Urteilsdetails des Bundesstrafgerichts
Instanz: | Bundesstrafgericht |
Abteilung: | Strafkammer |
Fallnummer: | BG.2023.54 |
Datum: | 11.10.2023 |
Leitsatz/Stichwort: | |
Schlagwörter | Apos;; Apos;art; Apos;imputato; Apos;intermediario; FINMA; Apos;obbligo; Tribunal; Corte; Tribunale; Lapos;; Apos;affari; Apos;autore; Nella; Diligence; Apos;apertura; Apos;ambito; CONMEBOL; Apos;ultimo; Banca; Apos;attività; Apos;operatività; Ufficio; Apos;Ufficio; Apos;accusa; Comitato; OAD-FCT; Lapos;imputato; Apos;altro; Apos;infrazione; Apos;atto |
Rechtskraft: | Kein Weiterzug, rechtskräftig |
Rechtsgrundlagen des Urteils: | Art. 305 StGB ; |
Kommentar: | Müller, Basler n. ad art. LRD; , Art. 6, 2022 |
Entscheid des Bundesstrafgerichts
SK.2022.17
Tribunal pénal fédéral Tribunale penale federale Tribunal penal federal | |
Numero dell'incarto: SK.2022.17 |
Sentenza dell'11 ottobre 2023 Corte penale | ||
Composizione | Giudice penale federale Fiorenza Bergomi, Giudice unico, Cancelliere Lorenzo Rapelli | |
Parti | 1. Ministero pubblico della Confederazione, rappresentato dalla Procuratrice federale Lucienne Fauquex,
2. Dipartimento federale delle finanze, rappresentato dal Dr. Christian Heierli, capo del Servizio diritto penale,
| |
contro | ||
A., difeso dall'avvocato di fiducia Davide Ceroni. | ||
Oggetto | Violazione dell'obbligo di comunicazione secondo l'art. 37 della legge federale del 10 ottobre 1997 relativa alla lotta contro il riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo. |
In fatto:
I. Procedura penale amministrativa
A. In data 11 febbraio 2019 l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (in seguito: FINMA) ha presentato all'indirizzo del Dipartimento federale delle finanze (in seguito: DFF) una denuncia penale nei confronti dei responsabili in seno all'istituto bancario B. SA nonché di ogni altra persona coinvolta, per sospetta violazione dell'obbligo di comunicazione ai sensi dell'art. 37 della Legge federale relativa alla lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo (LRD; RS 955.0; cfr. act. DFF 10 1 e segg.). La denuncia era legata al coinvolgimento di B. SA nella vicenda di corruzione relativa alla Federazione internazionale di calcio (in seguito: FIFA).
B. Dopo aver chiesto ed ottenuto dalla FINMA copia degli atti rilevanti per il proprio procedimento, il 3 maggio 2021 il DFF ha aperto una procedura penale amministrativa contro ignoti per sospetto di violazione dell'art. 37 LRD in applicazione dell'art. 50 cpv. 1 della Legge federale concernente l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (LFINMA; RS 956.1; cfr. act. DFF 40 1).
C. Il DFF ha successivamente ottenuto assistenza amministrativa dall'Ufficio federale di giustizia (in seguito: UFG) e dal Ministero pubblico della Confederazione (in seguito: MPC), raccolto copia dei messaggi di posta elettronica riconducibili alle persone implicate nel caso nonché ulteriori precisazioni presso la FINMA, ordinato a B. SA l'edizione e il rilascio di informazioni e organigrammi riguardanti il settore Legal & Compliance, e si è altresì fatta trasmettere il regolamento e le direttive in vigore tra il 2008 e il 2015 dall'Organismo di autodisciplina dei fiduciari del Canton Ticino (in seguito: OAD-FCT; cfr. act. DFF 31 2-1795; 32 2-61; 30 13-434: 33 11-279; 31 1796-1816; 32 62-267; 35 35-119).
D. Il citato Dipartimento ha quindi perseguito le violazioni dell'obbligo di comunicazione nell'ambito di due procedimenti distinti concernenti, da una parte B. SA (DFF no. 1), e dall'altra A. in qualità di gestore patrimoniale esterno. Per quanto concerne la procedura a carico dell'imputato, nel processo verbale finale del 28 settembre 2021 il DFF è giunto alla conclusione che quest'ultimo andava ritenuto colpevole di violazione intenzionale dell'obbligo di comunicazione ai sensi dell'art. 37 LRD, commessa in periodi diversi a seconda del conto bancario considerato ma in ogni caso compresi tra il 1° novembre 2008 ed il 20 luglio 2015 (cfr. act. DFF 80 11 e segg.).
E. Con scritto del 26 ottobre 2021, l'imputato si è espresso in merito al contenuto del suddetto processo verbale per il tramite del suo difensore, chiedendo, in primo luogo, di essere interrogato e, nel merito, il proscioglimento da ogni e qualsiasi ipotesi accusatoria; subordinatamente ha postulato la derubricazione del reato nella forma della commissione per negligenza (cfr. act. DFF 80 66 e segg.).
F. La procedura riguardante B. SA si è conclusa con l'emissione, il 29 novembre 2021, di un decreto penale che ha condannato l'istituto bancario al pagamento di una multa di CHF 50'000.– e delle spese procedurali, per violazione dell'obbligo di comunicazione ai sensi dell'art. 37 cpv. 2 LRD in relazione ai conti oggetto del presente procedimento (cfr. act. SK.9.511.032 e segg.).
G. Il DFF, dopo aver ottenuto anche ulteriore documentazione riguardante A., ha provveduto, in data 16 dicembre 2021, ad interrogare l'imputato come da sua richiesta (cfr. act. DFF 60 1 e segg.).
H. Mediante decisione di rinvio del 21 dicembre 2021, la funzionaria inquirente ha deciso la chiusura dell'inchiesta trasmettendo nel contempo gli atti procedurali alla capogruppo per la decisione (cfr. act. DFF 40 4-5).
I. Con decreto penale del 20 gennaio 2022, il DFF ha riconosciuto A. autore colpevole di violazione dell'obbligo di comunicazione secondo l'art. 37 cpv. 1 LRD per i fatti intervenuti tra il 1° novembre 2008 e il 20 luglio 2015, e lo ha condannato al pagamento di una multa di CHF 30'000.– e delle spese procedurali pari a CHF 4'250.– (cfr. act. DFF 90 1-26).
J. L'imputato, il 18 febbraio 2022, vi ha interposto opposizione, chiedendo in via principale il proscioglimento e in via subordinata una derubricazione del reato alla violazione dell'obbligo di comunicazione secondo l'art. 37 cpv. 2 LRD (per negligenza) e la condanna a una multa non superiore a CHF 5'000.–; in entrambi i casi con tasse e spese a carico della Confederazione (cfr. act. DFF 90 27 e segg.).
K. Il 16 marzo 2022, il DFF ha, dunque, emesso una decisione penale ai sensi dell'art. 70 DPA nei confronti di A. (cfr. act. DFF 100 1 e segg.), riconoscendolo autore colpevole di violazione per dolo dell'obbligo di comunicazione secondo l'art. 37 cpv. 1 LRD per i fatti intervenuti tra il 1° novembre 2008 e il 20 luglio 2015, e lo ha condannato al pagamento di una multa di CHF 30'000.– e delle spese procedurali pari a CHF 5'680.–.
La predetta decisione penale è stata notificata all'imputato il 17 marzo 2022 (cfr. act. DFF 100 69).
L. Mediante scritto del 25 marzo 2022 (cfr. act. SK 9.100.004), A. ha chiesto di essere giudicato dal Tribunale penale federale (in seguito: TPF).
M. Il DFF, in data 12 aprile 2022, ha inoltrato l'incartamento al MPC, proponendo anche, quale messa in stato di accusa subordinata, la condanna per negligenza (act. SK 9.100.001 e segg.). Il 22 aprile 2022, il MPC ha trasmesso il dossier per giudizio al TPF (act. SK 9.100.0083-84).
II. Procedura giudiziaria
A. Il 26 aprile 2022, il Presidente della Corte penale del TPF ha comunicato alle parti l'avviso di entrata del caso e la composizione della Corte (cfr. act. SK 9.120.001), poi modificata il 3 agosto 2022 (cfr. act. SK.9.120.003).
B. Il 26 settembre 2022 la Corte penale ha informato le parti in merito alle prove che sarebbero state assunte d'ufficio e le ha invitate a presentare, entro il 24 ottobre 2022, eventuali istanze probatorie (cfr. act. SK 9.400.001). Con scritto del 18 ottobre 2022, il DFF ha comunicato di non avere istanze probatorie da proporre; in data 4 novembre 2022 il difensore di A. ha presentato un'istanza probatoria (cfr. act. SK 9.521.004 e segg.). Il DFF ha avuto modo di esprimersi sull'istanza della difesa il 21 novembre 2022 (cfr. act. SK 9.511.002 e segg.). Il 1° dicembre 2022 A. ha a sua volta inoltrato alcune osservazioni complementari (cfr. act. SK 9.521.009 e segg). Il MPC è rimasto silente.
C. Il 22 dicembre 2022 il DFF ha trasmesso un elenco atti dettagliato alla Corte ed alla difesa (cfr. act. SK 9.521.010 e segg.).
D. Con decreto dell'11 gennaio 2023, la Direzione della procedura ha deciso l'acquisizione agli atti del processo verbale finale del 28 settembre 2021 e del decreto penale del 29 novembre 2021 relativi al procedimento n. 1 condotto dal DFF nei confronti di B. SA, dell'estratto del casellario giudiziale svizzero dell'imputato, dell'estratto dell'ufficio esecuzioni e fallimenti e della documentazione fiscale a far tempo dal 2019 relativi all'imputato, nonché del formulario relativo alla situazione personale e patrimoniale dell'imputato. Le ulteriori istanze probatorie sono state respinte nella misura della loro ricevibilità (cfr. act. SK 9.250.001 e segg.).
E. In data 11, rispettivamente 12 aprile 2023 il DFF ed il MPC hanno comunicato di non avere questioni pregiudiziali da sollevare al dibattimento (cfr. act. SK 9.510.001; 9.511.085). Con scritto del 19 aprile 2023 la difesa ha sollevato due questioni pregiudiziali (cfr. act. SK 9.521.011).
F. I pubblici dibattimenti hanno avuto luogo il 10 maggio 2023 a Bellinzona, presso la sede del TPF. L'imputato si è regolarmente presentato in aula (cfr. act. SK 9.720.001 e segg.).
G. In esito al dibattimento, le parti hanno formulato le conclusioni seguenti (cfr. act. SK 9.720.008 e segg.):
Il DFF ha chiesto che la Corte abbia a concludere:
1. A. è riconosciuto autore colpevole di violazione dell'obbligo di comunicazione secondo l'art. 37 cpv. 1 LRD, infrazione commessa dal 1° novembre 2008 fino al 20 luglio 2015;
Di conseguenza;
2. A. è condannato:
a) ad una multa di CHF 30'000.–;
b) al pagamento delle spese procedurali del DFF di CHF 5'680.– ai sensi della decisione penale, a cui aggiungere CHF 2'000.– quale emolumento per sostenere l'accusa, nonché della tassa di giustizia della presente procedura giudiziaria.
La difesa ha postulato:
1. L'accertamento dell'intervenuta prescrizione dei reati;
e in ogni caso;
2.
2.1 In via principale l'integrale proscioglimento di A.;
2.2. In via subordinata la derubricazione del reato con quindi la condanna di A. per violazione dell'obbligo di comunicazione secondo l'art. 37 cpv. 2 LRD e la condanna ad una multa non superiore a CHF 5'000.–;
3. Un indennizzo ai sensi dell'art. 99 DPA per l'importo di CHF 46'348.70 corrispondenti alle spese di patrocinio generate dal presente procedimento.
H. In applicazione dell'art. 79 cpv. 2 DPA, alle parti viene intimata la sentenza motivata, non essendo necessaria la comunicazione orale del dispositivo, modalità peraltro accettata dalle parti.
III. Contesto fattuale
A. A. ha concluso gli studi in economia presso l'Università di […] nel […], specializzandosi in revisione e fiduciaria; in seguito ha svolto la funzione di consulente alla clientela privata in tre distinti istituti bancari (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.003). Già collaboratore e membro di direzione di Banca C., dal […] 2007 è organo della società di gestione patrimoniale D. SA, di cui, a far data dal […] 2010, risulta l'unico amministratore (cfr. act. DFF 34 39; verbale dibattimentale, act. SK 9.731.002; act. FINMA 2 3713), nonché il solo azionista (cfr. act. DFF 50 26). Dopo la cessazione del suo rapporto di lavoro con Banca C. alla fine del 2007, l'imputato ha continuato a gestire, mediante D. SA, le relazioni delle quali già si era occupato in seno al menzionato istituto bancario nella veste di gestore patrimoniale esterno (cfr. act. FINMA 2 4884). A seguito della fusione tra Banca C. e B. SA la situazione non è mutata (cfr. act DFF 34 2; verbale dibattimentale, act. SK 9.731.003).
B. D. SA, affiliata all'OAD-FCT dal […] 2008 (cfr. act. FINMA 2 8199), beneficiava di un contratto quale «gestore esterno con delega della verifica dell'identità» stipulato con Banca C. il […] 2007 e che gli assicurava il percepimento di retrocessioni (cfr. act. DFF 31 32-36). Dopo l'incorporazione di Banca C. in B. SA, D. SA ha sottoscritto, il […] 2008, una nuova convenzione per la gestione patrimoniale esterna (cfr. act. DFF 31 40-44), completata, il 25 giugno 2009, da una convenzione di delega (cfr. act. DFF pagg. 31 45-47). A gennaio 2008 D. SA era gestore patrimoniale esterno di circa 170 relazioni bancarie attive presso B. SA, numero che si è poi ridotto negli anni successivi (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.018; act. FINMA 2 4847-4851).
C. Nel periodo in cui si sono svolti i fatti contestati a A., la gestione dei rischi legali e di reputazione e dell'osservanza dei requisiti regolamentari e legali era affidata al dipartimento Legal & Compliance di B. SA. All'interno della funzione, l'unità Know Your Customer (KYC) Risk Unit si dedicava, fra l'altro, all'attività di prevenzione antiriciclaggio e di gestione dei processi legati alle segnalazioni dal sistema informatico. La KYC Risk Unit riportava direttamente alla Head of Global Compliance, che, a sua volta, era sottoposta all'Head of Legal and Compliance. Le persone responsabili erano E. (Head of Legal & Compliance), F. (Head of GlobaI Compliance) e G. (Head of KYC Risk Unit), al quale, dal 18 novembre 2013, è subentrato H. Per quanto concerne i nomi di collaboratori KYC Risk Unit emersi in connessione ai fatti, figurano I., attiva sino al 31 gennaio 2011, J. e lo stesso G., che sono passati ad altro settore il 31 agosto 2012 rispettivamente il 18 novembre 2013. Per quanto concerne le altre divisioni, ed in particolare l'unità External Asset Managers (EAM), che si occupava delle relazioni con i gestori patrimoniali esterni, il responsabile era K., a cui, nel 2012, è subentrato L. Le relazioni oggetto del presente procedimento erano state assegnate a M., collaboratore di B. SA fino al 28 febbraio 2012, poi sostituito da N. Dopo la promozione di L. a capo dell'EAM, i consulenti erano sottoposti a O. Nell'estate 2008, nell'ambito del trasferimento delle relazioni dalla Banca C. a B. SA, si era occupato della vicenda anche P., dell'Unità Controlli Due Diligence. Q., vicedirettore del settore Legal, è stato a sua volta coinvolto (cfr. act. DFF 10 6 e segg.; 30 229; 31 268-271; 31 283; 33 12-21; 33 277; FINMA 1 132; 1 324).
D. Tra le relazioni gestite da D. SA si annoveravano, sin dal mese di febbraio 2007, i quattro conti oggetto del presente procedimento (R., S., T. e AA.), ai quali se ne è aggiunto un quinto (BB.) nel febbraio 2010. La relazione R. era intestata ad una società delle Isole Vergini Britanniche (R. Ltd.); l'avente diritto economico (in seguito: ADE) era una società di marketing sportivo con sede argentina (CC. SA; cfr. act. DFF 31 952). Gli altri conti erano riconducibili ai funzionari della Confederazione sudamericana di calcio (in seguito: CONMEBOL) DD., […] (relazione S.; cfr. act. DFF 32 76, 10 10-11; act. FINMA 2 3471, 3594), EE., […] (relazione AA.; cfr. act. FINMA 2 3844, 3851), FF., […], poi eletto […] nel […] (relazione T.; in seguito: FF.; cfr. act. FINMA 2 3710; 3721) e GG., […] dal […] al […] (relazione BB.; cfr. act. DFF 31 1668; FINMA 2 3851). Il gruppo di clienti cui facevano capo i conti sarebbe stato presentato a A. da HH., uomo di fiducia di II., «numero uno» della CC. SA (cfr. act. DFF 60 4). I beneficiari erano membri del Comitato esecutivo CONMEBOL di cui fanno parte, a seconda dei casi, un […], uno o più […], un […], un […] e fino a sette direttori, tutti provenienti dalle varie associazioni nazionali costituenti la confederazione (cfr. United States District Court for the Eastern District of New York, U.S.A v. Danis, 1:15-cr-00240, INFORMATION 05/27/2015, pag. 6).
E. La documentazione iniziale relativa alla relazione R., ed in particolare il Profilo Due Diligence sottoscritto il 16 agosto 2006 anche da A., a quel tempo membro di direzione di Banca C., indicava che l'avente diritto economico menzionato nel formulario A, ossia la CC. SA (cfr. act. DFF 31 952), era detenuta al 98% dall'emittente televisiva JJ. e vantava, tra i suoi assets, i diritti di trasmissione della coppa Libertadores. Veniva altresì precisato che sulla relazione sarebbe confluita la parte estero su estero dei proventi della vendita dei diritti alla rete brasiliana KK., che sarebbero rimasti «in conto per investimento» (cfr. act. DFF 31 975). Un contratto sottoscritto il 31 agosto 2004 tra LL. B.V., Olanda, affiliata della CC. SA e KK., accluso alla documentazione bancaria, specificava i termini della cessione di diritti televisivi, per il periodo 2005-2010 per la quale era prevista una contropartita di USD 7'200'000.– annui (cfr. act. DFF 31 977 e segg.). Negli atti relativi al procedimento di enforcement FINMA, figura altresì uno schema manoscritto allestito dall'imputato e riguardante il flusso dei fondi che venivano conferiti su R. da LL. B.V. Per quanto riguarda le uscite dalla relazione R., la schematizzazione prevedeva quattro frecce, di cui una tratteggiata, con a margine una dicitura poco leggibile che sembra indicare «distribuzione agli interessati» (cfr. act. FINMA 2 4872, equivalente all'act. DFF 32 123).
La documentazione di apertura di S. (ADE: DD.), sottoscritta dall'imputato il 14 febbraio 2007, oltre a fornire alcune informazioni sul titolare, specificava che quest'ultimo partecipava agli interessi della CC. SA. Quanto ai fondi, il Profilo Due Diligence indicava che sarebbero stati tutti «in provenienza dalla relazione 2 [R.]»; nella sezione destinata all'origine erano barrate sia la casella «attività professionale/commerciale» che quella «risparmio/patrimonio», e precisato che «tutti i beni provengono dall'attività professionale del titolare e conseguente messa a risparmio» (cfr. act. DFF 032 116-117). Il contratto del 31 agosto 2004, è stato a sua volta inserito nel dossier di S., unitamente allo schema manoscritto di cui sopra. Fatte salve le diverse descrizioni biografiche inerenti ai clienti, anche i dossier relativi a T. (ADE: FF.) e a AA. (ADE: EE.), anch'essi allestiti nel febbraio del 2007, contenevano le medesime spiegazioni nel profilo Due Diligence, lo stesso contratto e lo stesso schema (cfr. act. FINMA 2 3710 e segg.; 2 3849 e segg.). In quest'ultimi due casi, già al momento dell'apertura, erano state referenziate informazioni sui clienti e sulla CONMEBOL, segnatamente a mezzo stampa e previa verifica nella banca dati World-Check (cfr. act. FINMA 2 3713; 3721 e segg.; 3848; 3851 e segg.). Il riscontro relativo a FF. lo categorizzava quale Persona Politicamente Esposta (PEP); A. vi annotava (inspiegabilmente !) di proprio pugno: «la persona non ricopre nessuna carica politica» (cfr. act. FINMA 2 3713).
F. Dagli estratti conto si evince che una volta giunti su R., i fondi provenienti da LL. B.V. venivano quasi integralmente ritrasferiti, di norma nel giro di pochi giorni, verso le relazioni S., T. e AA. (dal 2010 anche BB.) e, in misura minore, in favore di conti accesi in banche terze (cfr. act. DFF 31 1104 e segg.). Ad esempio, con valuta del 12 febbraio 2007 sono stati accreditati USD 1'200'000.– da parte di LL. B.V. (cfr. act. DFF 31 1104; 31 1634): il 16 febbraio 2007 si evincono dei trasferimenti in favore di S. (USD 400'000.–, cfr. act. DFF 31 1634; 32 144), di T. (USD 200'000.–;cfr. act. DFF 31 1634) e di AA. (USD 200'000.–; cfr. act. DFF 31 1634). La rimanenza era già stata bonificata il 14 febbraio 2007 in favore di terzi (cfr. act. DFF 31 1634; si veda anche act. FINMA 2 4871).
Da qui alla chiusura della relazione R., avvenuta il 29 ottobre 2012, questo schema si è ripetuto regolarmente per numerosi altri ingenti importi di denaro. Nel corso degli anni, sul conto R. sono confluiti all'incirca CHF 30'000'000.– in provenienza da LL. B.V. (cfr. act. DFF 31 1634; 1635; 1637; 1640; 1641; 1643; 1644; 1645 e 1225; 1646 e 1289; 1646 e 1308; 1647 e 1329; 1649 e 1348; 1649 e 1372; 1650 e 1401; 1650 e 1423; 1651 e 1436; 1653 e 1479; 1654 e 1504; 1654 e 1529), quasi tutti ritrasferiti ai quattro altri clienti di B. SA e a conti presso banche terze (cfr. act. DFF 31 1104 e segg.; 1634-1654). Nel periodo compreso tra il 2007 ed il 2011, S. (ADE: DD.) ha beneficiato di regolari accrediti per la somma complessiva di oltre USD 4'000'000.– da parte della relazione R. (cfr. act. DFF 32 144; 145; 146; 149; 150; 153; 31 1238; 32 153; 31 1248; 32 154; 31 1246; 32 154; 31 1293; 32 157; 31 1359; 32 158; 31 1382; 32 158; 31 1402; 32 161; 31 1480; 32 162; 31 1517; 32 162; 31 1520). T. (ADE: FF.) è stata alimentata segnatamente con 14 trasferimenti dell'ordine di circa USD 200'000.–, sempre provenienti dalla relazione R. (cfr. act. DFF 31 1634; 1635; 1186; 1192; 1197; 1235; 1278; 1299; 1365; 1376; 1408; 1483; 1505; 1526). Su AA. (ADE: EE.), sono stati accreditati, via R., importi dell'ordine di USD 3'000'000.– (cfr. act. DFF 31 1634; 1635; 1186; 1192; 1197; 1226; 1245; 1280; 1296; 1362; 1379; 1405; 1486; 1514; 1523).
G. L'11 marzo 2008 si è svolto un incontro tra alcuni esponenti di Banca C. e A. (a quel tempo già gestore esterno), parzialmente incentrato sui conti della costellazione R. e nel cui contesto sono state sollevate le questioni di alcune segnalazioni del sistema informatico riguardanti singole transazioni (Mov'ins) e profili Due Diligence incompleti; l'imputato si era impegnato a raccogliere le informazioni mancanti entro il 30 giugno 2008 (cfr. act. DFF 31 144; verbale dibattimentale, act. SK 9.731.015). Dagli scambi di e-mail interni intercorsi tra giugno e luglio 2008 si evince che nel contesto del trasferimento in B. SA, la situazione era monitorata e considerata problematica dall'Unità Controlli Due Diligence. A., che non aveva ancora dato seguito agli impegni presi nel termine pattuito, veniva annoverato tra i gestori esterni «recidivi o maggiormente critici» rispetto alle segnalazioni Mov'ins (cfr. act. DFF 30 79). Alcune attività sulle relazioni da lui gestite venivano giudicate inusuali e ci si questionava sull'opportunità di permettere tale tipologia di operatività indipendentemente dalla documentazione che l'imputato sarebbe stato in grado di produrre (cfr. act. DFF 30 391).
H. Il 19 agosto 2008, dopo aver esaminato le criticità emerse in relazione ai conti gestiti da A., P. sollevava per la prima volta, in un resoconto indirizzato a colleghi e superiori, l'interrogativo volto a sapere: «come mai gli introiti derivanti dalla vendita dei diritti televisivi […] vengano sistematicamente distribuiti a clienti del nostro istituto o a terzi» (cfr. act. DFF 30 282). Tale rapporto attirava l'attenzione di L., K. e F. e conduceva all'organizzazione di una riunione con A. (cfr. act. DFF 30 372; 31 268). Da un breve ragguaglio trasmesso per e-mail da O., si evince che l'incontro ha avuto effettivamente luogo il 3 settembre 2008 (cfr. act. DFF 31 282); per quanto concerne i conti legati alla «famiglia» R., era stato chiesto a A. di dare immediatamente seguito alle proposte formulate ad inizio aprile 2008 (cfr. act. DFF 31 104); con ogni probabilità si intendeva in realtà quanto discusso nel marzo del 2008 (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.016).
I. Il 16 settembre 2008 si svolgeva un ulteriore incontro tra F. e A. (cfr. act. DFF 30 111). In tale occasione era stato concordato che le pendenze sarebbero state chiuse entro fine ottobre 2008 e che i rapporti sarebbero stati forniti in modo scaglionato (cfr. act. DFF 30 380-381). Si trattava di un'estensione del termine inizialmente concordato e previsto per il 30 giugno 2008 (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.016).
J. Il 30 ottobre 2008 l'imputato ha allestito e trasmesso alla banca una nota per il profilo Due Diligence riguardante la relazione R. ed i conti «collegati» (a quel tempo T., AA. e S.), a cui ha accluso un'ulteriore nota esplicativa denominata «informazione singole transazioni» inerente ad un singolo accredito di USD 1'300'000.–, da effettuarsi con valuta al 5 novembre 2008 su R., nonché a due successivi addebiti di USD 650'000.– a beneficio di una relazione esterna e di una relazione interna a B. SA. Con la produzione di tali documenti, A. intendeva, a suo dire, dar seguito alle richieste formulate dalla banca tra il marzo ed il settembre 2008 (cfr. supra lett. G-I; verbale dibattimentale, act. SK 9.731.016).
Nel primo dei due documenti, che è stato integrato nel profilo della relazione R. da B. SA il 31 ottobre 2008 (cfr. act. FINMA 2 4884), l'imputato ha indicato quanto segue: «Nel presente caso non è nota la natura esatta delle richieste provenienti da B. SA. In effetti, dalla revisione della documentazione sottoposta al momento dell'apertura, non appaiono manifeste grosse lacune documentali […]. Nella sua natura l'operatività descritta nel profilo Due Diligence è stata confermata nei fatti. Le fonti di provenienza dei beni sono rimaste immutate nel tempo come pure la causale che ha generato le attività. Sia causale (vendita di diritti televisivi per eventi sportivi) che gli interessati sono stati certificati attraverso la consegna dei contratti stipulati tra le parti interessate e la definizione in modo grafico dello schema a monte della presente relazione. In merito alle relazioni collegate e pure in essere presso B. SA, le stesse sono rimaste accese, hanno conservato parte dei beni immessi e fruito invece di altra parte per investimenti propri, principalmente nel settore immobiliare. Una parte dei beni conferiti alla relazione R. è stata trasferita verso relazioni bancarie terze intestate a altri beneficiari. Questi beneficiari sono pure parte in causa beneficiante degli introiti derivanti dalla vendita dei diritti televisivi già citati. Disponendo in origine di conti bancari già esistenti non hanno aperto nuove relazioni presso Ex Banca C. Il valore complessivo dei beni conferiti a relazioni presso terze banche è stato comunque limitato a dimensioni ragionevoli e proporzionati ai volumi ricevuti su R. Ciò con la chiara intenzione di non dare adito a sospetti concernenti l'utilizzo del conto R. a scopo di piattaforma di giro e con il fine di non cadere erroneamente in casistiche legate al lavaggio di denaro. Le relazioni collegate al conto R. e intestate a differenti B.O, sono state utilizzate in modo moderato e comunque solo con lo scopo di investimento in beni immobiliari (principalmente caso AA.) a titolo personale. Ragguagli in merito all'uso dei fondi sono già stati trasmessi in modo verbale a istanze compliance B. SA» (cfr. act. FINMA 2 4885-4886).
L'ulteriore nota riferita all'accredito di USD 1'300'000.– da effettuarsi sul conto R. e alle relative redistribuzioni riportava segnatamente che «i fondi ricevuti su R. vengono infine trasferiti sui B.O. finali delle operazioni [...]. Un quarto B.O. che pure beneficia dei fondi trasmessi da R., riceve la propria parte su una relazione presso Banca MM., Svizzera e su una relazione presso NN., Uruguay». Nel documento è stato barrato il riferimento «sui B.O» ed apposta in sua vece la dicitura manoscritta «agli azionisti». Al dibattimento A. ha dichiarato di non sapere chi avesse effettuato tale annotazione (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.022). Seguiva uno schema raffigurante il flusso degli averi e un paragrafo denominato «Determinazione del B.O» in cui veniva indicato che il beneficiario delle due operazioni di addebito era II. (cfr. act. FINMA 2 4887-4889). Al dossier addizionale era accluso un nuovo contratto di cessione dei diritti televisivi sottoscritto il 7 ottobre 2008 (cfr. act. FINMA 2 4892-4900) e di tenore analogo a quello del 31 agosto 2004 nonché due fatture emesse il 31 luglio 2008 per USD 1'300'000.–, rispettivamente il 31 ottobre 2008, per USD 100'000.– dalla R. Ltd. nei confronti della LL. B.V. per titolo di lntermediary Fees, rispettivamente Expenses (cfr. act. FINMA 2 4890-4891). Nella documentazione del conto R. è stato ritrovato anche un appunto sottoscritto da M., secondo il quale: «in data 31 ottobre 2008 ricevo le note esplicative […] A mio parere ed in buona fede posso affermare che le spiegazioni date nelle note allegate plausibilizzino l'operatività svolta e pertanto le sottopongo alla sig.a F. per i suoi atti» (cfr. act. FINMA 2 4884).
K. Il 16 aprile 2009, a seguito della richiesta della banca di estinguere un altro conto di cui D. SA era gestore patrimoniale esterno, è stato lo stesso imputato a ventilare la chiusura delle relazioni R., S., AA. e T., in quanto ad esso «collegate» (cfr. act. DFF 31 113). I conti oggetto del presente procedimento sono menzionati anche in uno scambio interno a B. SA del 27 maggio 2009, in un elenco denominato «relazioni chiuse da D. SA su ordine della compliance B. SA a U.» (cfr. act. DFF 31 117). Tuttavia, nel documento di B. SA «Compliance Plan 2009 – Verifica dei Conti piattaforma», sottoscritto da M. e O. il 21 gennaio 2010, veniva prospettata la «prossima apertura di una quarta relazione» a cui destinare i fondi confluiti su R. (cfr. act. DFF 31 1021-1022).
L. Nella documentazione iniziale di BB., datata 12 febbraio 2010, era indicato che con l'apertura di tale conto veniva completato l'insieme delle relazioni che beneficiavano della distribuzione dei beni che confluivano in R., evitando che parte delle spettanze distribuite uscissero da B. SA. Ciò con l'obiettivo di «ridurre al minimo le operazioni di uscita dalla banca e per aumentare il controllo dell'operatività dichiarata da parte della banca» (cfr. act. DFF 31 1698-1699). Dal dossier relativo a tale conto, si evince altresì che l'ADE GG. era a quel tempo classificato come persona politicamente esposta nella banca dati World-Check. Un'annotazione manoscritta da parte di una collaboratrice del settore Compliance (I.), indicava però «non è PEP secondo criteri Ord. FINMA e dir. Interna» (cfr. act. DFF 31 1735). Da quanto dichiarato al dibattimento, si è inoltre appreso che A., nell'ambito degli incontri preliminari all'apertura della relazione, era venuto a conoscenza di alcune «notizie date dalla stampa» riguardanti il coinvolgimento di GG. in vicende corruttive (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.025).
Il 22 febbraio 2010 la banca ha ottenuto da A. un profilo aggiornato della relazione R. (cfr. act. DFF 30 130; 31 926). Questo aggiornamento, oltre a ripetere le informazioni già indicate il 30 ottobre 2008, precisava che la relazione aveva lo scopo di «permettere la triangolazione della vendita di diritti televisivi sportivi (calcio) tra la società CC. SA e la rete KK.». II dossier proseguiva con l'indicazione degli importi dovuti dalla KK. sulla base del contratto di cessione dei diritti televisivi e segnalava che la struttura delle società coinvolte sarebbe stata seguita da una società di consulenza differente dal «sottoscritto», ma a lui perfettamente nota. Con particolare riferimento alla relazione BB., aperta il 23 febbraio 2010, veniva puntualizzato trattarsi di un ulteriore beneficiario dello stesso meccanismo di distribuzione che in origine riceveva il pagamento della propria quota presso banca terza. Per il resto, A. poneva nuovamente l'accento sul valore limitato dei beni finalizzato a «non dare adito a sospetti legati al riciclaggio e sulle modalità del trasferimento a altri beneficiari», nei medesimi termini che nella nota del 30 ottobre 2008. L'aggiornamento rinviava al contratto di cessione dei diritti televisivi e alle fatture emesse da R. Ltd. nei confronti di LL. B.V., già allegati alla nota del 30 ottobre 2008 (cfr. act. DFF 31 1704-1720).
M. Tra il 2010 ed il 2012 BB. ha beneficiato di regolari entrate da R., per all'incirca complessivi USD 3'900'000.– (cfr. act. DFF 31 1368; 31 1373; 1430; 348-350; 358-359; 821-824; 1489; 1508; 731; 854-856; 883; 1776).
N. Nel 2011, il sistema informatico antiriciclaggio (SIRON) in uso presso B. SA ha emesso una serie di allerte riconducibili ai conti della costellazione R.
Il 10 maggio 2011, è intervenuta una prima segnalazione riguardante tre addebiti di USD 197'000.– a favore delle relazioni S., AA. e T. nonché un accredito di USD 475'000.– proveniente da LL. B.V. (cfr. act. FINMA 2 6408-6410 in relazione con gli act. DFF 31 1520, 1523, 1526, 1529, 1654). Nella lista allestita dalla banca figura la seguente nota al riguardo: «In apertura veniva citato che i fondi in entrata sarebbero stati frutto dei proventi derivanti dalla vendita dei diritti televisivi per la trasmissione degli eventi sportivi, poi girati agli azionisti finali delle operazioni che normalmente sono T., AA. e S. e un quarto su una relazione alla Banca MM. I contratti/fatture inerenti le operazioni sono a dossier. Dalle informazioni in nostro possesso non vi sono ragioni per non plausibilizzare» (cfr. act. DFF 31 1018).
Il 12 maggio 2011 ne è stata emessa una seconda riguardante le medesime operazioni congiuntamente ad un ulteriore addebito di USD 400'000.– a favore di BB. (cfr. act. FINMA 2 6411-6413 in relazione con gli act. DFF 31 1533 e segg.). Il giorno seguente nel rispettivo elenco è stato annotato: «L'ADE della relazione beneficiaria è il […] della CONMEBOL organizzazione facente parte della FIFA che rappresenta l'organismo di governo amministrativo, organizzativo e di controllo del calcio sudamericano. La movimentazione sulla relazione societaria rispecchia quanto previsto in apertura. Da verificare con gestore» (cfr. act. DFF 31 1018).
O. Il 17 maggio 2011, l'unità di B. SA adibita al processo di identificazione dei clienti, proprio con riferimento alle segnalazioni SIRON, interrogava nuovamente M. sul motivo per il quale i clienti ricevessero «commissioni per la vendita dei diritti TV» (cfr. act. DFF 30 67). Il 14 luglio 2011 la richiesta volta ad ottenere chiarimenti in merito veniva così inoltrata a A., il quale, il 6 agosto 2011 e solo dopo numerosi solleciti e minacce di blocco della relazione, preannunciava la consegna di un formulario 1096, da effettuarsi l'8 agosto 2011 (cfr. act. DFF 30 126) con la finalità di illustrare i flussi di denaro generati dal rapporto contrattuale tra CC. SA e KK. (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.023). Nell'incarto non figura tale formulario. Dagli atti risulta però che il 26 settembre 2011, nell'elenco di segnalazioni è stata inserita l'annotazione «Analizzata nuovamente la movimentazione, alla luce dei nuovi chiarimenti da parte del GE che segue la relazione, si chiede a che titolo R. traferisce i fondi alle altre 4 relazioni» (cfr. act. DFF 31 1018).
P. Nella documentazione sono stati rinvenuti alcuni scambi di posta elettronica a riguardo della già prospettata chiusura dei conti della costellazione R.
Il 7 novembre 2011 è stato lo stesso A. a chiedere a M. una proroga fino a febbraio 2012 del termine per la chiusura dei conti dei «clienti legati ad R.». O. ha risposto che la faccenda doveva essere conclusa per la fine dell'anno, termine poi posticipato a fine gennaio dopo una discussione con G. (cfr. act. DFF 31 65; 146; 30 127-128). Il 9 novembre 2011, M. faceva quindi presente all'imputato che O. aveva accettato di posporre la chiusura a fine gennaio 2013 (con ogni probabilità intendeva fine gennaio 2012), ma ribadiva «l'importanza di non arrivare al punto che il KYC Risk faccia eventuali segnalazioni» (cfr. act. DFF 030 127).
Q. Il 6 dicembre 2011 O. ha chiesto all'imputato di determinarsi in merito ad un articolo apparso lo stesso giorno nella […] (cfr. act. DFF 30 367) e secondo il quale il membro del Comitato […] e ex […] della FIFA OO. nonché il suo ex-[…] e […] della FIFA PP. sarebbero stati corrotti mediante il versamento di denaro proveniente in particolare dalla società TT. nell'ambito della concessione dei diritti televisivi per la trasmissione dei mondiali di calcio del 2002 e del 2006. Secondo lo stesso articolo anche GG. aveva percepito la somma di […]. A. ha risposto: «Conosco in modo dettagliato i retroscena delle operazioni che ci interessano e l'origine dei fondi. Non ci sono legami con quanto esposto nel giornale. Ho avuto occasione di conoscere OO. e PP. Era possibile l'apertura di una relazione che ho preferito non mettere in atto a causa della mia valutazione negativa. Lo stesso per il signor RR., […] in Argentina. Non ti preoccupare quindi per la vostra tranquillità, perché problemi, fino a chiusura rapporto e anche dopo, non ne avrai» (cfr. act. DFF 30 368).
R. Il 16 febbraio 2012, nell'elenco delle segnalazioni di cui sopra (cfr. supra lett. N), è stato appuntato «il gestore ha fornito i chiarimenti richiesti» e «non ci sono notizie negative e la posizione è chiarita» (cfr. act. DFF 31 1018).
S. Dal rapporto finale chiusura relazione del 29 ottobre 2012 risulta che la relazione R. è stata estinta (cfr. act. FINMA 2 4856-4858); il 31 gennaio 2013 è stato chiuso anche il conto BB. (cfr. act. FINMA 2 3045-3047), mentre l'estinzione di T. è avvenuta il 18 marzo 2014 (cfr. act. DFF 31 467 e segg.; FINMA 2 3704).
T. Il 5 febbraio 2013 A. ha sollecitato B. SA alla nuova apertura di una rubrica denominata R. nella relazione di D. SA, precisando che le entrate sarebbero state trasferite a beneficio delle altre 4 relazioni, i cui ADE venivano definiti quali «consulenti nei confronti di R. e della sua controparte», i quali avrebbero percepito una compensazione «in virtù del loro intervento risolutorio» (cfr. act. DFF 30 361). Dagli atti risulta che la banca non ha dato seguito alla richiesta (cfr. act. DFF 30 360).
U. Il 14 febbraio 2013 A. ha aggiornato il profilo Due Diligence di S. indicando che l'ADE, «persona nota ai più del mondo del calcio internazionale, non è mai formalmente giudicato per atti di corruzione o altro (problematica ormai nota, dopo i recenti scandali FIFA), seppur oggetto, vista la carica ricoperta sino a poco tempo fa, di accuse giornalistiche o di terzi, […] ha lasciato la sua carica su base volontaria» (cfr. act. DFF 30 204),
V. Il 6 marzo 2015, il Dipartimento di giustizia statunitense, nel contesto di un'inchiesta riguardante diverse personalità del calcio, ha presentato una domanda di assistenza giudiziaria internazionale alle autorità elvetiche competenti, chiedendo l'adozione di diverse misure ed in particolare l'identificazione dei conti bancari riconducibili a tali persone. Nella rogatoria figuravano alcuni dati parziali riguardanti parte dei conti oggetto del presente procedimento (cfr. act. SK.9.721.010 e segg.).
W. Il 10 marzo 2015 il MPC ha aperto un procedimento penale contro ignoti per il titolo di amministrazione infedele e riciclaggio di denaro in relazione all'assegnazione dei Campionati mondiali di calcio 2018 e 2022; in questo ambito sono stati emanati due ordini di edizione riguardanti le relazioni BB. (10 marzo 2015; cfr. act. DFF pagg. 32 5 e segg.) e R. (25 marzo 2015; cfr. act. DFF pagg. 32 32 e segg.). La relativa documentazione è giunta al MPC il 19 marzo 2015 per BB. (cfr. act. DFF 32 29) ed il 1° aprile 2015 per la relazione R. (cfr. act. DFF 32 36).
X. Il 17 giugno 2015, A. ha sollecitato via e-mail Q. ad effettuare una segnalazione all'Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro (in seguito: MROS) per il conto S. (cfr. act. DFF 80 114), comunicazione che B. SA ha effettivamente eseguito il 22 giugno 2015 (cfr. act. FINMA 2 3444-3450).
Y. Il 17 luglio 2015, in evasione di una richiesta di edizione emessa l'8 luglio 2015 nell'ambito della richiesta di assistenza giudiziaria statunitense nei confronti di FF. e EE., B. SA ha trasmesso al MPC anche i documenti inerenti ai conti T. e AA. (cfr. act. DFF 31 23; 31 1805).
Ulteriori precisazioni relative ai fatti saranno riportate, nella misura del necessario, nei considerandi in diritto.
In diritto:
I. Sulle questioni pregiudiziali e incidentali
1. Competenza federale
1.1 La Corte deve esaminare d'ufficio la propria competenza (TPF 2005 142 consid. 2; 2007 165 consid. 1).
1.2 Secondo l'art. 50 cpv. 1 LFINMA, il DFF è l'autorità di perseguimento e di giudizio per le infrazioni alle disposizioni penali della FINMA o delle leggi sui mercati finanziari giusta l'art. 1 cpv. 1 LFINMA. In questi casi è applicabile la legge federale del 22 marzo 1974 sul diritto penale amministrativo (DPA; RS 313.0).
Giusta l'art. 50 cpv. 2 LFINMA, se è stato chiesto il giudizio di un tribunale o se il DFF ritiene adempiute le condizioni per una pena detentiva o per una misura privativa della libertà, il giudizio del reato compete alla giurisdizione federale. In tal caso il DFF trasmette gli atti al MPC all'attenzione del TPF. La trasmissione degli atti funge da accusa. Gli articoli 73-83 della Legge federale del 22 marzo 1974 sul diritto penale amministrativo (DPA; RS 313.0) sono applicabili per analogia.
1.3 In applicazione degli art. 2 cpv. 2 e 35 cpv. 1 della Legge federale sull'organizzazione delle autorità penali della Confederazione (LOAP; RS 173.71), la Corte penale è competente per statuire in primo grado sui casi che sottostanno alla giurisdizione federale.
In concreto, la decisione penale del 16 marzo 2022, emessa dal DFF, concerne una violazione dell'art. 37 LRD. Tale legge costituisce una legge sui mercati finanziari ai sensi dell'art. 1 cpv. 1 lett. f LFINMA, per cui la richiesta di A. di essere giudicato da un tribunale è di competenza della Corte penale, in quanto giurisdizione federale di prima istanza.
1.4 Alla procedura dinanzi alla Corte penale sono applicabili per analogia gli art. 73-80 DPA (cfr. art. 81 DPA). Le pertinenti e non contraddittorie disposizioni del Codice di diritto processuale penale svizzero (CPP; RS 312.0) sono applicabili a titolo sussidiario (art. 82 DPA).
La DPA non regola la questione relativa alla composizione della corte chiamata a statuire su un caso di diritto penale amministrativo, ragione per cui è applicabile l'art. 19 cpv. 2 CPP, al quale rinvia l'art. 36 cpv. 2 LOAP. In concreto, l'accusa chiede che l'imputato venga condannato al pagamento di una multa. La causa è pertanto di competenza del giudice unico (art. 19 cpv. 2 lett. b CPP).
1.5 Giusta l'art. 72 cpv. 1 DPA, chiunque è colpito da una decisione penale o di confisca può, entro dieci giorni dalla notificazione, chiedere di essere giudicato da un tribunale. Ai sensi dell'art. 75 cpv. 1 DPA, il tribunale esamina se il suo giudizio è stato chiesto in tempo utile.
La decisione penale del 16 marzo 2022 è stata notificata al difensore di A. il giorno seguente (cfr. act. DFF 100 72). La richiesta di essere giudicato da un tribunale, presentata dall'imputato in data 25 marzo 2022 e pervenuta al DFF il 28 marzo 2022 (cfr. act. DFF 100 70, 73), è quindi tempestiva. Dall'esame della ricevibilità del rinvio a giudizio non risultano irregolarità o impedimenti a procedere (art. 329 cpv. 1 CPP).
1.6 Le condizioni per il rinvio a giudizio giusta la DPA e, a titolo suppletivo, il CPP sono dunque adempiute. La decisione penale del 16 marzo 2022, emanata nei confronti dell'imputato, che funge da atto d'accusa, enuncia la fattispecie e menziona le disposizioni penali applicabili (art. 73 cpv. 2 DPA). La stessa vincola pertanto questa Corte per quanto attiene ai fatti contestati a A., ma non per quanto riguarda la pena erogata (Eicker/Frank/Achermann, Verwaltungsstrafrecht und Verwaltungsstrafverfahrensrecht, 2012, pag. 274 e segg.; cfr. anche infra consid. I, 3).
1.7 La competenza di questa Corte è quindi data.
2. Diritto applicabile
2.1 Le disposizioni generali del Codice penale svizzero (CP; RS 311.0) si applicano ai fatti cui la legislazione amministrativa federale commina una pena, salvo che non sia altrimenti disposto dalla DPA o dalle singole leggi amministrative (art. 2 DPA). Giusta l'art. 333 cpv. 1 CP le disposizioni generali del CP si applicano ai reati previsti da altre leggi federali, in quanto queste non contengano disposizioni sulla materia.
La DPA è silente quanto alle condizioni per determinare il diritto applicabile quando vi è un cambiamento di normativa; per tale aspetto trovano dunque applicazione le disposizioni del CP (sentenza del Tribunale penale federale SK.2018.47 del 26 aprile 2019 consid. 3.1 con riferimenti).
2.2 L'art. 2 cpv. 1 CP prevede che il diritto penale materiale si applica alle infrazioni commesse dopo la sua entrata in vigore, consacrando il principio della non retroattività della norma penale; non sarebbe infatti solo iniquo, ma violerebbe altresì il principio nullum crimen sine lege contenuto nell'art. 1 CP, giudicare su crimini o delitti secondo una legge non ancora in vigore al momento della loro commissione (DTF 117 IV 369 consid. 4.d). Determinante è il momento in cui è stata compiuta l'azione (Riklin, Schweizerisches Strafrecht – Allgemeiner Teil I, 4a ediz. 2013, §8 n. 5).
2.3
2.3.1 Costituisce deroga al principio della non retroattività (cfr. supra consid. I, 2.2) la regola della lex mitior di cui all'art. 2 cpv. 2 CP, la quale prevede che il diritto penale materiale si applica alle infrazioni commesse prima della data della sua entrata in vigore se l'autore è giudicato posteriormente e se il nuovo diritto gli è più favorevole della legge vigente al momento dell'infrazione.
2.3.2 La determinazione del diritto più favorevole si effettua paragonando il vecchio e il nuovo diritto, valutandoli però non in astratto ma nella loro applicazione nel caso di specie (DTF 119 IV 145 consid. 2c; sentenza del Tribunale federale 6S.449/2005 del 24 gennaio 2006 consid. 2; Riklin, Revision des Allgemeinen Teils des Strafgesetzbuches – Fragen des Übergangsrechts, AJP/PJA 2006, pag. 1473). Qualora la condotta fosse punibile sia in virtù delle previgenti legislazioni che di quella in vigore, bisognerebbe comparare le differenti sanzioni contemplate nella vecchia e nella nuova legge, la pena massima comminabile essendo tuttavia di rilevanza decisiva (DTF 135 IV 113 consid. 2.2). Il nuovo diritto trova applicazione se obiettivamente esso comporta un miglioramento della posizione del condannato (principio dell'obiettività), a prescindere quindi dalle percezioni soggettive di quest'ultimo (DTF 114 IV 1 consid. 2a; sentenza del Tribunale federale 6B_202/2007 del 13 maggio 2008 consid. 3.2). In ossequio al principio dell'alternatività, il vecchio ed il nuovo diritto non possono venire combinati (sentenza del Tribunale federale 6B_312/2007 del 15 maggio 2008 consid. 4.3). In questo senso, non si può ad esempio applicare per il medesimo fatto, da un lato, il vecchio diritto per determinare l'infrazione commessa e, dall'altro, quello nuovo per decidere le modalità della pena inflitta. Se entrambi i diritti portano allo stesso risultato, si applica il vecchio diritto (DTF 134 IV 82 consid. 6.2; 126 IV 5 consid. 2c; sentenza del Tribunale federale 6B_442/2012 dell'11 marzo 2013 consid. 3.1). Unicamente le disposizioni di diritto materiale seguono il principio della lex mitior, le norme di procedura essendo rette dal principio tempus regis actum, che le rende applicabili sin dalla loro entrata in vigore (DTF 117 IV 369 consid. 4d).
2.3.3 L'art. 2 CP intende stabilire soltanto quando non sia consentito risolvere in base al nuovo diritto se e come l'agente debba essere punito; esso non dice invece quando non siano applicabili disposizioni da cui non dipenda la punibilità o la misura della pena (DTF 117 IV 369 consid. 4d). Per costante giurisprudenza, il principio della lex mitior non si applica alle disposizioni di diritto amministrativo puro (DTF 148 IV 298 consid. 6.4.2; sentenza del TF 6B_1355/2020 del 14 gennaio 2022 consid. 5.2.2; sentenza del TPF SK.2017.11 del 17 ottobre 2017 consid. 2; per maggiori sviluppi si veda anche Campubri, Ungeschriebene Grenzen der Rückwirkung von Rechtssätzen in der Schweiz, 2020, pag. 552).
2.3.4 Il Tribunale federale ha però avuto modo di precisare che l'art. 2 cpv. 2 CP può trovare applicazione in presenza di una disposizione amministrativa che regola un determinato comportamento e che forma un'unità con la norma penale che prevede una pena; la modifica della regola amministrativa è dunque suscettibile di condurre ad una condanna più o meno grave a seconda del caso di specie (DTF 97 IV 233 consid. 3). In questi casi, l'Alta Corte considera che il principio della lex mitior sia trasponibile unicamente allorquando la modifica della regola amministrativa è dovuta ad un cambiamento dei concetti giuridici. Questo poiché l'idea alla sua base è che l'atto appaia, a seguito della modifica di concetti giuridici, meno punibile o non più punibile del tutto (DTF 123 IV 84 consid. 3b; sentenze del TPF SK.2020.2 del 13 ottobre 2021 consid. 2.6.2; SK.2020.16 consid. 2.7; Popp/Berkemeier, Basler Kommentar, op. cit., n. 16 ad art. 2 CP).
2.4
2.4.1 Per costante giurisprudenza, la violazione dell'obbligo di comunicazione ex art. 37 LRD costituisce un reato permanente (DTF 142 IV 276 consid. 5.4.2; sentenza del Tribunale penale federale SK.2017.38 del 23 novembre 2017 consid. 3.3; Zurbrügg, Basler Kommentar, 4a ediz. 2019, n. 26 ad art. 98 CP), che perdura fintanto che la comunicazione non è più oggettivamente giustificata dallo scopo perseguito, ossia la scoperta e la confisca dei valori patrimoniali, segnatamente poiché le autorità penali sono sufficientemente informate in merito alla situazione (DTF 144 IV 391 consid. 3.1; sentenza del Tribunale penale federale SK.2014.14 del 18 marzo 2015 consid. 1, 3.6, 4.5.7 e 4.6). La continuazione nel tempo di un comportamento o di una situazione illecita rappresenta ancora illegalità costitutiva della fattispecie del reato (cfr. DTF 135 IV 6 consid. 3.2; DTF 132 IV 49 consid. 3.1.2; Dongois/Lubishtani, Comm. Romand, 2a ediz. 2021, n. 38 e segg. ad art. 2 CP). In questo ambito, i fatti proseguiti dopo l'entrata in vigore di nuove norme vengono giudicati secondo queste ultime e non è determinante se essi si sono svolti solo in parte posteriormente all'entrata in vigore delle nuove disposizioni. Tale aspetto dovrà però essere considerato nella commisurazione della pena, nella misura in cui, secondo le norme previgenti, i fatti non erano punibili o la pena prevista era più mite (sentenze del Tribunale penale federale SK.2020.16 del 15 dicembre 2021 consid. 2.4; SK.2014.8 del 24 luglio 2014 consid. 2.1; Popp/Berkemeier, Basler Kommentar, op. cit., n. 11 ad art. 2 CP; Dongois/Lubishtani, op. cit., n. 39 ad art. 2 CP).
2.4.2 Nella decisione penale del 16 marzo 2022, che tiene luogo d'accusa (art. 50 cpv. 2 LFINMA e art. 73 cpv. 2 DPA), a A. viene rimproverato di avere violato l'obbligo di comunicazione di cui all'art. 37 cpv. 1 LRD dal 1° novembre 2008 al 20 luglio 2015. Nella lettera di trasmissione del 12 aprile 2022, il DFF ha proposto, quale messa in stato di accusa subordinata, una condanna per negligenza ai sensi dell'art. 37 cpv. 2 LRD.
Trattandosi di un reato permanente, se l'attività illecita avviene in parte prima ed in parte dopo l'entrata in vigore di una nuova norma, gli atti si considerano commessi secondo la nuova legge. Di conseguenza, sono le disposizioni penali materiali vigenti al momento della cessazione dello stato illecito, che secondo la decisione penale è avvenuta al più tardi il 20 luglio 2015, ad essere applicabili.
Si osservi inoltre che alla luce dei principi giurisprudenziali esposti, laddove il reato venisse confermato per tutto il periodo contestato, nella commisurazione dell'eventuale pena occorrerà tenere conto del fatto che sebbene l'attività illecita sia iniziata prima, dal 1° gennaio 2009 la comminatoria di pena di cui all'art. 37 LRD è stata inasprita, passando da una multa fino a CHF 200'000.– ad una multa fino a CHF 500'000.–.
2.5
2.5.1 Con l'entrata in vigore, il 1° gennaio 2016, della modifica dell'art. 37 LRD, il terzo capoverso della disposizione è stato abrogato (RU 2015 5403). La versione dell'art. 37 LRD in vigore fino al 31 dicembre 2015 comminava: una multa sino a CHF 500'000.– a chiunque, intenzionalmente, violava l'obbligo di comunicazione previsto dall'art. 9 LRD (cpv. 1); una multa sino a CHF 150'000.– a chi agiva per negligenza (cpv. 2); e una multa di almeno CHF 10'000.– in caso di recidiva entro cinque anni da una condanna passata in giudicato (cpv. 3).
In casu, applicabili sono il primo ed il secondo capoverso dell'art. 37 LRD, rimasti immutati con la revisione. Sia il diritto previgente che quello attuale portano al medesimo risultato, non trattandosi di un caso di recidiva. Siccome il diritto attualmente in vigore non risulta più favorevole all'imputato rispetto a quello previgente, si giustifica l'applicazione di quest'ultimo, ossia dell'art. 37 LRD nella sua versione in vigore dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2015 (in seguito: art. 37 LRD-2009).
2.5.2 L'art. 9 LRD determina le condizioni alla base della responsabilità di cui all'art. 37 LRD. Il principio di cui all'art. 2 cpv. 2 CP va dunque analizzato anche rispetto a questa norma (cfr. sentenza del TPF SK.2019.76 del 22 ottobre 2020 consid. 4.6).
Nella sua versione in vigore sino al 31 dicembre 2015, l'art. 9 cpv. 1 lett. a LRD prevedeva che l'intermediario finanziario che sapeva o aveva il sospetto fondato che i valori patrimoniali oggetto di una relazione d'affari sono in relazione con un reato ai sensi degli articoli 260ter numero 1 o 305bis CP (cifra 1), provenivano da un crimine (cifra 2), sottostavano alla facoltà di disporre di un'organizzazione criminale (cifra 3), o servivano al finanziamento del terrorismo (art. 260quinquies cpv. 1 CP) (cifra 4), ne doveva dare senza indugio comunicazione all'Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro secondo l'articolo 23 (Ufficio di comunicazione). Il 1° gennaio 2016, l'art. 9 LRD è stato modificato a seguito dell'attuazione delle raccomandazioni del Gruppo d'azione finanziaria (GAFI) rivedute nel 2012 ed il suo campo di applicazione esteso segnatamente ai delitti fiscali qualificati (RU 2015 1389). Il 1° luglio 2021 sono entrate in vigore alcune modifiche di ordine formale derivanti dalla trasposizione della Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo e il relativo Protocollo addizionale (RU 2021 360). Il 1° gennaio 2023 è stato introdotto un nuovo cpv. (1quater) che prevede il disciplinamento dell'interpretazione giurisprudenziale della nozione di sospetto fondato (RU 2021 656). Nella misura in cui l'art. 9 LRD, così come modificato successivamente, prevede ormai un obbligo di comunicazione più esteso, rispettivamente delle modifiche ininfluenti ed in ogni caso non più favorevoli all'imputato, è la versione in vigore dal 1° febbraio 2009 al 31 dicembre 2015 a trovare applicazione (in seguito: art. 9 LRD-2009).
Va qui altresì osservato che le precisazioni giurisprudenziali volte a definire i contorni della nozione giuridica indeterminata di sospetto fondato di cui all'art. 9 cpv. 1 LRD rientrano ragionevolmente nella concezione originaria della norma, motivo per cui la loro considerazione non viola il principio della legalità né il divieto della retroattività del diritto penale (DTF 147 IV 274 consid. 2).
2.5.3 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la questione della lex mitior si pone anche riguardo all'art. 6 LRD (cfr. sentenze del TPF SK.2019.76 consid. 4.7; SK.2018.47 del 26 aprile 2019 consid. 3.5).
Sino al 31 dicembre 2015, l'art. 6 cpv. 2 LRD prevedeva che l'intermediario finanziario doveva chiarire le circostanze economiche e lo scopo di una transazione o di una relazione d'affari se la transazione o la relazione d'affari appare inusuale, a meno che la sua legalità sia manifesta (lett. a), e se vi sono sospetti che i valori patrimoniali provengano da un crimine, sottostiano alla facoltà di disporre di un'organizzazione criminale (art. 260ter n. 1 CP) o servano al finanziamento del terrorismo (art. 260quinquies cpv. 1 CP) (lett. b). L'art. 6 cpv. 2 LRD è stato oggetto di diverse modifiche. A partire dal 1° gennaio 2016 le circostanze in cui si impongono dei chiarimenti da parte dell'intermediario finanziario contemplano anche altri casi, in particolare i sospetti che i valori patrimoniali provengano da un delitto fiscale qualificato. Il 1° luglio 2021 è stata introdotta la menzione di organizzazione terroristica al cpv. 2 lett. b ed il 1° gennaio 2023 la formulazione della lett. d del medesimo capoverso è stata semplificata senza effetti materiali sull'obbligo di chiarimento (cfr. Messaggio del 26 giugno 2019 concernente la modifica della legge sul riciclaggio di denaro; in: FF 2019 4539, 4597). Dal momento che l'art. 6 cpv. 2 LRD, così come modificato, prevede un obbligo di effettuare chiarimenti che si estende ad un numero maggiore di casistiche, esso non appare più favorevole all'imputato rispetto alla versione in vigore sino al 31 dicembre 2015. Tanto più che le citate estensioni, non si applicano alla presente fattispecie. Le modifiche del 2021 e del 2023 risultano dal canto loro ininfluenti. Anche l'obbligo di svolgere chiarimenti dell'imputato andrà così valutato in base al diritto in vigore dal 1° febbraio 2009 al 31 dicembre 2015 (in seguito: art. 6 LRD-2009).
2.5.4 Il 1° gennaio 2018 è entrata in vigore la revisione del diritto sanzionatorio nel CP (RU 2016 1249; FF 2012 4181) e il 1° luglio 2023 la Legge federale sull'armonizzazione delle pene (RU 2023 259; FF 2018 2345). Per quel che concerne la multa non vi sono state modifiche. La nuova normativa non rappresenta dunque una lex mitior per cui, anche sotto questo profilo, si giustifica l'applicazione della legge previgente.
2.5.5 Poiché non ha subito alcuna modifica in concreto rilevante sino al 1° gennaio 2020, ed atteso che l'incorporazione nella lista di cui al cpv. 2 nulla ha mutato dal punto di vista della responsabilità penale, per la definizione di intermediario finanziario fa stato l'art. 2 cpv. 3 lett. e LRD in vigore sino al 31 dicembre 2019. Da considerare è pure l'Ordinanza del 18 novembre 2009 concernente l'esercizio a titolo professionale dell'attività di intermediazione finanziaria (OAIF; RS 955.071), abrogata il 31 dicembre 2015 e l'Ordinanza sull'Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro (OURD; RS 955.23) nel suo tenore in vigore al momento dei fatti.
In applicazione degli art. 12 lett. c n. 1 e 24 LRD, nella loro versione in vigore sino al 31 dicembre 2015, l'OAD-FCT disponeva inoltre di una propria regolamentazione interna a concretizzazione delle normative antiriciclaggio (sulla portata cfr. DTF 143 II 162). Si tratta del regolamento dell'Organismo di autodisciplina dei fiduciari del Canton Ticino (in seguito: Regolamento OAD-FCT; nella sua versione emanata il 6 agosto 2004, aggiornata il 6 febbraio 2009, nonché nella sua versione entrata in vigore il 1° gennaio 2014), della Direttiva amministrativa sull'identificazione della clientela e sull'obbligo di chiarimento speciale, della Direttiva sulle misure da adottare per ottemperare ai doveri di diligenza nell'ambito dell'identificazione della clientela e al disposto dell'art. 6 LRD e infine della Direttiva sugli indizi di riciclaggio di capitali emanata il 24 febbraio 2003 (cfr. act. DFF pagg. 35 3-119).
3. Rinvio a giudizio e principio accusatorio
3.1 Quale eccezione pregiudiziale, la difesa ha sollevato una violazione del principio accusatorio. Il DFF, con la trasmissione degli atti, si sarebbe limitato a rinviare alla decisione penale che nei suoi dispositivi non conterrebbe, tantomeno nella subordinata formulata con scritto del 12 aprile 2022, la necessaria indicazione ai sensi dell'art. 325 CPP in punto alle ipotesi accusatorie avanzate. Ciò con particolare riferimento all'assenza di indicazioni quo alle relazioni bancarie rispetto alle quali sarebbe rivolta l'accusa ed alle indicazioni di tempo e luogo di commissione del reato, aspetto indispensabile per la valutazione dell'intervenuta prescrizione dei reati il cui termine, lo stesso DFF, avrebbe ritenuto decorso per almeno i due terzi.
3.2
3.2.1 Nel diritto penale amministrativo, laddove sia stato chiesto il giudizio di un tribunale, il rinvio a giudizio tien luogo d'accusa. Esso deve enunciare la fattispecie e le disposizioni penali applicabili, ovvero rimandare alla decisione penale (art. 73 cpv. 1 e 2 DPA; cfr. sentenza del Tribunale 6B_503/2015 del 24 maggio 2016 consid. 3.1: «ce sont le dossier et la décision finale de l'administration qui font fonction d'acte d'accusation»). Ciò non significa che l'intera fattispecie debba comparire nel rinvio a giudizio nella sola forma di una ripetizione integrale delle considerazioni di cui alla decisione penale o che si debba rinviare integralmente a quest'ultima, ma bensì che i riferimenti al contenuto della decisione penale possano sostituire, in tutto o in parte, un'ulteriore descrizione dei capi d'accusa. Da un punto di vista formale, non è richiesto un documento uniforme (sentenza del Tribunale penale federale CA.2019.34 del 25 giugno 2020 consid. 5; Heimgartner/Keshelava, Basler Kommentar, n. 18 ad art. 73 DPA). Nell'ambito del rinvio a giudizio ai sensi della DPA, la formulazione di un'imputazione alternativa per negligenza è ritenuta ammissibile da questa Corte (sentenza del Tribunale penale federale SK.2021.46 del 19 luglio 2022 consid. 1.3.2 e segg.).
3.2.2 L'atto d'accusa ha essenzialmente due funzioni: una funzione informativa nel senso di definire la materia di cui si discuterà nel processo e una funzione delimitativa nel senso di delimitare il campo delle accuse in modo tale da permettere una difesa effettiva con pieno esercizio del diritto di essere sentito, potendo contare sul fatto che il tribunale è vincolato alle fattispecie descritte nell'atto di accusa (DTF 133 IV 235 consid. 6; 126 I 19 consid. 2a, 120 IV 348 consid. 2 e 3). Tale principio, che già discende dall'art. 9 CPP è concretizzato all'art. 325 cpv. 1 lett. f CPP, secondo il cui tenore l'atto d'accusa indica in modo quanto possibile succinto, ma preciso, i fatti contestati all'imputato, specificando dove, quando, come e con quali effetti sono stati commessi.
3.3 Nel presente caso, gli elementi formali richiesti dalla legge per la promozione dell'accusa sono riuniti. La decisione penale cui rimanda il rinvio a giudizio indica chiaramente quali erano, a mente del DFF, gli indizi che avrebbero dovuto condurre l'imputato ad avere dei sospetti ed a effettuare una comunicazione MROS, così come quali fossero le relazioni bancarie toccate. Dal punto di vista formale, anche gli elementi decisivi per il calcolo della prescrizione sono stati referenziati in modo adeguato (cfr. per le esigenze a questo riguardo Schubarth/Graa, Commentaire Romand, n. 35 ad art. 325 CPP). La decisione penale è inoltre sufficientemente precisa quanto alla collocazione temporale del reato ed indica in modo preciso il momento in cui è sorto e terminato l'obbligo di comunicazione, e ciò per ognuno dei conti vagliati (cfr. decisione penale, n. marg. 262 e 263). Il rinvio a giudizio non presta nemmeno il fianco a critiche quanto alla localizzazione del reato.
Al dibattimento, è stato comunicato oralmente che la Corte riteneva vi fossero in concreto sufficienti elementi per definire la materia nel senso della funzione informativa, come pure per delimitare le accuse e permettere una difesa efficace. Nella medesima circostanza è parimenti stato indicato che le eventuali questioni restanti sarebbero state vagliate, nella misura del necessario, con la valutazione di merito.
Il rinvio a giudizio non pone dunque problemi dal punto di vista del principio accusatorio.
4. Prescrizione
4.1 Pregiudizialmente la difesa ha fatto valere anche l'intervenuta prescrizione dell'azione penale. In primo luogo, sebbene il DFF avrebbe ritenuto decorso per almeno i due terzi il termine di prescrizione, esso non si sarebbe chinato sulle specifiche violazioni ipotizzate che peraltro, secondo l'ipotesi accusatoria, rappresenterebbero la forma del reato continuato. Inoltre, dalla domanda rogatoriale presentata il 6 marzo 2015 dal Dipartimento di giustizia statunitense, prodotta dalla difesa in sede dibattimentale (cfr. act. SK.720.010 e segg.), emergerebbe l'inequivocabile conferma per cui tale autorità disponesse già delle informazioni anche ai sensi dell'art. 3 cpv. 1 OURD. Per la difesa, il termine di prescrizione di 7 anni sarebbe già decorso al momento dell'emanazione della decisione penale, in quanto le autorità, almeno dal 6 marzo 2015 avrebbero disposto già dell'insieme delle informazioni necessarie per le relazioni R., AA., T., BB.
4.2
4.2.1 Conformemente all'art. 52 LFINMA, il perseguimento delle contravvenzioni alle leggi sui mercati finanziari – quale la LRD (art. 1 cpv. 1 lett. f LFINMA) – si prescrive in sette anni.
4.2.2 Ai sensi dell'art. 98 CP, la prescrizione decorre: dal giorno in cui l'autore ha commesso il reato (lett. a), dal giorno in cui è stato compiuto l'ultimo atto, se il reato è stato eseguito medianti atti successivi (lett. b), se il reato è continuato per un certo tempo, dal giorno in cui è cessata la continuazione (lett. c). La prescrizione si estingue se, prima della scadenza del termine di prescrizione, è stata pronunciata una sentenza di prima istanza (art. 97 cpv. 3 CP).
4.2.3 Quando la relazione d'affari è duratura, l'intermediario finanziario che sa o sospetta che i valori patrimoniali oggetto di una relazione potrebbero realizzare le condizioni dell'art. 9 LRD, e che omette di effettuare una comunicazione, agisce permanentemente in modo illecito. Come visto, in siffatte circostanze la violazione dell'obbligo di comunicazione costituisce un reato permanente o continuo ai sensi dell'art. 98 lett. c CP (cfr. supra consid. I, 2.4.1 e riferimenti citati). Considerato che l'art. 9 LRD deve permettere di perseguire il riciclaggio di denaro – come previsto dalla giurisprudenza dell'Alta Corte almeno dal 2008 – l'obbligo di comunicazione non si estingue con la fine della relazione d'affari, ma perdura fintantoché i valori possono essere scoperti e confiscati (DTF 144 IV 391 consid. 3.1; 142 IV 276; 134 IV 307; Ordolli, in: GwG AMLA, commentario [Thelesklaf/Wyss/Van Thiel/Ordolli, curatori], 3a ediz. 2019 [in seguito: commentario GwG], n. 5 ad art. 37 LRD). A questo riguardo, l'apertura di un'inchiesta non mette di principio fine all'obbligo di comunicare; un tale obbligo sussiste fintanto che le autorità penali non sono a conoscenza delle sorti dei valori patrimoniali che potrebbero essere legati al riciclaggio di denaro, che fino a quel momento potrebbero ancora loro sfuggire (DTF 144 IV 391 del 7 agosto 2018 consid. 3.4). L'obbligo di comunicazione perdura così fintanto che le autorità penali sono in possesso delle informazioni necessarie per individuare e confiscare i valori patrimoniali coinvolti, le quali sono descritte all'art. 3 cpv. 1 OURD (DTF 144 IV 391 consid. 3.4; sentenza del Tribunale penale federale SK.2018.47 del 26 aprile 2019 consid. 5.8.1).
4.2.4 Nella versione dell'art. 3 cpv. 1 OURD in vigore dal 1° novembre 2013 al 31 dicembre 2015, le comunicazioni indicano almeno il nome dell'intermediario finanziario, dell'autorità o della persona secondo l'articolo 305ter cpv. 2 CP da cui proviene la comunicazione, con l'indicazione di una persona di contatto; le autorità di cui all'articolo 12 LRD che esercitano il controllo sull'intermediario finanziario; i dati che consentono di identificare la controparte dell'intermediario finanziario conformemente all'articolo 3 LRD; i dati che consentono di identificare l'avente economicamente diritto conformemente all'articolo 4 LRD; i dati che consentono di identificare altre persone autorizzate a firmare o a rappresentare la controparte dell'intermediario finanziario; i valori patrimoniali interessati al momento della comunicazione, compreso il saldo attuale del conto; una descrizione per quanto possibile precisa della relazione d'affari, compresi i numeri dei conti interessati; una descrizione per quanto possibile precisa degli elementi di sospetto su cui si basa la comunicazione, compresi gli estratti conto e i documenti giustificativi dettagliati che documentano le transazioni sospette nonché eventuali collegamenti con altre relazioni d'affari.
4.2.5 Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale, per sentenza di prima istanza, a seguito della quale la prescrizione non decorre più, si intende un giudizio di condanna o di proscioglimento (DTF 142 IV 276 consid. 5.2; DTF 139 IV 60 consid. 1.5). Nei casi di diritto penale amministrativo, la decisione penale ai sensi dell'art. 70 DPA - che succede al decreto penale ai sensi dell'art. 64 DPA - costituisce, sotto il profilo della prescrizione, una sentenza di prima istanza ai sensi dell'art. 97 cpv. 3 CP, che pone fine alla prescrizione (DTF 133 IV 112 consid. 9.4.4). La prescrizione dell'azione penale si estingue nel momento in cui è reso il giudizio e non quando lo stesso è notificato alle parti (DTF 142 IV 276 consid. 5.2; DTF 130 IV 101 consid. 2.3).
4.3 Nel caso in esame le autorità penali sono entrate in possesso della documentazione riguardante la relazione BB. il 19 marzo 2015 (cfr. act. DFF 32 29). Le informazioni inerenti alle ulteriori relazioni bancarie sono giunte successivamente al MPC, e meglio: il 1° aprile 2015 per la relazione R. (cfr. act. DFF 32 36); il 22 giugno 2015 per S.; (cfr. act. FINMA 3446 -3450); il 20 luglio 2015 per T. ed AA. (cfr. act. DFF 31 23). Nonostante alcuni dati parziali riguardanti parte dei conti oggetto del presente procedimento fossero menzionati nella domanda di assistenza giudiziaria presentata dalle autorità roganti in data 6 marzo 2015, essi risultavano molto generici. In effetti, il Dipartimento di giustizia statunitense si era limitato ad indicare l'esistenza di alcuni conti bancari relazionabili ai vari dirigenti calcistici implicati nell'indagine estera; tra questi figuravano in particolare i nominativi dei conti BB. (cfr. act. SK.9.721.037) e R. (cfr. act. SK.9.721.037), quale ulteriore possibile numero di conto, quello di AA. (cfr. act. SK.9.721.040), nonché un codice riconducibile a T. (cfr. act. SK.9.721.040). Difettando gli altri elementi richiesti, non si può ritenere che l'autorità fosse già munita, prima del 19 marzo 2015, di tutte le informazioni necessarie per individuare e confiscare i valori patrimoniali coinvolti. Ne discende che l'obbligo di comunicazione ha preso fine in date diverse comprese tra il 19 marzo 2015 ed il 20 luglio 2015. Il fatto che alcuni dei conti fossero già stati estinti o che delle inchieste fossero già in corso prima del 19 marzo 2015 è a sua volta ininfluente: determinante è il fatto che l'autorità sia munita di tutte le informazioni necessarie alla scoperta e alla confisca dei valori patrimoniali (sentenza del Tribunale penale federale SK.2020.48 del 2 marzo 2021 consid. 3.1.4.2).
Seguendo questa logica e fermo considerato il termine di sette anni previsto all'art. 52 LFINMA, la prescrizione dell'azione penale sarebbe intervenuta in date diverse comprese tra il 19 marzo 2022 e il 20 luglio 2022, ma in ogni caso non prima del 19 marzo 2022 per tutte le relazioni bancarie. L'azione penale non era dunque prescritta al momento dell'emissione della decisione penale del 16 marzo 2022, che corrisponde ad una sentenza di prima istanza ai sensi dell'art. 97 cpv. 3 CP.
Sotto il profilo della prescrizione nulla osta dunque all'esame dell'imputazione da parte di questa Corte.
II. Sull'infrazione contestata all'imputato
1. A A. viene contestato di avere violato l'obbligo di comunicazione secondo l'art. 37 LRD-2009, nel periodo dal 1° novembre 2008 al 20 luglio 2015, in qualità di unico organo e responsabile antiriciclaggio di D. SA, società agente a titolo di gestore patrimoniale (esterno) di cinque relazioni d'affari accese in B. SA. All'imputato viene rimproverato di avere agito intenzionalmente e, subordinatamente, per negligenza.
1.1
1.1.1 A mente del DFF già nella fase Banca C., ma soprattutto dopo il passaggio dei conti a B. SA, all'imputato sarebbe stato chiesto a più riprese di fornire informazioni e documentazione supplementari riguardanti il costrutto finanziario costituito dalla relazione intestata alla società di sede R. e dalle relazioni che beneficiavano della ridistribuzione dei suoi introiti. Il 31 ottobre 2008 l'imputato avrebbe dato seguito solo formalmente alla richiesta della banca, senza fornire documentazione o spiegazioni che permettessero di comprendere il retroscena economico di una simile struttura, caratterizzata da versamenti, dell'ordine di USD 30'000'000.–, a un conto di passaggio e alla loro ridistribuzione sistematica a terzi, che percepivano «commissioni» dalla vendita dei diritti televisivi ed erano nel contempo organi del Comitato esecutivo della CONMEBOL, organismo che si occupava, fra l'altro, anche della vendita di tali diritti. Per il DFF, lo scopo delle relazioni d'affari e delle transazioni, effettuate mediante il costrutto sopra descritto, andrebbe dunque considerato inusuale. La legalità del suo retroscena economico e dello scopo delle transazioni non risulterebbe inoltre manifesta ai sensi dell'art. 6 cpv. 2 LRD. Le domande specifiche formulate all'imputato non avrebbero mai trovato risposta. Non si comprenderebbe infatti per quali ragioni legittime tali persone dovessero beneficiare a titolo personale dei proventi derivanti dalla vendita di diritti televisivi tra organismi e società attivi in tali settori. La situazione non sarebbe peraltro mutata nemmeno in seguito. L'imputato avrebbe dipoi dapprima riferito di «commissioni» e in un secondo tempo di onorari per consulenze milionarie, non comprovate e non sorrette da documentazione contrattuale. Non si vedrebbe inoltre come dei versamenti ricorrenti dal 2008 al 2012 giustificherebbero delle «consulenze» prestate in vista di aste che hanno avuto luogo anteriormente al 2004 e al 2008. Atteso inoltre che per A., CC. SA avrebbe ottenuto i diritti senza bisogno di procedere ad eventuali atti corruttivi, non vi sarebbe stata la necessità di far capo alla struttura sopra descritta e di riversare sistematicamente parte degli introiti ai componenti del Comitato esecutivo della CONMEBOL. Secondo l'Autorità inquirente, CC. SA avrebbe voluto essere certa che i diritti di ritrasmissione televisiva le fossero attribuiti e sarebbe stata disposta a sborsare cifre molto più alte di quelle da lei ufficialmente offerte in occasione delle aste. In realtà, sarebbe stata quest'ultima a dover beneficiare degli importi, che invece finivano nella disponibilità degli organi del suo Comitato esecutivo.
Per il DFF, gli indizi di riciclaggio di denaro esistenti erano sufficienti per sospettare l'origine criminale dei valori patrimoniali e per stabilire un collegamento tra questi e il reato di riciclaggio di denaro ai sensi dell'art. 305bis CP. Anche gli ulteriori elementi costitutivi dell'infrazione sarebbero inoltre dati, sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo. Con particolare riferimento a quest'ultimo aspetto, poiché all'imputato sarebbe stato noto che il conto R. era intestato a una società di sede delle Isole Vergini Britanniche, che tale conto beneficiava di ingenti entrate provenienti da una società che acquisiva i diritti lucrativi di ritrasmissione televisiva dalla CONMEBOL e li rivendeva e che lo stesso conto veniva utilizzato quale conto di passaggio per versare gran parte di tale denaro a beneficio di conti privati di tutti i componenti del Comitato esecutivo della stessa CONMEBOL (così come che tali versamenti avvenivano a titolo di «commissioni», poi definite come onorari per presunte, non meglio precisate consulenze), a mente del DFF non sarebbe concepibile che l'imputato ignorasse il fatto che i versamenti fossero, con ogni probabilità, prestazioni corruttive.
1.1.2 Per la difesa, la presente procedura si iscriverebbe in una fattispecie estremamente complessa e che andrebbe correttamente contestualizzata. Lo scandalo FIFA avrebbe infatti coinvolto tutte le principali banche ed avrebbe avuto quali attori dei professionisti integerrimi, sui quali mai vi sarebbero stati dubbi che potessero essere a valle o a monte di qualsivoglia attività illecita. A. avrebbe avuto a che fare con organizzazioni sportive private mondiali che da sempre suscitavano grande rispetto e stima del mondo intero, con una società leader nel campo dell'organizzazione degli eventi sportivi e con personaggi di calibro, appartenenti persino agli Audit and Compliance Committee della FINMA (EE.). In questo contesto, la banca avrebbe avuto l'insieme delle informazioni di cui disponeva A., confermando per oltre 10 anni le di lui certezze circa l'assenza dei presupposti fattuali e giuridici per procedere ad una comunicazione MROS. Nel decreto relativo alla procedura parallela a carico di B. SA, il DFF non avrebbe però incomprensibilmente identificato le persone responsabili in seno alla banca ritenendo un'imputazione per negligenza lieve e una multa di soli CHF 50'000.– nonostante fossero implicate altre 21 relazioni bancarie oltre a quelle oggetto del presente procedimento. Così facendo, l'Autorità inquirente avrebbe «punito con i guanti» una banca che ormai era destinata a scomparire, sferrando invece contro un piccolo fiduciario un colpo infondato e suscettibile di negargli la possibilità di continuare a svolgere la sua professione. Con particolare riferimento alle note informative allestite da A. il 30 ottobre 2008, esse si inserirebbero nell'ambito di una «analisi approfondita» operata dalle entità preposte in B. SA, le quali avrebbero confermato che «le spiegazioni date nelle note plausibilizzano l'operatività svolta» e che avrebbe sempre approvato l'insieme delle operazioni definendole «in linea con le informazioni già a dossier», attestando come gli incontri con l'imputato permettessero di «riconfermare che quest'ultimo ha una buona conoscenza della propria clientela e delle attività economicamente svolte». In seguito, tra il 2009 ed il 2012, la banca avrebbe avallato a più riprese la movimentazione sui conti. Poiché A. avrebbe fornito l'insieme delle informazioni a sua disposizione reagendo alle domande, non sarebbe sostenibile affermare ch'egli fosse consapevole di non avere delle risposte. Ritenere che una simile conclusione possa essere una conseguenza dell'atteggiamento di D. SA nella persona dell'imputato, che non si è minimamente scomposto per il fatto che non disponeva di contratti scritti per le distribuzioni sistematiche dell'ordine di parecchi milioni a titolo di consulenze, rasenterebbe l'arbitrio. Non andrebbe inoltre tralasciato, ha proseguito la difesa, che nel febbraio 2013 l'imputato avrebbe aggiornato sua sponte il profilo di una delle cinque relazioni, condividendo con B. SA la sua valutazione circa l'assenza dei presupposti di cui all'art. 9 LRD al fine di poter beneficiare pure di un sistema antiriciclaggio di un istituto bancario, condotto dalla seria convinzione che quest'ultimo avrebbe posto in essere le proprie valutazioni in maniere indipendente e facendo capo ai mezzi a sua disposizione. Sistema che avrebbe concluso, con identiche valutazioni, ancora ad aprile e ottobre 2014, rafforzando le conclusioni di A., in particolare, quo alla certezza circa l'esaustività delle informazioni in suo possesso visto il costrutto che all'epoca era usuale anche a fini fiscali. Non da ultimo, andrebbe osservato che le richieste di B. SA non seguivano alcuna logica, visti in particolare i Movin's riaperti a distanza di anni rendendo impossibile comprendere i reali motivi alla loro base. Ne discenderebbe che A. non avrebbe avuto «nemmeno un semplice dubbio in merito all'assenza dei presupposti per procedere con una segnalazione».
In diritto la difesa ha fatto notare come tutte le argomentazioni del DFF sarebbero incentrate sul reato a monte della corruzione. Sennonché, la corruzione privata all'epoca dei fatti non avrebbe configurato un crimine. Inoltre, il contributo dottrinale menzionato nella decisione penale, mediante il quale l'autorità inquirente avrebbe tentato di estendere il campo dei possibili reati da prendere in considerazione alla falsità in documenti e all'amministrazione infedele, avrebbe quale premessa imprescindibile la compilazione errata del formulario A della società svizzera che riceve e distribuisce i fondi, condizione che difetterebbe nel caso de quo. Il DFF avrebbe poi tentato di ipotizzare un'amministrazione infedele concretizzando un danno non in capo alla CONMEBOL, ma addirittura a CC. SA. Ma anche volendo seguire la tesi della creazione di fondi neri extrabilancio nel senso di quanto ipotizzato dalla dottrina, la difesa si chiede se A. fosse consapevole effettivamente «di tutto». Nel prosieguo dell'arringa, l'accento è stato posto sulla notevole evoluzione della giurisprudenza che ha portato ad un'estensione interpretativa a partire solo dal 2015 del concetto di fondato sospetto. Pur non implicando una violazione del principio della legalità, non sarebbe seriamente possibile condannare oggi una persona per aver voluto violare una norma sulla base di una giurisprudenza attuale che allora non esisteva. Questo nell'ambito di un'infrazione in cui l'elemento oggettivo è intrinsecamente legato ad una valutazione soggettiva, come un sospetto, che in più deve essere fondato e come tale percepito dall'imputato. Per la difesa, si tratterebbe di un esempio lampante di apprezzamento errato della qualifica giuridica di un elemento costitutivo oggettivo dell'infrazione. Con ciò, l'intenzionalità andrebbe esclusa, finanche nella forma eventuale, entrando semmai in considerazione un errore sui fatti. Ai sensi dell'art. 13 cpv. 2 CP occorrerebbe poi chiedersi se a A. poteva essere rimproverata una negligenza, ovvero se l'errore avrebbe potuto essere evitato usando le debite precauzioni, quesito cui la difesa risponde negativamente.
1.2 Giusta l'art. 37 cpv. 1 LRD-2009, chiunque, intenzionalmente, viola l'obbligo di comunicazione previsto dall'art. 9 LRD, è punito con la multa sino a CHF 500'000.–. Se l'autore agisce per negligenza, la multa comminata è di CHF 150'000.– al massimo (cpv. 2).
1.3 L'art. 9 cpv. 1 lett. a LRD-2009 prevede che l'intermediario finanziario che sa o ha il sospetto fondato che i valori patrimoniali oggetto di una relazione d'affari: sono in relazione con un reato ai sensi degli art. 260ter n. 1 o 305bis CP (n. 1), provengono da un crimine (n. 2), sottostanno alla facoltà di disporre di un'organizzazione criminale (n. 3) o servono al finanziamento del terrorismo (art. 260quinquies cpv. 1 CP) (n. 4), ne dà senza indugio comunicazione all'Ufficio MROS.
1.4 Il comportamento punibile in virtù dell'art. 37 LRD-2009 è l'omissione di comunicazione ai sensi dell'art. 9 LRD-2009 malgrado la conoscenza di uno stato di fatto che la imporrebbe (De Capitani, in Kommentar Einziehung, organisiertes Verbrechen und Geldwäscherei, vol. II, 2002, n. 17 ad art. 37 LRD). L'obbligo di comunicazione di cui all'art 9 LRD-2009 non mira a tutelare interessi patrimoniali individuali, ma l'integrità della piazza finanziaria elvetica (DTF 134 III 529 consid. 4.3). Esso va ricondotto in primo luogo ai valori patrimoniali, anche se nella prassi indizi relativi a persone collegate ad una relazione d'affari possono anch'essi condurre ad un sospetto fondato (Luchsinger, in: Geldwäschereigesetz (GwG) [Kunz/Jutzi/Schären, curatori], 2017 [in seguito: GwG], n. 21 ad art. 9 LRD).
1.5 Perché vi sia una violazione dell'obbligo di comunicazione devono quindi essere adempiute quattro condizioni cumulative. L'autore deve anzitutto essere un intermediario finanziario e i valori patrimoniali devono essere oggetto di una relazione d'affari. Inoltre, l'intermediario finanziario deve sapere o avere il sospetto fondato che i valori patrimoniali sono in relazione con un reato ai sensi degli art. 260ter e 305bis CP, che provengono da un crimine, che sottostanno alla facoltà di disporre di un'organizzazione criminale o che servono al finanziamento del terrorismo. Infine, l'intermediario finanziario deve omettere di effettuare la comunicazione all'ufficio MROS, oppure effettuarla tardivamente o in modo incompleto (Ordolli, op. cit., n. 1 ad art. 37 LRD).
2.
2.1 Quale prima condizione, è necessario che a commettere una violazione dell'obbligo di comunicazione sia una persona a cui incombe un tale obbligo giusta l'art. 9 LRD-2009, ossia un intermediario finanziario ai sensi dell'art. 2 LRD. Secondo l'art. 2 cpv. 3 lett. e LRD nella versione in vigore sino al 31 dicembre 2019, sono intermediari finanziari anche le persone che, a titolo professionale, accettano o custodiscono valori patrimoniali di terzi o forniscono aiuto per investirli o trasferirli, in particolare le persone che gestiscono patrimoni. Ai sensi dell'art. 7 OAIF, l'attività di intermediazione finanziaria è svolta a titolo professionale se durante un anno civile realizza un ricavo lordo superiore a CHF 20'000.– franchi (lett. a); durante un anno civile avvia con oltre 20 controparti o mantiene con almeno 20 controparti relazioni d'affari che non si limitano all'esecuzione di una singola operazione (lett. b); ha la facoltà illimitata di disporre in permanenza di valori patrimoniali di terzi che superano in qualsiasi momento i 5 milioni di franchi (lett. c); oppure effettua transazioni il cui volume complessivo supera i 2'000'000.– di franchi per anno civile (lett. d; condizione già prevista dalla precedente ordinanza dell'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari del 20 agosto 2002 sull'esercizio a titolo professionale dell'attività di intermediazione finanziaria ai sensi della legge sul riciclaggio di denaro; OAIF-FINMA; RS 955.20, abrogata il 1° gennaio 2010).
2.2 In concreto, D. SA, affiliata all'OAD-FCT e beneficiaria di un accordo di gestione patrimoniale esterna con B. SA, gestiva in tale veste almeno tra le 140 e le 170 relazioni accese presso il predetto istituto bancario (cfr. act. FINMA 2 4847-4851; verbale dibattimentale, act. SK 9.731.018). In tale contesto, sono state effettuate transazioni per decine di milioni di dollari. D. SA è dunque un intermediario finanziario ai sensi dell'art. 2 cpv. 3 lett. e LRD e la soglia dell'attività svolta a titolo professionale è manifestamente superata.
Il primo presupposto è dato.
3.
3.1 L'obbligo di comunicazione ai sensi dell'art. 9 LRD-2009 esiste solo in presenza di valori patrimoniali oggetto di una relazione d'affari (Hutzler, in: Kommentar Kriminelles Vermögen Kriminelle Organisationen [Jürg-Beat Ackermann, curatore], Volume II, 2018, n. 41 e segg. ad art. 9 LRD). Nel contesto della lotta al riciclaggio di denaro, la nozione di «valori patrimoniali» deve essere interpretata in maniera ampia e include ogni bene avente principalmente un valore economico, anche le transazioni finanziarie (sentenza del Tribunale federale 6B_313/2008 del 25 giugno 2008 consid. 2.2; Thelesklaf, op. cit., n. 9 ad art. 9 LRD).
3.2 Il 14 settembre 2006 è stata aperta, presso Banca C., la relazione R., che, a seguito della fusione tra Banca C. e B. SA, è stata ripresa da quest'ultimo istituto con effetto al 30 giugno 2008. Il 16 febbraio 2007 presso Banca C. sono poi state accese anche le relazioni S., AA. e T., poi trasferite in B. SA il 1° luglio 2008. Il 23 febbraio 2010 presso B. SA è stato aperto anche il conto BB. Sul conto R. sono transitati valori patrimoniali per un totale di oltre CHF 31'000'000.–, poi ritrasferiti in favore di altre relazioni, in particolare alle stesse S., AA., T. e BB. (cfr. act. DFF 31 1104 e segg.). Pacificamente si è dunque di fronte a valori patrimoniali oggetto delle relazioni d'affari.
Anche tale requisito è adempiuto.
4.
4.1 L'intermediario finanziario deve poi sapere o avere il sospetto fondato che i valori patrimoniali oggetto di una relazione d'affari siano in relazione con un reato ai sensi degli art. 260ter o 305bis CP, che provengano da un crimine, che sottostiano alla facoltà di disporre di un'organizzazione criminale o che servano al finanziamento del terrorismo. La conoscenza o il sospetto fondato implicano l'obbligo di effettuare senza indugio una comunicazione all'Ufficio MROS.
4.2 «Sapere» significa che l'intermediario finanziario non ha alcun dubbio in merito al legame tra i fondi ed il reato, come è ad esempio il caso quando il cliente ha riferito tale fatto all'intermediario finanziario oppure quando quest'ultimo viene a conoscenza di una sentenza giudiziaria al riguardo (sentenza del TPF SK.2018.47 del 26 aprile 2018 consid. 5.5.1; Thelesklaf, op. cit., n. 10 ad art. 9 LRD; Luchsinger, op. cit., n. 24 ad art. 9 LRD).
4.3 Per quanto attiene al concetto di sospetto fondato, esso implica, per sua stessa natura, un margine di apprezzamento e si presta a discussioni ed interpretazioni. Non è pertanto facile determinarne a priori la nozione (Mini, Manuale di diritto finanziario, 2a ed. 2020, n. marg. 302). Da un lato, vi sono casi in cui una comunicazione alle autorità competenti appare giustificata ma non si impone ancora alla luce dell'insufficiente chiarezza sulle circostanze di fatto. Dall'altro, vi è la situazione che rende obbligatoria la comunicazione perché il sospetto si rivela fondato (DTF 147 IV 274 consid. 2.1.3; Cassani, Evolutions législatives récentes en matière de droit pénal économique: blanchiment d'argent et corruption privée, in: Revue pénale suisse, 2018, vol. 136, n. 2, pag. 179 e segg.; Herren, L'obligation de communiquer les «soupçons fondés» de l'art. 9 LBA, SJ 2019 II 107, pag. 107 e segg.). Nella maggior parte dei casi, il sospetto diviene fondato al termine del processo di chiarimento avviato dall'intermediario finanziario ai sensi dell'art. 6 cpv. 2 LRD, ma può anche accadere che la segnalazione appaia necessaria anche prima del completamento di tale processo, in particolare a seconda degli elementi che i chiarimenti permettono di evidenziare (sentenza del TPF SK.2019.55 del 28 luglio 2020 consid. 2.2.5.5; Garbaski/Macaluso, op. cit., n. 41 ad art. 37 LRD).
4.3.1 Secondo il Messaggio del Consiglio federale del 17 giugno 1996 concernente la LRD, un sospetto fondato non deve raggiungere un grado tale da rasentare l'assoluta certezza. Sebbene non sia di competenza dell'intermediario finanziario verificare sistematicamente, per ogni transazione, se sussiste un comportamento punibile, egli deve tuttavia far prevalere la diligenza richiesta dalle circostanze. Per il Consiglio federale, in termini generali un sospetto è giustificato se si fonda su un indizio concreto o su diversi punti di riferimento che lasciano presumere una provenienza criminosa dei valori patrimoniali (FF 1996 III 993, 1024; per maggiori sviluppi anche Garbaski/Macaluso, Commentaire Romand, 2022, n. 37 ad art. 37 LRD).
4.3.2 Ad oggi la giurisprudenza ritiene che un sospetto debba essere considerato fondato se si basa su circostanze insolite, raccolte con cura dall'intermediario finanziario (sentenza del TF 6B_786/2020 dell'11 gennaio 2021 consid. 2.1.3 - 2.3.2; sentenza del TPF SK.2019.76 del 22 ottobre 2020 consid. 7.4). Optando per un'interpretazione evolutiva, la giurisprudenza ha finanche sancito che, se l'intermediario finanziario ha un «simple doute» che i beni siano il risultato di un atto criminale, quest'ultimo deve comunque operare la segnalazione. (cfr. sentenza del TF 1B_433/2017 del 21 marzo 2018 consid. 4.9; sentenze del TPF CA.2021.14 del 10 febbraio 2022 consid. 2.2.2.3; SK.2018.47 del 26 aprile 2019 consid. 5.5.1; SK.2014.14 del 18 marzo 2015 consid. 4.5.1.1).
4.3.3 Anche nella letteratura diversi autori propendono ormai per una concezione ampia di sospetto fondato, che non giudicano contraria al tenore del Messaggio ma foriera di chiarezza: se l'intermediario finanziario ha dei dubbi, deve chiarire la situazione; laddove gli stessi non potranno essere dissipati – in particolare vista l'inconsistenza delle spiegazioni fornite dal cliente –, dovrà operare la comunicazione, e ciò senza che sia necessario recensire ulteriori segnali d'allerta (Villard, Commentaire Romand, 2022, n. 30 ad art. 9 LRD; in questo senso anche: Kuster, Zur Abgrenzung des Melderechts nach Art. 305ter Abs. 2 StGB von der Meldepflicht nach Art. 9 GwG, in: Jusletter 26.06.2017, n. marg. 21; Thelesklaf, op. cit., n. 10 ad art. 9 LRD). Questo poiché il fatto che il dubbio non venga dissipato mediante chiarimenti supplementari equivale ad aggiungere ulteriori segnali d'allerta consolidanti il sospetto (Villard, op. cit., n. 41 ad art. 9 LRD; che cita a sostegno anche De Capitani, op. cit., n. 40 ad art. 9 LRD e Thelesklaf, op. cit., n. 10 ad art. 9 LRD). Parte della dottrina ha invece criticato detto approccio giurisprudenziale (Garbaski/Macaluso, op. cit., n. 37-38 ad art. 37 LRD; Hutzler, in: Kommentar Kriminelles, op. cit., n. 34 e segg. ad art. 9 LRD; Lombardini, Banques et blanchiment d'argent, 3a ediz. 2016, p. 152; Luchsinger, op. cit., n. 32 e segg. ad art. 9 LRD).
4.3.4 Di recente, il Tribunale federale, determinandosi su un caso relativo ad una violazione dell'art. 37 LRD commessa nel 2011, ha confermato che è corretto ritenere fondato il sospetto anche in presenza di un «simple doute», precisando che detta nozione dev'essere intesa nel senso che, se i chiarimenti effettuati conformemente all'art. 6 cpv. 2 LRD-2009 non consentono di dissipare il sospetto, questo non risulta infondato e deve pertanto essere comunicato all'Ufficio MROS (DTF 147 IV 274 consid. 2). In tale contesto, la nostra Alta Corte ha pure constatato come tali precisazioni giurisprudenziali rientrino ragionevolmente nella concezione originaria della norma, motivo per cui esse non violano il principio della legalità né il divieto della retroattività del diritto penale (DTF 147 IV 274 consid. 2.3.2; cfr. anche supra consid. 2.5.2).
4.4
4.4.1 L'obbligo di comunicazione imposto all'intermediario finanziario in forza all'art. 9 LRD-2009 si iscrive segnatamente negli obblighi di diligenza particolari determinati all'art. 6 LRD-2009 (DTF 147 IV 274 consid. 2.3.1).
4.4.2 Secondo l'art. 6 cpv. 2 LRD-2009, l'intermediario finanziario deve chiarire le circostanze economiche e lo scopo di una transazione o di una relazione d'affari se la transazione o la relazione d'affari appare inusuale, a meno che la sua legalità sia manifesta (lett. a) oppure laddove vi siano sospetti che i valori patrimoniali provengano da un crimine, sottostiano alla facoltà di disporre di un'organizzazione criminale o servano al finanziamento del terrorismo (lett. b). Anche il Regolamento OAD-FCT prevede un obbligo speciale di chiarimento a carico dell'intermediario finanziario, segnatamente se la relazione d'affari coinvolge persone politicamente esposte (PEP) e, dal 1° gennaio 2014, anche nei casi in cui è da considerarsi a rischio accresciuto, ad esempio per la complessità delle strutture, in particolare a causa dell'utilizzo di società di sede (art. 33 cpv. 1 lett. a, c Regolamento OAD-FCT-2004; art. 33 cpv. 1 lett. a, c e 33bis Regolamento OAD-FCT-2014).
4.4.3 La legge non definisce cosa si intenda per inusuale. Per la dottrina può trattarsi di uno scostamento in relazione al rapporto commerciale in quanto tale o di un'inusualità agli occhi dell'intermediario finanziario stesso, date le sue conoscenze ed esperienze. Un obbligo di chiarimento complementare è sempre dato, allorquando una relazione d'affari o una transazione appare inusuale sulla base di conoscenze tecniche oggettive (Müller/Lötscher, Basler Kommentar, n. 43 ad art. 6 LRD; Polli, Commentaire Romand, 2022, n. 107 ad art. 6 LRD). Cruciali sono le informazioni generali che l'intermediario finanziario deve raccogliere all'apertura della relazione (Naef/Calvarese, I chiarimenti complementari nella lotta antiriciclaggio, in: NF 9/2022, p. 488, 491). Con la formulazione «a meno che la sua legalità sia manifesta» s'intende che un elemento prima facie inusuale non richiederà chiarimenti complementari se viene compreso sulla base delle conoscenze esistenti in capo all'intermediario finanziario senza che sussista ulteriore necessità di intervento (Hutzler, op. cit., n. n. 39 ad art. 6 LRD). Per la definizione dei sospetti che i valori patrimoniali provengano da un crimine (art. 6 cpv. 2 lett. b LRD) – da valutare a seconda del settore di attività dell'intermediario finanziario e della sua cerchia di clienti – la letteratura rinvia agli indizi di riciclaggio elencati esemplificativamente nell'allegato all'ORD-FINMA, rispettivamente ai criteri previsti dagli organismi di autodisciplina (Müller/Lötscher, Basler Kommentar, n. 48 ad art. 6 LRD; per il caso concreto si veda infra consid. II, 4.5.1 e segg.).
4.4.4 Posto che controparte, avente diritto economico, detentore del controllo, eventuali PEP o persone vicine, nonché oggetto/scopo della relazione, dovrebbero esser già stati accertati e identificati, l'intermediario finanziario deve chiarire, segnatamente e a dipendenza delle circostanze: l'origine dei valori patrimoniali consegnati; a che scopo i valori patrimoniali prelevati vengono utilizzati; il retroscena economico e la plausibilità dei versamenti in entrata importanti; l'attività professionale o commerciale esercitata dalla controparte e dall'avente diritto economico dell'impresa o dei valori patrimoniali (Mini, op. cit. n. marg. 310). In sostanza, nelle ipotesi previste dall'art. 6 cpv. 2 LRD-2019, l'intermediario finanziario deve operare i chiarimenti che sono complementari rispetto a quelli effettuati nell'ambito dell'allestimento del profilo cliente. L'approfondimento del profilo del cliente deve essere adeguato al rischio costituito dalla relazione, cioè contenere maggiori e più dettagliate informazioni in caso di relazione a rischio elevato. Tuttavia, qualsiasi profilo deve avere un contenuto minimo che è determinato dalla stessa funzione sopraccitata: dovranno, quindi, in ogni caso essere raccolte almeno quelle informazioni necessarie a determinare oggetto, scopo e grado di rischio della relazione d'affari. È proprio sulla base delle informazioni generali raccolte che l'intermediario finanziario disporrà dei parametri sui quali fondare un confronto e quindi percepire, ad esempio, il carattere usuale o meno di una relazione o di una transazione (Naef/Calvarese, I chiarimenti complementari nella lotta antiriciclaggio, in: NF 9/2022, p. 488, 489). A questo riguardo, il Regolamento esplicita che se si rende necessario un chiarimento speciale, l'intermediario ottiene le informazioni riguardanti data, scopo e genere della transazione; ammontare, divisa, impiego ed origine dei valori patrimoniali movimentati e loro plausibilità; relazione bancaria e/o numero di carta di credito. L'intermediario tiene in forma scritta i risultati degli accertamenti (art. 34 Regolamento OAD-FCT).
4.4.5 Le chiarificazioni complementari devono essere intraprese non appena i rischi superiori di una relazione d'affari diventano visibili (TPF 2021 consid. 7.5). Se l'intermediario finanziario, malgrado la presenza di elementi che indicano la necessità di svolgere chiarimenti supplementari ai sensi dell'art. 6 cpv. 2 LRD-2009, non adotta misure in tal senso, compie una violazione del suo obbligo di diligenza. In tali casi, occorre procedere per ipotesi e chiedersi se il compimento dell'atto omesso avrebbe, secondo l'andamento ordinario delle cose e l'esperienza generale della vita, permesso di evitare la sopravvenienza del risultato che si è prodotto, in virtù di ragioni legate allo scopo di protezione del dovere di diligenza violato. Per l'esame delle conseguenze dell'atto supposto, occorre applicare le nozioni generali della causalità naturale e della causalità adeguata (cfr. sentenza del Tribunale federale 6B_503/2015 del 24 maggio 2016 consid. 2.5.2; sentenze del Tribunale penale federale SK.2018.47 del 26 aprile 2019 consid. 5.5.9; SK.2014.14 del 18 marzo 2015 consid. 4.5.7).
4.5
4.5.1 Una lista di circostanze all'origine di sospetti di riciclaggio è contenuta nella direttiva sugli indizi di riciclaggio emessa dall'OAD-FCT, che ricalca nel contenuto quanto previsto nell'allegato all'Ordinanza dell'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari sulla lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo nel settore finanziario (RS 955.033.0; ORD-FINMA) e nei testi che l'hanno preceduta. Di regola, la presenza di un singolo indizio non permette di fondare un sospetto sufficiente circa l'esistenza di una transazione di riciclaggio; il concorso di diversi di questi elementi può però indicarne la presenza. Inoltre, la plausibilità delle dichiarazioni dei clienti sul retroscena economico di tali operazioni deve essere esaminata. A questo riguardo, è importante che non tutte le dichiarazioni del cliente siano accettate senza previo esame. Una transazione presenta rischi particolari di riciclaggio quando la sua costruzione indica uno scopo illecito, il suo scopo economico non è identificabile, oppure quando essa appare economicamente assurda. Indizio generale di riciclaggio è pure il fatto che le transazioni non siano compatibili con le informazioni e le esperienze dell'intermediario finanziario concernenti il cliente o lo scopo della relazione d'affari. Deve inoltre essere considerato come sospetto qualsiasi cliente che fornisce all'intermediario finanziario false o fallaci informazioni e senza ragioni plausibili rifiuta di fornire le informazioni e i documenti necessari. È poi da ritenere indizio particolare anche il ritiro dei valori patrimoniali poco tempo dopo averli depositati (conto di transito; cfr. anche TPF 2021 36 consid. 7.4).
4.5.2 La dottrina ha a sua volta enumerato degli indizi di riciclaggio, ad esempio, l'urgenza di effettuare una transazione finanziaria, l'impossibilità di contattare il cliente, il rifiuto di quest'ultimo di fornire le informazioni necessarie per chiarire il retroscena economico della transazione o della relazione d'affari, la notizia pubblicata dai media relativa all'apertura di un procedimento penale concernente un crimine contro il cliente o l'avente diritto economico dei valori patrimoniali oggetto della relazione d'affari, e le disposizioni di autorità o altri documenti (De Capitani, op. cit., n. 40-45 ad art. 9 LRD ; Hutzler, in: Kommentar Kriminelles Vermögen, op. cit., n. 35 e segg. ad art. 9 LRD; Thelesklaf, op. cit., n. 10 ad art. 9 LRD). A seconda del caso e con gradazioni diverse, anche le notizie apparse sui media, possono fondare un sospetto di provenienza criminale giustificante una comunicazione MROS. Rilevante è innanzitutto il legame materiale tra il reato ed i valori patrimoniali; un sospetto sul cliente rappresenta solo un elemento a sostegno (Hutzler, op. cit., n. 37 e segg. ad art. 9 LRD; Luchsinger, op. cit., n. 29 e segg. ad art. 9 LRD; Thelesklaf, op. cit., n. 10 ad art. 9 LRD). L'uso dei valori versati su conti correnti bancari per uno scopo diverso da quanto indicato nel profilo cliente può inoltre implicare un indizio di un reato quale l'amministrazione infedele e/o l'appropriazione indebita (Schlichting, Legge suI riciclaggio di denaro, annotata e commentata, vol. VI, Zurigo 2011, pag. 40).
4.6 Il crimine all'origine dei valori patrimoniali su cui si concentra il sospetto può essere commesso sia in Svizzera che all'estero; in quest'ultimo caso occorre verificare se, nell'ipotesi in cui fosse stato commesso in Svizzera, costituirebbe un crimine secondo la legislazione elvetica. Non è invece necessario che l'intermediario finanziario identifichi la fattispecie con un crimine preciso, ma è sufficiente che possa includerla in un determinato gruppo di reati. Deve comunque esservi il sospetto che i valori patrimoniali in questione provengano effettivamente da un crimine, ossia che vi sia il sospetto fondato circa l'esistenza di un nesso di causalità naturale ed adeguato tra i valori patrimoniali e lo stesso (TPF 2021 36 consid. 7.4; Thelesklaf, op. cit., n. 13 ad art. 9 LRD). Dal momento che il legame tra crimine e valori patrimoniali non deve essere stabilito ma solamente sospettato dall'intermediario finanziario, la nozione di provenienza va in ogni caso interpretata in modo ampio (Villard, op. cit., n. 56 ad art. 9 LRD).
4.7 La valutazione se e in quale momento sussisteva un obbligo di comunicazione deve avvenire sulla base di una valutazione ex ante; il fatto che, a posteriori, venga accertato che i valori patrimoniali potevano effettivamente provenire da un crimine, non è rilevante (sentenza del Tribunale federale 6B_503/2015 del 24 maggio 2016 consid. 2.7 non pubblicato in: DTF 142 IV 276; sentenza del Tribunale penale federale CA.2019.7 del 28 maggio 2020 consid. 1.1.4.5; SK.2017.54 del 10 dicembre 2017 consid. 2.2.3.2).
4.8 La tematica dei fondi neri costituiti in Svizzera in connessione a possibili casistiche corruttive è stata oggetto di approfondimento. A mente di Schmid, il trasferimento di valori patrimoniali in Svizzera, nel perseguimento di fini corruttivi, può, a determinate condizioni, configurare i reati di amministrazione infedele aggravata (art. 158 cifra 1 cpv. 3 CP) e di appropriazione indebita (art. 138 cifra 1 CP), oltreché indicare un possibile riciclaggio di denaro (Schmid, Straf- und einziehungsrechtliche Fragen bei 'schwarzen Kassen' zur Begehung von Bestechung, in AJP 7/2008, pag. 797 e segg.). Per riconoscere un caso di costituzione di fondi neri secondo la casistica referenziata da Schmid, occorre che le transazioni finanziarie implicate nella relazione d'affari facciano parte di un sistema di ripartizione il cui scopo è incontestabilmente il versamento di tangenti (sentenza del Tribunale penale federale SK.2014.14 consid. 4.5.1.3). Per Villard, l'istituzione di fondi neri a fini corruttivi costituisce un atto di amministrazione infedele aggravata ai sensi dell'art. 158 cpv. 3 CP, di modo che, l'obbligo di comunicazione interviene già a questo titolo (Villard, op. cit., n. 62 ad art. 9 LRD). Altri autori condividono tale posizione e considerano che la creazione, rispettivamente il rinvenimento di fondi neri soggiaccia all'obbligo di comunicazione (Thelesklaf, op. cit., n. 12 ad art. 9 LRD, Schlichting, op. cit., pag. 40; sulla questione si veda anche il rapporto d'attività 2009 dell'Ufficio MROS, pag. 83).
4.9
4.9.1 Come visto, a partire dal febbraio 2007, il conto R. ha beneficiato di sostanziosi e regolari apporti di denaro provenienti da LL. B.V., i quali, poco dopo il loro accredito, venivano quasi integralmente ritrasferiti verso le relazioni S., T. e AA. (che erano destinatarie costanti delle redistribuzioni) e in favore di altri conti, anche presso banche terze. R. fungeva così da piattaforma di giro per l'accredito e successivo contestuale trasferimento a favore di funzionari calcistici sudamericani cui erano riconducibili i conti beneficiari, ossia DD., FF. e EE. (cfr. in fatto, III, lett. F). Ciò a fronte di un profilo Due Diligence allestito all'apertura che si limitava ad osservare che l'avente diritto economico menzionato nel formulario A (CC. SA) vantava, tra i suoi assets, i diritti di trasmissione della coppa Libertadores (detenuti per mezzo di LL. B.V.) e che sulla relazione sarebbe confluita e rimasta in conto per investimento la parte estero su estero dei proventi della vendita dei diritti alla rete brasiliana KK. L'unico elemento attestato nel dossier d'apertura, per il tramite del contratto sottoscritto con la KK. ad esso accluso, era che LL. B.V. fosse la titolare dei diritti televisivi ed avesse titolo per beneficiare dei proventi della loro cessione; ciò si riferiva ad una fase antecedente rispetto al trasferimento dei fondi su R. ed alla loro ridistribuzione ai dirigenti calcistici cui erano riconducibili gli altri conti (cfr. in fatto, III, lett. E).
4.9.2 A mente di questa Corte, già solo sulla base di un raffronto tra quanto documentato all'apertura e l'operatività effettiva dei conti, è indubbio che all'intermediario finanziario non poteva sfuggire che il retroscena economico delle transazioni non risultava affatto plausibile. V'è però di più: l'operatività effettiva era in contrasto con quella prospettata inizialmente. Infatti, la sistematica nonché quasi integrale redistribuzione dei fondi che confluivano su R. non è in alcun modo compatibile con quanto indicato nel rispettivo profilo Due Diligence, secondo cui gli averi sarebbero rimasti in conto per investimento. Tale scostamento, doveva costituire, agli occhi dell'intermediario finanziario, una circostanza inusuale ed allarmante e con ciò un primo elemento di dubbio importante che meritava immediati e seri approfondimenti. Tanto più, che era stato lo stesso A. a sottoscrivere il profilo cliente allorquando era alle dipendenze di Banca C., non potendo ignorarne il contenuto né tantomeno il fatto che le relazioni S., T. e AA. non erano nemmeno menzionate nella documentazione allestita per il conto R. D'altro canto, sebbene indicassero effettivamente che gli averi sarebbero provenuti dalla relazione R., nemmeno i profili Due Diligence dei conti beneficiari spiegavano a che titolo i funzionari calcistici, nonché ADE dei conti che venivano accreditati, fruissero personalmente dei proventi dell'alienazione dei diritti televisivi.
4.9.3 Peraltro, il contesto in cui si iscrivevano le operazioni era già di per sé delicato e meritava una certa cautela. Il fatto stesso che fosse implicata una federazione con un'enorme influenza in un settore che negli anni 2000 si stava trasformando in un'industria globale generante enormi ricavi grazie ai diritti televisivi, agli sponsor e agli investimenti finanziari, era un aspetto a cui un intermediario finanziario doveva prestare attenzione. Non giova invece all'imputato appellarsi al fatto che la CONMEBOL, il gruppo CC. e le persone fisiche coinvolte godessero di stima a livello internazionale. La reputazione delle persone, per quanto buona che sia, non permette infatti di escludere a priori un rischio di riciclaggio, in particolare laddove si tratti di figure con un ruolo apicale in un settore di attività con cifre d'affari altissime e molteplici interessi politici e finanziari in gioco. FF. (ADE di T.), già al momento dell'apertura dei conti nel febbraio 2007, era peraltro classificato come persona politicamente esposta nella banca dati World-Check. Sul relativo riscontro A. ha inspiegabilmente annotato di proprio pugno che quest'ultimo non ricopriva alcuna carica politica (cfr. in fatto, III, lett. E); tuttavia, il fatto che un ADE figuri in tale database costituisce ipso facto un fattore di allerta accresciuto di cui andava tenuto conto e che non poteva essere relativizzato. Del resto, le somme erano ingenti, gli accrediti frequenti e la redistribuzione avveniva di norma nel giro di pochi giorni. Particolare attenzione era dunque dovuta per motivi oggettivi sin dalla concezione del sistema.
4.9.4
4.9.4.1 Sentito al riguardo, A. ha dichiarato che il costrutto di conti appartenenti alla costellazione R. era stato ideato per fornire ai suoi clienti sudamericani una struttura finalizzata a redistribuire i proventi della vendita dei diritti televisivi ingenerati dalla produzione delle trasmissioni di partite di calcio (cfr. act. DFF 60 1 e segg.). La relazione sarebbe stata costituita anche a fini di razionalizzazione fiscale; si voleva permettere l'accumulo di fondi non dichiarati e di titolarità della CC SA. L'origine specifica dei fondi sarebbe derivata dalla vendita dei diritti a KK.: CC. SA incassava i ricavati su una società di proprietà (LL. B.V.), società indicata nei contratti con KK. Da lì, poi, una parte dei fondi generati ritornavano in Sudamerica e una parte confluiva su R. (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.005). In questo contesto, l'inserimento di una società offshore (R. Ltd.) nello schema sarebbe stato finalizzato a poter meglio verificare ciò che gli «diceva il cliente sull'origine dei fondi» (cfr. act. DFF 60 4).
4.9.4.2 A mente della Corte, la tesi della confluenza di averi non noti al fisco è un elemento nuovo, introdotto successivamente all'apertura della procedura penale amministrativa e che non trova riscontro nei dossier d'apertura delle relazioni bancarie. La dicitura «estero su estero» contenuta nei profili Due Diligence è infatti generica e non può essere da sola ricondotta alla finalità di non dichiarare gli averi patrimoniali. Per questo Giudice, non si può dunque partire dal presupposto che a quel tempo l'intermediario finanziario ritenesse che il retroscena economico fosse plausibile sulla sola base del fatto che si trattasse di averi da sottrarre al fisco e che detta circostanza lo avrebbe esentato dallo svolgere chiarimenti speciali e dall'effettuare una segnalazione MROS in quanto, nell'ottica di A., la legalità era manifesta. Inoltre, anche volendo ammettere che la finalità della struttura posta in essere fosse effettivamente quella di raccogliere dei «fondi neri» in Svizzera, ciò avrebbe tuttalpiù potuto riguardare la fase iniziale relativa al trasferimento su R. ma non la successiva redistribuzione ai dirigenti, la cui giustificazione non era in ogni caso spiegabile sulla base di sole considerazioni di ordine fiscale.
Del resto, nemmeno quanto addotto a proposito delle ragioni che avevano condotto ad inserire una società offshore nella struttura – circostanza che, come visto, merita eo ipso una certa attenzione in ambito di antiriciclaggio – appare credibile. Trattandosi per R., di un conto «di distribuzione» alimentato dalla LL. B.V., la sua funzione appariva piuttosto quella di fungere da schermatura a protezione dei beneficiari finali delle redistribuzioni; nulla permette invece di ritenere che la sua predisposizione fosse finalizzata a «meglio verificare» quanto «diceva il cliente sull'origine dei fondi». Tale asserita volontà di monitoraggio non risulta dagli atti: nella documentazione bancaria figurano infatti due sole fatture emesse il 31 luglio 2008 per USD 1'300'000.– rispettivamente il 31 ottobre 2008 per USD 100'000.– dalla R. nei confronti della LL. B.V. per «lntermediary Fees» rispettivamente «Expenses»; troppo poche per dedurne velleità di controllo (cfr. act. DFF 31 1709-1720).
4.9.5
4.9.5.1 Al dibattimento, l'imputato ha ammesso che l'indicazione secondo cui i fondi sarebbero rimasti in conto per investimento, da lui inclusa nel formulario adibito alla valutazione del rischio giuridico integrato nel profilo Due Diligence di R., era sbagliata. Egli ha tuttavia preteso che tale affermazione fosse da leggersi alla luce della documentazione integrativa inserita nel dossier d'apertura, e meglio, dello «schema grafico che fa parte di questo testo» e di «un altro foglio scritto a macchina» da cui risulterebbe chiaro che gli investimenti non sarebbero intervenuti a livello di R., bensì per mezzo dei conti dei clienti (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.009).
4.9.5.2 Nella documentazione di apertura inerente al conto R., così come risulta dall'indice di cui agli atti del DFF (cfr. act. DFF 31 933), non figura alcun documento che illustri la distribuzione dei fondi. Negli atti relativi al procedimento di enforcement FINMA, anch'essi acquisiti dal DFF, è stato ritrovato uno schema manoscritto non datato che descrive in grandi linee il flusso di denaro (cfr. act. FINMA 2 4872). Non è pertanto del tutto chiaro se tale schema fosse o meno stato inserito nel Profilo Due Diligence della relazione R. Indipendentemente da ciò, nemmeno tale documento fa menzione dei conti di distribuzione o di eventuali investimenti da svolgersi «presso i clienti». Non vi è inoltre traccia dell'ulteriore pretesa documentazione «scritta a macchina» risalente all'epoca dell'apertura dei conti. Le sole note dattiloscritte presenti nei dossier bancari risalgono ad un periodo susseguente, e meglio, al 30 ottobre 2008 ed al 22 febbraio 2010 (cfr. in fatto, III, lett. J, L). Diversamente da quanto preteso da A., non si può dunque ritenere che, sulla base della documentazione bancaria, fosse chiaro che gli investimenti non sarebbero intervenuti a livello di R., bensì sui conti destinatari. Ne discende che, anche volendo considerare le spiegazioni fornite al dibattimento e l'esistenza del citato schema, dalla sistematica nonché quasi integrale redistribuzione dei fondi che confluivano su R. non si può che dedurre un evidente scostamento rispetto a quanto indicato nel profilo Due Diligence. Ad un consulente esperto che aveva redatto i dossier non poteva sfuggire che la dicitura secondo cui i fondi sarebbero rimasti in conto per investimento contenuta nel formulario principale adibito alla valutazione dei rischi fosse in contraddizione con la movimentazione posta in essere.
4.9.6
4.9.6.1 L'imputato è anche stato espressamente confrontato dal DFF con la questione a sapere perché i funzionari venissero ricompensati per fornire consulenze a potenziali aggiudicatari, nell'interesse della loro stessa federazione. In questo contesto, egli ha risposto di essersi fatto lo scrupolo di valutare la questione, chiedendo informazioni. Stando a A., secondo quanto riferitogli dai suoi interlocutori sudamericani implicati nella società aggiudicataria, ossia II. e HH., la consulenza verteva a produrre le migliori offerte possibili dal punto di vista qualitativo. L'imputato ha anche precisato che i funzionari erano ricompensati per una prestazione professionale perché non era la stessa attività rispetto a quella svolta in seno al Comitato; egli ha pure asserito che i membri erano legittimati a farlo dal momento che, perlomeno fino al 2016, gli statuti del CONMEBOL non escludevano espressamente questa eventualità. R. avrebbe così dovuto ricevere la parte non dichiarata di fondi destinati a «pagare» i funzionari ed altre relazioni in seno ad altre banche. Lui stesso avrebbe peraltro escluso la possibilità che si trattasse di una dinamica corruttiva, poiché le società competitrici non sarebbero in ogni caso state in grado di rispettare i parametri. Per le consulenze prestate dai funzionari non avrebbe disposto di nessun documento, poiché le stesse avvenivano senza dichiarazione al fisco (cfr. act. DFF 60 1 e segg.).
Al dibattimento A. ha precisato che non vi era un legame tra i vantaggi per la CONMEBOL e le consulenze fornite a titolo privato; i vantaggi diretti sarebbero stati di vendere al miglior offerente e CC. SA garantiva di gran lunga maggiori profitti rispetto alle altre società. Gli ulteriori offerenti avrebbero avuto una dimensione quasi fallimentare: tentavano di partecipare alle aste senza disporre dei requisiti per aggiudicarsele. L'imputato ha pure preteso di aver verificato tale aspetto prima di accendere le relazioni, sebbene la relativa documentazione non sarebbe a sua disposizione in quanto raccolta presso Banca C. (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.0111-012). Chiamato a spiegare il motivo per il quale, nonostante la manifesta superiorità dell'offerta, occorreva aiutare CC. SA a vincere l'asta, egli ha convenuto che «non faceva senso cercare una motivazione di quello che avveniva nelle consulenze, nel pensare che CC. SA avesse bisogno di aiuti» e che «i soldi non venivano certo dati per aggiudicarsi delle cose che si sarebbero aggiudicati comunque». All'imputato è anche stato chiesto il perché tutti e quattro i componenti del Comitato esecutivo della CONMEBOL, a quel tempo composto dal […] (GG.), dal […] (FF.), dal […] (DD.) e dal […] (EE.) percepissero dei compensi. Egli ha dapprima affermato che ciò corrispondeva al volere di II., per poi precisare che non tutte le persone in questione avrebbero avuto un ruolo nell'esame delle offerte. In particolare, EE. non avrebbe preso parte alle votazioni sulla cessione dei diritti televisivi e GG. avrebbe iniziato a percepire fondi solo in un secondo momento (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.013). Sempre al dibattimento, a A. è anche stato dato modo di prendere posizione sul motivo per il quale si sarebbero giustificati versamenti ricorrenti dal 2008 al 2012 per delle consulenze prestate in vista di aste che avevano avuto luogo anteriormente al 2004, rispettivamente al 2008. A suo dire, ciò non escluderebbe alcuna logica, in quanto le prestazioni venivano pagate in un secondo momento, man mano che era possibile formare i fondi sufficienti a concorrenza dell'importo inizialmente pattuito (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.010). All'imputato è anche stato mosso un rilievo quanto alla motivazione per i versamenti, dal momento che si è parlato sia di consulenze che di commissioni. A mente di A., per commissione andrebbe inteso «quello che viene pagato a fronte di una prestazione di consulenza» (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.014-015).
4.9.6.2 Nella tesi di A., secondo la quale le redistribuzioni sarebbero state giustificate da delle prestazioni di consulenza prestate dai dirigenti calcistici, questa Corte intravvede numerosi aspetti incongruenti ed illogici che avrebbero dovuto far insorgere dubbi nell'intermediario finanziario.
(1) In primo luogo risulta d'acchito anomalo che dei dirigenti appartenenti al Comitato esecutivo di una federazione sportiva, chiamati a decidere sull'esito di un'asta plurimilionaria per la cessione dei diritti televisivi, prestino consulenze a titolo oneroso ad una delle partecipanti, a prescindere dall'esistenza o meno di un divieto esplicito in tal senso negli statuti. L'aggiudicazione all'asta è un metodo particolare di conclusione della vendita che si basa sull'offerta competitiva di più acquirenti interessati al bene in vendita (Tercier, les contrats spéciaux, 4a ed. 2009, n. marg. 1458 e segg.). Anche nel contesto della cessione di diritti immateriali, la finalità, per l'entità aggiudicatrice, è quella di massimizzare il prezzo e conseguentemente il valore economico degli assets rispetto ad una negoziazione tra privati. È dunque lecito attendersi che le persone attive in seno alla federazione avessero interesse ad un'effettiva competizione tra gli offerenti. Al contrario, l'intervento preliminare dei dirigenti per il gruppo CC., pare senz'ombra di dubbio andare a favore di quest'ultimo, il quale, assicurandosi – e pagando lautamente – le «consulenze», otteneva, secondo il senso, maggiori garanzie di aggiudicarsi le aste. Ne discende altresì che in un siffatto contesto, l'affermazione secondo la quale CC. SA non necessitava di alcun vantaggio in quanto la sua offerta garantiva di gran lunga i migliori profitti per la CONMEBOL rispetto alle altre società, di dimensioni fallimentari, non giunge certo in soccorso della tesi dell'imputato: se così fosse stato, non sarebbe stato necessario fornire consulenze dell'ordine di una quindicina di milioni di USD «per la preparazione» delle aste. È legittimo ritenere che II., definito maniacale da A., volesse essere certo di ottenere i diritti televisivi: a questo fine versava somme ingenti ai dirigenti attivi nel consesso che decideva l'aggiudicazione. La Corte ritiene tuttavia che l'intermediario finanziario, a fronte delle informazioni in suo possesso, non potesse ritenere ragionevole che si trattasse effettivamente di controprestazioni per delle – mai meglio precisate – consulenze.
(2) È altresì doveroso interrogarsi sul motivo per il quale vi fosse la necessità che tutti i componenti del Comitato esecutivo prestassero consulenze e percepissero denaro. I laconici riscontri forniti dall'imputato al dibattimento non convincono. Quand'anche ciò facesse parte del volere di II., A. non poteva accontentarsi di una tale osservazione della realtà ma doveva questionarsi ulteriormente sul perché il numero uno di CC. SA intendesse gratificare ognuno dei membri di Comitato. Volendo dare per assodata anche la non partecipazione di EE. alle deliberazioni, va rilevato come il ruolo del […] implicasse la presentazione dei rendiconti annuali, non solo al Comitato esecutivo, ma anche a quello finanziario, ed il controllo e la sottoscrizione di ogni entrata ed uscita sul budget (cfr. act. FINMA 2 3594). Il suo benestare era dunque ad ogni modo necessario. Dipoi, l'appunto mosso dall'imputato, secondo cui il […] (GG.) non avrebbe inizialmente beneficiato di accrediti da R. è smentito dai fatti. Sebbene la relazione BB. sia stata accesa nel 2010, agli atti figura infatti un trasferimento di USD 295'000.– con valuta al 30 marzo 2009 in favore di un conto intestato a quest'ultimo presso banca terza (act. DFF 31 1254).
(3) Sulla causale delle redistribuzioni l'imputato ha anche reso una versione diversa e contraddittoria. Nel suo scritto del 26 ottobre 2021 egli ha infatti ricondotto la provenienza dei fondi alla vendita di diritti televisivi che confluivano ai membri della CONMEBOL in particolare «a titolo di commissioni» (cfr. act. DFF 80 71). Anche a questo riguardo, la spiegazione di A., ribadita in sede dibattimentale, secondo cui una «commissione» possa essere intesa quale controprestazione per le consulenze, non può essere seguita. Senza dover scomodare definizioni a carattere giuridico, per commissione s'intende infatti il compenso corrisposto a chi esegue operazioni o in genere servizi per conto altrui ed è di norma fissato in misura percentuale (cfr. < https://www.treccani.it/vocabolario/commissione2/ >). A., quale gestore patrimoniale esterno regolarmente remunerato mediante commissioni per le sue attività bancarie, non poteva ignorare che tale concetto differiva da quello di consulenze. Per di più, il fatto che i clienti abbiano precisato che i valori patrimoniali erano destinati a «pagare» i funzionari, poteva lasciar sottintendere ben altra e più problematica casistica rispetto alla sola confluenza di averi non noti al fisco estero. Da ultimo, anche l'assioma secondo il quale le prestazioni venivano saldate in un secondo momento, man mano che era possibile «formare i fondi necessari» (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.010), non poteva convincere l'imputato. Quand'anche si volesse seguire A. laddove indica che il pagamento delle consulenze interveniva dopo il loro svolgimento, a mente di questa Corte, il lungo periodo da considerare, le somme in gioco e l'assenza di documentazione al riguardo, rimanevano e dovevano essere considerate sospette.
4.9.7
4.9.7.1 Come visto, da un punto di vista generale, l'imputato eccepisce che non poteva esserci alcun sospetto fondato di provenienza illecita poiché la corruzione privata non configurava un crimine all'epoca dei fatti. Per la difesa nemmeno sarebbe possibile prendere in considerazione l'amministrazione infedele quale reato in relazione con gli averi patrimoniali giunti sui conti della «famiglia» R. Il contributo di Schmid, che per primo ha dedotto la necessità di comunicare all'Ufficio MROS determinate casistiche di rinvenimento di fondi neri in Svizzera, partirebbe infatti da una premessa imprescindibile: la compilazione errata del formulario A per mano della società svizzera che riceve e distribuisce i fondi. Nel caso in esame, il formulario A sarebbe stato compilato correttamente. Pertanto, la fattispecie, a detta della difesa, differirebbe completamente dall'ipotesi referenziata dal citato autore.
4.9.7.2 Per la Corte, la posizione difensiva non può essere seguita. Onde ammettere l'esistenza di un sospetto fondato, non è necessario che l'intermediario finanziario riconduca la fattispecie ad un crimine preciso, ma è sufficiente che possa includerla in un determinato gruppo di reati. Indipendentemente della punibilità della corruzione privata, nel caso di comportamenti arrecanti pregiudizio ai legittimi interessi patrimoniali di un'istituzione privata, sussistono anche altri potenziali reati a monte da cui dedurre dei rischi di riciclaggio, quali ad esempio l'amministrazione infedele aggravata (cfr. supra consid. II, 4.8). Con riferimento a quest'ultima infrazione, Schmid ha effettivamente descritto una particolare fattispecie in cui nel formulario A quale avente diritto economico non viene indicata la società con sede in Svizzera, ma bensì una terza persona. Su tale punto di questione l'ipotesi referenziata nel contributo dottrinale differisce da quella in esame. Tuttavia, lo stesso autore ha precisato che quella descritta è solamente una delle soluzioni immaginabili per far confluire e gestire i fondi neri in Svizzera (Schmid, op. cit, pag. 798). Gli altri autori che intravvedono nella costituzione di fondi neri legati a possibili attività corruttive una casistica soggetta a segnalazione MROS non fanno inoltre menzione della necessità di falsificare l'informazione circa il beneficiario economico (cfr. Schlichting, op. cit., pag. 40; Thelesklaf, op. cit., n. 12 ad art. 9 LRD, Villard, op. cit., n. 62 ad art. 9 LRD).
4.9.8 Ne discende che alla luce delle informazioni in possesso dell'intermediario finanziario, già nel corso del primo anno di operatività le movimentazioni sui conti avrebbero senz'altro dovuto fargli sorgere dei dubbi quanto al fatto che le stesse potessero essere relazionate con il riciclaggio.
A. si trovava infatti di fronte a: (1) la costituzione di fondi neri in Svizzera la cui finalità sembrava andare ben oltre la mera sottrazione al fisco estero e poteva lasciar sottintendere la commissione di reati di natura patrimoniale; (2) transazioni che presentavano rischi particolari in quanto il loro scopo economico non era identificabile; (3) un uso dei valori versati sul conto R. diverso da quanto indicato nel rispettivo profilo cliente; (4) un'operatività consolidata (ovvero l'accredito su R. e la contestuale redistribuzione) incompatibile con le informazioni e le esperienze concernenti il cliente o lo scopo della relazione d'affari; (5) la costante e frequente redistribuzione di grossi importi poco tempo dopo il deposito su di un conto di transito intestato ad una società offshore.
Ciò nonostante, egli è rimasto passivo e nulla ha intrapreso.
4.10
4.10.1 Nel periodo che va da marzo ad ottobre 2008, a corroborare i dubbi in capo all'intermediario finanziario sono poi insorti degli ulteriori significativi indizi. A., al più tardi l'11 marzo 2008, era stato messo al corrente dell'emissione di segnalazioni «Mov'ins» relative ai conti della costellazione R. da parte del sistema informatico di B. SA, questione meritevole di attenzione viste le criticità già esistenti. Le successive esplicite e ripetute richieste della banca, che pretendeva una miglior illustrazione delle relazioni d'affari da parte di D. SA e le tematiche affrontate nel corso degli incontri con i responsabili in B. SA, dovevano a loro volta costituire indicatore di sospetto (cfr. in fatto, III, lett. G, H): le persone cui incombeva il controllo dei rischi in seno a B. SA non ritenevano sufficienti le informazioni fornite. È altamente indiziante che A. fosse a conoscenza del fatto che dei funzionari della banca si ponessero tali quesiti, allorché egli medesimo, nonostante il suo ruolo di gestore esterno e di primo referente della clientela, nulla si sia nel frattempo domandato.
4.10.2 A questo riguardo, nel corso dell'interrogatorio svoltosi dinanzi al DFF, l'imputato, senza riferirsi ad un episodio in particolare, ha affermato: «Ho sempre risposto e, se non mi era chiaro, chiedendo alla banca di specificare le richieste in modo che io potessi dare una risposta. Procedevo senza indugio a ulteriori verifiche, se necessario. II problema era che la banca mi poneva a volte la stessa identica domanda più volte, per cui non sapevo cosa non andava con la prima risposta, che inizialmente era stata accettata. Per quanto riguarda le segnalazioni della banca (Mov'ins per esempio), tengo a precisare che B. SA aveva rimesso in questione (in pending) a posteriori tutte quelle già evase presso Banca C. Si trattava di centinaia di segnalazioni, rimesse in discussione in modo indiscriminato, anche su altri conti e clienti». Al dibattimento, l'imputato è stato posto di fronte al fatto che dagli atti, si evince che egli abbia dato seguito alle diverse richieste di B. SA unicamente con la produzione delle note del 30 ottobre 2008, di cui si dirà d'appresso. Egli ha ribadito di aver proceduto sempre su richiesta senza indugio, nel senso di essersi attivato immediatamente, ma che le sue verifiche avrebbero necessitato di tempo per produrre risultati. Avendo ottenuto, laddove necessario, delle proroghe da parte della banca, l'imputato avrebbe fornito riscontro solo al 30 ottobre 2008. A. ha anche affermato che le richieste di B. SA non erano da ricondurre a vere ragioni di «Due Diligence», ma piuttosto alla volontà di «farlo fuori» per acquisire direttamente la clientela.
4.10.3 Per questo Giudice unico, la tesi della strumentalizzazione delle richieste al fine di «fare fuori» A. in quanto la sua clientela interessava direttamente la banca, ancorché non rilevante, nemmeno è provata. Da quanto risulta dagli scambi interni a B. SA, era stato lo stesso P. dell'Unità Controlli Due Diligence ad interrogarsi a più riprese sull'operatività dei conti. In particolare, il 25 luglio 2008, egli non solo segnalava che le pendenze Movi'ins erano rimaste aperte poiché A. non aveva ancora fornito le informazioni supplementari entro il termine concordato del 30 giugno 2008, ma anche che le attività sulle relazioni da lui gestite risultavano inusuali, parlando espressamente di «relazioni piattaforma con volumi importanti in & out» (cfr. act. DFF 30 391). Il 19 agosto 2008, dopo aver esaminato le criticità emerse, P. aveva anche sollevato, in un resoconto indirizzato a colleghi e superiori, l'interrogativo teso a sapere: «come mai gli introiti derivanti dalla vendita dei diritti televisivi […] vengano sistematicamente distribuiti a clienti del nostro istituto o a terzi» (cfr. act. DFF 30 282). Come già osservato da questa stessa Corte, si tratta, oggettivamente, di interrogativi più che legittimi e che a giusto titolo hanno inquietato la banca, indipendentemente da eventuali presunte e non meglio specificate volontà di «farlo fuori» da parte di terze persone in seno a B. SA
4.10.4 A fronte di tutto ciò, nel periodo compreso tra marzo ed ottobre 2008, l'imputato, oltre ad aver identificato i «difetti originari» rispetto alle attività svolte sui conti in esame, era anche certamente al corrente delle inquietudini in seno all'istituto bancario per cui gestiva clientela. In queste circostanze, un gestore patrimoniale accorto e con l'esperienza di A., avrebbe senz'altro dovuto avere dei sospetti importanti ed agire di conseguenza.
4.11
4.11.1 Con la consegna della nota per il profilo Due Diligence riguardante la relazione R. (ed i conti collegati) e del documento esplicativo denominato «informazione singole transazioni», da lui allestiti il 30 ottobre 2008, appare chiaro, per questo Giudice, che l'intermediario finanziario nulla ha chiarito nonostante le richieste da parte di B. SA e i dubbi che a lui stesso, alla luce di quanto esposto, dovevano necessariamente essere sorti.
4.11.2 Da tali documenti traspare ancora una volta l'assenza di elementi concreti che permettano di determinare in modo concludente la questione centrale, ossia: a che titolo gli ADE dei conti di distribuzione, nonché membri del Comitato esecutivo del CONMEBOL, fruivano personalmente dei proventi dell'alienazione dei diritti televisivi, di cui la loro stessa federazione era aggiudicatrice. La generica affermazione secondo la quale i dirigenti fossero parte in causa beneficiante di tali introiti esplicitava il destino finale dei fondi ma sorvolava anche questa volta completamente quanto ai motivi degli accrediti sui conti beneficiari. Il nuovo contratto allegato, che ricalcava in larga misura quello del 2004, seppur con un orizzonte temporale diverso (cfr. supra consid. II, 4.9.1), non faceva alcuna menzione dei funzionari, ma dimostrava unicamente che la LL. B.V. fosse l'aggiudicataria dei diritti, risultando a questo riguardo inconferente. L'annotazione secondo cui l'operatività di quanto descritto nel profilo Due Diligence era stata confermata nei fatti era peraltro nuovamente in netto contrasto con la realtà, atteso che la redistribuzione dei fondi che confluivano su R. non era in alcun modo compatibile con l'indicazione secondo la quale gli averi sarebbero rimasti «in conto per investimento» (cfr. supra consid. II, 4.9.2).
Quanto al documento rubricato «informazione singole transazioni», esso si prefiggeva di descrivere un esempio di operazione accredito-addebito da svolgersi sui conti della famiglia R. Concretamente l'approfondimento non si focalizzava però su di una distribuzione in favore dei dirigenti calcistici cui erano riconducibili i conti T., AA. e S., bensì su due accrediti di ciascuno USD 650'000.– a beneficio di II. (numero uno di CC. SA). Sulla base della documentazione societaria in possesso di B. SA e risalente al 2001, II. risultava effettivamente azionista di CC. SA; tra gli azionisti non v'è invece traccia dei nominativi dei dirigenti della CONMEBOL (cfr. atti FINMA 2 4763 e segg.). Ne deriva che nemmeno tale documento contribuiva a chiarire il retroscena economico delle sospette distribuzioni ai membri CONMEBOL, illustrando invece la ben più plausibile dinamica in cui il transito di fondi era destinato all'azionista conosciuto. Le ragioni a monte di tale scelta non sono note. Resta il fatto che A., che avrebbe dovuto approfondire i motivi alla base della gratificazione dei dirigenti calcistici, non lo ha fatto nemmeno nel quadro dell'allestimento di una specifica nota sulle transazioni. Ma v'è di più. Mediante una correzione manoscritta, nel documento era inoltre indicato, questa volta in termini generali e senza che venisse fatto riferimento ad un'operazione in particolare, che i fondi sarebbero stati trasferiti agli azionisti finali delle operazioni. Dal momento che non risulta che gli ADE di T., AA. e S. nonché beneficiari usuali degli accrediti, fossero azionisti, la reale operatività delle relazioni bancarie divergeva anche su tale punto da ciò che era stato documentato.
4.11.3 Sentito al dibattimento, l'imputato ha convenuto che nelle informazioni riportate nelle note del 30 ottobre 2008 non vi fosse nulla di nuovo. Chiestogli se avesse omesso di effettuare verifiche supplementari in vista del loro allestimento, egli ha preteso di essersi sincerato che non vi fossero differenze rispetto a quanto indicato in fase di apertura delle relazioni. Si sarebbe in sostanza trattato di un monitoraggio regolare delle attività e non di verifiche puntuali. Egli avrebbe discusso con i clienti e raccolto «eventuali documenti nuovi, come è stato il caso per i nuovi accordi di vendita dei diritti televisivi». A. ha rivendicato di aver fatto sempre tutto il necessario nel verificare le informazioni esprimendosi in questi termini: «Se dico che non c'è stata nessuna variazione di sostanza nell'operatività è perché ritengo che anche alla prova di fatti che sono già depositati negli atti, questo era vero. Io all'inizio della relazione ho cercato di descrivere per cosa accadeva e ciò penso sia stato confermato nei fatti. La descrizione di principio era corretta ed è stata confermata (fondi, destino, controparti, motivazioni a monte). Che nulla di sostanziale era avvenuto a modifica di quanto inizialmente indicato è vero» (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.019-020).
4.11.4 Da quanto precede emerge lapalissianamente che mediante le pretese informazioni raccolte dall'intermediario finanziario nulla è stato chiarito: il dubbio, senz'altro esistente, non ha così potuto essere dissipato. Il fatto che l'imputato non abbia osservato mutamenti significativi rispetto alla situazione iniziale non depone in suo favore: si è già detto che sin dal principio vi erano molteplici criticità che dovevano generare dei dubbi a fronte dell'assenza di un retroscena economico plausibile a sostegno dell'operatività effettiva dei conti della costellazione R. e degli scostamenti tra quest'ultima e quanto documentato. In particolare, ai suoi occhi le inusuali prestazioni di consulenza fornite dai dirigenti dovevano costituire indizi di riciclaggio. La sola asserita sottrazione fiscale non spiegava la fattispecie e le vere ragioni dei conferimenti in favore dei vertici della CONMEBOL, che dovevano per forza di cose essere altre. Ciò nonostante, e finanche in presenza di precise richieste di chiarimento da parte degli organi di B. SA, ulteriore campanello di allarme, egli si è limitato ad osservare che non erano subentrati cambiamenti di rilievo rispetto a quanto indicato inizialmente, senza però attivarsi in modo puntuale per comprendere il vero retroscena economico. I punti che già in origine risultavano critici, tali sono rimasti. Secondo il DFF, i motivi per i quali i necessari chiarimenti non sono stati svolti possono essere riconducibili a varie motivazioni. Sarebbe in primo luogo possibile che ciò sia imputabile al rifiuto dei clienti di fornire le informazioni e la documentazione necessaria, aspetto che configurerebbe oltremodo un ulteriore indizio generale di riciclaggio. Si potrebbe però anche ipotizzare che sia stato lo stesso A. ad accontentarsi del fatto di non disporre di informazioni concludenti e plausibili. Si tratta di considerazioni condivisibili e dalle quali la Corte non ha motivo di scostarsi. In entrambe le ipotesi, il fatto di accontentarsi e di nulla intraprendente è significativo.
4.11.5 Al più tardi al 1° novembre 2008 A. disponeva così di indizi concreti, rispettivamente di più elementi, secondo cui i valori patrimoniali implicati nelle relazione d'affari potessero essere in relazione con il riciclaggio di denaro o provenire da un crimine. In presenza di una struttura opaca, caratterizzata dall'utilizzo di un conto di distribuzione intestato ad un società di sede e da un'operatività priva di causali plausibili quanto al destino finale dei fondi, un intermediario finanziario avrebbe dovuto «balzare sulla sedia». In assenza di altre verifiche ed a fronte di una situazione assai sospetta, in cui era piuttosto evidente che il costrutto fosse finalizzato alla sola re immissione di capitali di manifesta dubbia origine nel ciclo economico, era d'obbligo effettuare una comunicazione all'Ufficio MROS.
4.11.6
4.11.6.1 Nella sua arringa, la difesa ha dato ampia rilevanza al fatto che B. SA avrebbe a più riprese confermato le certezze di A. circa l'assenza dei presupposti fattuali e giuridici per procedere ad una comunicazione MROS. In primo luogo, la banca avrebbe accettato le note del 30 ottobre 2008, facendone un'analisi approfondita in esito alla quale l'operatività svolta sarebbe stata ritenuta plausibile e ritenuta in linea con le informazioni già a dossier. Tra il 2009 ed il 2012, B. SA avrebbe poi avallato a più riprese la movimentazione sui conti e nel febbraio 2013, a seguito dell'ulteriore aggiornamento dei profili delle relazioni da parte dell'imputato, avrebbe nuovamente condiviso la sua valutazione circa l'assenza dei presupposti per segnalare le relazioni d'affari all'autorità preposta.
4.11.6.2 Nella documentazione relativa al conto R., è stato effettivamente rinvenuto uno stringato memorandum sottoscritto da M. e da O., in cui si può leggere «in data 31 ottobre 2008 ricevo le note esplicative a cappello per i movimenti relativi alla relazione in oggetto, come da richieste concordate in sede di riunione la sig.a F. Global Compliance di B. SA ed il gestore esterno D. SA rappresentato da A. […] A mio parere ed in buona fede posso affermare che le spiegazioni date nelle note allegate plausibilizzino l'operatività svolta e pertanto le sottopongo alla sig.a F. per i suoi atti» (cfr. act. FINMA 2 4884). Da tale indicazione nulla si può dedurre. Da un lato non è provato che A. sia entrato in possesso di tale nota. Dall'altro, a differenza di quanto ritiene la difesa, non è dato a sapersi in cosa avrebbero dovuto consistere le pretese approfondite verifiche indipendenti svolte da B. SA prima di approvare i profili integrativi allestiti dall'imputato il 30 ottobre 2008. Medesimo discorso può essere esteso agli avalli, impliciti ed espliciti, successivi (cfr. ad esempio in fatto, III, lett. R). Il fatto che B. SA stessa – nei confronti della quale, va ricordato, era anche stata constatata una grave violazione delle disposizioni in materia di vigilanza, riconducibile segnatamente al fatto che la Due Diligence ed i profili allestiti per le relazioni R. e affini erano insufficienti, incompleti e privi di documentazione collaborativa (cfr. act. DFF 10 25) – sia a sua volta stata condannata per la medesima fattispecie, dimostra semmai che le verifiche svolte in seno alla banca erano a loro volta carenti. Che l'imputato fosse o meno al corrente della conformità delle misure antiriciclaggio adottate internamente non è in ogni caso decisivo. Quanto svolto da B. SA non esonerava il gestore esterno dalle sue responsabilità. D. SA, e per essa A., in forza delle convenzioni sottoscritte con la banca (cfr. in fatto, III, lett. B), era la sola attrice ad avere contatti diretti con i clienti. L'imputato non può avvalersi a suo discarico di quanto indicatogli da parte di alcune delle unità di B. SA. Da un lato, come visto, B. SA ha ripetutamente richiesto spiegazioni a A., che non è stato in grado di fornire (circostanza quindi a lui nota e che non poteva ignorare). Dall'altro, era altrettanto noto all'imputato che i conti della costellazione R. presentavano numerose criticità (cfr. supra consid. II, 4.9.8).
4.12 Visto quanto precede, questa Corte conclude che al 1° novembre 2008, dopo la consegna delle note del 30 ottobre 2008 a B. SA, si imponeva una segnalazione MROS per tutti i conti a quel tempo esistenti, ossia R., S., AA. e T. Il sospetto è da ritenersi fondato anche per la relazione BB., e ciò sin dalla sua apertura avvenuta il 23 febbraio 2010. Si trattava infatti di un ulteriore veicolo di distribuzione che completava la cerchia dei beneficiari finali dei beni che confluivano in R. e nel cui profilo KYC allestito per l'occasione – che parlava di triangolazione della vendita di diritti televisivi sportivi tra CC. SA e KK. – non figurava nulla di nuovo quanto alle ragioni delle redistribuzioni.
La terza condizione è dunque adempiuta a far tempo dal 1° novembre 2008 per i conti R., S., AA. e T. e dal 23 febbraio 2010 anche per BB.
4.13 Di seguito vengono elencati, per sovrabbondanza ed in ottica di esaustività, anche alcuni indizi di riciclaggio che si sono aggiunti nel periodo successivo, a valere per i conti nel loro complesso.
4.13.1 Nell'ambito dell'allestimento, nel febbraio 2010, del profilo KYC della relazione BB., è emerso che il futuro ADE GG. era classificato come PEP nella banca dati World-Check (cfr. in fatto, III, lett. L). Indipendentemente dalla valutazione del Compliance di B. SA, secondo il quale la persona «non è PEP secondo criteri Ord. FINMA e dir. Interna», si trattava di un elemento di dubbio. All'apertura di BB., nulla è stato segnalato o verificato da A., il quale ha reiterato la sua inazione corroborando gli indizi esistenti.
4.13.2 Nel corso del 2011, A. è stato messo al corrente dell'esistenza di una serie di allerte emesse dal sistema antiriciclaggio di B. SA e riconducibili ai conti della costellazione R., nonché del fatto che il KYC si stesse interrogando esplicitamente sul motivo per il quale i clienti ricevessero commissioni (cfr. in fatto, III, lett. O). A questo soggetto, l'imputato ha sottolineato che in realtà la banca avrebbe confermato che la posizione era stata chiarita. In effetti, nell'elenco delle segnalazioni SIRON, è stato effettivamente appuntato, in data 16 febbraio 2012, «il gestore ha fornito i chiarimenti richiesti» e «non ci sono notizie negative e la posizione è chiarita» (cfr. act. DFF 31 1018). La situazione nota a A. al più tardi il 1° novembre 2008 e di cui si è ampiamente disquisito, in base alla quale egli avrebbe dovuto avere dei dubbi, non può in alcun modo venir sanata con due annotazioni dell'ordine di quelle citate. La presenza stessa di ulteriori segnalazioni da parte del sistema di monitoraggio antiriciclaggio, aspetto di cui l'imputato era al corrente (cfr. in fatto, III, lett. O), non poteva che essere visto come un indizio supplementare quanto alla criticità delle operazioni svolte sui conti.
4.13.3 Il 9 novembre 2011, M., riferendosi alla già prospettata chiusura dei conti, ribadiva a A. «l'importanza di non arrivare al punto che il KYC Risk faccia eventuali segnalazioni» (cfr. in fatto, III, lett. P). Interrogato al riguardo, l'imputato ha specificato che la comunicazione era da inquadrare con il precedente scambio in cui M. aveva scritto «mi pare che stiano un poco andando a supposizioni tant'è che se non vado errato il consiglio era stato riformato nel maggio 2011 e nel contempo sono stati istituiti degli organi di sorveglianza a livello di tutte le organizzazioni di ambito sportivo, ancor più legate alla FIFA [...] immagino perciò che tutti i fondi fruttati in questo ambito siano ben verificati con contrattualistica legale e verificata da organi indipendenti». A. ha preteso di essersi, su queste basi, sentito rafforzato nella sua convinzione circa l'assenza di elementi concreti per una comunicazione (cfr. act. DFF 60 5 e segg.), fermo restando inoltre che B. SA voleva portare a chiusura le relazioni in quanto creavano lavoro per la forte movimentazione e generavano poco ritorno (cfr. act. DFF 60 7). Al dibattimento, l'imputato ha invece riferito di non conoscere le motivazioni che avevano condotto a tali indicazioni e di aver dovuto fornire dei riscontri in merito per evitare altre misure; ciò nonostante, egli non si sarebbe allarmato: avvisi del genere sarebbero intervenuti anche in altri casi ed il KYC non avrebbe in ogni caso preso misure (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.023). A mente della Corte è evidente che la volontà di estinguere le relazioni da parte di B. SA, come pure il fatto che negli scambi tra M. e A. non si facesse mistero circa la possibilità di un intervento da parte dell'unità KYC, siano dimostrativi del grado di rischio identificato dalla banca.
4.13.4 Il 6 dicembre 2011 nella […] appariva l'articolo a soggetto di OO. e GG. (ADE di BB.), riferito ad una vicenda di corruzione nell'ambito della concessione di diritti televisivi; A. ne aveva preso conoscenza (cfr. in fatto, III, lett. Q). Sentito al soggetto, l'imputato ha precisato che l'informazione, marginale, gli era nota in quanto comunicatagli dallo stesso interessato. A suo dire, egli aveva contattato telefonicamente un avvocato paraguaiano, che gli aveva confermato che non vi erano procedimenti in corso contro GG. (cfr. act. DFF 60 6). Al dibattimento, l'imputato ha precisato di essere stato al corrente di alcune «notizie date dalla stampa» già dal dicembre 2009, avendole apprese nell'ambito degli incontri preliminari in vista dell'accensione di BB. Le verifiche le avrebbe effettuate allora (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.025). Come esposto, le notizie apparse sui media, possono costituire, secondo le circostanze, degli elementi di sospetto. Già solo alla luce del fatto che il conto R. si inseriva proprio nell'ambito della distribuzione dei proventi dell'alienazioni di diritti televisivi, un articolo specifico sul tema era senz'altro da considerare quale elemento importante di sospetto, e ciò indipendentemente da eventuali e peraltro non documentate smentite da parte di terze persone.
4.13.5 Anche nell'ambito dell'aggiornamento del profilo Due Diligence di S. risalente al 14 febbraio 2013, A. aveva dato pienamente atto di essere al corrente delle problematiche che interessavano il cliente, minimizzandole. Nelle osservazioni egli aveva indicato che l'ADE DD., «persona nota ai più del mondo del calcio internazionale, non è mai formalmente giudicato per atti di corruzione o altro (problematica ormai nota, dopi i recenti scandali FIFA), seppur oggetto, vista la carica ricoperta sino a poco tempo fa, di accuse giornalistiche o di terzi» (cfr. in fatto, III, lett. U). A fronte di una tale situazione, v'è da chiedersi come l'imputato abbia potuto continuare a rimanere inattivo senza nulla intraprendere.
4.13.6 Sempre nel 2013, a seguito dell'estinzione del conto R., la banca si era rifiutata di aprire una rubrica col medesimo nome nella relazione intestata a D. SA, per la quale A. aveva precisato che le entrate sarebbero state trasferite a beneficio delle altre 4 relazioni, i cui ADE venivano definiti quali consulenti nei confronti di R. e della sua controparte, beneficianti di una compensazione in virtù del loro intervento risolutorio (cfr. in fatto, III, lett. T). Secondo l'imputato, tale richiesta sarebbe stata discussa anteriormente con O. ed era finalizzata unicamente a incassare un ultimo versamento. A. sostiene di essere stato lui stesso a ritirarla e non la banca a rifiutarla (cfr. act. DFF 60 7). In realtà, si evince chiaramente dagli atti che sia stata B. SA a non dare il proprio assenso all'apertura (cfr. act. DFF 30 360); non vi è invece traccia di un ritiro della richiesta da parte di A. Vien da sé che anche tale rifiuto, non poteva che essere interpretato dall'intermediario finanziario come un ulteriore indizio rispetto alle criticità di una siffatta tipologia di attività sui conti, non più tollerata da B. SA. Degna di nota è qui la formulazione utilizzata dall'imputato, secondo la quale i dirigenti intervenivano come «consulenti nei confronti di R. e della sua controparte», precisando che beneficiavano di una compensazione «in virtù del loro intervento risolutorio».
4.14 Per completezza si rileva poi come, la prospettiva ex post, ossia gli elementi emersi susseguentemente all'ottenimento della documentazione da parte del MPC (cfr. infra consid. II, 5.2), siano ininfluenti (cfr. supra consid. II, 4.7). Così, la presenza agli atti Memorandum rilasciato il 16 novembre 2016 dall'OAD-FCT e secondo il cui tenore non vi sarebbero state lacune dal profilo LRD (cfr. act. DFF 80 109-112), nulla muta a questo soggetto. Del resto, sulla fattispecie non ha inciso nemmeno il fatto che […] 2019 il MPC abbia effettivamente condannato DD., titolare e ADE di S., per complicità in ripetuta amministrazione infedele qualificata.
5.
5.1 La quarta condizione è la mancata, tardiva o incompleta comunicazione all'Ufficio MROS. La violazione dell'obbligo di comunicazione è un reato di omissione, ossia un reato per il quale la semplice omissione di un'azione richiesta e possibile è punita con una sanzione. La concretizzazione delle conseguenze relative all'omissione non è necessaria per considerare il reato adempiuto (Hilf, in: Kunz et altri (ed), Geldwäschereigesetz (GwG), 2017, n. 21 ad art. 37 LRD). Il reato di cui all'art. 37 LRD è inoltre un reato di messa in pericolo astratto. Fintanto che perdura l'obbligo di comunicazione, la violazione del medesimo rimane possibile (Ordolli, op. cit., n. 4 ad art. 37 LRD). La comunicazione deve essere effettuata senza indugio. Anche una comunicazione tardiva costituisce una violazione dell'obbligo di comunicazione. Il reato è iniziato e consumato dal momento in cui vi è conoscenza, rispettivamente sospetto fondato in merito alla situazione sottoposta all'obbligo di comunicazione, come pure quando una tale conoscenza o un tale sospetto fondato avrebbe dovuto concretizzarsi e la comunicazione non viene effettuata. Questo è il caso segnatamente dal momento in cui sono stati intrapresi – rispettivamente avrebbero dovuto essere intrapresi – dei chiarimenti giusta l'art. 6 LRD che non hanno permesso di dissipare il sospetto (TPF 2021 consid. 7.5). L'obbligo di comunicazione ai sensi dell'art. 9 LRD termina solo il giorno in cui l'intermediario finanziario ha effettuato la comunicazione richiesta. Finché la comunicazione non ha avuto luogo, l'obbligo di comunicazione persiste fintanto che i beni possono essere scoperti e confiscati (DTF 142 IV 276 consid. 5.4.2).
5.2 Nel caso in esame l'obbligo di comunicazione sussisteva perlomeno dal 1° novembre 2008 per quanto riguardava le relazioni R., T., AA. e S. L'obbligo di comunicazione riguardante la relazione BB. è invece sorto il 23 febbraio 2010, contestualmente all'apertura di tale conto al fine di disporre di un nuovo destinatario delle ridistribuzione dei fondi che transitavano su R.
L'obbligo di comunicazione è cessato nel momento in cui le autorità penali sono state in possesso della documentazione relativa ai conti qui in esame, circostanza intercorsa in date diverse a seconda della relazione considerata ma al più tardi il 20 luglio 2015 (cfr. act. DFF 032 20-31 [BB.: 19 marzo 2015]; act. DFF 32 36 [R.; 1° aprile 2015]; act. FINMA 3446 -3450 [S.; 22 giugno 2015]; act. DFF 31 23 [T. e AA.; 20 luglio 2015]).
Tra il 1° novembre 2008 e le date di cui sopra, non è stata effettuata nessuna comunicazione all'Ufficio MROS da parte di D. SA e per essa dall'imputato. Anche l'ultima condizione risulta realizzata, di modo che, tutti gli elementi costitutivi oggettivi del reato sono dati.
6.
6.1 Giusta l'art. 6 cpv. 1 DPA, se l'infrazione è commessa nella gestione degli affari di una persona giuridica, di una società in nome collettivo o in accomandita, di una ditta individuale o di una comunità di persone senza personalità giuridica, o altrimenti nell'esercizio di incombenze d'affari o di servizio per terze persone, le disposizioni penali si applicano alle persone fisiche che l'hanno commessa. Il cpv. 2 prevede che il padrone d'azienda, il datore di lavoro, il mandante o la persona rappresentata che, intenzionalmente o per negligenza, in violazione di un obbligo giuridico, omette di impedire un'infrazione del subordinato, mandatario o rappresentante ovvero di paralizzarne gli effetti, soggiace alle disposizioni penali che valgono per l'autore che agisce intenzionalmente o per negligenza. Infine, se il padrone d'azienda, il datore di lavoro, il mandante o la persona rappresentata è una persona giuridica, una società in nome collettivo o in accomandita, una ditta individuale o una comunità di persone senza personalità giuridica, il capoverso 2 si applica agli organi, ai membri degli organi, ai soci preposti alla gestione, alle persone effettivamente dirigenti o ai liquidatori colpevoli (cpv. 3).
6.2 Sebbene l'obbligo di comunicazione incomba principalmente all'intermediario finanziario, la persona fisica che non ha effettuato la comunicazione nonostante ne avesse il dovere, può essere punita ai sensi dell'art. 37 LRD. In una società, l'obbligo di comunicare incombe alle persone designate per legge o ordinamento interno a tale funzione (Hutzler, in: Ackermann [curatore], Kommentar, Kriminelle Vermögen, Kriminelle Organisationen, tomo II, 2018, n. 146 ad art. 9 LRD; Werner De Capitani, op. cit., n. 26 ad art. 9 LRD).
6.3 Quali autori di una violazione dell'art. 37 LRD entrano dunque in considerazione le persone responsabili dell'effettuazione di una comunicazione secondo i regolamenti interni, le persone esterne incaricate a tal fine, gli organi che devono predisporre le basi necessarie per l'istruzione e la sorveglianza del responsabile della comunicazione nonché gli organi e i collaboratori ai quali incombe l'istruzione e la sorveglianza del responsabile della comunicazione (De Capitani, op. cit., n. 9 ad art. 37 LRD).
6.4 L'imputato al momento dei fatti era l'unico organo e responsabile LRD dell'intermediario finanziario D. SA. Egli era inoltre manifestamente a conoscenza dei fatti soggetti all'obbligo di comunicazione. Su questi presupposti, A. è penalmente responsabile per l'omissione della comunicazione MROS inerente alle relazioni bancarie gestite da D. SA e oggetto del presente procedimento.
7.
7.1 Commette con intenzione – ossia con dolo diretto – un crimine o un delitto chi lo compie consapevolmente e volontariamente. Basta a tal fine che l'autore ritenga possibile il realizzarsi dell'atto e se ne accolli il rischio (art. 12 al. 2 CP): in questo caso il reato è commesso con dolo eventuale. Commette invece per negligenza un crimine o un delitto colui che, per un'imprevidenza colpevole, non ha scorto le conseguenze del suo comportamento o non ne ha tenuto conto. L'imprevidenza è colpevole se l'autore non ha usato le precauzioni alle quali era tenuto secondo le circostanze e le sue condizioni personali (art. 12 al. 3 CP).
7.2 Con specifico riferimento all'infrazione intenzionale ai sensi dell'art. 37 cpv. 1 LRD, affinché possa essere ritenuta tale fattispecie, l'intermediario finanziario deve, consapevolmente e volontariamente, omettere di effettuare la comunicazione richiesta dall'art. 9 LRD. Il dolo eventuale è realizzato allorquando l'intermediario finanziario sa o presume che i valori patrimoniali oggetto di una relazione d'affari potrebbero provenire da un crimine ma che, ciò nonostante, si astiene dal chiarire le circostanze giusta l'art. 6 LRD e non effettua la comunicazione di cui all'art. 9 LRD. In altre parole, egli accetta la situazione (sentenza del Tribunale federale 6B_503/2015 del 24 maggio 2016, consid. 2.6.1 non pubblicato in DTF 142 IV 276; Ordolli, op. cit., n. 8 e 9 ad art. 37 LRD). Ciò è anche il caso per l'intermediario finanziario che ha constatato l'esistenza di circostanze insolite o ha riscontrato degli elementi atti a far supporre un'origine potenzialmente criminale dei valori patrimoniali e non ha ottenuto dal cliente spiegazioni soddisfacenti, non ritiene il tutto particolarmente preoccupante e lascia «correre il rischio» (De Capitani, op. cit., n. 20 ad art. 37 LRD).
7.3 Questa Corte osserva come nel caso in esame, risulti evidente che A. abbia omesso di agire consapevolmente e volontariamente. Diversi sono infatti gli elementi dai quali desumere che l'imputato sapesse o dovesse presumere che i valori patrimoniali oggetto delle relazioni d'affari potessero provenire da un crimine.
7.3.1 A., sin dall'apertura delle relazioni bancarie, era al corrente del fatto che i fondi che giungevano su R. beneficiavano ai componenti del Comitato esecutivo della CONMEBOL. A questo riguardo, egli ha finanche sostenuto che la causale di tali versamenti fosse da ricondurre a delle generiche commissioni, rispettivamente a degli onorari per presunte e non meglio definite attività di consulenza. Oltre al fatto che si tratta di motivazioni diverse, e perciò potenzialmente sospette, è fuori di dubbio che l'imputato era ben conscio del fatto che i menzionati versamenti ai dirigenti sportivi avvenivano senza nessuna base contrattuale e che la documentazione da lui allestita, nonostante i vari aggiornamenti, non spiegava in modo plausibile a che titolo DD., EE., FF. e GG. ricevessero personalmente i proventi dell'alienazione dei diritti televisivi. Dal punto di vista di un gestore esterno tenuto ad interfacciarsi con i vari settori della banca, sono senz'altro significative anche le numerose richieste di chiarimento tese all'ottenimento di informazioni aggiuntive da parte di B. SA. Come visto, l'istituto bancario ha più volte esternato i suoi dubbi sulla situazione, definita insoddisfacente, chiedendogli di ovviarvi. Il 3 settembre 2008 l'imputato è stato in particolare confrontato con la richiesta di integrare il profilo Due Diligence della relazione R., fornendo ragguagli in merito ai sistematici riversamenti effettuati, in buona parte a beneficio dei conti S., AA. e T. A quel tempo gli era peraltro noto che diverse pendenze relative alle relazioni in parola erano state lasciate aperte, che la relazione R. era intestata ad una società di sede e che si trattava di un conto di passaggio su cui transitavano decine di milioni senza che vi fosse un motivo particolare che ne giustificasse l'esistenza. Così, al più tardi il 1° novembre 2008, dopo aver trasmesso a B. SA la nota integrativa, l'imputato doveva essere consapevole del fatto di non disporre delle informazioni richiestegli e giustificate dalle circostanze, in particolare per quanto riguarda le ragioni delle redistribuzioni. Già a quel tempo, A., che poteva avvalersi di una formazione universitaria di alto livello, di ampia esperienza nel settore, nonché di specifiche competenze LRD, acquisite presso gli istituti bancari per i quali ha lavorato e in occasione di corsi di formazione e perfezionamento presso l'OAD-FCT, era inequivocabilmente a conoscenza degli elementi di fatto che fondavano un obbligo di comunicazione.
7.3.2 Ciò nonostante, l'imputato non si è attivato nemmeno dopo le pretese (e inconcludenti) verifiche. Egli, malgrado le anomalie, ha sempre mostrato acriticità rispetto ai segnali di possibili attività problematiche sulle relazioni bancarie, il tutto pretendendo di aver limitato le somme per non «dare adito a sospetti concernenti l'utilizzo del conto R. a scopo di piattaforma di giro e con il fine di non cadere erroneamente in casistiche legate al lavaggio di denaro» (cfr. in fatto, III, lett. J, L).
7.3.3 Per quanto riguarda il periodo successivo, sono esemplificativi gli scambi intercorsi nel 2011, allorquando già erano subentrate le segnalazioni SIRON, le indiscrezioni a mezzo stampa riportate anche da testate elvetiche e l'informazione circa la necessità di chiudere le relazioni prima che fosse l'unità KYC ad effettuare una segnalazione MROS. Qui A. non si è minimamente soffermato sul coinvolgimento dell'ADE di S. in vicende corruttive, aspetto di cui al dibattimento ha confermato essere a conoscenza sin dall'accensione del conto BB. (cfr. supra consid. II, 4.13.4), limitandosi ad affermare di conoscere «in modo dettagliato i retroscena delle operazioni che ci interessano e l'origine dei fondi». In tale contesto, l'imputato ha ribadito agli interlocutori in seno a B. SA che a suo modo di vedere non vi erano criticità quanto alla provenienza dei fondi ed ai clienti coinvolti, tentando di rassicurarli e mostrandosi a tratti pure infastidito rispetto alle loro richieste (cfr. act. DFF 30 122, 30 123, 30 126, 30 157, 30 185, 30 258, 30 300).
7.3.4
7.3.4.1 La difesa sostiene che le condizioni soggettive del reato non siano date. A., non solo non avrebbe avuto sospetti fondati, ma tantomeno dubbi. L'imputato sarebbe stato confortato da B. SA, che non aveva formulato richieste ulteriori ritenendo chiarita la posizione in più occasioni. Non sarebbe poi vero che A. sapeva di non disporre delle informazioni e della documentazione necessaria per ottemperare agli obblighi di diligenza previsti dalla LRD. Infatti, il rispetto degli obblighi sarebbe stato confermato dalla banca e anche dall'OAD-FCT nel corso del 2016. La difesa si chiede poi se A. possa essere effettivamente ritenuto consapevole «di tutto» e ciò anche volendo seguire la tesi della creazione di fondi neri extrabilancio nel senso di quanto ipotizzato dalla dottrina.
7.3.5 La tesi difensiva non regge. L'imputato era ben cosciente della coesistenza e dell'indipendenza degli obblighi LRD di D. SA e di B. SA. Egli non può quindi appellarsi alla buona fede basandosi sul fatto che B. SA si sia temporaneamente accontentata delle sue spiegazioni. È dunque pretestuoso richiamarsi a questa circostanza per escludere ch'egli fosse al corrente delle problematiche che imponevano la segnalazione MROS. Per quanto concerne poi il memorandum emesso il 16 novembre 2016 dall'OAD-FCT, è pacifico ch'esso sia del tutto irrilevante sotto l'aspetto soggettivo, coscienza e volontà dovendo esistere al momento dei fatti. Per il resto, si può rinviare a quanto esposto al consid. II, 4.11.6.
7.4 Ne discende che l'imputato non poteva ignorare il fatto che le attività sui conti della costellazione R. fossero altamente sospette. All'intermediario finanziario, cognito della materia, dovevano sorgere dei dubbi che gli facessero presumere che i valori patrimoniali potessero provenire da un crimine. Sebbene al più tardi il 1° novembre 2008 A. poteva e doveva essere a conoscenza degli elementi di fatto che fondavano un obbligo di comunicazione, egli ha continuato a gestire le relazioni come se niente fosse, reagendo passivamente alle sollecitazioni e minimizzando gli elementi che deponevano in favore dell'esistenza di un sospetto fondato. Quand'anche l'imputato, come lui sostiene, avesse chiarito la situazione, le eventuali informazioni raccolte, come visto, sono risultate in ogni caso includenti, cosa che avrebbe dovuto condurre A. ad effettuare una comunicazione ai sensi di legge. Conto tenuto anche delle dichiarazioni dibattimentali rilasciate dall'imputato a soggetto delle informazioni da lui ottenute in vista dell'apertura del conto BB., e meglio, del fatto ch'egli ha affermato di essere stato messo al corrente, nell'ambito degli incontri preliminari intervenuti con GG. qualche mese prima, «di notizie date dalla stampa» aventi natura «di corruzione», questa Corte ritiene che A. abbia agito almeno con dolo eventuale. Da un punto di vista complessivo, v'è da concludere che egli, sin dal 1° novembre 2008 e per tutta la durata dello stato illecito, potesse presumesse che i valori patrimoniali oggetto delle relazione d'affari R. e affini potevano provenire da un crimine e che egli si sia accollato il rischio, realizzando la fattispecie di reato quantomeno nella forma del dolo eventuale.
7.5
7.5.1 Resta da valutare se l'imputato, come preteso dalla difesa, si sia o meno trovato in una situazione di errore.
7.5.2 Vi è un errore sui fatti ai sensi dell'art. 13 cpv. 1 CP allorquando l'autore agisce per effetto di una supposizione erronea delle circostanze di fatto. Lo stesso sarà giudicato secondo questa supposizione, se gli è favorevole. Se, tuttavia, avesse potuto evitare l'errore usando le debite precauzioni, l'autore è punibile per negligenza qualora la legge reprima l'atto come reato colposo (art. 13 cpv. 2 CP). In caso di errore sui fatti, l'intenzione di commettere il reato viene meno (DTF 129 IV 238 consid. 3.2.2). Si presume quindi un errore di fatto che esclude l'intenzione dell'autore del reato se l'autore si sbaglia, ad esempio, sulle caratteristiche dell'oggetto del reato (cfr. DTF 82 IV 198 consid. 2; sentenza del Tribunale federale 6B_1056/2013 del 20 agosto 2014 consid. 3). Tale errore di fatto, o errore sui fatti, può anche essere un errore sugli elementi costitutivi o esclusivi normativi. È irrilevante sapere se questo errore si basa su un'errata interpretazione dei fatti o su un'errata interpretazione della legge. Chiunque – per qualsiasi motivo – si sbaglia sull'esistenza fattuale di un elemento normativo del reato è soggetto a un errore di fatto (sentenza del Tribunale federale 6B_187/2016 del 17 giugno 2016 consid. 3.2, con rinvii; sentenza del Tribunale penale federale CA.2020.16 del 23 agosto 2021 consid. 1.4.2). Con particolare riferimento all'infrazione di cui all'art. 37 LRD, l'intermediario finanziario che non ha avuto sospetti per il semplice fatto di non essersi conformato agli obblighi di chiarimento previsti o che non riconosce l'esistenza di una situazione soggetta all'obbligo di comunicazione perché non esercita la diligenza richiesta, agisce per effetto di una supposizione erronea delle circostanze di fatto evitabile ed è punibile giusta l'art. 37 cpv. 2 LRD (TPF 2021 36 consid. 11.2; sentenza del TPF SK.2020.39 del 31 maggio 2021 consid. 2.10; Ordolli, op. cit., n. 12 ad art. 37 LRD; Hilf, op. cit., n. 31 ad art. 37 LRD).
7.5.3 Si è invece in presenza di un errore sull'illiceità nel caso in cui chi commette un reato lo fa non sapendo né potendo sapere di agire illecitamente. Perché sia realizzato un errore sull'illiceità, occorre che l'autore non sappia, né possa sapere che il suo comportamento è illecito. In altri termini, l'autore deve agire credendosi legittimato a farlo. Egli pensa quindi a torto che l'atto concretamente commesso sia conforme al diritto (sentenza del Tribunale federale 6B_339/2015 del 16 giugno 2015 consid. 3.2). Le conseguenze penali di un errore sull'illiceità dipendono dal suo carattere evitabile o meno. L'autore che commette un errore inevitabile non è colpevole e deve essere prosciolto (art. 21 prima frase CP). Per contro, chi commette un errore evitabile incorre in un comportamento colpevole, ma la sua colpa sarà diminuita. Rimarrà quindi punibile, ma la pena sarà necessariamente attenuata (art. 21 seconda frase CP; sentenza del TPF SK.2020.47 del 17 ottobre 2022 consid. 10.2).
7.5.4 Ora, è incontrovertibile che la nozione di sospetto fondato sia stata oggetto di un'interpretazione evolutiva (cfr. a questo soggetto le considerazioni di Garbaski/Macaluso, op. cit., n. 38 ad art. 37 LRD). Ciò non permette però di escludere l'intenzionalità. Un errore su di un elemento costitutivo oggettivo che presuppone una forma di interpretazione e che conduce l'autore del reato a ritenere, erroneamente, che la sua condotta non sia punibile, non rientra infatti né nel campo di applicazione dell'art. 13 CP né in quello dell'art. 21 CP (cfr. DTF 129 IV 238, consid. 3.2.2; Dupersinge/Guaderon, Commentaire Romand, n. 24 ad art. 13 CP; Killias/Kuhn/Dongois, Précis de droit pénal général, 2016, n. marg. 308). Questo poiché la consapevolezza non richiede una percezione giuridica esatta delle nozioni legali: è invece sufficiente che l'autore si sia immaginato i fatti conformemente alle concezioni abituali (DTF 99 IV 57 consid. 1a; 6B_182/2016 del 17 giugno 2016 consid. 4.2). L'intenzione non verte quindi su di una nozione giuridica o sull'illiceità di un atto, bensì sugli elementi esteriori e sulla loro portata sociale (DTF 129 IV 238, consid. 3.2.2; sentenze del Tribunale federale 6B 804/2018 deI 4 dicembre 2018 consid. 3.1.1; 6B_917/2014 deI 26 novembre 2015 consid. 3.2). Un errore sui fatti è pure escluso, quando l'autore agisce sapendo di ignorare gli elementi di fatto o giuridici importanti per apprezzare la portata della sua condotta, in particolare quando l'ammissibilità del suo comportamento è dubbia (DTF 135 IV 12 consid. 2.3.1; sentenza del TF 6B_63/2017 deI 17 novembre 2017 consid. 3.2 e 3.3).
7.5.5 Già sulla base delle informazioni in possesso di A. al tempo dei fatti, la struttura e l'operatività delle relazioni risultavano altamente sospette. Ad un intermediario finanziario diligente e con l'esperienza dell'imputato non poteva in particolare sfuggire che, dietro alle inverosimili e contraddittorie causali dichiarate, si potesse celare altro, in particolare reati o legami con il riciclaggio. La circostanza secondo la quale gli elementi concreti di sospetto, in assenza di chiarimenti seri e soddisfacenti che permettessero di dissiparli, siano da ritenersi fondati e sottoposti all'obbligo di comunicazione, rientra ragionevolmente nella concezione originaria della norma (DTF 147 IV 274 consid. 2) ed era al tempo già stata preconizzata (cfr. Rapporto d'attività 2007 dell'Ufficio MROS, pag. 3), per poi consolidarsi nel corso degli anni (cfr. Garbaski/Macaluso, op. cit., n. 38 ad art. 37 LRD; Rapporto d'attività 2016 dell'Ufficio MROS, pag. 52 e segg.). Ciò nonostante, l'imputato, sino al 2015, nulla ha intrapreso. Su tali presupposti, egli non può ora prevalersi di un errore. A. ha dunque commesso la violazione dell'obbligo di comunicazione con cognizione di causa, e, come visto, agendo con dolo eventuale.
7.6 L'imputato va così ritenuto autore colpevole di violazione intenzionale (nella forma del dolo eventuale) dell'obbligo di comunicazione secondo l'art. 37 cpv. 1 LRD per il periodo compreso tra il 1° novembre 2008 ed il momento in cui le autorità penali sono state in possesso della documentazione relativa ai conti qui in esame, ovvero il 19 marzo 2015 per la relazione BB., il 1° aprile 2015 per la relazione R., il 22 giugno 2015 per la relazione S. e non prima del 20 luglio 2015 per le relazioni T. e AA.
III. Sulla pena
1. La pena edittale prevista per la violazione intenzionale dell'art. 37 LRD è la multa fino a CHF 500'000.–.
1.1 Giusta l'art. 106 cpv. 3 CP (applicabile per rinvio dell'art. 2 DPA), il giudice commisura la multa alle condizioni dell'autore, in modo che questi sconti una pena adeguata alla sua colpevolezza.
Come per i crimini e i delitti, giusta l'art. 47 CP il giudice commisura la pena alla colpa dell'autore. Egli tiene successivamente conto della vita anteriore dell'autore e delle sue condizioni personali, nonché dell'effetto che la pena avrà sulla sua vita (art. 47 cpv. 1 CP, applicabile per rinvio dell'art. 104 CP e dell'art. 2 DPA; DTF 119 IV 330 consid. 3; Heimgartner, Basler Kommentar, 4a ediz. 2019, n. 20 ad art. 106 CP).
1.2 Il cpv. 2 dello stesso disposto precisa che la colpa è determinata secondo il grado di lesione o esposizione a pericolo del bene giuridico offeso, secondo la reprensibilità dell'offesa, i moventi e gli obiettivi perseguiti nonché, tenuto conto delle circostanze interne ed esterne, secondo la possibilità che l'autore aveva di evitare l'esposizione a pericolo o la lesione. Il nuovo art. 47 CP conferisce al giudice un ampio margine di apprezzamento. Il giudice deve indicare nella sua decisione quali elementi, relativi al reato e al suo autore, sono stati presi in considerazione per fissare la pena, in modo tale da garantire maggiore trasparenza nella commisurazione della pena, facilitandone il sindacato nell'ambito di un'eventuale procedura di ricorso (sentenza del Tribunale federale 6B_207/2007 del 6 settembre 2007 consid. 4.2). Il giudice non è obbligato ad esprimere in cifre o in percentuali l'importanza attribuita a ciascuno degli elementi citati, ma la motivazione del giudizio deve permettere alle parti e all'autorità di ricorso di seguire il ragionamento che l'ha condotto ad adottare il quantum di pena pronunciato (cfr. DTF 144 IV 313 consid. 1.2; 136 IV 55 consid. 3.6).
1.3 L'art. 47 cpv. 1 CP stabilisce che la pena deve essere commisurata in funzione della colpa dell'autore. In applicazione dell'art. 47 cpv. 2 CP – che codifica la giurisprudenza anteriore fornendo un elenco esemplificativo di criteri da considerare – la colpa va determinata partendo dalle circostanze legate all'atto stesso («Tatkomponenten»). In questo ambito, va considerato, dal profilo oggettivo, il grado di lesione o di esposizione a pericolo del bene giuridico offeso e la reprensibilità dell'offesa («objektive Tatkomponenten»), elementi che la giurisprudenza sviluppata nell'ambito del previgente diritto designava con le espressioni «risultato dell'attività illecita» e «modo di esecuzione» (DTF 129 IV 6 consid. 6.1).
Vanno, poi, considerati, sotto il profilo soggettivo («Tatverschulden o subjektive Tatkomponente»), i moventi e gli obiettivi perseguiti – che corrispondono ai motivi a delinquere del vecchio diritto (art. 63 vCP) – e la possibilità che l'autore aveva di evitare l'esposizione a pericolo o la lesione, cioè la libertà dell'autore di decidersi a favore della legalità e contro l'illegalità nonché l'intensità della volontà delinquenziale (cfr. DTF 127 IV 101 consid. 2a; sentenze del Tribunale federale 6B_1092/2009, 6B_67/2010 del 22 giugno 2010 consid 2.1). In relazione alla libertà dell'autore, occorre tener conto delle «circostanze esterne», e meglio della situazione concreta dell'autore in relazione all'atto, per esempio situazioni d'emergenza o di tentazione che non siano così pronunciate da giustificare un'attenuazione della pena ai sensi dell'art. 48 CP (Messaggio del 21 settembre 1998 concernente la modifica del codice penale svizzero e del codice penale militare nonché una legge federale sul diritto penale minorile, FF 1999, pag. 1745; sentenza del Tribunale federale 6B_370/2007 del 12 marzo 2008 consid. 2.2).
1.4 Determinata, così, la colpa globale dell'imputato (Gesamtverschulden), il giudice deve indicarne in modo chiaro la gravità su una scala e, quindi, determinare, nei limiti del quadro edittale, la pena ipotetica adeguata.
Così come indicato dall'art. 47 cpv. 1 CP in fine e precisato dal Tribunale federale (in particolare, DTF 136 IV 55 consid. 5.7), il giudice deve, poi, procedere ad una ponderazione della pena ipotetica in considerazione dei fattori legati all'autore («Täterkomponenten»), ovvero della sua vita anteriore (antecedenti giudiziari o meno), della reputazione, della situazione personale (stato di salute, età, obblighi familiari, situazione professionale, rischio di recidiva, ecc.), del comportamento tenuto dopo l'atto e nel corso del procedimento penale (confessione, collaborazione all'inchiesta, pentimento, presa di coscienza della propria colpa) così come dell'effetto che la pena avrà sulla sua vita (DTF 141 IV 61 consid. 6.1.1; DTF 136 IV 55 consid. 5.7; 134 IV 17 consid. 2.1; 129 IV 6 consid 6.1; sentenze del Tribunale federale 6B_759/2011 del 19 aprile 2012 consid. 1.16B_1092/2009, 6B_67/2010 del 22 giugno 2010 consid. 2.2.2; cfr. anche 6B_585/2008 del 19 giugno 2009 consid. 3.5).
Con riguardo a quest'ultimo criterio, il legislatore ha precisato che la misura della pena delimitata dalla colpevolezza non deve essere sfruttata necessariamente per intero se una pena più tenue potrà presumibilmente trattenere l'autore dal compiere altri reati (Messaggio del 21 settembre 1998 concernente la modifica del codice penale svizzero e del codice penale militare nonché una legge federale sul diritto penale minorile, FF 1999, pag. 1744; DTF 128 IV 73 consid. 4; sentenze del Tribunale federale 6B_78/2008, 6B_81/2008, 6B_90/2008 del 14 ottobre 2008 consid. 3.2; 6B_370/2007 del 12 marzo 2008 consid. 2.2). La legge ha, così, codificato la giurisprudenza secondo cui occorre evitare di pronunciare sanzioni che ostacolino il reinserimento del condannato (DTF 128 IV 73 consid. 4c; 127 IV 97 consid. 3). Questo criterio di prevenzione speciale permette tuttavia soltanto di eseguire correzioni marginali, la pena dovendo in ogni caso essere proporzionata alla colpa (sentenze del Tribunale federale TF 6B_78/2008, 6B_81/2008, 6B_90/2008 del 14 ottobre 2008 consid. 3.2; 6B_370/2007 del 12 marzo 2008 consid. 2.2; 6B_14/2007 del 17 aprile 2007 consid. 5.2 e riferimenti).
Nel caso di una multa, quali fattori legati all'autore, valgono sostanzialmente gli stessi fattori applicabili al calcolo dell'aliquota giornaliera di cui all'art. 34 cpv. 2 CP, tra cui segnatamente il reddito, il patrimonio, i debiti, gli obblighi finanziari, il guadagno percepito dall'infrazione, l'età, la salute, il rispetto del minimo vitale (Stefan Heimgartner, op. cit., n. 24 e segg. ad art. 106 CP).
1.5 L'ammontare della multa deve essere fissato in base alla situazione finanziaria dell'imputato al momento in cui essa è pronunciata, così che la pena sia adeguata nel momento in cui viene scontata. La giurisprudenza ha ammesso anche la presa in considerazione di redditi futuri se sufficientemente probabili (DTF 119 IV 330 consid. 3).
2.
2.1 Questa Corte deve dunque determinare la colpa di A. in funzione delle circostanze legate ai fatti commessi («Tatkomponenten»), valutando dapprima le circostanze oggettive del reato di cui risponde («objektive Tatkomponenten») e passando, poi, ad esaminare gli aspetti soggettivi del reato («Tatverschulden»). Soltanto dopo la determinazione dell'intensità della colpa in relazione al reato e la definizione della pena ad essa adeguata, vanno considerate – a ponderazione attenuante od aggravante della pena così determinata – le circostanze personali legate all'autore («Täterkomponenten»; DTF 136 IV 55 consid. 5.4).
2.2 Valutando la fattispecie nel complesso, va osservato come lo stato illecito e con ciò l'attività delittuosa dell'imputato si siano protratti su R. di oltre sei anni e mezzo. In tutto questo lasso di tempo, A., con la sua condotta, ha di fatto impedito alle autorità di perseguimento penale svizzere ed estere di accedere ad informazioni di potenziale rilevanza, pregiudicando il tempestivo intervento delle stesse ad un'eventuale confisca di importanti somme di denaro, nel frattempo non più depositate sui conti. Sebbene il 17 giugno 2015 l'imputato abbia sollecitato B. SA ed effettuare una comunicazione MROS per S., egli lo ha fatto quando era ormai certo che le indagini si sarebbero estese anche a tale conto. Per quanto concerne le modalità di esecuzione, si è in presenza di omissioni ripetute da parte di A., il quale ha ignorato per anni gli elementi di sospetto accumulatisi.
2.3 Sebbene il solo motivo che possa aver condotto l'imputato ad omettere le comunicazioni a MROS è quello di mantenere l'operatività dei conti, va dato atto all'imputato che dai dati forniti da D. SA, si evince che le 5 relazioni qui in esame avevano una portata limitata pari al 3,61 % dei suoi introiti complessivi (cfr. act. DFF 80 115). Ciò non di meno, per un gestore patrimoniale, al di là degli effettivi guadagni, il fine dell'attività professionale è legittimamente la ricerca ed il mantenimento di asset patrimoniali in gestione. Si tratta pur sempre del suo lavoro. Si deve quindi partire dal presupposto che il movente di A. fosse economico, ma che non emerge un interesse personale che vada completamente in spregio della sicurezza della piazza finanziaria e della fiducia nel sistema bancario e finanziario. Sebbene a fronte della sua situazione economica, l'imputato non avesse alcuna necessità di delinquere, dallo svolgimento dei fatti non traspare una significativa intensità delittuosa. Gli sforzi profusi da A. in tal senso appaiono marginali, segnatamente se comparati all'ampiezza dell'attività svolta mediante D. SA. In questo contesto, va pure tenuto conto, quale «circostanza esterna», del fatto che la situazione in B. SA, già a sua volta condannata per le medesime violazioni dell'art. 37 LRD, a livello di dispositivo antiriciclaggio era del tutto lacunosa. Pur in presenza di obblighi di comunicazione indipendenti, non si può negare che un tempestivo intervento della banca, avrebbe permesso alle autorità di perseguimento di accedere alle informazioni. Nei termini di quanto esposto in precedenza (cfr. supra consid. II, 7.6), v'è qui altresì da rilevare che la Corte ritiene l'infrazione realizzata nella forma del dolo eventuale. Tale aspetto costituisce ulteriore fattore attenuante nella commisurazione della pena (Trechsel/Thommen, in Trechsel/Pieth [curatori], Schweizerisches Strafgesetzbuch, Praxiskommentar, 3a ediz., 2018, n 20 ad art. 47 CP).
2.4 Considerando il grado di esposizione a pericolo del bene giuridico offeso, la reprensibilità dell'offesa («objektive Tatkomponenten») ed esaminati anche gli aspetti soggettivi del reato («Tatverschulden»), la colpa dell'imputato viene valutata complessivamente lieve.
2.5 Su questi presupposti, è adeguato fissare quale pena ipotetica una multa di CHF 35'000.–, corrispondente a circa 1/14 del massimo della comminatoria di pena per il reato di violazione intenzionale dell'obbligo di comunicazione. Tale pena ipotetica tiene altresì conto del fatto che la violazione dell'obbligo di comunicazione per quattro relazioni bancarie ha avuto inizio il 1° novembre 2008 e che dal 1° gennaio 2009 la comminatoria di pena di cui all'art. 37 cpv. 1 LRD è stata inasprita, passando da una multa fino a CHF 200'000.– ad una multa fino a CHF 500'000.– (cfr. supra consid. I, 2.4.2).
2.6 Riguardo alle circostanze legate all'imputato, si rileva che lo stesso è incensurato, ciò che ha un effetto neutro nell'ambito della commisurazione della pena. A. ha 58 anni, una situazione finanziaria nella media ed è libero da obblighi di mantenimento. A. vive sostanzialmente dell'attiva svolta mediante D. SA, da cui percepisce un reddito netto di CHF 7'526.10 mensili. Il grosso della sua sostanza, che al 31 dicembre 2021 si attestava in CHF 1'279'936.–, corrisponde sostanzialmente al valore fiscale del pacchetto azionario della predetta società (cfr. verbale dibattimentale, act. SK 9.731.003-004). In merito alla sua condotta nell'ambito del presente procedimento, va considerato che egli si è sempre dimostrato pienamente collaborativo, anche se con una certa tendenza al chiamarsi fuori dalle responsabilità, ciò che è comunque legittimo, dato che egli si professa innocente. Nel complesso, pertanto, i fattori legati alla persona dell'autore hanno una portata leggermente attenuante la pena.
Circa la sua sensibilità nei confronti delle punizioni, occorre rilevare che tale criterio ha un peso nullo ritenuto che la pena comminata è una multa e che la situazione finanziaria dell'imputato gli permette di non incorrere in gravi problemi di liquidità per il fatto di venire condannato al suo pagamento. Tenendo conto delle circostanze legate all'imputato, la pena ipotetica corrispondente a una multa di CHF 35'000.– deve così essere ridotta a CHF 25'000.–. Eventuali conseguenze di ordine giuridico-amministrativo di una pena che dovessero insorgere nonostante l'assenza di iscrizione al casellario giudiziale (art. 18 cpv. 1 lett. c n. 3 della Legge federale sul casellario giudiziale informatizzato VOSTRA) non sono pertinenti.
2.7 Fattore sensibilmente attenuante risulta essere il tempo trascorso dai fatti.
Giusta l'art. 48 CP lett. e CP, il giudice attenua la pena se questa ha manifestamente perso di senso visto il tempo trascorso dal reato e da allora l'autore ha tenuto una buona condotta. Questa circostanza attenuante è in ogni caso data se sono trascorsi i due terzi del termine di prescrizione dell'azione penale (DTF 132 IV 1 consid. 6.2). Se attenua la pena, il giudice non è vincolato alla pena minima comminata (art. 48 a cpv. 1 CP) e può pronunciare una pena di genere diverso da quello comminato, ma è vincolato al massimo e al minimo legali di ciascun genere di pena (art. 48 a cpv. 2 CP).
Ora, considerando che i fatti sono occorsi dal 1° novembre 2008 fino a date diverse comprese tra il 19 marzo 2015 ed il 20 luglio 2015, vale a dire più di otto anni or sono, durata che eccede quella del termine di prescrizione dell'azione penale, la pena dovrà essere attenuata in modo considerevole.
Alla luce di quanto testé indicato, ponderate tutte le circostanze, la Corte giudica adeguata una multa di CHF 5'000.–.
2.8 Poiché sollevato dalla difesa, la Corte rileva come la sanzione inflitta a B. SA nella procedura parallela non incida sulla valutazione della pena da comminare a., atteso che, in ambito penale, il principio di legalità prevale su quello della parità di trattamento; in altri termini, non sussiste di principio alcun diritto all'uguaglianza di trattamento nell'illegalità (DTF 135 IV 191 consid. 3.3; sentenza 6B_28/2018 del 7 agosto 2018 consid. 5.2).
2.9 Le disposizioni sulla condizionale non sono applicabili alle contravvenzioni (art. 105 cpv. 1 CP, applicabile per rinvio dell'art. 2 DPA). Se la multa non può essere riscossa, essa è, a richiesta dell'amministrazione, commutata in arresto o in carcerazione conformemente all'art. 10 DPA. In concreto, in caso di mancato pagamento della multa per colpa dell'autore, viene ordinata una pena detentiva sostitutiva di tre mesi (art. 10 cpv. 3 e 91 cpv. 1 DPA).
IV. Sulle spese
1.
1.1 Le spese del procedimento giudiziario e la loro ripartizione si determinano, salvo l'art. 78 cpv. 4 DPA, secondo gli art. 417-428 CPP (art. 97 cpv. 1 DPA). Le spese procedurali comprendono gli emolumenti a copertura delle spese e i disborsi nel caso concreto (art. 422 cpv. 1 CPP). Nella sentenza, le spese del procedimento amministrativo possono essere ripartite come quelle del procedimento giudiziario (art. 97 cpv. 2 DPA).
1.2 Giusta l'art. 94 DPA, le spese del procedimento amministrativo comprendono i disborsi, incluse le spese del carcere preventivo e quelle della difesa d'ufficio, la tassa di decisione e le tasse di stesura (cpv. 1). L'ammontare delle tasse di decisione e di stesura è determinato da una tariffa emanata dal Consiglio federale (cpv. 2). Ai sensi dell'art. 7 cpv. 2 lett. c dell'ordinanza del 25 novembre 1974 sulle tasse e spese nella procedura penale amministrativa (RS 313.32), l'importo della tassa di decisione per la decisione penale varia da un minimo di CHF 100.–ad un massimo di CHF 10'000.–, mentre giusta l'art. 12 cpv. 1 lett. a della medesima ordinanza la tassa di stesura si compone di una tassa di CHF 10.– la pagina per la confezione dell'originale.
2.
2.1 Ritenuto che nella procedura giudiziaria l'amministrazione agisce quale accusa unitamente al MPC, per la determinazione degli emolumenti del DFF si giustifica l'applicazione del regolamento del Tribunale penale federale sulle spese, gli emolumenti, le ripetibili e le indennità della procedura penale federale del 31 ottobre 2010 (RSPPF; RS 173.713.162). Giusta l'art. 1 cpv. 2 RSPPF, gli emolumenti sono dovuti per le operazioni compiute o ordinate dalla polizia giudiziaria federale e dal Ministero pubblico della Confederazione nella procedura preliminare, dalla Corte penale nella procedura dibattimentale di primo grado, dalla Corte d'appello nelle procedure d'appello e di revisione e dalla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale nelle procedure di ricorso ai sensi dell'articolo 37 LOAP. I disborsi sono gli importi versati a titolo di anticipo dalla Confederazione; essi comprendono segnatamente le spese della difesa d'ufficio e del gratuito patrocinio, di traduzione, di perizia, di partecipazione da parte di altre autorità, le spese postali e telefoniche ed altre spese analoghe (art. 1 cpv. 3 RSPPF). I disborsi sono fissati a seconda degli importi fatturati dalla Confederazione o pagati da quest'ultima; sono escluse le spese di detenzione (art. 9 RSPPF). Gli emolumenti sono fissati in funzione dell'ampiezza e della difficoltà della causa, del modo di condotta processuale, della situazione finanziaria delle parti e dell'onere di lavoro della cancelleria (art. 5 RSPPF). Giusta l'art. 6 cpv. 4 lett. c RSPPF, in caso di chiusura con un atto d'accusa l'emolumento relativo all'istruttoria oscilla tra CHF 1'000.– e CHF 100'000.–. Le spese sostenute dall'accusa sono già comprese nell'emolumento (sentenze del Tribunale penale federale SK.2015.25 del 19 novembre 2015 consid. 6.2.1; SK.2015.23 del 24 settembre 2015 consid. 6.2.1; SK.2011.6 del 22 luglio 2011 consid. 10.3)
3. Nella decisione penale del 16 marzo 2022, il DFF ha fissato a CHF 5'680.– le spese procedurali (CHF 5'000.– per la tassa di decisione e CHF 680.– per la tassa di stesura). Al dibattimento, il DFF ha chiesto di aggiungere CHF 2'000.– quale emolumento per sostenere l'accusa (cfr. act. SK.9.721.099).
La Corte ritiene che un emolumento complessivo di CHF 7'680.– non appaia inadeguato al caso concreto.
4. Nelle cause giudicate dalla Corte penale davanti al giudice unico, l'emolumento di giustizia varia tra i CHF 200.– e i CHF 50'000.– (art. 7 lett. a RSPPF).
Nel caso in esame l'emolumento legato all'attività di questo Tribunale è fissato a CHF 2'500.–, importo adeguato per cause come quella in esame.
5. In caso di condanna, l'imputato sostiene le spese procedurali. Sono eccettuate le sue spese per la difesa d'ufficio; è fatto salvo l'art. 135 cpv. 4 CPP (art. 426 cpv. 1 CPP). L'imputato non sostiene le spese procedurali causate dalla Confederazione o dal Cantone con atti procedurali inutili o viziati (art. 426 cpv. 3 lett. a CPP) o derivanti dalle traduzioni resesi necessarie a causa del fatto che l'imputato parla una lingua straniera (art. 426 cpv. 3 lett. b CPP).
Essendo l'imputato stato condannato, le spese procedurali, che ammontano a complessivi CHF 10'180.– sono poste interamente a suo carico.
V. Sulle indennità
1. Nella procedura giudiziaria, all'imputato che ha beneficiato dell'abbandono del procedimento o è stato punito soltanto per inosservanza di prescrizioni d'ordine è assegnata, qualora ne faccia richiesta, un'indennità per il carcere preventivo e gli altri pregiudizi sofferti (art. 99 cpv. 1 DPA e art. 101 cpv. 1 DPA, applicabili per rinvio dell'art. 79 cpv. 1 DPA). In questo caso, l'indennità è a carico della Confederazione (art. 99 cpv. 3 DPA). Giusta l'art. 101 DPA, nel procedimento giudiziario il tribunale decide anche circa l'indennità dovuta per pregiudizi sofferti nel procedimento amministrativo. Prima di stabilire l'indennità, il tribunale deve dare all'amministrazione in causa la possibilità di esprimersi sul diritto all'indennità e l'ammontare della medesima, e di presentare proposte. Le spese necessarie per la difesa fanno parte degli altri pregiudizi ai sensi dell'art. 99 cpv. 1 DPA (DTF 115 IV 156 consid. 2.c).
2. Al dibattimento, il difensore di A., che ha postulato il proscioglimento del suo assistito, ha presentato un'istanza di indennità per ingiusto procedimento, chiedendo il riconoscimento dell'importo di CHF 46'348.70 per i costi sostenuti per il patrocinio legale dell'imputato (cfr. act. SK 9.720.010; 9.721.114; 9.721.070-072).
Nel caso concreto, considerato che A. è stato riconosciuto autore colpevole di violazione dell'obbligo di comunicazione giusta l'art. 37 cpv. 1 LRD-2009, l'istanza d'indennità deve essere respinta.
La Corte pronuncia:
1. A. è riconosciuto autore colpevole di violazione dell'obbligo di comunicazione (art. 37 cpv. 1 LRD, nella versione in vigore sino al 31 dicembre 2015).
2. A. è condannato al pagamento di una multa di CHF 5'000.–. In caso di mancato pagamento della multa per colpa dell'autore, viene ordinata una pena detentiva sostitutiva di tre mesi.
3. A. è condannato al pagamento delle spese procedurali pari a complessivi CHF 10'180.– (composte da CHF 7'680.– quali emolumenti del DFF e da CHF 2'500.– per la presente procedura giudiziaria).
4. L'istanza di indennità presentata da A. è respinta.
In nome della Corte penale
del Tribunale penale federale
Il Giudice unico Il Cancelliere
Intimazione a:
- Ministero pubblico della Confederazione, Signora Lucienne Fauquex, Procuratrice federale (atto giudiziale)
- Dipartimento federale delle finanze, Dr. Christian Heierli, Capo del Servizio di diritto penale (atto giudiziale)
- Avv. Davide Ceroni (atto giudiziale)
Ad avvenuta crescita in giudicato, comunicazione a:
- Dipartimento federale delle finanze (per l'esecuzione)
- Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (in applicazione analogica dell'art. 3 n. 29 e 30 dell'ordinanza concernente la comunicazione di decisioni penali cantonali [RS 312.3])
Informazione sui rimedi giuridici
Appello alla Corte d'appello del Tribunale penale federale
L'appello contro le sentenze della Corte penale del Tribunale penale federale che pongono fine, in tutto o in parte, al procedimento va annunciato alla Corte penale del Tribunale penale federale entro 10 giorni dalla comunicazione della sentenza, per scritto oppure oralmente (art. 399 cpv. 1 in relazione con l'art. 398 cpv. 1 CPP; art. 38a LOAP).
La Corte d'appello può esaminare per estenso tutti i punti impugnati. Mediante l'appello si possono censurare: le violazioni del diritto, compreso l'eccesso e l'abuso del potere di apprezzamento e la denegata o ritardata giustizia, l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti, come pure l'inadeguatezza (art. 398 cpv. 2 e 3 CPP).
Se la procedura dibattimentale di primo grado concerneva esclusivamente contravvenzioni, mediante l'appello si può far valere unicamente che la sentenza è giuridicamente viziata o che l'accertamento dei fatti è manifestamente inesatto o si fonda su una violazione del diritto. Non possono essere addotte nuove allegazioni o nuove prove (art. 398 cpv. 4 CPP).
Se l'appello concerne unicamente i punti relativi agli aspetti civili, la sentenza della Corte penale è esaminata soltanto nella misura prevista dal diritto processuale civile del foro (art. 398 cpv. 5 CPP).
La parte che ha annunciato il ricorso in appello inoltra una dichiarazione scritta d'appello entro 20 giorni dalla notificazione della sentenza motivata alla Corte d'appello del Tribunale penale federale. Nella dichiarazione precisa se intende impugnare l'intera sentenza o soltanto sue parti, in che modo domanda sia modificata la sentenza di primo grado e le sue istanze probatorie. Se vengono impugnate soltanto parti della sentenza, deve essere precisato, in modo vincolante, su quali aspetti verte l'appello (art. 399 cpv. 3 e 4 CPP).
Reclamo alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale
Il reclamo contro i decreti e le ordinanze, nonché gli atti procedurali della Corte penale del Tribunale penale federale, eccettuate le decisioni ordinatorie, deve essere presentato e motivato per scritto entro 10 giorni alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (art. 393 cpv. 1 lett. b e art. 396 cpv. 1 CPP; art. 37 cpv. 1 LOAP).
Il reclamo contro la decisione che fissa la retribuzione del difensore d'ufficio deve essere presentato e motivato per scritto entro 10 giorni alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (art. 135 cpv. 3 lett. a e art. 396 cpv. 1 CPP; art. 37 cpv. 1 LOAP).
Mediante il reclamo si possono censurare: la violazione del diritto, compreso l'eccesso e l'abuso del potere di apprezzamento e la denegata o ritardata giustizia, l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti, come pure l'inadeguatezza (art. 393 cpv. 2 CPP).
Rispetto dei termini
Le istanze o memorie devono essere consegnate al più tardi l'ultimo giorno del termine presso l'autorità penale oppure, all'indirizzo di questa, presso la posta svizzera, una rappresentanza diplomatica o consolare svizzera oppure, qualora provengano da persone in stato di carcerazione, alla direzione dello stabilimento (art. 91 cpv. 2 CPP).
Spedizione: 11 ottobre 2023
Bitte beachten Sie, dass keinen Anspruch auf Aktualität/Richtigkeit/Formatierung und/oder Vollständigkeit besteht und somit jegliche Gewährleistung entfällt. Die Original-Entscheide können Sie unter dem jeweiligen Gericht bestellen oder entnehmen.
Hier geht es zurück zur Suchmaschine.