiegare chiaramente, e se del caso brevemente, quali sono gli elementi a carico del rischio da lui ritenuti e per quali ragioni. Deve dunque indicare l'importanza rappresentata da ogni elemento preso in considerazione, di modo che l'autorità di ricorso possa, rispettando il suo potere di apprezzamento, seguire il suo ragionamento e controllare l'applicazione del diritto (cfr. sentenze del TAF A- 5673/2012 del 12 dicembre 2013 consid. 5.2 con rinvii; A-6907/2011 del 17 giugno 2013 consid. 6.4 con rinvii).

4.2

      1. Nel caso in esame, benché nel passato del ricorrente non figurino precedenti di particolare rilevanza e non vi sia prova inconfutabile del fatto ch'esso abbia mai commesso gravi atti illeciti, dopo segnalazione del reparto medico e psicologico del centro di reclutamento - in ragione del

        tatuaggio [di ispirazione fascista] (cfr. doc. A1a dell'incarto dell'autorità inferiore) - il Servizio specializzato ha ritenuto doveroso analizzare in modo più approfondito alcuni aspetti della sua vita privata convocandolo per l'audizione personale. In concreto, l'audizione personale è stata dunque ordinata non già a seguito di quanto risultato nei registri consultati ex art. 113 cpv. 1 lett. d cifra 1 LM, bensì sulla base dell'art. 113 cpv. 2 LM. Orbene, a mente dello scrivente Tribunale, vista la complementarietà degli strumenti dei cpv. 1 e cpv. 2, nulla si oppone a che un siffatto controllo approfondito possa essere effettuato in base a degli indizi e segni di potenziale abuso dell'arma ai sensi dell'art. 113 cpv. 2 LM. La convocazione del ricorrente per un'audizione personale, al fine di chiarire le circostanze, in tale contesto appare dunque giustificata (cfr. consid. 4.1.5.4 del presente giudizio).

      2. Altra è invece la questione dell'estensione della natura delle domande formulate durante l'audizione personale. Da un'analisi della registrazione audio dell'audizione personale (cfr. doc. A5 dell'incarto dell'autorità inferiore), ma anche della motivazione addotta nella decisione impugnata, appare infatti che il Servizio specializzato non si sia limitato alla semplice valutazione dei motivi di impedimento alla cessione dell'arma ai sensi dell'art. 113 LM, bensì si è spinto al di là dei limiti del predetto controllo, ponendo delle domande di rilievo della sicurezza interna e di un controllo di sicurezza ai sensi dell'art. 19 LMSI. Si noti ad esempio come le considerazioni dell'autorità inferiore in rapporto al valore mediatico e alla perdita di reputazione dell'esercito o al rischio di discriminazione dei commilitoni, siano tutte in rapporto ad un eventuale impiego del ricorrente nell'esercito e non già al solo potenziale affidamento dell'arma (cfr. punti 3.3 e 3.5 della decisione impugnata). Lo stesso vale altresì per quanto attiene alla proporzionalità della misura ordinata, ove l'autorità inferiore ha indicato che non solo l'affidamento dell'arma, ma anche l'impiego all'interno dell'esercito è collegato ad un elevato rischio per la sicurezza (cfr. punto 4 della decisione impugnata). Orbene, da un esame degli atti dell'incarto appare chiaramente che il qui ricorrente non era previsto per una funzione specifica all'interno dell'esercito ai sensi dell'art. 19 LMSI, ciò che esclude un controllo ai sensi di detta norma. Ne discende che in casu l'autorità inferiore ha eseguito a torto un controllo di sicurezza ai sensi della LMSI, così come giustamente rilevato dallo stesso ricorrente (cfr. consid. 4.1.2 del presente giudizio). Su questo punto il ricorso va pertanto accolto.

      3. Ciò premesso, occorre ancora verificare - dal profilo materiale - la valutazione che l'autorità inferiore ha proposto sulla scorta dell'art. 113

        cpv. 1 lett. d LM, e meglio, se sulla base di quanto da lei accertato, è a giusta ragione che quest'ultima nella propria dichiarazione di rischio ha consigliato di non cedere l'arma personale al ricorrente.

        1. Come detto, è sulla base della segnalazione del reparto medico e psicologico del centro di reclutamento, e meglio del tatuaggio [ ] del ricorrente, che il Servizio specializzato ha provveduto ad un controllo di sicurezza relativo alle persone. Ciò ribadito, da un controllo dei relativi registri di cui all'art. 113 cpv. 1 lett. d cifra 1 LM, in particolare dal rapporto breve della Polizia cantonale del 24 luglio 2013, è emerso che il ricorrente è conosciuto soltanto per sequestro della licenza di condurre e contravvenzione per circolazione con ciclomotore manomesso (cfr. doc. A3 dell'incarto dell'autorità inferiore). Di tale precedente non viene tuttavia minimamente discusso né durante l'audizione personale, né nella dichiarazione di rischio.

        2. Nella decisione impugnata, in sunto, il Servizio specializzato indica che durante l'audizione e nel corso dei controlli effettuati sarebbero emersi molteplici indizi di appartenenza alla scena dell'estremismo di destra, quali le idee politiche espresse oralmente, le citazioni "provenienti dalle ideologie fasciste" e le foto sul profilo Facebook (cfr. doc. A2/6 dell'incarto dell'autorità inferiore) - si precisa, accessibile al pubblico - nonché il tatuaggio stesso [di ispirazione fascista] che - secondo la predetta autorità - parlerebbe da sé. L'autorità inferiore ha altresì rilevato che nel periodo dell'adolescenza il ricorrente avrebbe preso parte ripetutamente a scontri fisici, ricercando il confronto e prendendo a pugni sul viso un ragazzo almeno in un'occasione (cfr. fatti sub. lett. c). Un simile episodio, sarebbe avvenuto recentemente durante il carnevale dello scorso gennaio 2013, ciò che in rapporto ad una fotografia che lo ritrae a torso nudo con il pugno alzato e i relativi commenti su suo profilo di Facebook, proverebbe che il ricorrente non sarebbe cambiato. A suo avviso, le idee del ricorrente in rapporto all'immigrazione non permetterebbero di escludere che delle eventuali discussioni in merito possano sfociare in liti, risse o altro, soprattutto in considerazione dei comportamenti passati. Non potendo escludere il coinvolgimento del ricorrente in confronti violenti, l'autorità ha ritenuto che la consegna dell'arma, così come l'accesso ad armi dell'esercito, munizioni o esplosivi rappresenti quindi una potenziale minaccia per l'esercito e per la sicurezza pubblica.

        3. Sennonché, da un attento ascolto della registrazione audio e dall'esame degli atti dell'incarto non risultano elementi che possano portare lo scrivente Tribunale a condividere le conclusioni del Servizio

          specializzato. Non si vede infatti in ché il semplice fatto di avere un tatuaggio - pur anche ammettendone la potenziale connotazione politica

          • e delle idee politiche piuttosto di destra o di estrema destra, possa essere di per sé sufficiente per concludere che il ricorrente potrebbe abusare dell'arma d'ordinanza.

            Lo stesso vale altresì, tenendo conto anche delle liti descritte dal ricorrente. In particolar modo, in occasione del carnevale di X. nel 2013, il ricorrente è stato avvicinato da un ragazzo ubriaco che, dopo averlo provocato verbalmente, ha iniziato a dargli degli spintoni. Se il ricorrente ha sferrato un pugno ad uno dei due accompagnatori del predetto ragazzo, lo ha fatto dopo essere stato dapprima da loro attaccato. Anche se di certo non augurabile, uno scontro fisico come quello - che si ricorda è stato provocato dalla "parte avversa" - di per sé non dimostra ancora un potenziale di violenza sufficiente e tale da poter concludere che il ricorrente sia pericoloso, specialmente se si tiene conto del fatto che l'accaduto non ha avuto conseguenze giuridiche e ch'esso ha - attenendosi alla sua versione, che l'assenza di conseguenze giuridiche conferma - agito per legittima difesa.

            Come giustamente rilevato dal ricorrente, le sue idee - così come esplicitate nell'audizione personale, se pur per certi versi in maniera discutibile, vista la scelta infelice di certi termini - non eccedono quello che in genere viene espresso nel mondo politico o dalla stessa popolazione, in rapporto alle preoccupazioni della società legate all'immigrazione. Orbene, nell'ambito della revisione della legislazione militare, il Consiglio federale ha già avuto modo di precisare che poiché "in Svizzera di principio non è proibito avere un'opinione estrema, ma sono vietate soltanto determinate forme d'espressione di opinioni estreme, è anche possibile reagire soltanto in presenza di simili forme d'espressione. In tutti gli altri casi, la libertà d'espressione fa sì che un atteggiamento mentale pur politicamente e pubblicamente riprovevole non può essere punito dallo Stato" (cfr. Messaggio del Consiglio federale del 7 marzo 2008 relativo alla modifica della legislazione militare [FF 2685 2008, pag. 2701 seg.]).

        4. Ora, l'estremismo violento, considerato quale rischio per la sicurezza ai sensi della LMSI (cfr. sentenza del TAF A-6294/2011 del 4 agosto 2012 consid. 3.1 con rinvii) e definito all'art. 1 lett. d dell'ordinanza del 4 dicembre 2009 sul Servizio delle attività informative della Confederazione (O-SIC, RS 121.1), consiste in "mene di organizzazioni i cui esponenti negano la democrazia, i diritti dell'uomo o

          lo Stato di diritto e che allo scopo di raggiungere i loro obiettivi commettono, approvano o incoraggiano atti violenti". Orbene, il semplice fatto di condividere delle ideologie di estrema destra di per sé non basta per presumere che lo stesso, confrontato a dei commilitoni con doppia nazionalità e idee politiche divergenti, potrebbe abusare dell'arma di ordinanza. In concreto, si è ben lontani dall'estremismo violento definito all'art. 1 lett. d O-SIC. A parte la segnalazione del tatuaggio, durante il controllo medico e psicologico effettuato al momento del reclutamento non è peraltro stato segnalato alcunché di particolare. Nella documentazione psicologica non risultano infatti indicazioni per atti violenti commessi, per aggressività/impulso o per consumo limite di sostanze stupefacenti (cfr. A1c dell'incarto dell'autorità inferiore). Il ricorrente non risulta neppure conosciuto per atti di estremismo violento o quale membro di un tale movimento.

        5. D'altra parte, il ricorrente - giocatore di [ ] professionista - dinanzi allo scrivente Tribunale ha prodotto tutta una serie di dichiarazioni scritte dei suoi compagni di squadra e/o amici, tendenti a dimostrare il suo carattere non violento o semplicemente per spiegare alcune foto presenti sul suo profilo Facebook (cfr. docc. 8, 9, 10, 11 e 12). Pur trattandosi chiaramente di dichiarazioni di parte, il cui valore probatorio è discutibile, non è possibile farne totalmente astrazione, dal momento che è la situazione globale del ricorrente a dover essere presa in conto. Detti scritti possono infatti contribuire a meglio delineare la personalità del ricorrente (cfr. sentenza del TAF A-6493/2012 del 30 luglio 2013 consid. 4.2.2). Resta comunque il fatto che il ricorrente appare ben integrato nella propria squadra di [ ], ciò che costituisce un elemento a suo favore. Egli ha pure prodotto un certificato medico (cfr. doc. 6) e una dichiarazione di uno psicologo e psichiatra (cfr. doc. 9), tendenti a dimostrare l'assenza di aggressività o turbe psichiche. Quanto ivi indicato - anche tenuto conto del fatto che un medico curante o uno psicologo tenderà a emanare una prognosi favorevole al proprio paziente, nonché dei criteri per ammetterne il valore probatorio (cfr. sentenza del TAF A- 6493/2012 del 30 luglio 2013 consid. 4.2.3) - non si trova di fatto per nulla in contrasto con quanto risultante dai documenti allestiti dal servizio medico e psichiatrico al momento del reclutamento, nella misura in cui a parte il tatuaggio, non ha segnalato alcun segno di aggressività o di instabilità psichica (cfr. docc. A1b e A1c dell'incarto dell'autorità inferiore).

        6. Visto quanto precede, le conclusioni dell'autorità inferiore non risultano pertanto pertinenti e sostenibili in rapporto alla cessione dell'arma. Le motivazioni dell'autorità inferiore sono piuttosto incentrate

          sull'impiego del ricorrente nell'esercito in rapporto al tatuaggio [ ], più che in rapporto al rischio della cessione dell'arma di ordinanza, ciò che non può essere qui condiviso. Di conseguenza la raccomandazione dell'autorità inferiore non solo è severa, ma costituisce pure un abuso del potere d'apprezzamento nonché una violazione della legge, nella misura in cui quest'ultima - vista l'estensione e la natura delle indagini da lei esperite, come pure il contenuto delle domande poste al ricorrente durante l'audizione personale - ha chiaramente oltrepassato i limiti del controllo di sicurezza relativo alle persone in rapporto alla sussistenza di motivi di impedimento alla cessione dell'arma ex art. 113 LM, effettuando di fatto un controllo LMSI qui ingiustificato e pertanto illegale (cfr. consid. 4.2.2 del presente giudizio).

        7. Non da ultimo, va altresì rilevato come la decisione impugnata sia problematica anche dal punto di vista della proporzionalità. Orbene, l'autorità inferiore, come ogni organo dell'amministrazione, è legata nella propria decisione al principio della proporzionalità (cfr. art. 5 cpv. 2 Cost.). Pertanto, la decisione deve essere necessaria in considerazione dello scopo perseguito nell'interesse pubblico; dev'essere evitata se una misura altrettanto adeguata, ma più mite, fosse sufficiente per il raggiungimento dello scopo prefissato. Inoltre, la finalità ricercata dev'essere in rapporto adeguato con gli oneri che sono richiesti al ricorrente. Per valutare se lo scopo voluto sta in rapporto adeguato con l'onere sopportato dal ricorrente, occorre procedere ad un attento bilanciamento tra interesse pubblico ed interesse privato. Più importante è l'uno e meno l'altro, più il bilanciamento andrà in favore dell'interesse maggiormente considerevole (cfr. sentenza del TAF A-6294/2011 del 4 agosto 2012 consid. 5.3 con i numerosi rinvii giurisprudenziali).

Ciò indicato, l'emanazione di una dichiarazione di rischio non è senza conseguenze, al contrario. Per il diretto interessato, essa può infatti avere un notevole impatto sul suo futuro professionale e personale, specialmente se si tiene conto della sua connotazione negativa e la sensibilità della popolazione che, alla conoscenza di una siffatta dichiarazione, ne deduce a priori una fonte di potenziale pericolo. L'emanazione di una dichiarazione di rischio deve dunque fondarsi su dei seri indizi rendenti verosimile un rischio di abuso dell'arma ai sensi dell'art. 113 LM e accanto all'interesse pubblico a prevenire un siffatto abuso - pur comprendendo l'esigenza di prevenzione a cui mira l'autorità inferiore - non può prescindere dal considerare anche gli interessi privati del diretto interessato. Nel caso concreto, il fatto di emanare una dichiarazione di rischio all'incontro del ricorrente, a sol motivo ch'egli

avrebbe un tatuaggio [ ] e condividerebbe delle ideologie di estrema destra - motivi, quelli, che come si è visto in precedenza (considd. 4.1.5,

4.2 segg. di cui sopra) non sono conformi per altro allo scopo dell'art. 113 LM - lede chiaramente il principio della proporzionalità e gli interessi privati del ricorrente, il quale, come detto, non è mai stato condannato e di cui il comportamento non urta per niente la legalità.

Per questi motivi, la decisione impugnata va annullata e il ricorso accolto, senza che vi sia bisogno di entrare nel merito delle restanti censure sollevate dal ricorrente.

5.

    1. In applicazione dell'art. 63 cpv. 1 e 2 PA, nonché dell'art. 2 segg. del regolamento del 21 febbraio 2008 sulle tasse e sulle spese ripetibili nelle cause dinanzi al Tribunale amministrativo federale (TS-TAF; RS 173.320.2), non sono addossate spese processuali alla parte vincente, né vengono addossate tali spese all'autorità inferiore. Alla crescita in giudicato del presente giudizio, l'anticipo spese di 1'000 franchi versato a suo tempo dal ricorrente gli verrà dunque restituito, previa indicazione delle coordinate bancarie o postali sulle quali effettuare il versamento.

    2. Giusta l'art. 64 cpv. 1 PA in relazione con l'art. 7 cpv. 1 TS-TAF, se ammette il ricorso, l'autorità giudicante assegna al ricorrente un'indennità per le spese che ha sopportato. Lo scrivente Tribunale può statuire d'ufficio in merito alle ripetibili in base alla nota d'onorario del patrocinatore, ove esiste, nonché sugli atti e di regola senza dover procedere con una motivazione circostanziata (art. 10 segg. TS-TAF). In concreto, il ricorrente è stato assistito da un legale iscritto nel registro degli avvocati del Cantone Ticino. In considerazione degli atti di causa nonché dell'esito del ricorso, appare giustificato assegnare al ricorrente un'indennità di ripetibili pari a 1'500 franchi, indennità a carico dell'autorità inferiore.

(il dispositivo è indicato alla pagina seguente)

Per questi motivi, il Tribunale amministrativo federale pronuncia:

1.

Per quanto ricevibile, il ricorso è accolto.

2.

Non si prelevano spese processuali. Di conseguenza, alla crescita in giudicato del presente giudizio, l'anticipo spese di 1'000 franchi versato dal ricorrente, gli verrà integralmente restituito, previa indicazione delle coordinate bancarie o postali sulle quali effettuare il versamento.

3.

L'autorità inferiore corrisponderà al ricorrente l'importo di 1'500 franchi a titolo di indennità di ripetibili.

4.

Comunicazione a:

  • ricorrente (atto giudiziario)

  • autorità inferiore (n. di rif. ***; atto giudiziario)

  • Segretariato generale del DDPS, Capo del personale (atto giudiziario)

Il presidente del collegio: La cancelliera:

Claudia Pasqualetto Péquignot Sara Friedli

Rimedi giuridici:

Contro la presente decisione può essere interposto ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale, 1000 Losanna 14, entro un termine di 30 giorni dalla sua notificazione (art. 82 segg., 90 segg. e 100 LTF). Gli atti scritti devono essere redatti in una lingua ufficiale, contenere le conclusioni, i motivi e l'indicazione dei mezzi di prova ed essere firmati. La decisione impugnata e - se in possesso della parte ricorrente - i documenti indicati come mezzi di prova devono essere allegati (art. 42 LTF).

Data di spedizione:

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