Urteilsdetails des Bundesstrafgerichts
Instanz: | Bundesstrafgericht |
Abteilung: | Strafkammer |
Fallnummer: | RR.2021.224 |
Datum: | 04.02.2022 |
Leitsatz/Stichwort: | |
Schlagwörter | Apos;; Società; Banca; Apos;accusa; Apos;imputato; Fondo; Apos;art; Lapos;; Corte; SOCIETÀ; Barrier; Tribunal; Tribunale; Italia; Apos;atto; Apos;investimento; Agreement; BANCA; Apos;interrogatorio; Apos;auto; Apos;acquisto; Certificate; Discount; Apos;avv; Apos;ultimo; Apos;importo; Apos;autore; Agency; Reverse; Apos;ufficio |
Rechtskraft: | Weiterzug |
Rechtsgrundlagen des Urteils: | Art. 25 StGB ;Art. 251 or; |
Kommentar: | Spühler, Basler Kommentar zur ZPO, Art. 321 ZPO ; Art. 311 ZPO, 2017 |
Entscheid des Bundesstrafgerichts
SK.2020.27
Tribunal pénal fédéral Tribunale penale federale Tribunal penal federal | |
Numero dell'incarto: SK.2020.27 |
Sentenza del 4 febbraio 2022 Corte penale | ||
Composizione | Giudici penali federali Fiorenza Bergomi, Presidente, Miriam Forni e Nathalie Zufferey, Cancelliera Aline Talleri | |
Parti | Ministero pubblico della Confederazione, rappresentato dai Procuratori federali Stefano Herold e Alessandro Bernasconi, e accusatori privati: 1. D., rappresentato dall'avv. Costantino Castelli, 2. E1., E2. e E3., rappresentati dall'avv. Carlo Fubiani, 3. F., 4. G., rappresentata dall'avv. Marco S. Marty, 5. Società 1 S.R.L, 6. H., 7. Società 2 SA in liquidazione, rappresentata dall'Ufficio dei fallimenti del Distretto di Lugano, 8. Fondo 1, rappresentato dall'avv. Ivan Paparelli, | |
contro | ||
1. A., difeso dall'avv. d'ufficio Carlo Borradori, 2. B., difeso dall'avv. d'ufficio Matteo Galante,
3. C., difeso dall'avv. d'ufficio Nadir Guglielmoni, | ||
Oggetto | Amministrazione infedele qualificata ripetuta, truffa ripetuta, falsità in documenti ripetuta |
Indice
Fatti: 5
In diritto: 18
I. Questioni formali 18
1. Competenza della Corte. 18
2. Sul diritto applicabile. 20
3. Prescrizione. 22
4. Questioni pregiudiziali 23
5. Ne bis in idem.. 24
II. Società 2 SA (già Società 3), ora Società 2 SA in liquidazione, sintesi 27
III. Capo d'accusa 1.1.1 (amministrazione infedele) 33
1. Introduzione e diritto. 33
2. Investimenti in prodotti strutturati Banca 1 (capo d'accusa n. 1.1.1.1) e retrocessioni da investimenti in prodotti strutturati Banca 1 (capo d'accusa n. 1.1.1.2) 44
3. Retrocessioni da investimenti in azioni S18a. - A. (capo d'accusa n. 1.1.1.3) 98
4. Retrocessioni da investimenti in azioni S18a. - B. (capo d'accusa n. 1.2.1.1) 115
5. Investimenti nel fondo d'investimento Fondo 2 (capo d'accusa n. 1.1.1.4) 135
6. Amministrazione infedele a danno della Società 2 SA (capo d'accusa n. 1.1.1.5) 144
IV. Capi d'accusa n. 1.1.2 e 1.2.2 (truffa) 150
V. Capi d'accusa n. 1.1.3, 1.2.3 e 1.3.1 (falsità in documenti) 177
1. Considerazioni generali 177
2. Spese private inserite nella contabilità di Società 2 SA (capo d'accusa n. 1.1.3.1) 182
3. Retrocessioni dei clienti inserite nella contabilità di Società 2 SA (capo d'accusa n. 1.1.3.2) 182
4. Formulari A (capi d'accusa n. 1.1.3.3, 1.2.3.3 e 1.2.3.4) 183
5. Falsità in documenti funzionali ai reati patrimoniali in danno delle relazioni “R17.”, “R17a.”, “R21.” e “R31.” (capi d'accusa n. 1.1.3.4, 1.2.3.1 e 1.2.3.2) 190
6. Falsità in documenti concernenti la relazione “R24.” (capi d'accusa n. 1.1.3.5 e n. 1.3.1.1) 202
7. Falsità in documenti concernenti la relazione intestata al Fondo 1 (capi d'accusa n. 1.1.3.6 e n. 1.3.1.2) 213
VI. Pena. 222
VII. Misure. 248
VIII. Pretese civili 260
IX. Spese. 265
X. Difese d'ufficio e patrocinio d'ufficio. 269
XI. Risarcimenti 282
Dispositivo 293
Fatti:
A. Sulla base di una comunicazione spontanea di informazioni pervenuta attraverso la Direzione Nazionale Antimafia di Roma, in data 16 febbraio 2012 il Ministero pubblico della Confederazione (di seguito: MPC) ha aperto, nei confronti di ignoti, un'istruzione penale per titolo di riciclaggio di denaro giusta l'art. 305bis del Codice penale svizzero (CP; RS 311.0) (act. MPC 1.1.1). Tale procedimento era rubricato con il n. SV.12.0150-PAS.
B. In seguito, il MPC ha esteso il procedimento nei confronti di ulteriori persone e per ulteriori ipotesi di reato. Di rilievo per la presente procedura sono in particolare le seguenti decisioni di estensione:
- il 26 marzo 2012, l'indagine è stata estesa nei confronti di A. (act. MPC 1.1.2);
- l'11 aprile 2012, il procedimento è stato esteso all'ipotesi di organizzazione criminale ai sensi dell'art. 260ter CP nei confronti di A. e di ignoti (act. MPC 1.1.3 e seg.);
- il 13 aprile 2012, la procedura è stata estesa nei confronti della Società 2 SA per titolo di riciclaggio di denaro ai sensi dell'art. 305bis CP e di responsabilità dell'impresa giusta l'art. 102 CP (act. MPC 1.1.5), mentre il 6 maggio 2013 per titolo di organizzazione criminale ex art. 260ter CP (act. MPC 1.1.6-7);
- il 6 maggio 2013, l'istruzione è stata ulteriormente estesa al reato di appropriazione indebita ai sensi dell'art. 138 CP, sub amministrazione infedele ai sensi dell'art. 158 CP, sub infedeltà nella gestione pubblica ai sensi dell'art. 314 CP, nei confronti di A. e †I. Per quest'ultimo, l'estensione concerneva anche il reato di riciclaggio di denaro aggravato giusta l'art. 305bis n. 2 CP (act. MPC 1.1.6 e seg.);
- l'8 maggio 2013, estensione del procedimento al reato di falsità in documenti ai sensi dell'art. 251 CP (act. MPC 1.1.10 e seg.) nei confronti di A., †I. e ignoti;
- il 22 maggio 2013, il procedimento è stato esteso anche contro Banca 2 AG e, il giorno successivo, contro B. per titolo di riciclaggio di denaro aggravato ai sensi dell'art. 305bis n. 2 CP (act. MPC 1.1.12-15);
- il 29 giugno 2013, contro ulteriori imputati, tra cui C., ed ai reati di appropriazione indebita aggravata ai sensi dell'art. 138 n. 2 CP, sub amministrazione infedele qualificata ai sensi dell'art. 158 n. 2 CP, nonché di conseguimento fraudolento di una falsa attestazione ai sensi dell'art. 253 CP (act. MPC 1.1.16 e seg.).
C. Con decreto di riunione dei procedimenti dell'11 dicembre 2013, il MPC ha congiunto il summenzionato procedimento n. SV.12-0150-PAS con la procedura n. SV.13.0961-PAS da esso aperta il 5 agosto 2013 e condotta nei confronti di ignoti e di A. per titolo di appropriazione indebita (art. 138 CP), truffa (art. 146 CP), amministrazione infedele (art. 158 CP), falsità in documenti (art. 251 n. 1 CP) e riciclaggio di denaro (art. 305bis CP) (act. MPC 1.2.1 e seg.). Le due procedure sono state riunite nel procedimento n. SV.12-0150-PAS (act. MPC 1.1.18-23; v. p. 21.4.23 e segg.).
A. e C. sono stati arrestati in Italia in data 7 maggio 2013 (act. MPC 18.7.23 e 18.7.29). A. è stato scarcerato in data 30 aprile 2015 dal carcere di U. e posto agli arresti domiciliari in provincia di V. fino al 13 giugno 2016, con successivi obblighi di presentazione alla Polizia giudiziaria, terminati il 9 novembre 2016 (act. SK 306.721).
D. Con decisione del 23 settembre 2014, il MPC ha decretato l'assunzione del procedimento condotto dal Ministero pubblico del Cantone Ticino a carico di B. per titolo di appropriazione indebita (art. 138 CP) e falsità in documenti (art. 251 n. 1 CP) da parte dell'autorità inquirente federale; contestualmente ha riunito l'incarto cantonale MP 2014.7274 al procedimento federale n. SV.12-0150-PAS (act. MPC 21.5.37 e seg.).
In data 16 gennaio 2018, il procedimento a carico di B. è stato esteso ai reati di amministrazione infedele qualificata ripetuta (art. 158 n. 2 CP), truffa ripetuta (art. 146 cpv. 1 CP), falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP) e riciclaggio di denaro (art. 305bis n. 1 CP) (act. MPC 1.1.62-65).
E. Con decreti del 14 aprile 2014 e del 18 novembre 2015, il MPC ha abbandonato il procedimento nei confronti di A., Società 2 SA, Banca 2 e C. per titolo di organizzazione criminale giusta l'art. 260ter CP (act. MPC 3.1.1-5 e 3.1.12-20).
F. Con decreto d'accusa di data 11 novembre 2016, †I. è stato condannato per il reato di ripetuta complicità in amministrazione infedele qualificata e ripetuta falsità in documenti (act. MPC 3.1.41-54). Il decreto è cresciuto in giudicato. In medesima data, il MPC ha abbandonato parzialmente (decreto cresciuto in giudicato) il procedimento a carico di †I. per i reati di riciclaggio di denaro e di appropriazione indebita aggravata, sub amministrazione infedele qualificata, sub infedeltà nella gestione pubblica (act. MPC 3.1.35-40).
G. Con decreto del 18 ottobre 2017, il procedimento è ulteriormente stato esteso nei confronti di J. per il reato di riciclaggio di denaro giusta l'art. 305bis n. 1 CP (act. MPC 1.1.60 e seg.).
H. In data 8 febbraio 2018 e 22 maggio 2018, il MPC ha decretato l'abbandono parziale del procedimento a carico di A. e di C. per i reati di appropriazione indebita aggravata (art. 138 n. 2 CP) sub infedeltà nella gestione pubblica (art. 314 CP) sub amministrazione infedele qualificata (art. 158 n. 2 CP) concernenti le distrazioni patrimoniali a danno della relazione intestata al Fondo 1 presso Banca 2; nonché per i reati di appropriazione indebita (art. 138 n. 1 CP) rispettivamente truffa (art. 146 cpv. 1 CP) sub amministrazione infedele qualificata (art. 158 n. 1 cpv. 3 CP) concernenti le distrazioni patrimoniali a danno della relazione denominata “R24.” intestata a F. presso Banca 2 (act. MPC 3.1.87-93 [A.] e 3.1.163-173 [C.]).
I. Il 13 agosto 2018, il MPC ha comunicato alle parti, in particolare ai difensori di A., di Società 2 SA (ora in liquidazione), di B. e di C., la conclusione dell'inchiesta ex art. 318 cpv. 1 del Codice di diritto processuale penale svizzero (Codice di procedura penale, CPP; RS 312.0), ha loro impartito un termine sino al 24 agosto 2018 per presentare eventuali istanze probatorie e indicare gli elementi necessari all'eventuale applicazione degli art. 429 e segg. CPP. Contestualmente, il MPC ha prospettato agli imputati summenzionati la promozione dell'accusa dinanzi al Tribunale penale federale (di seguito: TPF) (act. MPC 16.2.838-841; 16.3.205-208; 16.4.447-450; 16.6.110-113).
J. L'8 novembre 2018, il MPC ha emesso due decreti d'accusa: uno nei confronti di J. per titolo di riciclaggio di denaro giusta l'art. 305bis n. 1 CP ed il secondo nei confronti di Banca 2 (ora in liquidazione) per titolo di responsabilità dell'impresa giusta l'art. 102 cpv. 2 CP in combinazione con il reato di riciclaggio di denaro giusta l'art. 305bis n. 1 CP.
Nei due decreti, le pretese dell'accusatore privato K. sono state rinviate al foro civile (act. MPC 3.1.212-216; 3.1.217-221). Avverso tali decreti d'accusa, entrambi gli accusati hanno interposto opposizione (act. MPC 16.14.26-31; 16.5.519-522).
K. In data 29 gennaio 2019, il MPC ha promosso l'accusa dinanzi al TPF nei confronti di A. per titolo di amministrazione infedele qualificata ripetuta (art. 158 n. 1 cpv. 3 CP), truffa ripetuta (art. 146 cpv. 1 CP), falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP) e riciclaggio di denaro ripetuto (art. 305bis n. 1 CP); nei confronti di B. per titolo di amministrazione infedele qualificata ripetuta (art. 158 n. 2 CP), truffa ripetuta (art. 146 cpv. 1 CP), falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP) e riciclaggio di denaro ripetuto (art. 305bis n. 1 CP); nei confronti di C. per titolo di falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP) e riciclaggio di denaro ripetuto (art. 305bis n. 1 CP); nei confronti di Società 2 SA per titolo di responsabilità dell'impresa ex art. 102 cpv. 2 CP in combinazione con l'art. 305bis n. 1 CP (act. MPC 03.100.1 e segg.). Il procedimento è stato aperto presso il TPF con il numero di ruolo SK.2019.4.
Nell'ambito dell'esame dell'accusa (art. 329 CPP), la Corte ha ritenuto che non fosse possibile pronunciare una sentenza e, di conseguenza, con ordinanza del 10 maggio 2019, ha sospeso il procedimento SK.2019.4, rinviando l'accusa al MPC per essere completata o rettificata (act. SK 2019.4 303.932.1-22). La causa non è stata mantenuta pendente presso il TPF.
L. In data 19 febbraio 2020, dopo avere nuovamente interrogato i tre imputati, mettendo pure a confronto A. sia con B. che con C., il MPC ha notificato alle parti la chiusura dell'istruzione impartendo un termine scadente il 2 marzo 2020 per presentare eventuali istanze probatorie e indicare gli elementi necessari all'eventuale applicazione degli art. 429 e segg. CPP (act. MPC 16.2.927-928 [A.], 16.4.526-527 [B.], 16.6.131-132 [C.]). Contestualmente, il MPC ha prospettato nei confronti di A. e di B. la promozione dell'accusa dinanzi al TPF per i reati di amministrazione infedele qualificata ripetuta (art. 158 n. 1 cpv. 3 CP [A.] e art. 158 n. 2 CP [B.]), di truffa ripetuta (art. 146 cpv. 1 CP) e di falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP); mentre nei confronti di C. per titolo di falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP).
Inoltre il MPC ha prospettato l'abbandono parziale del procedimento per il reato di riciclaggio di denaro (art. 305bis n. 1 CP) nei confronti dei tre imputati e, per A., pure l'abbandono parziale (poiché riferito solo ad alcuni capi del precedente atto d'accusa del 29 gennaio 2019) per i reati di amministrazione infedele qualificata (art. 158 n. 1 cpv. 3 CP) e falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP).
M. Dopo avere acquisito ulteriore documentazione bancaria, su richiesta delle parti, con atto d'accusa del 24 luglio 2020, il MPC ha nuovamente disposto il rinvio a giudizio di A. e B. per i reati di cui agli artt. 158 CP, 146 CP e 251 CP, nonché di C. per il reato di cui all'art. 251 CP.
Il procedimento a carico dei tre imputati per titolo di riciclaggio di denaro (art. 305bis n. 1 CP) è stato abbandonato con decreti del 6 aprile 2020 (act. MPC 3.262-264 [A.]; 3.265-266 [C.]; 3.267-270 [B.]). Nei confronti di A. è stato altresì decretato il parziale abbandono per i reati di amministrazione infedele qualificata (art. 158 n. 1 cpv. 3 CP) e di falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP), limitatamente a determinate imputazioni dell'atto d'accusa del 29 gennaio 2019 (v. decreto d'abbandono parziale del 6 aprile 2020 act. MPC 3.262-264; decreto d'abbandono parziale del 22 maggio 2020 act. MPC 3.285-288). Il MPC ha pure abbandonato il procedimento a carico di Banca 2 (decreto d'abbandono del 22 ottobre 2019, act. MPC 3.1.223-229), di J. (decreto d'abbandono del 4 novembre 2119, act. MP 3.234-246) e di Società 2 SA (decreto d'abbandono del 4 dicembre 2019, act. MPC 3.254-258).
I decreti d'abbandono pronunciati dal MPC sono tutti cresciuti in giudicato.
N. Mediante missiva del 17 marzo 2021, la Corte penale ha invitato le parti a presentare eventuali istanze probatorie, indicando nel contempo le prove che sarebbero state assunte d'ufficio (act. SK 306.250.1-2). Con scritti del 31 marzo 2021 (act. SK 306.510.16-17), 6 aprile 2021 (act. SK 306.522.10-13), 26 aprile 2021 (act. SK 306.521.7-12) e 29 aprile 2021 (act. SK 306.554.44-45), il MPC, i difensori di B. e di A., nonché il patrocinatore dell'accusatrice privata G., hanno presentato le loro rispettive istanze probatorie. Il 20 aprile 2021 (act. SK 306.552.4) il patrocinatore del Fondo 1 ha comunicato di non avere istanze probatorie da presentare, mentre tutte le altre parti, compreso l'imputato C., sono rimaste silenti.
Con decreto del 24 giugno 2021 (act. SK 306.250.3-11), la direzione della procedura ha deciso l'acquisizione agli atti dei seguenti documenti relativi agli imputati, non appena pervenuti alla Corte: l'estratto attuale del casellario giudiziale svizzero e italiano per A. e C., l'estratto del casellario giudiziale svizzero per B., la documentazione fiscale per gli anni 2018-2020 concernente B., e il formulario sulla situazione personale e patrimoniale riferito a tutti e tre gli imputati. La Corte ha inoltre decretato l'acquisizione agli atti, in via rogatoriale, dalla Corte di appello di Napoli e dalla Corte di appello di Roma, delle decisioni giudiziarie eventualmente intervenute a far tempo dal 24 luglio 2020 nei confronti, tra gli altri, di A. e C., come pure l'edizione presso Banca 2 di documentazione riferita ad alcune relazioni bancarie contemplate nell'atto d'accusa.
In occasione di un'udienza preliminare, indetta dalla Direzione del procedimento per il 30 aprile 2021 (act. SK 306.710.1 e segg.), il MPC, i difensori dei tre imputati, nonché il patrocinatore del Fondo 1, hanno dato il loro accordo a che il dibattimento venisse fissato, prevedendo già nella (prima) citazione, una seconda data (per il giorno successivo) in caso di mancata comparsa alla prima data. In assenza di comparsa alla prima data e pure alla seconda, si sarebbe proceduto in contumacia. Tale modalità sarebbe valsa anche per le citazioni effettuate eventualmente mediante pubblicazione sul Foglio Ufficiale ex art. 88 CPP. In sede di udienza preliminare sono state, inoltre, comunicate alle parti le possibili date dei dibattimenti, confermate definitivamente con scritto del 2 agosto 2021 (act. SK 306.400.99 e seg.).
Le citazioni formali, per il primo (con inizio al 12 gennaio 2021) e per il secondo dibattimento (con inizio il giorno successivo), sono state inviate alle parti (ad eccezione di B.) in data 4 novembre 2021. A. e C. (citati tramite i loro difensori) hanno ritornato a questo Tribunale, copia delle rispettive citazioni controfirmate (act. SK 306.521.30 e segg. [A.], 306.333.13 e segg. [C.]).
Per B., come concordato all'udienza preliminare del 30 aprile 2021 con il difensore, si è proceduto con la pubblicazione delle citazioni per le due date dei dibattimenti sul foglio ufficiale (act. SK 306.332.5 e seg.). Dopo il suo arresto, avvenuto in Svizzera, nel contesto di un altro procedimento, a B. sono state trasmesse, tramite il difensore, le formali citazioni per le due date (act. SK 306.332 7 e segg.). Copia delle citazioni sono state trasmesse a questo Tribunale, controfirmate dall'imputato (act. SK 306.332.14 e segg.).
O. Con lettera 11 gennaio 2022 l'avv. Nadir Guglielmoni ha postulato che il suo assistito, C., fosse dispensato dal comparire al dibattimento ai sensi dell'art. 336 cpv. 3 CPP, almeno fino al 17 gennaio 2022 (act. SK 306.310.15-17). A sostegno della sua richiesta il difensore di C. ha allegato un documento manoscritto su carta intestata Dott. L. che indicava dolori lombari e l'indicazione “Riposo”, “Dal 10 al 17.1.2022”, nonché un documento (sempre manoscritto) di uno studio di fisioterapia, da cui risultava che C. stava effettuando trattamenti fisioterapici per lombosciatalgia e cervicalgia e che si consigliavano 10 giorni di riposo.
Con decreto 11 gennaio 2022, la direzione del procedimento ha respinto la richiesta di C. (act. SK 306.310.19-24). In particolare, chi dirige il procedimento ha ritenuto che i due documenti allegati all'istanza fossero troppo generici e contraddittori circa il periodo di riposo a cui C. sarebbe stato astretto. Inoltre, dolori lombari e lo svolgimento di sedute di fisioterapia non costituivano di per sé motivi gravi ex art. 336 cpv. 3 CPP.
P. I pubblici dibattimenti si sono tenuti dal 12 al 21 gennaio 2022, alla presenza del MPC, degli imputati A. e B., nonché dell'accusatrice privata G. Gli altri accusatori privati non hanno partecipato ai dibattimenti.
L'imputato C., malgrado sia stato regolarmente citato, per il tramite del difensore (e le citazioni sono state controfirmate dall'imputato), come concordato (v. udienza preliminare del 30 aprile 2021, act. SK 306.710.1-5), non è comparso né in occasione del primo dibattimento indetto per il 12 gennaio 2022, né in sede del nuovo dibattimento fissato il 13 gennaio 2022.
Il dibattimento, nei confronti di C. ha quindi avuto luogo nella forma contumaciale ai sensi degli art. 366 e segg. CPP, ritenuto come la sua richiesta di essere dispensato era già stata respinta con decreto 11 gennaio 2022.
In aula sono stati sentiti unicamente gli imputati A. e B. Con requisitoria e arringhe le parti hanno formulato le seguenti conclusioni.
P1. Il MPC ha formulato le seguenti richieste (act. SK 306.720.23 e segg.):
- dichiarare A. autore colpevole di amministrazione infedele qualificata ripetuta, di truffa ripetuta e di falsità in documenti ripetuta;
- condannare A. a una pena detentiva di quattro anni.
Sulla custodia cautelare sofferta da A. in Italia nei procedimenti penali condotti dalla Procura di Roma e di Napoli, la stessa è già stata recepita nelle sentenze italiane per cui non deve essere tenuta in considerazione. La carcerazione preventiva sofferta all'estero non viene computata quale carcere preventivo nell'ambito di un procedimento penale svizzero ai sensi dell'art. 51 CP (TF 6B_806/2020);
- dichiarare B. autore colpevole di amministrazione infedele qualificata ripetuta, di truffa ripetuta e di falsità in documenti ripetuta;
- condannare B. a una pena detentiva di due anni e 9 mesi.
Il MPC non si oppone alla concessione parziale della sospensione condizionale della pena ex art. 43 CP;
- dichiarare C. autore colpevole di falsità in documenti ripetuta;
- condannare C. a una pena detentiva di 1 anno e 8 mesi.
Il MPC non si oppone alla concessione della sospensione condizionale della pena detentiva ex art. 42 CP.
La custodia cautelare sofferta da C. in Italia nei procedimenti penali condotti dalla Procura di Roma e Napoli, per i medesimi motivi esposti per A., non deve essere tenuta in considerazione;
- ordinare un risarcimento equivalente sui valori patrimoniali sequestrati sui conti riconducibili ad A., inclusi gli interessi nel frattempo eventualmente maturati, nonché sui seguenti oggetti appartenenti ad A. posti sotto sequestro:
- conto n. C1. intestato ad A. presso Banca 3 AG con un saldo di CHF 30'631.82 (stato al 31 dicembre 2021);
- conto n. C2. intestato ad A. presso Banca 4 con un saldo di CHF 8'079.84 (stato al 31 dicembre 2021);
- somme di EUR 12'571.64 e USD 4'544.48 depositate sui conti nella disponibilità del MPC presso la Banca 5 (conto EUR n. C5. e conto USD n. C6., stato al 30 giugno 2021) già sequestrate in contati ad A. nella perquisizione dell'allora suo domicilio a W. in data 7 maggio 2013. A tale riguardo si rileva che le pretese su tali somme in contanti fatte valere dalla moglie di A. sono state respinte con decisione del MPC del 26 agosto 2013, cresciuta in giudicato;
- polizza vita n. 9. di A. presso l'assicurazione Società 4 con un valore di riscatto di CHF 7'055 (stato al 1. luglio 2013 come indicato nell'allegato 4 dell'atto d'accusa 24 luglio 2020);
- statua in metallo raffigurante “donna con bambino” a firma E. Pellini (avente un valore stimato a CHF 20'740, come indicato nell'allegato 4 dell'Atto d'accusa 24 luglio 2020), oggetto già sequestrato nella perquisizione dell'allora sede della Società 2 a X. in data 5 dicembre 2013 e poi consegnato al TPF con la trasmissione del predetto atto d'accusa;
- statua raffigurante un soldato a cavallo (avente un valore stimato a CHF 500, come indicato nell'allegato 4 dell'atto d'accusa 24 luglio 2020), oggetto già sequestrato nella perquisizione dell'allora sede della Società 2 a X. in data 5 dicembre 2013 e poi consegnato al TPF con la trasmissione del predetto atto d'accusa;
- statua in metallo raffigurante 2 cavalli (avente un valore stimato a CHF 500, come indicato nell'allegato 4 dell'atto d'accusa 24 luglio 2020), oggetto già sequestrato nella perquisizione dell'allora sede della Società 2 SA a X. in data 5 dicembre 2013 e poi consegnato al TPF con la trasmissione dell'atto d'accusa;
- ordinare un risarcimento equivalente sui valori patrimoniali, inclusi gli interessi nel frattempo eventualmente maturati, depositati sul seguente conto, posto sotto sequestro, di cui B. è titolare e beneficiario economico:
- conto n. C3. intestato a B. presso Banca 6 AG con un saldo di CHF 600'379.14 (stato al 31 dicembre 2021);
- ordinare la confisca ex art. 69 CP e la relativa distruzione di tutti i documenti originali sequestrati e costituenti il reato di falsità in documenti ex art. 251 CP indicati nell'atto d'accusa 24 luglio 2020 e meglio:
- i documenti con la firma falsificata di M., N., K. e O., indicati nella perizia-tecnico calligrafica della Polizia scientifica del Canton Berna effettuata su delega della PGF ed allegati alla stessa. I documenti falsificati sono in particolare quelli indicati nell'act. MPC 17.1.2 ed elencati negli act. MPC 17.1.45 e 17.1.53-55;
- il formulario A originale relativo al conto n. C4. EUR intestato a B. presso la Banca 7, (act. MPC 7.20.1.2.9, capo d'accusa 1.2.3.3);
- il formulario A originale relativo al conto n. C8. intestato a B. presso Banca 8 (act. MPC 7.3.6.2.9, capo d'accusa 1.2.3.4);
- assegnare agli accusatori privati e danneggiati indicati nell'atto d'accusa del 24 luglio 2020, ex art. 73 lett. c CP, le pretese di risarcimento che la Corte ordinerà in applicazione dell'art. 71 CP, tenendo in considerazione il danno che ciascuno di essi ha subito e che non è già stato risarcito, in particolare dai liquidatori di Banca 2.
A mente del MPC, siccome i valori patrimoniali appartenenti ad A. rispettivamente a B., che sono sotto sequestro, sono ampiamente inferiori al danno da essi cagionato attraverso la commissione dei reati contestati nell'Atto d'accusa 24 luglio 2020, la pretesa di risarcimento ex art. 71 CP decisa dalla Corte del TPF dovrà essere assegnata ex art. 73 CP applicando una chiave di ripartizione in proporzione al danno subito da ciascun accusatore privato rispettivamente danneggiato;
- porre a carico degli imputati le spese procedurali giusta l'art. 426 cpv. 1 CPP, così come elencate e ripartite nell'allegato 5 dell'Atto d'accusa 24 luglio 2020.
L'abbandono in favore di A. e C. per intervenuta prescrizione di quattro falsità in documenti - su un totale di 53 - risulta ininfluente per quel che concerne la messa a carico delle spese procedurali rispettivamente il riconoscimento - da negare - in loro favore di un indennizzo o riparazione ai sensi dell'art. 429 CPP, ciò a fronte della gravità ed ampiezza dei restanti reati per cui essi vanno condannati e anche in considerazione di quanto previsto all'art. 430 cpv. 1 lett. a CPP.
P2. La difesa di A. ha postulato quanto segue (act. SK 306.720.31 e segg.):
- lo stralcio e l'abbandono dei capi 1.1.3.5 e 1.1.3.6 dell'atto d'accusa, per violazione del principio ne bis in idem;
- la contestazione di tutti i capi d'imputazione rimproverati ad A., ad eccezione del capo d'accusa 1.1.3.3 (falsità in documenti concernente un formulario A), che viene ammesso;
- una massiccia riduzione della pena proposta dall'accusa affinché sia possibile comprimere la stessa ad un massimo di 2 anni di detenzione; pena che permetta la concessione della sospensione condizionale ai sensi dell'art. 42 CP;
- subordinatamente, nella denegata ipotesi in cui tale richiesta non venisse accolta, la pronuncia di una pena di un massimo di 2 anni e 4 mesi con computati in nome del principio ne bis in idem, 6 mesi di carcere già espiato in Italia a seguito dei procedimenti di Napoli e Roma, a valere quale parte di pena da eseguire, per il restante la sospensione condizionale parziale della pena ai sensi dell'art. 43 CP;
- la reiezione delle richieste risarcitorie interposte dagli accusatori privati signori D., E. e G. Subordinatamente chiede che tutte le richieste risarcitorie vengano demandate al foro civile.
Il difensore di A. non si è opposto alle richieste di confisca formulate dal MPC ad eccezione degli averi sul conto della Banca 5 intestato al MPC; averi di spettanza della moglie di A., signora P.
P3. La difesa di B. ha formulato le seguenti conclusioni (act. SK 306.720.28 e segg.):
- il proscioglimento dai capi d'imputazione 1.2.1 (amministrazione infedele qualificata ripetuta ex art. 158 n. 2 CP, con riferimento alle retrocessioni da investimenti in S18a., capi d'accusa da 1.2.1.1.1 a 1.2.1.1.17), 1.2.2 (truffa ripetuta ex art. 146 cpv. 1 CP, in relazione alla truffa in danno delle relazioni “R21.”e “R17.”, capi d'accusa da 1.2.2.1.1 a 1.2.2.1.8 e 1.2.2.2) e 1.2.3 (falsità in documenti ripetuta ex art. 251 n. 1 CP, in relazione ai capi di imputazione 1.2.3.1 e 1.2.3.2);
- il riconoscimento di B. delle proprie responsabilità con riferimento ai capi di imputazione 1.2.3.3 e 1.2.3.4 in relazione ai formulari A. Con riguardo a tali due ultimi reati, in applicazione dell'art. 47 cpv. 1 CP, la colpa di B. non può che essere considerata lieve, sia dal punto di vista oggettivo che dal punto di vista soggettivo.
In considerazione della colpa lieve, della violazione del principio di celerità, della situazione personale di B. e delle sofferenze che egli ha già patito a causa del procedimento, ha chiesto di essere esonerato da qualsiasi pena e a titolo sussidiario che la pena comminata, in applicazione di quanto previsto dagli artt. 48 e 48a CP, corrisponda al minimo legale previsto, ovvero, per falsità in documenti, a una pena pecuniaria sospesa condizionalmente.
- Per quanto concerne i signori E., anche nella denegata ipotesi in cui il Signor B. dovesse essere ritenuto autore colpevole nei confronti di quest'ultimi per il reato di truffa, come evidenziato dal MPC, l'importo massimo che B. avrebbe eventualmente trattenuto per sé, ammonta ad EUR 232'050 e a CHF 150'050, ciò che complessivamente ammonta ad oggi a circa CHF 305'000.
Ritenuta la colpa di B., la sua incensuratezza, la sua vita anteriore, il lungo tempo trascorso dai fatti a lui contestati, la evidente violazione del principio di celerità del procedimento, le conseguenze dirette ed indirette che il procedimento ha comportato per l'accusato, nonché la condotta posta in essere dal signor B. successivamente ai fatti e in corso di procedimento, ha chiesto una massiccia riduzione della pena proposta dalla pubblica accusa, e che la stessa sia compressa in una pena massima di 1 anno con sospensione condizionale totale ai sensi dell'art. 42 CP.
Una pena senza condizionale, infatti, non risulta essere necessaria per trattenere l'autore dal commettere nuovi crimini o delitti.
- Opposizione alla confisca della relazione bancaria n. C3. intestata a B. presso Banca 6 SA, Y., richiesta dal MPC, in considerazione delle richieste di proscioglimento, e ne chiede pertanto il dissequestro a concorrenza del saldo attivo sulla stessa, risultando peraltro la confisca richiesta sproporzionata.
- Ha chiesto che le richieste risarcitorie dei signori E. vengano respinte in funzione della richiesta di assoluzione per i reati di truffa e di amministrazione infedele di cui ai capi d'imputazione citati nello scritto 5 gennaio 2022 dell'avv. Fubiani.
Con riferimento alla richiesta risarcitoria inerente al capo di accusa n. 1.2.1.1.6, osserva, inoltre, che la stessa, pari a EUR 52'500, si riferisce all'importo corrisposto dai signori E. titolari della relazione “R49.” presso Banca 9 per la sottoscrizione dei titoli S18a. Tale richiesta di risarcimento non corrispondente pertanto all'ammontare delle provvigioni percepite da Società 5 con riguardo alla sottoscrizione dei predetti titoli S18a.
A titolo sussidiario ha chiesto che tutte le richieste degli accusatori privati siano demandate al foro civile.
P4. La difesa di C. ha formulato le seguenti conclusioni (act. SK 306.720.28):
a. In via principale:
il proscioglimento di C. da ogni imputazione, rispettivamente abbandono per improcedibilità, rispettivamente sospensione del procedimento ex art. 329 cpv. 2 CPP.
b. In via subordinata:
- Una pena pecuniaria massima di 180 aliquote giornaliere da CHF 30.00, sospesa condizionalmente per 2 anni;
- spese procedurali a carico dell'imputato nella misura massima di CHF 1'000.--;
- tenuto conto della sua situazione finanziaria, di prescindere dall'imporre all'imputato un eventuale rimborso a favore della Confederazione della retribuzione del difensore d'ufficio.
L'avv. Guglielmoni si è inoltre opposto alla confisca dei documenti su cui figura una firma falsa, chiedendo invece il mantenimento del loro sequestro, anche a fini probatori per tribunali esteri.
P5. L'accusatrice privata G. ha formulato le seguenti richieste (act. SK 306.720.27):
- A. è condannato a pagare all'accusatrice privata G. complessivi CHF 1'749'616.38, per il danno subito;
- il riconoscimento delle spese legali, pari a CHF 131'123.90.
P6. Gli accusatori privati D., E. e Fondo 1 hanno inoltrato delle conclusioni scritte:
D., con istanza 13 gennaio 2022 (act. SK 306.551.4 e segg.), ha chiesto la condanna di A. al pagamento dei seguenti importi a titolo di parziale risarcimento dei danni:
- CHF 6'501'716.--
- EUR 733'100.--
- USD 12'000.--
oltre interessi al 5% dal 1 giugno 2013.
P7. Gli accusatori privati E., con scritto 5 gennaio 2022 (act. SK 306.310.12 e segg.), hanno chiesto:
- la condanna di A. e B. per i reati a loro ascritti nell'atto d'accusa 24 luglio 2020;
- la condanna di A. al risarcimento a loro favore di complessivi CHF 269'807.20;
- la condanna di B. al risarcimento a loro favore di complessivi EUR 584'533.37;
- la confisca di tutti i beni sequestrati di pertinenza degli imputati e la loro liberazione a favore degli accusatori privati E.
L'avv. Paparelli, patrocinatore del Fondo 1, in data 20 gennaio 2022, ha presentato un'istanza di risarcimento ex art. 433 CPP (act. SK 306.552.5 e segg.), chiedendo il pagamento a carico di A. e C., in solido, delle spese legali sostenute per EUR 48'475.--.
Q. Il dispositivo della sentenza è stato letto in udienza pubblica in data 4 febbraio 2022, con motivazione orale ai sensi dell'art. 84 cpv. 1 CPP, alla presenza degli imputati A. e B. A C., il dispositivo della sentenza è stato notificato personalmente per posta, in virtù dell'art. 368 cpv. 1 CPP (v. act. SK 306.930.12 e 20-25).
R. Con missive del 14 febbraio 2022, i difensori di A., B. e C. hanno presentato annuncio d'appello ai sensi dell'art. 399 cpv. 1 CPP avverso la presente sentenza (act. SK 306.940.2-4); il 10 febbraio 2022, anche il patrocinatore di G. ha annunciato di appellarsi contro la medesima (act. SK 306.940.1).
Con scritto dell'11 febbraio 2022, il difensore di C. ha presentato un'istanza di nuovo giudizio ex art. 368 cpv. 1 CPP (act. SK 306.940.4), poi ritirata in data 14 marzo 2022 (act. SK 306.523.14).
S. Ulteriori precisazioni relative ai fatti saranno riportate, nella misura del necessario, nei considerandi che seguono.
In diritto:
I. Questioni formali
1. Competenza della Corte
1.1 Competenza territoriale
I tre imputati sono accusati di avere commesso, a X. e a Z., atti qualificati di amministrazione infedele qualificata ripetuta ai sensi dell'art. 158 n. 1 cpv. 3 CP (A.) e art. 158 n. 2 CP (B.), di truffa ripetuta ai sensi dell'art. 146 cpv. 1 CP (A. e B.), nonché di falsità in documenti ripetuta ai sensi dell'art. 251 n. 1 CP (A., B. e C.).
Essendo ognuno dei reati ascritti ai tre imputati stati asseritamente commessi sul territorio elvetico (in specie a X. e/o a Z.), le autorità penali svizzere di perseguimento e di giudizio sono competenti in virtù degli art. 3 cpv. 1 e 8 cpv. 1 CP.
1.2 Competenza federale
La Corte deve esaminare d'ufficio la propria competenza in virtù dell'art. 35 della legge federale sull'organizzazione delle autorità penali della Confederazione (LOAP; RS 173.71) e degli art. 23 e 24 CPP che enumerano le infrazioni che sottostanno alla giurisdizione federale (TPF 2005 142 consid. 2; 2007 165 consid. 1; sentenza del Tribunale penale federale SK.2014.13 del 25 agosto 2014 consid. 1).
Nel caso concreto, il procedimento penale è stato inizialmente aperto nei confronti di ignoti e di A. per titolo di riciclaggio di denaro giusta l'art. 305bis CP, esteso, poco dopo, all'ipotesi di organizzazione criminale ai sensi dell'art. 260ter CP (procedimento SV.12.0150). Il procedimento è stato poi ulteriormente esteso ai reati di cui all'atto d'accusa e ad altre persone, tra le quali B. e C.
Ai sensi dell'art. 24 cpv. 1 CPP, i reati di cui all'art. 260ter e 305bis CP sottostanno alla giurisdizione federale, a condizione che siano stati commessi prevalentemente all'estero (lett. a) o siano stati commessi in più Cantoni e il centro dell'attività penalmente rilevante non possa essere localizzato in uno di essi (lett. b). Alle stesse condizioni, il MPC può aprire un'istruzione per crimini di cui ai titoli secondo e undicesimo, qualora nessuna attività cantonale di perseguimento penale si occupi della causa o la competente autorità cantonale di perseguimento penale solleciti dal MPC l'assunzione del procedimento (art. 24 cpv. 2 CPP).
Per quanto riguarda la nozione di reato commesso prevalentemente all'estero occorre valutare, in termini qualitativi e non puramente quantitativi, se la componente estera raggiunge una massa critica tale per cui i nuovi strumenti d'indagine messi a disposizione della Confederazione si rivelano più adatti, rispetto a quelli cantonali, nella prospettiva di un'efficiente repressione del crimine (DTF 130 IV 68 consid. 2.2 e riferimenti ivi citati). La dottrina ha stabilito che c'è competenza federale se l'infrazione da perseguire in Svizzera si inserisce in un contesto di criminalità internazionale per il quale il MPC dispone di migliori e più adeguate risorse per fronteggiare tale fenomeno criminale rispetto ad un ministero pubblico cantonale (Bouverat, Commentaire romand, 2a ediz. 2019, n. 5 ad art. 24 CPP).
Nel caso di specie, i tre imputati inizialmente erano sospettati, da un lato di aver riciclato, in territorio svizzero, valori patrimoniali di origine criminale per conto di un'organizzazione criminale di stampo mafioso e dall'altro, di attività distrattiva commessa, anche in territorio svizzero, ai danni del Governo italiano e più precisamente del Fondo 1, con conseguente attività di riciclaggio in Svizzera. Si ha che l'inchiesta ha avuto evidenti connessioni con l'estero, ragione per cui è data la competenza federale.
Si precisa altresì che con decisione del 23 settembre 2014, il MPC ha assunto, su richiesta del Ministero pubblico del Canton Ticino, il procedimento penale aperto presso l'autorità cantonale nei confronti di B. a seguito della denuncia presentata dai E. Ulteriore prova del fatto che la competenza federale nel caso di specie è pacifica.
Essendo il reato di riciclaggio di denaro già soggetto alla giurisdizione federale nell'ambito del procedimento SV.12.0150 presso il MPC, anche le successive estensioni ai reati di amministrazione infedele qualificata, truffa e falsità in documenti rimangono sottoposte alla giurisdizione federale.
Inoltre, secondo la giurisprudenza dell'Alta Corte, considerati i principi dell'efficienza e della celerità della procedura penale, dopo la formulazione dell'atto di accusa, la Corte penale può negare l'esistenza della competenza giurisdizionale federale solo per motivi particolarmente validi (DTF 133 IV 235 consid. 7.1). Pertanto la competenza federale andrebbe comunque ammessa, non riconoscendo questa Corte alcun motivo particolarmente valido per negarla.
2. Sul diritto applicabile
2.1 L'art. 2 cpv. 1 CP prevede l'applicazione del Codice penale solo nei confronti di chi commetta un crimine o un delitto dopo la sua entrata in vigore, consacrando il principio della non retroattività della norma penale; non sarebbe infatti solo iniquo, ma violerebbe altresì il principio nullum crimen sine lege contenuto nell'art. 1 CP, giudicare su crimini o delitti secondo una legge non ancora in vigore al momento della loro commissione (DTF 117 IV 369 consid. 4d; Popp/Berkemeier, Basler Kommentar, 4a ediz. 2019, n. 5 ad art. 2 CP).
2.2 Costituisce deroga a questo principio la regola della lex mitior di cui all'art. 2 cpv. 2 CP, la quale prevede che il diritto penale materiale si applichi alle infrazioni commesse prima della data della sua entrata in vigore se l'autore è giudicato posteriormente e il nuovo diritto gli è più favorevole della legge in vigore al momento dell'infrazione.
2.3 La determinazione del diritto più favorevole si effettua paragonando il vecchio e il nuovo diritto, valutandoli però non in astratto ma nella loro applicazione nel caso di specie (DTF 119 IV 145 consid. 2c; sentenza del Tribunale federale 6S.449/2005 del 24 gennaio 2006 consid. 2; Riklin, Revision des Allgemeinen Teils des Strafgesetzbuches – Fragen des Übergangsrechts, AJP/PJA 2006, pag. 1473). Qualora la condotta fosse punibile sia in virtù delle previgenti legislazioni che di quella in vigore, bisognerebbe comparare le differenti sanzioni contemplate nella vecchia e nella nuova legge, la pena massima comminabile essendo tuttavia di rilevanza decisiva (DTF 135 IV 113 consid. 2.2). Il nuovo diritto trova applicazione se obiettivamente esso comporta un miglioramento della posizione del condannato (principio dell'obiettività), a prescindere quindi dalle percezioni soggettive di quest'ultimo (DTF 114 IV 1 consid. 2a; sentenza del Tribunale federale 6B_202/2007 del 13 maggio 2008 consid. 3.2). In ossequio al principio dell'alternatività, il vecchio ed il nuovo diritto non possono venire combinati (sentenza del Tribunale federale 6B_312/2007 del 15 maggio 2008 consid. 4.3). In questo senso, non si può ad esempio applicare per il medesimo fatto, da un lato, il vecchio diritto per determinare l'infrazione commessa e, dall'altro, quello nuovo per decidere le modalità della pena inflitta. Se entrambi i diritti portano allo stesso risultato, si applica il vecchio diritto (DTF 134 IV 82 consid. 6.2; 126 IV 5 consid. 2c; sentenza del Tribunale federale 6B_442/2012 dell'11 marzo 2013 consid. 3.1). Unicamente le disposizioni di diritto materiale seguono il principio della lex mitior, le norme di procedura essendo rette dal principio tempus regis actum, che le rende applicabili sin dalla loro entrata in vigore (DTF 117 IV 369 consid. 4d).
2.4 Nell'atto d'accusa del 24 luglio 2020 viene rimproverato ad A. di avere commesso il reato di amministrazione infedele qualificata ripetuta (art. 158 n. 1 cpv. 3 CP) nel periodo da gennaio 2011 a dicembre 2014 (i fatti del 2014 concernono unicamente il capo d'accusa n. 1.1.1.1.17, riferito alla relazione n. “R21.” riconducibile ai clienti E.), il reato di truffa ripetuta (art. 146 cpv. 1 CP) nel periodo tra dicembre 2010 e dicembre 2012 e il reato di falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP) da dicembre 2006 fino a maggio 2013.
A B. viene imputato di avere commesso il reato di amministrazione infedele qualificata ripetuta (art. 158 n. 2 CP) nel periodo tra aprile 2012 e novembre 2012, il reato di truffa ripetuta (art. 146 cpv. 1 CP) da ottobre 2010 a febbraio 2013, nonché il reato di falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP) tra ottobre 2010 e febbraio 2013.
C. è infine accusato di avere commesso il reato di falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP), nel periodo tra novembre 2010 e marzo 2012.
2.5 Per quanto attiene al termine di prescrizione, l'attuale art. 97 cpv. 1 CP prevede che l'azione penale si prescrive in quindici anni se la pena massima è una pena detentiva superiore a tre anni; in dieci anni se per il reato è comminata una pena detentiva sino a tre anni; e in sette anni se la pena massima comminata è un'altra pena. Questa disposizione, tendente al prolungamento dei termini di prescrizione, è in vigore dal 1 gennaio 2014. Secondo il diritto previgente, in vigore fino al 31 dicembre 2013, l'azione penale si prescriveva in quindici anni, se per il reato era comminata una pena detentiva superiore a tre anni; in sette anni, se per il reato era comminata un'altra pena (art. 97 cpv. 1 lett. b, c vCP).
Essendo la normativa in vigore fino al 31 dicembre 2013 più favorevole agli imputati, la stessa trova applicazione nel caso di specie.
2.6 La questione del principio della lex mitior si pone anche con riguardo al diritto sanzionatorio. Il 1 gennaio 2018 è entrata in vigore la revisione del diritto sanzionatorio del Codice penale (RU 2016 1249; FF 2012 4181). Tale normativa si prefiggeva, da un lato, di ridurre la molteplicità delle sanzioni possibili – il lavoro di pubblica utilità ha cessato infatti di essere considerato una pena a sé stante divenendo una forma di esecuzione – e, dall'altro, di ripristinare in parte le pene detentive di breve durata (FF 2012 4193; v. infra consid. X. 1).
Nella presente fattispecie, occorrerà dunque determinare quale sia il diritto più favorevole all'imputato, analisi concreta che potrà avvenire unicamente nell'ambito della commisurazione della pena (v. infra consid. VI.).
3. Prescrizione
3.1 I reati di amministrazione infedele qualificata (art. 158 n. 1 cpv. 3 e n. 2 CP), di truffa (art. 146 cpv. 1 CP) e di falsità in documenti (art. 251 n. 1 CP), che vengono imputati ad A., B. e C. sono tutti dei crimini ai sensi dell'art. 10 cpv. 2 CP. Per tali atti il termine di prescrizione è di 15 anni (v. art. 97 cpv. 1 lett. b CP).
Il reato di amministrazione infedele commesso nella forma semplice ai sensi dell'art. 158 n. 1 cpv. 1 CP, trattandosi lo stesso di un delitto (art. 10 cpv. 3 CP), in applicazione dell'art. 97 cpv. 1 lett. c CP (in vigore fino al 31 dicembre 2013) a valere quale lex mitior (v. supra consid. I. 2.5), prescrive in sette anni.
3.2 Per quanto attiene al reato di amministrazione infedele qualificata (imputato solo ad A. e a B.) di cui ai capi d'accusa 1.1.1 e 1.2.1, i fatti sarebbero avvenuti tra gennaio 2011 e dicembre 2014. La prescrizione interverrebbe quindi al più presto a gennaio 2026 (e al più tardi a dicembre 2029); rimane riservato il termine di prescrizione nel caso di reato commesso nella forma semplice.
3.3 Con riferimento al reato di truffa (anch'esso imputato solo ad A. e a B.), di cui ai capi d'accusa 1.1.2 e 1.2.2 i fatti sarebbero avvenuti tra ottobre 2010 e febbraio 2013. La prescrizione interverrebbe quindi al più presto a ottobre 2025 (e al più tardi a febbraio 2028).
3.4 Per il reato di falsità in documenti, ascritto a tutti e tre gli imputati (capi d'accusa 1.1.3, 1.2.3 e 1.3.1), i fatti sono stati commessi, per quanto riguarda A. tra dicembre 2006 e maggio 2013; per B. tra ottobre 2010 e febbraio 2013; per C. tra dicembre 2006 e ottobre 2012.
3.4.1 Per i fatti imputati a B. non si pongono problemi di prescrizione, in quanto la stessa interverrebbe al più presto a ottobre 2025 e, al più tardi, a febbraio 2028.
3.4.2 Riguardo ad A. ed a C., si rileva che alcuni capi d'accusa concernono atti commessi oltre 15 anni or sono e sono pertanto prescritti. È il caso dei capi d'accusa da n. 1.1.3.6.1 a n. 1.1.3.6.4 (A.) e da n. 1.3.1.2.1 a n. 1.1.1.2.4 (C.), riferiti a parte dei falsi documentali concernenti la relazione intestata al Fondo 1, commessi tra dicembre 2006 e gennaio 2007.
In sede di dibattimento (act. SK 306.720.13 e seg.), la Presidente del Collegio giudicante ha sollevato d'ufficio una questione pregiudiziale ai sensi dell'art. 339 cpv. 2 lett. c CPP concernente le imputazioni di falsità in documenti riferite ai capi d'accusa n. 1.1.3.6.1 e n. 1.1.3.6.2 (A.), nonché n. 1.3.1.2.1 e n. 1.3.1.2.2 (C.), per fattispecie antecedenti al 13 gennaio 2007. Si tratta di complessi fattuali, quelli rimproverati nei suddetti capi d'accusa, risalenti a oltre 15 anni or sono, per i quali la prescrizione dell'azione penale era già intervenuta al momento dell'apertura del dibattimento. Per le imputazioni, sempre di falsità in documenti, di cui ai capi d'accusa n. 1.1.3.6.3 e n. 1.1.3.6.4 (A.), nonché n. 1.3.1.2.3 e n. 1.3.1.2.4 (C.) - risalenti al gennaio 2007 - la prescrizione di 15 anni sarebbe intervenuta tra l'apertura del dibattimento e la comunicazione del dispositivo avvenuta il 4 febbraio 2022.
Nelle loro prese di posizione, le parti hanno concordato con quanto rilevato dalla Corte in merito all'intervenuta prescrizione dell'azione penale per i capi d'accusa n. 1.1.3.6.1, 1.1.3.6.2, 1.3.1.2.1 e 1.3.1.2.2, rispettivamente all'imminente prescrizione dei capi d'accusa n. 1.1.3.6.3, 1.1.3.6.4, 1.3.1.2.3 e 1.3.1.2.4 (act. SK 306.720.14 e seg.).
Con decisione sulle questioni pregiudiziali, in data 13 gennaio 2022, la Corte ha quindi pronunciato l'abbandono dei capi d'accusa da n. 1.1.3.6.1 a n. 1.1.3.6.4 (A.), nonché da n. 1.3.1.2.1 a n. 1.3.1.2.4 (C.), per intervenuta prescrizione dell'azione penale (act. SK 306.720.16).
4. Questioni pregiudiziali
4.1 Con scritto 16 dicembre 2021 (act. SK 306.554.110-114) l'avv. Marty, patrocinatore di G., ha sollevato le seguenti questioni pregiudiziali, che ha ribadito in aula:
- la richiesta, ai sensi dell'art. 119 cpv. 2 lett. a CPP, di effettuare delle verifiche in merito alla collaborazione e le omissioni degli organi di Banca 2 e degli allora amministratori della Società 3 SA, i quali dovrebbero anch'essi essere perseguiti;
- l'acquisizione gli atti del “WW. case”, in quanto i medesimi mostrerebbero - avendo agito in quel caso secondo le medesime modalità - l'agire criminale sistematico del “clan T.”;
- la richiesta di allestimento di una perizia sulla veridicità delle firme della signora G. apposte sui “biens-trouvés”, che la signora G. contesta di avere sottoscritto.
4.2 Le richieste formulate dal rappresentante dell'accusatrice privata sono state trattate come richieste di assunzione di prove, rispettivamente di ulteriori indagini, non trattandosi di questioni pregiudiziali ai sensi dell'art. 339 cpv. 2 CPP (act. SK 306.720.15).
4.3 La Corte ha dichiarato irricevibile la richiesta di effettuare delle verifiche circa la collaborazione e le omissioni degli organi di Banca 2 AG in Liquidation e degli allora amministratori della Società 3 SA, indicando che l'eventuale perseguimento di altre persone rientra nella competenza del pubblico ministero e non di questa Corte (v. verbale principale dei dibattimenti, act. SK 306.720.17).
Parimenti il Collegio giudicante ha respinto la richiesta di acquisizione agli atti del “WW. case”, nonché l'allestimento della perizia, poiché non necessarie (v. verbale principale dei dibattimenti, act. SK 306.720.17).
5. Ne bis in idem
5.1 L'art. 11 CPP codifica il principio ne bis in idem, corollario della res judicata, e prevede che chi è stato condannato o assolto in Svizzera con decisione passata in giudicato non può essere nuovamente perseguito per lo stesso reato (cpv. 1). Sono fatte salve la riapertura dei procedimenti per cui è stato deciso l'abbandono oppure il non luogo a procedere, nonché la revisione (cpv. 2). Il principio ne bis in idem è anche garantito dall'articolo 4 par. 1 del Protocollo addizionale n. 7 alla CEDU del 22 novembre 1984 (di seguito: Protocollo n. 7; RS 0.101.07), come pure dall'articolo 14 par. 7 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, concluso a New York il 16 dicembre 1966 (Patto ONU II; RS 0.103.2). La regola del ne bis in idem si ritrova anche implicitamente nella Costituzione federale (v. DTF 137 I 363 consid. 2.1).
Il principio ne bis in idem ha anche una valenza transnazionale per i paesi membri dell'Accordo Schengen. Ai sensi dell'art. 54 della Convenzione di applicazione dell'Accordo Schengen (CAS), una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un'altra Parte contraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente, non possa più essere eseguita.
Il principio ne bis in idem costituisce un impedimento al procedimento penale che dev'essere considerato d'ufficio in ogni stadio della procedura (v. DTF 144 IV 362 consid. 1.3.2 e 1.4.4; sentenza del Tribunale federale 1B_280/2020 del 19 febbraio 2021 consid. 2.4). La res iudicata e il principio ne bis in idem presuppongono l'identità della persona interessata e dei fatti in questione (v. DTF 125 II 402 consid. 1b; 120 IV 10 consid. 2b; sentenze del Tribunale federale 6B_1053/2017 del 17 maggio 2018 consid. 4.1; 6B_1269/2016 del 21 agosto 2017 consid. 3.3; 6B_857/2013 del 7 marzo 2014 consid. 5.5; 2C_508/2014 del 20 febbraio 2015 consid. 6), così come la presenza di due procedimenti: un primo, in cui l'interessato è stato condannato o assolto con una decisione definitiva che è cresciuta in giudicato e che non può più essere impugnata tramite mezzi giuridici ordinari, e un secondo, successivo, in cui egli verrebbe nuovamente perseguito o punito (v. sentenza del Tribunale federale 6B_279/2018 del 27 luglio 2018 consid. 1.1 e rinvii). La giurisprudenza europea in materia di diritti dell'uomo ha indicato che si deve dare un'interpretazione estensiva della nozione di “stesso reato” e di “fatti identici” (idem). Il perseguimento e la repressione di un comportamento sono esclusi in presenza di una fattispecie identica o di una fattispecie sostanzialmente identica per la quale una decisione è già stata pronunciata (Corte EDU Sergeï Zolotukhine - 11 - contro Russia del 10 febbraio 2009; Hotellier, Commentaire romand, 2a ediz. 2019, n. 11a ad art. 11 CPP, con rinvii giurisprudenziali).
5.2 In sede di arringhe, i difensori di C. (act. SK 306.721.426 e segg.) e di A. (act. SK 306.721.301 e segg.) hanno sollevato la violazione del principio ne bis in idem (richiamando l'applicazione dell'art. 54 CAS), in merito alle ipotesi di reato di falsità in documenti riferite alla relazione bancaria “R24.” (capi d'accusa n. 1.1.3.5 [A.] e 1.3.1.1 [C.]) e alla fattispecie concernente il Fondo 1 (capi d'accusa n. 1.1.3.6 [A.] e 1.3.1.2 [C.]).
Secondo la difesa dei due imputati, questi ultimi, condannati in primo grado a Napoli e Roma per le malversazioni in danno dei titolari della relazione “R24.” e del Fondo 1, sarebbero già stati giudicati per il medesimo complesso di fatti, inteso come insieme di circostanze inscindibilmente collegate tra di loro.
Questo anche se A. e C. non sono stati formalmente condannati in Italia per il reato di falsità in documenti (infrazione che, secondo le difese dei due imputati, sarebbe assorbita dal reato patrimoniale). A detta dei difensori, senza la creazione e il contestuale utilizzo di documenti (accertati come) falsi, i due imputati non avrebbero infatti potuto compiere i reati per i quali sono stati condannati in Italia. Sempre stando alla difesa di C. e A., lo stesso MPC ha definito, nell'atto d'accusa, i falsi documentali come funzionali ai reati patrimoniali commessi in Italia (v. arringa della difesa di C., act. SK 306.721.426 e segg., il cui contenuto è stato confermato anche dalla difesa di A., v. act. SK 306.721.301 e segg.). A. e C., a mente dei loro difensori, non possono pertanto essere giudicati una seconda volta per i medesimi fatti, senza che vi sia una violazione del principio ne bis in idem.
Poco importa, a tal proposito, che le sentenze italiane non siano ancora diventate definitive. L'avvocato di C. ritiene infatti che lo diventeranno di modo che, per questioni di economia processuale, non avrebbe senso procedere ora con un giudizio. Egli ha quindi formulato una richiesta di sospensione ai sensi dell'art. 329 cpv. 2 CPP.
5.3 In replica, il MPC ha contestato la presenza della violazione del principio ne bis in idem invocata dai difensori degli imputati. La pubblica accusa ritiene che non vi sia violazione di tale principio già solo per il fatto che entrambe le sentenze di primo grado emanate in Italia non sono cresciute in giudicato, dal momento che contro le stesse sono stati interposti appelli. Non sono pertanto dati i presupposti dell'art. 54 CAS (v. replica del MPC, act. SK 306.721.131 e segg.).
L'accusa sostiene che non si sia, ad ogni modo, di fronte al medesimo complesso di fatti, perché i procedimenti italiani concernerebbero reati di natura patrimoniale. Secondo il MPC, laddove le autorità italiane hanno trattato fatti concernenti reati di falsità in documenti, lo avrebbero fatto in capi d'imputazione separati. A detta della pubblica accusa, i fatti oggetto di falsità in documenti sono stati trattati separatamente dai fatti oggetto dal reato patrimoniale, perché tra questi due reati (che proteggono beni giuridici differenti) vi è concorso ideale. Ciò avviene anche in Svizzera. Il MPC ha inoltre precisato che in Svizzera agli imputati, con l'atto d'accusa, viene rimproverato non solo la formazione ma anche l'uso di documenti falsi.
5.4 Le disposizioni concernenti la violazione del principio ne bis in idem, in particolare l'art. 54 CAS, trovano applicazione solo in presenza di sentenze definitive. Ciò emerge espressamente dalle disposizioni di legge.
Nel caso in esame, come correttamente ritenuto dall'accusa, i giudizi di primo grado emanati dal Tribunale di Roma il 20 giugno 2017 (act. MPC 18.2.1332 e segg.) e dal Tribunale di Napoli in data 18 dicembre 2019 (act. MPC 18.1.2921 e segg.) sono stati impugnati. Sono gli stessi imputati ad averlo dichiarato (v. verbale di confronto A.-C. del 20 luglio 2018, act. MPC 13.11.14 e verbale di A. del 22 gennaio 2020, act. MPC 13.2.2331 e 2356). La difesa di A., al dibattimento, ha pure prodotto gli allegati di appello presentati dal suo assistito contro le due sentenze italiane (act. SK 306.721.173 e segg.). Ne consegue che non vi è una sentenza definitiva e, di conseguenza, non si è di fronte a una violazione del principio ne bis in idem.
A C. non giova neppure invocare il principio dell'economia di giudizio, per sostenere una richiesta di sospensione ex art. 329 cpv. 2 CPP (v. supra consid. I. 5.2 in fine). Tale richiesta è stata formulata solo al termine dei dibattimenti con l'arringa difensiva. Inoltre, la richiesta di sospensione ai sensi dell'art. 329 cpv. 2 CPP non può essere accolta, ritenuto che agli atti non vi sono elementi che impediscano l'emanazione di una sentenza nei confronti sia di C., sia di A.
Abbondanzialmente, lo scrivente Collegio giudicante ritiene che non si sia, ad ogni modo, in presenza del medesimo complesso di fatti. I reati patrimoniali perseguiti in Italia e quelli per i quali si procede in Svizzera, ovvero di falsi documentali oggetto dei capi d'accusa 1.1.3.5, 1.3.1.1, 1.1.3.6 e 1.3.1.2 sono differenti e proteggono beni giuridici differenti. A tal proposito, la Corte concorda con quanto sostenuto dalla pubblica accusa al considerando I. 5.3 supra.
II. Società 2 SA (già Società 3), ora Società 2 SA in liquidazione, sintesi
1. Nell'atto d'accusa del 24 luglio 2020, agli imputati vengono rimproverate delle malversazioni commesse a danno di clienti della Società 2 SA, già Società 3 SA (ora Società 2 SA, in liquidazione), società riconducibile ad A. Per meglio comprendere la fattispecie, lo scrivente Collegio giudicante ha ritenuto opportuno effettuare un riassunto dei fatti riferiti alla predetta società, in particolare sulla base di quanto contenuto nel rapporto finanziario della Polizia giudiziaria federale (in seguito: PGF) del 9 maggio 2017 (act. MPC 10.2.920 e segg.).
2. La Società 3 SA, con sede a X. in [...], è stata costituita il 17 dicembre 2004. La stessa aveva quale scopo principale, tra gli altri, l'assistenza, la consulenza, l'amministrazione e la gestione di patrimoni e di investimenti, come pure lo svolgimento di ogni attività commerciale e finanziaria connessa con lo scopo sociale, compresa l'attività fiduciaria.
Al momento della costituzione della società, quali membri del Consiglio di amministrazione figuravano Q. (presidente), T1. e T2. (membri), NNNN. (membro) e AA. (membro). A. è entrato a far parte del consiglio di amministrazione, quale membro (con firma collettiva a due), nel marzo del 2005.
Nel corso del 2005, Banca 2 - storico gruppo di banchieri privati facente capo alla famiglia T. - ha aperto un ufficio in Ticino. Lo stesso è stato intestato alla Società 3 quale gestore patrimoniale esterno, la direzione è stata affidata ad A. (a far tempo dal 6 giugno 2008 A. risultava poi iscritto nel registro di commercio quale delegato, con firma collettiva a due). A tal proposito, Banca 2 e Società 3 hanno sottoscritto un contratto di gestione patrimoniale esterna con effetto dal 1 marzo 2005 (act. MPC 8.6.3037 e segg.). La supervisione per conto di Banca 2 era garantita da Q.
Il capitale azionario della Società 3 - composto da CHF 200'000.--, suddiviso in 400 azioni al portatore da CHF 500.-- cadauna, interamente liberate - era detenuto nella misura del 51 % dalla Società 33 AG, società riconducibile al Gruppo T. (204 azioni privilegiate), e per il 49% (196 azioni ordinarie) da A.
Nel dicembre 2010, con la sottoscrizione di un “share Purchase Agreement”, la partecipazione maggioritaria detenuta dalla Società 33 AG è stata ceduta ad A.; la Società 3 è così uscita dal Gruppo T. In data 16 dicembre 2010, A., divenuto indipendente, ha cambiato la ragione sociale della società in Società 2 SA e ha continuato l'attività di gestore patrimoniale esterno, appoggiandosi su Banca 2, quale banca depositaria degli attivi da lui gestiti. È stato, quindi, sottoscritto un nuovo contratto di gestione patrimoniale esterna tra Banca 2 e la Società 2 SA (act. MPC 8.6.3048-3056). In aula, A., con riferimento a tale contratto, ha dichiarato che egli incassava i “soldi” del mandato di gestione, che era a favore della Società 2 SA al 100% (dalla lettura del contratto, si desume che A. si riferisse alle commissioni di gestione. Infatti, in medesimo interrogatorio egli ha dichiarato che, oltre alle retrocessioni, dal capitale del cliente l'imputato percepiva la commissione di gestione, v. act. SK 306.731.23), nonché il 50% su tutti gli utili che generava come Società 2 SA (quali ordini di borsa, ecc.), v. verbale d'interrogatorio di A. del 13 gennaio 2022, act. SK 306.731.13.
Dal 30 novembre 2010, A. è stato amministratore unico (con firma individuale) della Società 2 SA, con una breve parentesi come presidente (sempre con firma individuale) dal 14 gennaio 2011 al 22 agosto 2013.
La società è stata sciolta in seguito a fallimento, pronunciato con decreto del 2 luglio 2014 della Pretura del distretto di X.
In altre parole, Società 2 SA (e prima la Società 3) fungeva da gestore patrimoniale esterno per Banca 2.
Sulle ragioni che hanno condotto il Gruppo T. a cedere ad A. la partecipazione nella Società 3, gli inquirenti, nel rapporto finanziario del 9 maggio 2017, fanno riferimento ad un memorandum del 2 dicembre 2010, sottoscritto da T1., a nome e per conto della Società 33 AG e indirizzato ad A. (act. MPC 10. 2. 928 e p. 8.5.6.7595). Dal contenuto del citato scritto emerge un conflitto tra la filosofia di investimento del Gruppo T. e la politica di investimento attuata da A. nella gestione patrimoniale della clientela di X.
L'accordo di cooperazione tra Banca 2 (banca depositaria dei conti dei clienti di A.) e Società 2 SA è stato definitivamente sciolto con effetto al 31 luglio 2013, a seguito della disdetta data dall'istituto bancario il 18 aprile 2013 (act. MPC 8.5.17182 con allegati). La banca aveva già inviato una lettera a Società 2 SA in data 23 febbraio 2012 (act. MPC 8.5.17174-17178), indicando di avere riscontrato un aumento significativo nel volume delle transazioni in prodotti strutturati e chiedendo, quindi, ad A. delle delucidazioni al riguardo, rispettivamente invitandolo ad adottare dei provvedimenti. Non avendo, l'imputato (a detta della Banca), dato seguito a quanto richiesto e, anzi, incrementando ulteriormente gli investimenti in prodotti strutturati, la banca ha posto fine all'accordo.
Ulteriori approfondimenti in merito alle divergenze sorte tra il Gruppo T. e A., nonché alle circostanze che hanno condotto l'istituto bancario a rescindere dall'accordo con Società 2 SA, verranno riprese, se necessario, nell'analisi dei reati ascritti agli imputati, in particolare ad A.
3. B., a far tempo dal 3 gennaio 2009, ha iniziato la propria attività presso l'allora Società 3. Egli è stato assunto con un contratto di lavoro al 60%, sottoscritto nel novembre 2008. La sua funzione era quella di apportare nuova clientela alla società (v. Rapporto di situazione della PGF del 30 marzo 2016, act. MPC 10.2.725 e seg.). Dal 2 luglio 2009 e fino al 26 febbraio 2013, B. ha avuto diritto di firma collettiva a due. Con lettera 25 febbraio 2013 egli è stato licenziato dalla Società 2 SA (act. MPC 13.5.20 e segg.).
4. Nell'ambito della propria attività in seno a Società 2 SA (e prima, fino a fine 2010, di Società 3), A. (e in alcuni casi anche B.) ha sottoscritto (a nome e per conto della società) con la maggior parte dei propri clienti (in particolare con i clienti coinvolti nell'atto d'accusa) dei contratti di gestione patrimoniale.
In particolare, per ogni cliente di A. - e per quelli portati da B. nella società - che apriva un conto presso Banca 2, risultano essere stati sottoscritti due tipi di mandato di gestione patrimoniale, e meglio:
un “mandato di gestione con delega a professionisti esterni” di Banca 2 (si cita ad esempio act. MPC 7. 2.50. 3.9-10, riferito al cliente BB., titolare della relazione “R1.”) e
un mandato di gestione patrimoniale tra il cliente (mandante) e la Società 3, rispettivamente Società 2 SA (mandatario) (v. ad esempio act. MPC 08.05.16660-16664 sempre per il titolare della relazione “R1.”).
Inoltre veniva allestito e sottoscritto un “Profilo d'investimento” (v. ad esempio act. MPC 08.05.16665-16666 riferito al titolare della relazione “R1.”).
4.1. Dagli atti risultano essere stati sottoscritti il “mandato di gestione con delega a professionisti esterni” e il mandato di gestione patrimoniale tra il cliente (mandante) e la Società 3 (mandatario), per i clienti di A., titolari delle seguenti relazioni bancarie aperte presso Banca 2:
- n. “R1.”, titolare e avente diritto economico (di seguito: ADE) BB. (act. MPC 8.5.16642-16664);
- n. “R2.” intestata a Società 6 srl, XX., ADE G., (act. MPC 8.5.16114-161329);
- n. “R3.” (act. MPC 8.5.16472-16488), titolari e ADE CC., 13.04.1964 e DD.;
- n. “R4.”, titolare e ADE EE., (act. MPC 7.2.37.3.11-19 e 7.2.61.3.29-33);
- n. “R5.”, titolare e ADE FF., (act. MPC 8.5.2280-2293);
- n. “R6.”, titolare e ADE GG., (act. MPC 8.5.16706-16720);
- n. “R7.”, titolare e ADE HH., (act. MPC 8.5.16678-16694);
- n. “R8.”, titolari e ADE II., e JJ., (act. MPC 8.5.16366-16382);
- n. “R9.”, titolari e ADE KK., e LL. (act. MPC 8.5.16919-16935);
- n. “R10.”, titolare e ADE MM., (act. MPC 8.5.16945-16962);
- n. “R11.”, titolare e ADE NN., (act. MPC 8.5.16753-16772);
- n. “R12.”, titolare e ADE OO., (act. MPC 7.2.40.3.8-13 e 7.2.61.3.8-14);
- n. “R13.”, titolare e ADE PP., (act. MPC 7.2.35.3.14-26 e 7.2.61.3.36-42);
- n. “R14.”, titolare e ADE QQ., (act. MPC 7.2.36.3.10-15 e 7.2.61.3.15-19);
- n. R15. intestato a Società 7 Inc, Panama, ADE RR., (act. MPC 7.2.34.3.8-17 e 7.2.61.3.1-7);
- n. “R16.”, titolari e ADE SS., e AAA., (act. MPC 8.5.17003-17036);
- n. “R17.”, titolare e ADE K., (act. MPC 8.5.12877-12904);
- n. “R17a.”, titolare e ADE K., (act. MPC 8.5.13172-13188);
- n. “R18.”, titolare e ADE H., (act. MPC 8.5.16523-539);
- n. “R19.”, titolare e ADE BBB., (act. MPC 8.5.16498-16514);
- n. “R20.”, titolare e ADE CCC., (act. MPC 8.5.16552-16568);
- n. “R21.”, titolari e ADE E3., E2., e E1., (act. MPC 8.5.17142-17158);
- n. “R22.”, titolare e ADE DDD., (act. MPC 7.2.21.03.26-28 e 7.2.61.03.22-28);
- n. “R23.”, titolare e ADE EEE., (act. MPC 8.5.16889-16903);
- n. “R24.”, titolare e ADE F., (act. MPC 8.5.512-522);
- n. “R25.”, titolare e ADE FFF., (act. MPC 8.5.16782-16798);
- n. “R26.”, titolare e ADE †GGG., (act. MPC 7.2.33.3.9-13 e 7.2.61.03.43-49);
- n. “R27.”, titolari e ADE HHH., e III., (act. MPC 8.5.16586-16601, mandati di gestione patrimoniale non firmati da Società 3);
- n. “R28.”, titolare e ADE JJJ., (act. MPC 8.5.14433-14439 e 8.5.16421-16439);
- n. “R29.”, titolare e ADE KKK., (act. MPC 7.2.28.3.7-13 e 8.5.5781-5787);
- n. “R30.”, titolare e ADE LLL., (act. MPC 8.5.2893-2909);
- n. “R31.”, titolare e ADE D., (act. MPC 8.5.2491-2503);
- n. “R32.”, titolare e ADE MMM., (act. MPC 8.5.16394-16411).
I mandati di gestione patrimoniale sottoscritti sotto la ragione sociale Società 3 sono rimasti in vigore anche dopo il cambiamento della ragione sociale in Società 2 SA.
4.2. Risultano invece essere stati sottoscritti, dopo il 1 gennaio 2011, il “mandato di gestione con delega a professionisti esterni” e il mandato di gestione patrimoniale tra il cliente (mandante) e la Società 2 SA (dopo il cambio di ragione sociale), per i titolari delle seguenti relazioni bancarie aperte presso Banca 2:
- n. R33. intestata a Società 1 srl, YY., ADE NNN., (act. MPC 8.5.16819-16841);
- n. “R34.”, titolare e ADE OOO., (act. MPC 8.5.16982-17001);
- n. “R35.”, titolare e ADE NNN., (act. MPC 8.5.16861-16879);
- n. R36. intestata a Società 8 ltd, ZZ., ADE PPP., (act. MPC 8.5.17073-17092);
- n. “R37.”, titolare e ADE QQQ., (act. MPC 8.5.17104-17123);
4.3. Per i titolari delle seguenti relazioni bancarie aperte presso Banca 2, risulta essere stato sottoscritto unicamente il “mandato di gestione con delega a professionisti esterni”:
- n. “R38.”, titolare e ADE RRR., (act. MPC 7.2.30.3.9-15), mandato sottoscritto dal cliente con Società 3;
- n. “R39.”, titolare e ADE OOOOO., (act. MPC 7.2.39.3.8-11 e 26-27), mandato sottoscritto dal cliente con Società 3;
- n. “R40.”, titolare e ADE SSS., (act. MPC 8.5.16734-16741 e 7.2.52.3.15-16), mandato sottoscritto dal cliente con Società 3;
- n. R41. intestato a Società 9, UUU., ADE PPPPP., (act. MPC 7.2.38.3. 8 e segg. e 7.2.38.3.38-43), mandato sottoscritto dal cliente con Società 2 SA.
4.4. Infine, per i seguenti clienti, i due contratti di mandato sono agli atti, ma risultano essere stati solo in parte sottoscritti:
- n. “R42.”, titolari e ADE TTT., e AAAA., (act. MPC 8.5.16618-16619 e 17160-17165), il “mandato di gestione con delega a professionisti esterni” è unicamente firmato dal cliente, mentre il contratto di gestione patrimoniale tra il cliente e la Società 3 non è firmato da nessuna delle parti;
- n. “R43.”, titolare e ADE BBBB., (act. MPC 8.5.16448-16456 e 8.5.17166-17172), il “mandato di gestione con delega a professionisti esterni” è firmato da entrambe le parti, mentre il contratto di gestione patrimoniale tra il cliente e la Società 3 non porta nessuna firma né del mandante, né del mandatario.
Ulteriori circostanze legate ai mandati di gestione, verranno, se necessario, trattate in seguito.
5. I reati patrimoniali e di falsità in atti che vengono imputati ad A. dalla pubblica accusa (in parte commessi in correità con B. e C.), si inseriscono nella gestione patrimoniale da egli effettuata, dapprima in seno a Società 3 e, in seguito, presso Società 2 SA, per i clienti aventi conti aperti presso Banca 2, alla quale l'imputato si appoggiava.
6. I reati patrimoniali e di falsità in documenti, che vengono imputati a B. (in parte in correità con A.), concernono sia la sua attività di consulente con firma collettiva a due svolta in seno alla Società 2 SA (già Società 3), sia quanto da egli effettuato per la Società 5, VVV., BVI. Egli risultava essere, infatti, titolare con firma individuale di questa società, con sede a VVV. In sede di dibattimento, B. ha dichiarato di avere costituito la Società 5 all'inizio degli anni 2000 (quindi prima della collaborazione con Società 3/Società 2 SA). La società si occupava di transazioni finanziarie, aiuto ai clienti qualora avessero dovuto trasferire denaro tramite società estere, ecc. B. ha altresì riferito che la Società 5 aveva una relazione aperta anche presso Banca 9 (v. verbale d'interrogatorio di B. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.8).
7. Con riferimento invece a C., si rileva come, egli non aveva nessun ruolo in seno a Società 2 SA (già Società 3) e Società 5. A., al dibattimento, ha dichiarato che C. era un promotore finanziario di UU., conosciuto tramite altri promotori e con il quale avrebbe collaborato. Stando alle dichiarazioni di A., C. gli avrebbe portato clientela importante, prima in Banca 10 e, in seguito, in Società 3/Società 2 SA (v. verbale d'interrogatorio di A. del 13 gennaio 2022, act. SK 306.731.14).
A C. viene rimproverato unicamente il reato di falsità in documenti ripetuta, commesso in correità con A., riferito a due clienti da egli portati in Società 2 SA (già Società 3). In tale contesto, si precisa come, nei confronti di A. e C., è pendente, in appello, pure un procedimento in Italia, per reati di natura patrimoniale.
III. Capo d'accusa 1.1.1 (amministrazione infedele)
1. Introduzione e diritto
1.1 Ad A. viene imputato, al capo n. 1.1.1 dell'atto d'accusa del 24 luglio 2020, il reato di amministrazione infedele qualificata ripetuta ai sensi dell'art. 158 n. 1 cpv. 3 CP.
B., al capo 1.2.1, è accusato anch'egli di amministrazione infedele qualificata ripetuta, ma ai sensi dell'art. 158 n. 2 CP.
Gli atti di amministrazioni infedele rimproverati agli imputati si riferiscono a diverse fattispecie, oggetto di altrettanti capi d'accusa (da n. 1.1.1.1 a n. 1.1.1.5 e n. 1.2.1.1) che sono stati analizzati da questa Corte.
1.2 Giusta l'art. 158 n. 1 CP, si rende colpevole di amministrazione infedele chi, obbligato per legge, mandato ufficiale o negozio giuridico ad amministrare il patrimonio altrui o a sorvegliarne la gestione, mancando al proprio dovere, lo danneggia o permette che ciò avvenga.
La pena è la detenzione sino a tre anni o una pena pecuniaria (art. 158 n. 1 cpv. 1 CP). Per il cpv. 3 del citato disposto, il giudice può pronunciare una pena detentiva da uno a cinque anni se il colpevole ha agito per procacciare a sé o ad altri un indebito profitto.
1.2.1 L'adempimento della fattispecie presuppone la realizzazione di tre condizioni oggettive ed una soggettiva: è necessario che l'autore abbia avuto una posizione di gerente (Forum Poenale 2/2011, pag. 69 segg. ed ivi ripresa sentenza del Bezirksgerich di Zurigo, 9. Abteilung, del 3 settembre 2010, con riferimenti dottrinali), che egli abbia violato un obbligo che gli incombeva nell'ambito di tale funzione, che ne sia risultato un pregiudizio, e che egli abbia agito intenzionalmente o con dolo eventuale (DTF 142 IV 346 consid. 3.2; 123 IV 17 ; 122 IV 279 e 120 IV 190; Corboz, Les infractions en droit Suisse, 3a ediz. 2010, n. 2 e segg. ad art. 158 CP; Niggli/Wiprächtiger, Basler Kommentar, 4a ediz. 2019, n. 9 segg. ad art. 158 CP; Trechsler, Praxiskommentar, 4a ediz. 2021, n. 2 segg. ad art. 158).
1.2.2 L'art. 158 CP punisce l'uso infedele di un potere di amministrazione o di sorveglianza: si parla di “Treubruch” da parte di chi ricopre una “Garantenstellung”, ovvero una funzione di garante.
Perseguita è la violazione intenzionale dei doveri di amministrare e di sorvegliare che derivano dalla legge, da un mandato ufficiale o da un negozio giuridico (Mini, La legge sull'esercizio delle professioni di fiduciario, 2002, pag. 225 e 226 con riferimenti).
L'autore deve, così, essere tenuto a gestire gli interessi pecuniari altrui o sorvegliarne la gestione. È, quindi, necessario che egli abbia un dovere di amministrazione o di tutela. Gestore ai sensi della norma è colui che dispone di sufficiente indipendenza nel senso di un potere di amministrazione autonomo sul patrimonio affidatogli (DTF 129 IV 124 consid. 3.1; 123 IV 17 consid. 3b; 120 IV 190 consid. 2b). È dunque indispensabile, affinché vi sia gestione ai sensi dell'art. 158 CP, che il gestore goda di un'autonomia sufficiente su tutto o su parte del patrimonio altrui, sui mezzi di produzione o sul personale di un'azienda (DTF 123 IV 17 consid. 3b; 120 IV 190 consid. 2b; sentenza del Tribunale federale 6B_931/2008 del 2 febbraio 2009 consid. 2.1).
La norma in questione precisa che il dovere di gestione o di salvaguardia di interessi pecuniari altrui può derivare dalla legge, da un mandato ufficiale, da un negozio giuridico o anche da una gestione d'affari senza mandato (FF 1991 II 1018; per esempi concreti cfr. Stratenwerth/Jenny/Bommer, Schweizerisches Strafrecht, BT I, 7a ediz. 2010, § 19 n. 10). Quest'ultima possibilità concerne in modo particolare i casi in cui il gerente prosegue la propria attività dopo la morte del mandante, senza essere al beneficio di un valido mandato post mortem (Bernasconi, Le mandat de gestion de fortune, 2017, pag. 529).
Il potere di amministrazione autonomo sui beni affidati può manifestarsi sia attraverso la stipulazione di atti giuridici, sia con l'obbligo di difendere, sul piano interno, precisi interessi patrimoniali, sia, infine, con il compimento di atti materiali (“Geschäftsführer im Sinne von Art. 159 aStGB ist, wer in tatsächlich oder formell selbständiger und verantwortlicher Stellung im Interesse eines andern für einen nicht unerheblichen Vermögenskomplex zu sorgen hat. Geschäftsführer ist nicht nur, wer Rechtsgeschäfte nach aussen abzuschliessen hat, sondern auch, wer entsprechend seiner Fürsorgepflicht im Innenverhältnis für fremde Vermögensinteressen sorgen soll”; cfr. DTF 123 IV 17 consid. 3b; sentenza del Tribunale federale 6S.711/2000 del 18 gennaio 2003 consid. 4.3.).
Un gestore patrimoniale è il classico caso di persona tenuta, in base ad obblighi contrattuali, a tutelare gli interessi pecuniari altrui (DTF 120 IV 190 consid. 2b).
Perché vi sia reato, il gestore deve avere trasgredito ad un dovere che gli incombe in tale sua qualità (DTF 120 IV 190). Per stabilire se vi è stata una tale trasgressione, occorre preliminarmente determinare in maniera concreta i contenuti dell'obbligo o, in altre parole, quale comportamento avrebbe dovuto adottare l'autore. Nell'effettuare questo esame bisogna, tra le altre cose, chiarire se egli era tenuto a conservare il patrimonio oppure se era chiamato a fare in modo che esso aumentasse. Atti conformi ai doveri di gestione, anche se comportano dei rischi, non ne rappresentano una violazione (Corboz, op. cit., n. 8 ad art. 158 CP). In effetti, le attività commerciali e di amministrazione di capitali sono sovente e per la loro stessa natura soggette al pericolo di una perdita finanziaria, per cui agire assumendo questo rischio può essere conforme al mandato o agli impegni assunti (sentenza del Tribunale federale 6B_446/2011 del 27 luglio 2012 consid. 5.4.3). In tal senso, dunque, può risultare addirittura contrario ai doveri tralasciare l'adozione di una disposizione rischiosa (Stratenwerth/Jenny/Bommer, op. cit., § 19, n. 13). In simili situazioni, non si può decretare una condanna ai sensi dell'art. 158 CP nemmeno nel caso in cui l'operazione si concluda con un esito negativo.
Gli obblighi di amministrare e sorvegliare richiedono l'adempimento di atti tendenti alla tutela degli interessi patrimoniali altrui (Mini, op. cit., pag. 227 con riferimenti).
Non ogni inadempimento contrattuale realizza la fattispecie dell'art. 158 CP: penalmente perseguibile è la violazione di un obbligo principale da parte dell'autore, mentre quella di semplici doveri accessori non realizza il reato (Postizzi, Contratto di Mandato e reato per omissione, in: CFPG, Basilea 2009, n. 43, pag. 192).
Esempi di trasgressione dei doveri di gestore sono, tra gli altri, l'utilizzo contrario alle regole di un patrimonio affidato, come l'impiego non dichiarato di manodopera subordinata all'autore per suoi scopi privati o a favore di un'altra ditta (DTF 81 IV 280), il mancato incasso di tasse dovute e pagabili da parte di un segretario comunale (DTF 81 IV 232), la trascuranza volontaria della promozione della vendita dei prodotti in un chiosco (DTF 86 IV 15), la conclusione di contratti per proprio conto o a favore di terzi concorrenti invece che per conto del proprietario della ditta per la quale l'autore lavora (DTF 115 IV 313 consid. 3; 80 IV 248), la deviazione da parte del gerente di una filiale di guadagni spettanti alla casa madre sui conti di una ditta da lui controllata (DTF 109 IV 112 consid. 2a), l'accettazione di tangenti in cambio di un comportamento che nuoce agli interessi patrimoniali del committente (DTF 129 IV 124 consid. 4.1.), l'effettuazione di una serie di investimenti speculativi contrari agli interessi ed alle istruzioni dei clienti (DTF 120 IV 190 consid. 2b).
1.2.3 Il reato è consumato solo se vi è un pregiudizio economico a danno di una terza persona (DTF 120 IV 190 consid. 2b). È il caso quando ci si trova di fronte ad una vera lesione del patrimonio, vale a dire ad una diminuzione dell'attivo, ad un aumento dei passivi, ad una mancata diminuzione del passivo o ad un mancato aumento dell'attivo, oppure ancora ad una messa in pericolo dell'attivo, tale da avere per effetto una diminuzione del suo valore dal punto di vista economico (sentenze del Tribunale federale 6B_223/2011 del 13 gennaio 2011 consid. 3.3.3 e 6B_931/2008 del 2 febbraio 2009 consid. 4.1). Un pregiudizio temporaneo è sufficiente (DTF 121 IV 104 consid. 2c).
1.2.4 L'aggravante del cpv. 3 dell'art. 158 cifra 1 CP prevede che sia punito con una pena detentiva da uno a cinque anni colui che ha agito per procacciare a sé o ad altri un indebito profitto.
La nozione di arricchimento è ampia e comprende qualsiasi tipo di vantaggio economico. Con esso va intesa ogni forma, anche temporanea o provvisoria, di miglioramento della situazione patrimoniale: aumento degli attivi, diminuzione dei passivi, mancata diminuzione degli attivi o mancato aumento dei passivi (Corboz, op. cit., n. 10 segg. ad art. 138).
L'arricchimento deve poi essere illecito, requisito che vien meno se l'autore ne ha diritto o pensa in buona fede di averne diritto. Se per contro quest'ultimo non è completamente convinto del suo diritto, ma agisce comunque, l'intenzione di procacciare indebito profitto è da riconoscere per dolo eventuale (Corboz, op. cit., n. 14 ad art. 138).
Il presupposto non è nemmeno realizzato se l'autore paga il controvalore al momento del suo atto (fintanto che il bene è ancora disponibile sul mercato), se ha l'intenzione di saldare il debito o nell'ipotesi in cui egli abbia la cosiddetta “Ersatzbereitschaft” (Corboz, op. cit., n. 14 ad art. 138).
1.2.5 Nel caso di specie, i contratti di gestione patrimoniale sottoscritti tra Società 3, rispettivamente Società 2 SA (nella persona di A. e a volte di B.) e i clienti della società, oggetto dell'atto d'accusa sono dei contratti di mandato ai sensi dell'art. 394 segg. CO. Con la conclusione di un negozio giuridico di questo genere, nasce a carico del mandatario un obbligo universale di diligenza, fedeltà ed informazione nei confronti del mandante (art. 398 e 400 CO). Un tale dovere sorge anche, più in generale, sulla scorta del principio della buona fede sancito dall'art. 2 CC.
In base all'onere di diligenza, il mandatario è chiamato a mettere in opera una scrupolosità ragionevole per raggiungere il risultato prefissato dalle parti ed a rimettere al mandante quanto ottenuto. Da questo dovere principale ne derivano poi di accessori, quali quello di informazione e di consiglio, quello di discrezione e quello di sicurezza (Werro, Commentaire romand, 3a ediz. 2021, n. 13 ad art. 398 CO).
Per determinare se il mandatario ha agito con ragionevole diligenza bisogna valutare se egli si è comportato come avrebbe fatto una persona ragionevole e diligente nelle stesse circostanze oggettive, fermo restando che, per coloro che agiscono a titolo professionale e oneroso, si devono applicare criteri più restrittivi (DTF 115 II 62 consid. 3a).
Il dovere di informazione (Aufklärungspflicht) impone che il contraente metta al corrente la controparte di tutto quanto è per questa rilevante in relazione al contratto concluso. In modo particolare, egli deve compiutamente ragguagliare il mandante dei rischi (finanziari e non) e dei vantaggi che l'esecuzione del mandato comporta, arrivando in determinate circostanze sino all'obbligo di comunicare al mandante che egli ha violato il contratto (Werro, op. cit., n. 17 ad art. 398 CO).
Secondo la giurisprudenza, questo dovere di informazione impone al mandatario di farsi parte diligente e ragguagliare la controparte soprattutto nei casi in cui per lui risulti riconoscibile che quest'ultima non è consapevole dei rischi concretamente assunti o qualora tra le parti vi sia una relazione di fiducia tale per cui il cliente può, in buona fede, aspettarsi di venire in ogni caso avvisato del pericolo connesso alle operazioni (finanziarie o meno) anche senza averne fatto esplicita richiesta (sentenza del Tribunale federale 4C.361/2004 del 25 febbraio 2005 consid. 4.1.1).
Il dovere di consulenza e di avviso (Beratungs- und Warnpflichten) esige, dal conto suo, un intervento attivo del mandatario che deve, da un lato, indicare al mandante quale misura corrisponda al meglio ai suoi interessi e, dall'altro, metterlo in guardia dai rischi che l'adozione di determinate misure comporta, specialmente quando egli è uno specialista e l'altro no (DTF 124 III 155 consid. 3a).
L'obbligo di fedeltà, poi, impone al mandatario che gestisce capitali per conto di terze persone di evitare conflitti tra i suoi interessi e quelli del mandante, come può ad esempio avvenire quando egli trae profitto personale dalle operazioni effettuate (Werro, op. cit., n. 29 ad art. 398). Qualsiasi tipo di conflitto d'interesse suscettibile di portare pregiudizio al mandante deve essergli segnalato e può, in assenza di autorizzazione, dare origine all'obbligo di rescindere il contratto. Un conflitto d'interessi in questo senso si verifica ad esempio di fronte a retrocessioni a favore del mandatario dipendenti dal numero di transazioni, poiché esse possono rappresentare un incentivo per l'amministratore patrimoniale ad incrementare in maniera artificiale il numero delle operazioni finanziarie al fine di ottenere un guadagno maggiorato (cosiddetto churning; cfr. DTF 132 III 460 consid. 4.2; sentenza del Tribunale federale 4A_266/2010 del 29 agosto 2011 consid. 2.3; Roth, Retrozessionen- und Interessenkonflikte – Wenn der Berater in Tat und Wahrheit ein Verkäufer ist, ZBJV 146/2010, pag. 522 seg.).
Proprio con riferimento al churning (o barattage oppure Spesenschinderei), la giurisprudenza e la dottrina hanno già avuto modo di chiarire che si tratta di un comportamento sussumibile al reato di amministrazione infedele (SJ 1999 I, pag. 124).
Giusta l'art. 400 cpv. 1 CO, infine, il mandatario è obbligato, ad ogni richiesta del mandante, a rendere conto del suo operato (cosiddetto obbligo di rendiconto). Da questa norma la dottrina ha parimenti desunto un dovere di rendiconto spontaneo che insorge al termine del contratto (Werro, op. cit., n. 6 ad art. 400 CO).
Con il rendiconto il cliente deve essere messo al corrente di tutti quei dati che gli consentono di giudicare o far giudicare la qualità della gestione, del rispetto da parte del gestore dei suoi obblighi di diligenza e fedeltà e, eventualmente, determinarsi in merito al suo diritto di restituzione di tutto ciò che ha dato ai sensi dell'art. 400 cpv. 1 CO (Bretton-Chevallier, Le gérant de fortune indépendant, Ginevra 2002, pag. 106 seg.).
Nel settore specifico degli amministratori patrimoniali, la dottrina e la giurisprudenza hanno chiarito che al momento della sottoscrizione del contratto, il cliente deve essere informato compiutamente su tutti quegli aspetti che, viste le sue conoscenze specifiche del settore, gli consentono di rendersi conto della portata e delle conseguenze degli impegni assunti.
Qualora egli non sia dotato degli strumenti sufficienti per potersi rendere conto di quanto sta facendo, il gestore di patrimonio è parimenti chiamato ad istruirlo in merito con termini a lui comprensibili (DTF 124 III 155 consid. 3a).
Di principio i ragguagli devono essere completi, precisi, esatti e appropriati.
Fondamentalmente sono stati identificati tre elementi cardine dell'informazione, che rivestono un ruolo determinante specialmente nei confronti della nuova clientela.
Il primo di essi concerne i dati sulla società, rispettivamente l'impresa, del gestore patrimoniale, il secondo copre le informazioni sui rischi legati alla prospettata prestazione di servizio patrimoniale ed il terzo riguarda la trasparenza sulla remunerazione del gestore per le sue prestazioni.
In merito a quest'ultima, il codice deontologico svizzero per l'esercizio della gestione indipendente di patrimoni, allestito dall'Associazione svizzera dei gestori di patrimoni (ASG, www.vsv-asg.ch) entrato in vigore il 1. ottobre 2009, alla norma d'applicazione n. 25 dell'art. 6, precisa che qualora non sia possibile quantificare in anticipo l'ammontare delle retribuzioni e delle commissioni (cosa che avviene frequentemente), il gestore deve informare il suo cliente sulla provenienza di tali prestazioni finanziarie come pure sulle modalità di calcolo essenziali:
“Il gestore di patrimoni informa i suoi clienti riguardo al suo onorario. Egli informa inoltre i clienti di tutte le prestazioni finanziarie percepite da terzi in relazione ai servizi considerati, indipendentemente dalla loro base legale, e rende attento sui conflitti di interesse legati a tali prestazioni.
Se le prestazioni non possono essere quantificabili in anticipo con un importo, poiché dipendono dai risultati, azioni o elementi futuri, il gestore di patrimoni informa il cliente sui parametri di calcolo e la fascia di queste prestazioni in modo facilmente comprensibile.
Il gestore di patrimoni informa il cliente qualora mediante tali prestazioni finanziarie, rispettivamente mediante un onorario complessivo vengano remunerati servizi di marketing e altri servizi.
A domanda del cliente il gestore di patrimoni lo informa circa l'ammontare delle prestazioni di terzi già ricevute”.
Queste disposizioni di categoria (“Verbandsbestimmungen”) non hanno portata normativa, ma sono utili ai tribunali per l'esame in concreto della misura della diligenza richiesta al mandatario (Niggli/Wiprächtiger, op. cit., n. 58 ad art. 158 CP; Cavadini, Condizioni quadro giuridiche per gestori patrimoniali, in Compliance Management, pubblicazioni del Centro studi bancari di Vezia, 2010, pag. 490 seg. e pag. 523).
Secondo la giurisprudenza, un dovere di informazione è pure dato quando le parti contrattuali sono in un rapporto di confidenza tale che il cliente può legittimamente attendersi, in buona fede, di essere informato senza farne richiesta ogni qual volta subentrano dei pericoli legati ad un investimento da lui previsto (DTF 131 III 377 consid. 4.1.1). In una sentenza del 2 aprile 2007 il Tribunale federale ha ad esempio riconosciuto l'esistenza degli estremi per far insorgere un dovere di informazione, consiglio e avviso nel fatto che il rapporto di confidenza risultava da incontri regolari tra clienti completamente inesperti in materia finanziaria e un collaboratore di una banca con il quale discutevano della composizione del loro portafoglio (sentanza del Tribunale federale 4C.385/2006).
Durante l'esecuzione del contratto, il gestore di patrimoni deve ripetere l'informazione al cliente se si accorge che questi non l'ha compresa, non era in grado di comprenderla al momento in cui essa è stata data oppure se sono subentrati nuovi elementi. Per il resto, egli deve metterlo al corrente di quei fatti che possono indurlo ad interrompere la relazione contrattuale, ad esempio l'esistenza di conflitti d'interesse, quali potrebbero sussistere a fronte della pratica del churning, con la quale, come visto, la remunerazione del consulente è in funzione del numero di transazioni effettuate, per cui egli può essere tentato di fare operazioni ad alto rendimento ma rischiose, partecipandone ai benefici ma non rischiando nulla in caso di perdite. Il dovere di informazione può estendersi all'obbligo di chiarire la portata esatta degli estratti conto, considerato che in talune situazioni essi sono strutturati in maniera tale che il cliente non può neppure percepire l'esistenza di una perdita e ancor meno comprenderne le cause (Bretton-Chevallier, op. cit., pag. 98).
Il gestore patrimoniale non ha tuttavia l'obbligo (poiché nemmeno fattibile) di informare spontaneamente il cliente sui rischi di ogni transazione effettuata. In effetti, una volta definita la politica di gestione del capitale e la tipologia degli strumenti autorizzati, egli decide autonomamente quale sia l'operazione finanziaria particolare da intraprendere (Bretton-Chevallier, op. cit., pag. 98).
Con la DTF 132 III 460 il Tribunale federale ha iniziato a mettere alcuni paletti, stabilendo che le retrocessioni possono essere incassate dal gestore patrimoniale solo a precise condizioni, e meglio, solo a seguito di un esplicito consenso in tal senso del cliente, da lui concesso dopo essere stato obbligatoriamente messo al corrente sia del fatto che esse vengono corrisposte, sia del loro ammontare.
Secondo la recente giurisprudenza dell'Alta Corte, i vantaggi del mandante che devono essere attribuiti al cliente in base all'art. 400 cpv. 1 CO e al dovere di lealtà sancito dall'art. 398 cpv. 2 CO, comprendono anche le cosiddette retrocessioni (DTF 143 III 348 consid. 5.1.1 e segg.; 138 III 755 consid, 4.2 e 137 III 393 consid. 2.1; sentenza del Tribunale federale 6B_910/2019 consid. 4.2). Il gestore patrimoniale deve, pertanto, informare i suoi clienti delle retrocessioni che riceve dalla banca depositaria. In caso contrario, è passibile di un'azione penale per amministrazione infedele (DTF 144 IV 294 consid. 3; sentenze del Tribunale federale 6B_910/2019 consid. 4.2 e 6B_54/2019 del 3 maggio 2019 consid. 4.3). Il cliente può rinunciare alle retrocessioni (DTF 137 III 393 consid. 2.2). Affinché una rinuncia anticipata alle retrocessioni sia valida, il cliente deve essere a conoscenza dei parametri necessari per calcolare l'importo totale delle retrocessioni e deve poterli confrontare con la commissione di gestione concordata con il gestore. Per poter procedere in questo senso, il cliente deve almeno essere informato sulle cifre chiave indicate negli accordi sulle retrocessioni, esistenti tra il gestore patrimoniale e i terzi, nonché sull'entità delle retrocessioni previste negli accordi. Quest'ultimo requisito è soddisfatto se, in caso di rinuncia anticipata del cliente alle retrocessioni, l'importo delle retrocessioni è indicato in percentuale del patrimonio gestito (sentenza del Tribunale federale 6B_910/2019 del 15 giugno 2019 consid. 4.2).
1.2.6 A norma dell'art. 158 n. 2 CP chiunque, per procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, abusa della qualità di rappresentante conferitagli dalla legge, da un mandato ufficiale o da un negozio giuridico e cagiona in tal modo un danno al patrimonio del rappresentato, è punito con una pena detentiva sino a cinque anni o con una pena pecuniaria.
L'art. 158 n. 2 CP, punisce il fatto di abusare di un potere di rappresentanza nell'ottica di un arricchimento in danno della persona rappresentata. La norma presuppone unicamente l'esistenza della qualità di rappresentante, non è necessario che l'autore agisca con l'indipendenza e l'autonomia del gerente ai sensi dell'art. 158 n. 1 CP (Dupuis e al., Petit commentaire, 2a ediz. 2017, n. 35 ad art. 158 CP). Un potere di rappresentanza relativo alla conclusione di un unico atto giuridico è sufficiente (Niggli/Wiprächtiger, op. cit., n. 123 ad art. 158 CP). Il comportamento delittuoso consiste nell'utilizzare la qualità di rappresentante in violazione dei doveri a cui è tenuto (sul piano interno) il rappresentante nei confronti della persona rappresentata, e che stabiliscono i limiti e gli scopi del potere conferito. Secondo dottrina e giurisprudenza costituisce un abuso del potere di rappresentanza, l'utilizzo di una procura su un conto bancario per raggirare a profitto proprio o di terzi i valori patrimoniali ivi depositati. Più in generale, è punibile ai sensi dell'art. 158 n. 2 CP, la circostanza per il rappresentante di concludere un affare a nome e per conto della persona che egli rappresenta, senza rispettare gli interessi di quest'ultimo o le istruzioni ricevute da costui (Dupuis e al., op. cit., n. 39 ad art. 158 CP con riferimenti).
1.3 Per quanto concerne A., in concreto, è pacifico e incontestato che egli era un gestore patrimoniale ai sensi della giurisprudenza sopra citata. Per le fattispecie contemplate nell'atto d'accusa, ha agito in tale veste sotto la ragione sociale Società 2 SA (di cui era organo formale) in virtù dei mandati di gestione sottoscritti con i suoi clienti, dapprima sotto il cappello della Società 3, divenuta poi Società 2 SA (v. supra consid. II. 4). Egli aveva pertanto, in seno a Società 2 SA, una posizione di gerente (v. supra consid. III. 2.2). Di conseguenza, era tenuto a gestire o a salvaguardare gli interessi pecuniari dei propri clienti e gli incombevano tutti quei doveri derivanti dalle disposizioni relative al contratto di mandato (art. 394 e segg. CO) sopra menzionate.
Ciò detto, occorre esaminare se, per ogni singola fattispecie a lui imputata, siano adempiuti anche gli altri presupposti, oggettivi e soggettivi, del reato di amministrazione infedele qualificata. In particolare, è necessario, innanzitutto, stabilire se A. abbia o meno mancato ai propri doveri e se tale violazione è di rilevanza penale. In seguito, andranno vagliati l'esistenza di un danno, del nesso di causalità tra l'agire e il danno, nonché gli aspetti soggettivi dell'intenzione e del disegno di indebito arricchimento.
Ad A. viene, in buona sostanza, rimproverato di avere, in qualità di gestore patrimoniale esterno, sotto la ragione sociale Società 2 SA, a nome e per conto di suoi clienti (e a loro insaputa): effettuato degli investimenti in prodotti strutturati proposti da Banca 1 (Guernsey) ltd, che esulavano dal profilo di rischio scelto dai clienti, allo scopo di far incassare alla Società 2 SA delle retrocessioni, che la società ha effettivamente percepito (v. capo d'accusa n. 1.1.1.1); incassato indebitamente le retrocessioni derivanti dai prodotti strutturati proposti da Banca 1 (Guernsey) ltd, che spettavano invece ai clienti (capo d'accusa n. 1.1.1.2); incassato delle retrocessioni derivanti da investimenti in azioni denominate S18a., che spettavano invece ai clienti (capo d'accusa n. 1.1.1.3); investito in una percentuale elevata del patrimonio da lui gestito in un fondo d'investimento denominato Fondo 2 che esulava dal profilo di rischio prescelto dai clienti (capo d'accusa n. 1.1.1.4); fatto registrare nella contabilità di Società 2 SA, sue spese private non compatibili con la situazione finanziaria della società e con i suoi doveri di amministratore (v. capo d'accusa n. 1.1.1.5).
1.4 Con riferimento a B., allo stesso viene rimproverato di avere, quale direttore con firma individuale della Società 5, abusando della qualità di rappresentante nell'ambito di investimenti in azioni S18a., per clienti di Banca 9 e Banca 8, incassato le retrocessioni derivanti da tali investimenti, che spettavano invece ai clienti (capo d'accusa n. 1.2.1.1).
2. Investimenti in prodotti strutturati Banca 1 (capo d'accusa n. 1.1.1.1) e retrocessioni da investimenti in prodotti strutturati Banca 1 (capo d'accusa n. 1.1.1.2)
2.1 Tali imputazioni concernono unicamente A. e sono contemplate ai capi d'accusa da 1.1.1.1.1 a 1.1.1.1.26 (investimenti in prodotti strutturati Banca 1), nonché ai capi d'accusa da 1.1.1.2.1 a 1.1.1.2.44 (retrocessioni da investimenti in prodotti strutturati Banca 1).
2.2 Ad A., al capo d'accusa 1.1.1.1, viene imputato di avere, nel periodo tra gennaio 2011 e almeno fino a dicembre 2014, con l'intento di procacciare a sé e ad altri (alla sua Società 2 SA) un indebito profitto, e meglio per far percepire, ed in effetti fatto percepire, alla sua Società 2 SA, retrocessioni dalla società Banca 1 (Guernsey) Ltd all'insaputa dei suoi clienti, essendo indotto da tale retribuzione ad adottare un comportamento ripetutamente contrario agli interessi patrimoniali dei suoi clienti, attraverso operazioni d'acquisto e vendita dei prodotti strutturati Banca 1 che esulavano dal profilo d'investimento dei clienti della sua Società 2 SA, ripetutamente intenzionalmente mancato al proprio dovere, segnatamente di fedeltà e di informazione, in particolare eseguendo operazioni finanziarie di acquisto e di vendita di prodotti strutturati ad alto rischio denominati Barrier Discount Certificate (BDC), Barrier Reverse Convertible (BRC), Express Certificate (EC) e Multi Barrier Reverse Convertible (MBRC) emessi dalla Banca 1, che sapeva esulare dal profilo di rischio conservativo prescelto dai clienti, nonché intenzionalmente informando ripetutamente i clienti in modo errato circa il reale andamento della gestione e la vera consistenza patrimoniale del loro portafoglio, sottacendo altresì le perdite subite, impedendo loro in tal modo di determinarsi con cognizione di causa circa gli acquisti e le vendite dei prodotti strutturati Banca 1 ad alto rischio denominati Barrier Discount Certificate (BDC), Barrier Reverse Convertible (BRC), Express Certificate (EC) e Multi Barrier Reverse Convertible (MBRC) emessi dalla Banca 1, causando così ai clienti un danno pari alla differenza fra il prezzo di vendita inferiore per rapporto a quello d'acquisto superiore dei prodotti strutturati Banca 1 quantificabile globalmente in CHF 617'604.94, EUR 1'505'352.58 e USD 1'711'203.21.
2.3 Nell'ambito degli investimenti nei prodotti strutturati Banca 1, oltre al rimprovero di avere investito contra mandato e contro gli interessi del cliente, viene imputato, ad A. al capo 1.1.1.2, di avere, ripetutamente mancato al proprio dovere, segnatamente di fedeltà e di informazione, in particolare a seguito dell'esecuzione di operazioni finanziarie di acquisto dei titoli emessi dalla società Banca 1 (prodotti strutturati denominati Barrier Discount Certificate [BDC], Barrier Reverse Convertible [BRC], Express Certificate [EC] e Multi Barrier Reverse Convertible [MBRC]), fatto percepire alla sua Società 2 SA, retrocessioni dalla società Banca 1 all'insaputa dei suoi clienti, indotto da tale retribuzione ad adottare un comportamento ripetutamente contrario agli interessi patrimoniali dei suoi clienti, sottacendo ai clienti il fondamento e l'entità di queste retrocessioni, che dovevano essere loro restituite in forza dei contratti di gestione patrimoniale, in parte già sottoscritti con la Società 3 SA e ripresi a far tempo dal 1 gennaio 2011 dalla Società 2 SA, retrocessioni a cui i clienti non avevano in ogni caso validamente rinunciato, impedendo in tal modo ai clienti di determinarsi con cognizione di causa circa il prosieguo dell'acquisto di prodotti strutturati Banca 1 che esulavano dal loro profilo di rischio conservativo e che generavano ingenti retrocessioni, causando così un danno quantificabile globalmente in CHF 204'875.--, EUR 603'938.76 e USD 417'271.60, come risulta dalla tabella in cui sono elencati i capi d'accusa da 1.1.1.2.1 a 1.1.1.2.44.
2.4 La Corte ritiene che i capi d'accusa 1.1.1.1 e 1.1.1.2 debbano essere considerati unitamente, in quanto strettamente correlati tra di loro e azioni inerenti alla stessa fattispecie.
Dai fatti esposti nell'atto d'accusa risulta in effetti che A. avrebbe investito in prodotti strutturati Banca 1, contrariamente al profilo d'investimento dei clienti, allo scopo di incassare delle importanti retrocessioni che egli avrebbe sottaciuto ai clienti. Ne consegue che, nel contesto di un medesimo agire, all'imputato vengono rimproverati più atti che, secondo l'accusa, sono costitutivi della medesima ipotesi di reato di amministrazione infedele qualificata, e meglio: l'investimento contra mandato in prodotti strutturati Banca 1 (capo d'accusa 1.1.1.1) e la mancata informazione al cliente dell'incasso delle retrocessioni (capo d'accusa 1.1.1.2).
L'indebito profitto consiste, per entrambe le imputazioni, nell'incasso delle retrocessioni da parte di Società 2 SA, come indicato dal MPC nel suo scritto a questa corte del 2 settembre 2021 (cl. SK p. 306.510.50 e segg.).
2.4.1 Tutte le relazioni bancarie contemplate al capo d'accusa n. 1.1.1.1 figurano anche al capo n. 1.1.1.2, e meglio: n. “R1.”; n. “R2.” intestata alla Società 6 srl; “R3.”; n. “R4.”; n. “R6.”; n. “R7.”; n. “R8.”; n. “R9.”; n. “R11.”; n. “R33.” intestata alla Società 1 srl; n. “R34.”; n. “R15.” intestata alla Società 7 Inc; n. “R16.”; n. “R17.”; n. “R17a.”; n. “R20.”; n. “R21.”; n. “R24.”; n. “R35.”; n. “R36.” intestato alla Società 8 Ltd; n. “R25.”; n. “R27.”; n. “R28.”; n. “R30.”; n. “R37.” e n. “R31.”.
Per questi clienti, l'incasso delle retrocessioni, secondo l'ipotesi accusatoria, costituisce l'indebito profitto che A. avrebbe fatto conseguire alla sua Società 2 SA, per avere investito in prodotti strutturati Banca 1, contrariamente al profilo di investimento dei clienti, rispettivamente per aver sottaciuto loro l'incasso di tali retrocessioni.
2.4.2 Il capo d'accusa n. 1.1.1.2 contempla anche altre relazioni bancarie, per le quali il rimprovero è unicamente quello di avere indebitamente incassato le retrocessioni. Si tratta dei titolari delle seguenti relazioni bancarie: n. “R38.”; n. “R5.”; n. “R39.”; n. “R40.”; n. “R42.”; n. “R10.”; n. “R12.”; n. “R13.”; n. “R14.”; n. “R18.”; n. “R19.”; n. “R22.”; n. “R43.”; n. “R23.”; n. “R41.”; n. “R26.”; n. “R29.”; n. “R32.”.
2.4.3 Alla luce di tutto quanto precede, non è opportuno operare un distinguo tra le due imputazioni che, come detto, costituiscono atti di amministrazione infedele qualificata, inseriti nell'ambito di un unico agire per il quale A. è qui chiamato a rispondere. Egli non può essere giudicato due volte per il medesimo complesso di fatti, rispettivamente per il medesimo disegno di indebito profitto. Ne consegue che i capi d'accusa n. 1.1.1.1 e 1.1.1.2 verranno esaminati come oggetto di un'unica imputazione.
2.5 Investimenti in prodotti strutturati Banca 1 (capo d'accusa n. 1.1.1.1)
2.5.1 Ad A. viene rimproverato di avere mancato al proprio dovere di gestione e di salvaguardia degli interessi pecuniari altrui, per avere investito in prodotti strutturati di Banca 1, sapendo che gli stessi esulavano da quanto previsto nei contratti di mandato (gli investimenti in prodotti derivati erano infatti stati vietati), nonché di avere violato il dovere di informazione, ragguagliando i clienti in modo errato circa il reale andamento della gestione e la vera consistenza patrimoniale del loro portafoglio e sottacendo altresì le perdite subite.
2.5.2 A. contesta l'accusa di amministrazione infedele relativa agli investimenti in prodotti strutturati Banca 1. L'imputato ritiene infatti che tali prodotti strutturati non siano dei derivati (per i quali i clienti hanno espressamente vietato l'acquisto), in quanto, alla base degli stessi vi sarebbero delle azioni (v. verbale finale di A. del 19 dicembre 2019, act. MPC 13.2.1914).
Egli ritiene, inoltre, di avere acquistato questi titoli in quanto i suoi clienti gli chiedevano una performance e di avere discusso con loro circa l'opportunita di effettuare detti investimenti (v. verbale finale di A. del 19 dicembre 2019, act. MPC 13.2.1914).
In aula, l'imputato ha ribadito le sue precedenti dichiarazioni, precisando di avere apposto lui stesso la crocetta sui divieti di investimento in opzioni, Financial Futures e altri strumenti finanziari, ricevendo l'accordo dei clienti (v. act. SK 306.731 16 e seg.).
2.5.3 Dal rapporto finanziario del 9 maggio 2017 allestito dalla PGF (act. MPC 10.2.920-1101), risulta che A., nel corso del gli anni 2011-2013, sotto il cappello della Società 2, ha acquistato rispettivamente venduto per i clienti da lui gestiti complessivamente 49 differenti prodotti strutturati emessi da Banca 1, concentrando le proprie operazioni in tre specifici prodotti: i Barrier Discount Certificate (BDC), i Barrier Reverse Convertible (BRC) e gli Express Certificate (EC).
Si tratta di prodotti appartenenti alla categoria “ottimizzazione del rendimento” (v. Brochure d'informazione de l'Association Suisse Produits Structurés, ASPS, pag. 10; reperibile all'indirizzo web <www.sspa.ch>) e, nella peggiore delle ipotesi, è possibile perdere l'intero capitale che si ha investito.
I prodotti strutturati sono, per definizione, strumenti di investimento che combinano prodotti classici come azioni e investimenti a tasso fisso con strumenti finanziari derivati.
L'associazione svizzera dei prodotti strutturati (ASPS) li definisce come degli strumenti di investimento, proposti sul mercato da un emittente (in concreto da Banca 1) il cui valore dipende dall'evoluzione di uno o più sottostanti. I prodotti strutturati, sono pure chiamati derivati (v. Brochure d'informazione de l'Association Suisse Produits Structurés, ASPS; reperibile all'indirizzo web <www.sspa.ch>).
Già solo da quanto appena indicato è pacifico che i prodotti strutturati sono per definizione degli strumenti derivati. Si rileva inoltre che tra la documentazione di emissione riferita ai prodotti strutturati acquistati e venduti da A., sequestrata dall'autorità inquirente presso Banca 1a AG, vi sono i cosiddetti Termsheet allestiti da Banca 1 (act. MPC 7.83.1.3.1-288). Nei Termsheet, per ognuno dei prodotti strutturati in cui ha investito l'imputato per i clienti di Società 2 SA e Società 3, viene espressamente indicato che si tratta di uno strumento derivato (“This Product is a derivate instrument”, v. a titolo di esempio act. MPC 7.83.1.3.158-163, Express Certificate on Società 13, p. 7.83.1.3.120-123, Barrier Discount Certificate on Società 13 e p. 7.83.1.3.5-11, Barrier Reverse Convertible on Società 13).
2.5.4 Ne discende che, A., per i clienti di Società 2 SA e Società 3 di cui ai capi da n. 1.1.1.1.1 a n. 1.1.1.1.26, ha effettuato operazioni finanziarie di acquisto e vendita in prodotti strutturati (derivati) emessi da Banca 1 Ltd.
2.5.5 In merito agli investimenti in prodotti strutturati Banca 1, effettuati, contrariamente al profilo di investimento dei clienti (capo d'accusa n. 1.1.1.1), dalla documentazione agli atti risulta che, i titolari delle relazioni bancarie toccate dall'atto d'accusa hanno sottoscritto entrambi i mandati di gestione con la Società 3/Società 2 (v. supra consid. II. 4.1 e 4.2,). Inoltre, è stato compilato e sottoscritto un “Profilo d'investimento” nel quale veniva specificata la sopportazione e la propensione al rischio del cliente (da scarsa ad alta), nonché la sua comprensione dei meccanismi finanziari (da scarsa ad alta). Il cliente doveva, pure, indicare (apponendo una “crocetta” e la propria firma) se, al gestore (quindi ad A.) era consentito investire in opzioni, Financial Futures e in altri strumenti finanziari (v. a titolo di esempio il “Profilo d'investimento” riferito alla relazione denominata “R1.”, act. MPC 8.5.16665-16666).
Al tal proposito, si rileva che tutti i clienti - ad eccezione del titolare del conto n. “R17.” (ADE: K.) - hanno espressamente vietato al gestore l'acquisto di opzioni, Financial Futures e altri strumenti derivati (act. MPC 8.5.16665 e seg., 16125 e seg., 16487 e seg., 16721 e seg., 16693 e seg., 16381 e seg., 16934 e seg., 16771 e seg., 16840 e seg., 17000 e seg., 17035 e seg., 13178 e seg., 16567 e seg., 17157 e seg., 523 e seg., 16878 e seg., 17091 e seg., 16797 e seg., 16600 e seg., 16438 e seg., 2905 e seg., 17122 e seg., 2502 e seg., 7.2.61.3.6 e seg., 34 e seg.).
Con riferimento al cliente K., titolare delle relazioni denominate “R17.” e “R17a.”, si osserva che, per la prima relazione, sul profilo d'investimento non è stato indicato nulla circa l'acquisto di opzioni, Financial Futures e altri strumenti derivati, mentre per la seconda relazione (act. MPC 8.5.12900-12901) tale divieto è stato espressamente segnalato (act. MPC 8.5.13178-13179).
Sempre con riferimento ai “Profili d'investimento”, si precisa che la maggior parte dei clienti hanno indicato una discreta sopportazione e propensione al rischio, nonché una discreta comprensione dei meccanismi finanziari.
Il cliente titolare di “R6.” ha specificato una scarsa/discreta sopportazione e propensione al rischio (e una discreta comprensione dei meccanismi finanziari), mentre i clienti titolari di “R16.”, “R20.”, “R21.” e “R27.”, una scarsa propensione e sopportazione dei rischi (e una discreta comprensione dei meccanismi finanziari). Per il titolare della relazione “R25.”, è stata posta la crocetta sulla dicitura “scarsa” per tutte e tre le voci.
Solo pochi clienti hanno indicato una discreta/alta comprensione dei meccanismi finanziari (“R15.” e “R17.”), rispettivamente un'alta comprensione di meccanismi (“R24.” e “Società 1 srl”), con però una discreta sopportazione e propensione al rischio. Un cliente ha infine indicato una discreta/alta sopportazione e propensione ai rischi (“R31.”) con una discreta comprensione dei meccanismi.
2.5.6 I titolari delle relazioni bancarie indicate nell'atto d'accusa al capo 1.1.1.1, che si sono costituiti accusatori privati sono G. (titolare della relazione intestata alla Società 6 srl), D. (titolare della relazione “R31.”), K. (titolare della relazione “R17. e “R17a.”), F. e CCCC. (rispettivamente titolare e procuratore della relazione “R24.”), NNN. (titolare della Società 1 srl) ed E. (titolari della relazione “R21.”).
Di questi accusatori privati che, nell'atto d'accusa, risultano danneggiati dal comportamento rimproverato ad A., solo G., D., NNN. e K. (quest'ultimo ha ritirato la propria costituzione quale accusatore privato in data 27 gennaio 2020, act. MPC 15.11.167 e seg.) si sono espressi in merito agli investimenti in prodotti strutturati Banca 1.
G. (titolare di Società 6 srl), nella denuncia penale del 15 maggio 2014 nei confronti di A. e consociati, ha rimproverato allo stesso A. di avere commesso del churning (act. MPC 5.7.1-3). Nella denuncia 19 settembre 2014, presentata nei confronti di Banca 2 e consociati (act. MPC 15.15.3-7), la cliente ha indicato che, malgrado il mandato prevedesse una gestione di tipo discreto, erano stati acquistati titoli a rischio alto.
D. (titolare della relazione “R31.”), nella denuncia 24 aprile 2017, ha indicato di essere già stato cliente di A. quando quest'ultimo era alle dipendenze di Banca 10 e di averlo seguito presso l'allora Società 3. Egli ha precisato di avere richiesto all'imputato una gestione prudente, nonché investimenti essenzialmente in titoli azionari liquidi o fondi azionari, ma di avere preso atto solo dopo l'arresto di A. (avvenuto nel maggio 2013) della composizione del suo portafoglio e del fatto che dal 2009 lo stesso aveva messo in atto un cambiamento della strategia degli investimenti. D., in denuncia, ha menzionato gli investimenti in azioni S18a., nel Fondo 2, come pure le operazioni di acquisto di “strani” titoli, segnatamente i prodotti emessi da Banca 1, di cui non era stato informato (act. MPC p. 5.11.3-10).
K. (titolare delle relazioni “R17.” e “R17a.”), nella denuncia penale del 30 luglio 2013 (MPC p. 5.6.6-29) ha anch'egli indicato di essere già stato cliente di A. presso Banca 10 e di averlo seguito in Società 3, aprendo dapprima la relazione “R17.” ed in seguito pure la relazione “R17a.”. Anche K. ha riferito che desiderava una gestione prudente, senza rischi, tesa al mantenimento del patrimonio (come già era avvenuto quando A. gestiva le sue relazioni bancarie in Banca 10). Inoltre, il denunciante, non avrebbe mai ricevuto da A. l'opuscolo relativo ai rischi nell'acquisto di certi prodotti come da clausola contenuta nel mandato di gestione. K. ha rimproverato ad A. di avere investito in prodotti a rischio (segnatamente prodotti strutturati Banca 1, azioni S18a., Fondo 2), contrariamente alla volontà del cliente che sarebbe stata più volte ribadita all'imputato.
Circa la relazione “R17.”, per la quale nel “Profilo d'investimento” nulla è stato indicato quanto alla possibilità di investire nei derivati (act. MPC 8.5.12900-12901), si rileva che K., per l'altra relazione da lui aperta (“R17a.”), ha espressamente vietato l'acquisto di derivati (v. act. MPC 8.5.13178-13179).
Come visto, K. ha riferito che desiderava una gestione prudente, senza rischi, tesa alla conservazione del patrimonio. Alla luce di quanto precede, per la Corte vi sono sufficienti elementi per ritenere che, anche per quanto concerne la relazione “R17.”, il suo titolare non avesse consentito ad A. di investire nei derivati, ritenuto peraltro la discreta sopportazione e propensione del cliente ai rischi indicata sempre nel “Profilo d'investimento”.
Da segnalare che K. si è presentato spontaneamente al MPC il 28 agosto 2013 ed è stato pure interrogato, senza contraddittorio (act. MPC 12.24.1-9). Di conseguenza, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate a carico di A. (DTF 131 IV 476 consid. 2.2; 129 I 151 consid. 3.1; 125 I 127 consid. 6c/dd).
NNN., titolare della Società 1 Srl, nello scritto 21 luglio 2017, con cui la società si è costituita accusatrice privata, ha riferito che i contratti di mandato di gestione datati 18 gennaio 2011 erano privi di ogni informazione riguardante gli investimenti in prodotti strutturati Banca 1 (anzi gli strumenti derivati e strutturati erano stati vietati). NNN. ha pure indicato di non avere ricevuto alcuna informazione sulle retrocessioni e di non essere mai stato informato né da A. né da B. dell'acquisto di prodotti strutturati Banca 1 e delle retrocessioni derivanti dall'acquisto di tali prodotti (act. MPC 15.26.1).
2.5.7 Nessuno dei titolari delle altre relazioni bancarie toccate dagli investimenti nei prodotti strutturati Banca 1 ha espresso la propria posizione in punto agli investimenti effettuati da A. in prodotti strutturati Banca 1. La maggior parte, sebbene interpellati dal MPC, hanno rinunciato a costituirsi accusatore privato nel procedimento e se ne sono disinteressati (v. act. MPC 15.22.1 e segg.).
2.5.8 Con l'arringa difensiva, A., a sostegno della posizione secondo la quale i clienti erano stati da lui informati degli investimenti in prodotti strutturati Banca 1 e li hanno accettati, ha indicato che la maggior parte dei clienti non ha, di fatto, contraddetto le sue dichiarazioni. A mente della difesa, per gran parte dei danneggiati, la versione dei fatti è quella fornita da A., posto come la maggior parte di essi non è stata interrogata (e non ha neppure sporto denuncia contro l'imputato, pur essendo informati del procedimento), non potendo o volendo, così, dare la propria versione dei fatti. Non vi sono, inoltre, stati confronti tra A. e i danneggiati (v. arringa della difesa di A., act. SK 306.721.311 e seg.).
2.5.9 La Corte osserva che, dei 25 danneggiati dagli investimenti in prodotti strutturati Banca 1, indicati nell'atto d'accusa, pochi si sono manifestati e sono quelli menzionati ai consid. III. 2.5.6 supra. Gli stessi hanno comunicato la loro posizione in una denuncia penale (G., D. e K.) o nella lettera di costituzione quale accusatori privati (NNN.). Non vi sono stati dei confronti tra A. e i danneggiati e l'interrogatorio di K. si è svolto senza contraddittorio.
Ciò detto, si rileva che, nella propria valutazione delle prove, la Corte ha tenuto conto, oltre che di quanto esposto nelle denunce penali / negli scritti di costituzione quali accusatori privati (v. supra consid. III. 2.5.6 supra), anche di altri elementi, in particolare di documenti. Infatti, i contratti di gestione patrimoniale firmati dai clienti che indicano una discreta (e a volte scarsa) propensicone al rischio, come pure i profili d'investimento che vietano espresamente di investire in prodotti derivati, rafforzano quanto indicato dai danneggiati. Le dichiarazioni rese da A. (v. supra consid. III. 2.5.2), per contro, non trovano alcun riscontro negli atti. Visto quanto precede, il fatto che non vi siano stati confronti con i danneggiati, rispettivamente l'assenza di contraddittorio, non ha avuto un impatto sul convincimento cui è giunta la Corte.
Si precisa, ad ogni modo, che A., nei suoi verbali d'interrogatorio, ha potuto esprimersi sulle denunce/posizioni presentate dagli accusatori privati.
2.5.10 Alla luce di quanto sopra esposto, tenuto conto di quanto indicato dagli accusatori privati, nonché di quanto emerso dalla documentazione agli atti, in particolare dai pofili d'investimento che vietavano espressamente le operazioni in prodotti derivati, A., per i clienti di Società 2 SA e Società 3 di cui ai capi da n. 1.1.1.1.1 a n. 1.1.1.1.26, effettuando operazioni finanziarie di acquisto e vendita in prodotti strutturati emessi da Banca 1 Ltd, ha agito contrariamente al profilo d'investimento dei clienti, rispettivamente al loro volere, violando il proprio dovere di fedeltà; circostanza che potrebbe configurare il reato di amministrazione infedele.
2.5.11 L'accusa rimprovera ad A. anche di avere commesso il cosiddetto churning. Il churning consiste, per un gestore patrimoniale, nell'effettuare, all'interno del portafoglio dei propri clienti, molteplici operazioni inutili, contrarie agli interessi dei clienti stessi e senza motivo economico, al fine di generare compensi o commissioni. Con questo approccio, il portafoglio gestito viene riallocato con frequenze non appropriate, allo scopo di aumentare la componente variabile della remunerazione che dipende dal volume delle negoziazioni (commissioni), per cui una parte considerevole del capitale investito viene consumato solitamente in un breve lasso di tempo (empty traded) (DTF 142 IV 346 consid. 3.3; Kölbel, in: Handbuch Wirtschaftsstrafrecht, Achenbach et al. [curatori], 4a ed. 2015, n. 252; Lorenz, Churning, Il fenomeno del mercato dei capitali e del diritto borsistico che rosicchia le spese e la sanzione nel diritto penale e amministrativo, Heidelberg 2015, n. 5 e segg., pag. 115; Nestler, Churning, XXX. 2009, pagg. 30 e segg.; Schaller, Handbuch des Vermögensverwaltungsrechts, 2013, n. 301, pag. 834; Stoll, Le mandat de l'introducing broker: un contrat “pénalement répréhensible”?, in: Mélanges en l'honneur de François Dessemontet, 2009, pag. 361; Zieschang, in: Kapitalmarktstrafrecht, Handkommentar, 3a ed. 2013, 3/1 A. § 263 n. 97 e 3/2 A. § 266 n. 51). Il comportamento denominato churning viola il dovere del gestore di tutelare gli interessi del cliente. Una tale violazione dei doveri costituisce reato di amministrazione infedele ai sensi dell'art. 158 CP qualora venga commessa da persone incaricate dell'amministrazione o della gestione di beni altrui in base alla legge, a un mandato ufficiale o a un negozio giuridico, rispettivamente di vigilare su tale gestione patrimoniale, cagionando un danno patrimoniale (DTF 142 IV 346 consid. 3.3; 137 III 393 consid. 2.3; sentenze del Tribunale federale 1A.247/1999 del 24 gennaio 2000 consid. 3d; 4C.149/1998 del 28 luglio 1998 consid. 3b; 6B_967/2013 del 21 febbraio 2014 consid. 3.2.1). Nel caso in cui il gestore patrimoniale non abbia l'obbligo di discutere ogni singola operazione con il cliente, ma sia autorizzato ad effettuare investimenti in maniera indipendente nell'ambito di un contratto di gestione patrimoniale, il churning configura una tipica violazione dell'obbligo di gestione patrimoniale (Zieschang, op. cit., 3/2 A. § 266 n. 51 e n. 53).
Una caratteristica oggettiva del churning è la presenza di un'eccessiva attività di trading, rispettivamente il fatto di riallocare in maniera sproporzionata il conto d'investimento. Nella maggior parte dei casi vi è anche una riduzione del volume del patrimonio, non solo a causa di perdite di prezzo. Un numero particolarmente elevato di transazioni in un breve periodo di tempo (day trades) è indice di un'eccessiva attività di trading. L'eccesso di negoziazione deve essere misurato rispetto agli obiettivi di investimento del cliente, vale a dire la sua propensione ad operazioni rischiose. In ogni caso, il churning si verifica quando il comportamento di investimento del gestore patrimoniale o del broker non corrisponde più alla strategia di investimento e agli obiettivi dell'investitore o non è più coperto da questi (DTF 142 IV 343 consid. 3.3; Lorenz, op. cit., n. 71; Nestler, op. cit., pagg. 31 e segg.).
2.5.11.1 Nel rapporto finanziario della PGF del 9 maggio 2017 (act. MPC 10.2.1005 e segg.) è stata analizzata la contabilità di Società 2 SA per gli anni 2011 e 2012. Dalla stessa è emerso che nel 2011 la società ha ricavato CHF 449'477.84 quali retrocessioni versate da Banca 1 per gli investimenti nei prodotti strutturati (act. MPC 10.2.1005). Tale importo corrisponde al 48.03% dei ricavi totali di Società 2 SA. Per il 2012 le retrocessioni incassate ammontavano a CHF 735'908.12, pari al 63.56% dei ricavi totali della società (act. MPC 10.2.1007 e 1029).
Dal medesimo rapporto, è altresì emerso che, in data 21 febbraio 2012, l'ufficio Risk Management/Investment Compliance di Banca 2 aveva redatto un memorandum (“Issues for the attention of the Banca 2 SA Executive Committee”), nel quale veniva segnalata una problematica con il gestore patrimoniale esterno Società 2 SA et Società 3 (act. MPC 7.2.18.3.1273-1278). Era, infatti, stata riscontrata un'accresciuta attività di compravendita in prodotti strutturati e vi era il sospetto che A. stesse utilizzando la cosiddetta tecnica del churning, prassi che poteva presentare un conflitto di interessi. Nel citato memorandum è stato indicato che nel corso dei mesi di gennaio e febbraio 2012 la Società 2 SA aveva effettuato in totale 156 transazioni in prodotti strutturati Banca 1: 88 transazioni concernevano i 15 clienti più grandi della società (e corrispondevano al 70% del totale degli investimenti in strutturati Banca 1 effettuati nel 2011 per questi clienti). I revisori hanno pure rilevato che malgrado una brusca diminuzione degli attivi di gestione (diminuzione del 20% per i clienti più grandi), dal 2009 al 2012 il numero di transazioni in prodotti strutturati era notevolmente aumentato passando da 13 nel 2010 a 122 nel 2011 (pari ad un aumento dell'ammontare delle transazioni, per i clienti più grandi, del 900%).
Il rapporto menzionava, inoltre, un importante rischio di concentrazione, dato dalle importanti percentuali detenute nei portafogli dei clienti in prodotti strutturati Banca 1, oltre che in altri prodotti (nel Fondo 2 e nella Società 10). L'Investment Compliance aveva, quindi, formulato delle raccomandazioni per il gestore esterno, tra le quali vi erano: far firmare ai clienti, entro la fine del primo trimestre del 2012, un estratto dettagliato del portafoglio titoli, la conferma da parte del gestore di avere informato i clienti in merito alle modalità della sua remunerazione (in particolare per quanto attiene alle retrocessioni) e far firmare una dichiarazione in cui essi si dichiaravano d'accordo sia con il trading di prodotti strutturati sia sui costi e sui rischi a loro correlati (come il rischio di concentrazione).
2.5.11.2 Sulla base del citato memorandum, Banca 2, in data 23 febbraio 2012, ha inviato una lettera alla Società 2 SA (all'attenzione di A.), segnalando quanto emerso e chiedendo all'imputato alcuni chiarimenti in merito all'incremento degli investimenti in prodotti strutturati. All'imputato è stato altresì chiesto di voler confermare di avere informato i clienti sui cambiamenti avvenuti nella strategia d'investimento, in merito ai possibili conflitti d'interesse e sull'ammontare della propria remunerazione, nonché di trasmettere alla banca la relativa documentazione, segnatamente i contratti di gestione patrimoniale o la brochure standard delle tariffe da lui applicate (act. MPC 8.5.17174-17176).
Con risposta 23 aprile 2012 su carta intestata di Società 2 SA a Banca 2 (act. MPC 8.5.17179-17181), A. ha comunicato alla Banca che le operazioni da lui eseguite erano conformi ai mandati discrezionali ed ampi conferiti dai clienti, con i quali egli ha indicato avere discusso la politica di investimento. Prova ne sarebbe, la sottoscrizione, da parte dei clienti, dei benestare annuali relativi alle loro posizioni, nonché l'assenza di reclami specifici (sui benestare v. infra consid. III. 2.5.17 e segg.). Egli ha, inoltre, illustrato che l'aumento dei volumi relativi ai prodotti strutturati si spiegherebbe semplicemente nell'attuazione di regolari “switch” dello stesso prodotto già acquistati tempo prima e atti a migliorarne sensibilmente le condizioni di rimborso dei medesimi. A. non ha trasmesso alcun documento alla banca e nulla ha riferito circa l'informazione ai propri clienti sull'ammontare relativo alle retrocessioni incassate da Società 2 SA per queste operazioni. In data 18 aprile 2013 Banca 2 ha poi disdetto il rapporto con Società 2 SA, in quanto, a detta della Banca, nonostante lo scritto 23 febbraio 2012, la situazione concernente i volumi delle transazioni non era migliorata (act. MPC 8.5.17182-17183).
2.5.11.3 Dall'analisi contenuta nel rapporto di PGF del 9 maggio 2017, risulta che, nel corso del 2011, la Società 2 SA ha effettuato 342 transazioni in prodotti strutturati Banca 1 (234 acquisti e 108 vendite), mentre nel 2012 le transazioni sono state 409 (212 acquisti e 197 vendite). Operazioni ripartite su 44 clienti diversi (act. MPC 10.2.925 e seg., si tratta dei 44 clienti di cui alla tabella al capo n. 1.1.1.2 dell'atto d'accusa). Questi investimenti hanno generato le cospicue retrocessioni esposte ad inizio considerando, incassate da Società 2 SA (v. supra consid. III. 2.5.11.1). Le numerose operazioni di investimento risultano avere causato ai clienti di Società 2 SA, delle perdite, a volte anche sostanziali, come risulta dall'analisi di cui al rapporto finale del 23 marzo 2021 (act. SK 306.262.1.9 e segg., in particolare da 17 a 83).
2.5.11.4 Alla luce di quanto precede, la Corte ritiene che A. abbia effettivamente commesso del churning, utilizzando il patrimonio dei rispettivi clienti per investirlo continuamente in prodotti strutturati Banca 1 – operazioni espressamente vietate dai mandanti - al solo scopo di far percepire alla sua società le cospicue retrocessioni e facendo passare in secondo piano il fatto che, così facendo, la compravendita dei titoli generava spesso delle perdite. Si rileva al riguardo come i clienti avessero indicato una discreta propensione e sopportazione dei rischi. Non è, quindi, credibile quanto indicato da A. nello scritto 23 aprile 2012 a Banca 2 (v. supra consid. III. 2.5.11.2 secondo paragrafo), ovvero che le operazioni da egli eseguite erano conformi ai mandati discrezionali conferiti dai clienti con i quali l'imputato avrebbe discusso la politica d'investimento. Non v'è al riguardo alcun risconto negli atti, eccetto la versione dell'imputato (v. supra consid. III. 2.5.2). A. ha, pertanto, agito per proprio interesse e per quello della sua società, in dispregio degli interessi dei suoi clienti, come avrebbe invece esatto una corretta e diligente esecuzione del mandato di gestione.
2.5.12 Accertato che l'imputato ha effettuato investimenti che esulavano dai contratti di mandato (e dai relativi profili d'investimento, improntati per lo più su una gestione discreta e sul divieto di investire in derivati), commettendo altresì del churning, occorre ora stabilire se A. abbia pure violato il dovere d'informazione nei confronti dei clienti, i cui conti sono stati toccati da tali investimenti, rispettivamente se la sottoscrizione da parte dei clienti dei benestare relativi all'operto di A., nonché alla sua gestione dei conti equivalgano ad un'approvazione degli investimenti (ex post?), come sostenuto dall'imputato (v. supra consid, III. 2.5.2).
I rimproveri mossi ad A. con l'atto d'accusa non includono come posta di danno gli investimenti in prodotti strutturati Banca 1 il cui prezzo è stato indicato in maniera corretta nella situazione patrimoniale e per i quali i clienti hanno sottoscritto un benestare. Tali operazioni risultano anche stralciate dalle tabelle contenute nel rapporto finanziario del 25 marzo 2021 della PGF (act. SK 306.262.1.9 e segg., di seguito: rapporto finanziario).
La questione concernente i benestare sottoscritti dai clienti è stata oggetto di una specifica nota redatta in data 2 giugno 2017 dalla PGF (act. MPC 10.2.1103 e segg.) e di una nota successiva del 1 settembre 2021 (act. SK 306.510.52 e segg.), prodotta su richiesta della Corte.
All'imputato è stato indicato che, dai Termsheet di Banca 1 risulta che questi fossero dei prodotti derivati. Egli ha dichiarato di avere investito in essi in quanto i suoi clienti gli chiedevano una performance (v. verbale d'interrogatorio di A. del 19 dicembre 2019, act. MPC 13.2.1914). Egli ha riferito di avere discusso con i clienti se effettuare tali investimenti e che in seguito i mercati hanno avuto un'evoluzione negativa. Egli ha inoltre sottolineato il fatto che i clienti si fidavano di lui (v. verbale d'interrogatorio di A. del 19 dicembre 2019, act. MPC 13.2.1916). Al dibattimento, l'imputato ha ribadito le proprie dichiarazioni, precisando che i clienti avevano fiducia in lui e lo lasciavano libero di operare come meglio credeva, senza neppure chiedere né controllare in maniera rigorosa la documentazione. I clienti, stando ad A., guardavono la posizione e vedevano il saldo (act. SK 306.731.16 e segg.).
In sede di interrogatorio del 10 aprile 2017, A. ha inoltre riferito che la maggior parte dei clienti erano clienti “piccoli”, molti dei quali avevano chiuso il conto con piena soddisfazione e con tanto di benestare sottoscritto (act. MPC 13.2.950). In aula, l'imputato ha indicato di avere rispettato il mandato di gestione patrimoniale a lui conferito, in quanto i clienti avrebbero sempre avvallato il suo operato, firmando, quando era possibile, i benestare. A suo dire, nessun cliente si sarebbe mai rifiutato di firmare un benestare (act. SK 306.731.16).
Come detto, alcuni clienti si sono espressi in merito agli investimenti in prodotti strutturati Banca 1 effettuati da A. mediante una denuncia penale o nello scritto di costituzione quali accusatori privati (v. supra consid. III. 2.5.6).
Considerate le versioni divergenti di A. e dei clienti, ritenuto che la maggior parte di loro non ha comunque preso posizione, disinteressandosi pure al procedimento, lo scrivente Collegio ha proceduto, per ognuna delle relazioni contemplate al capo n. 1.1.1.1, ad esaminare i benestare (v. infra consid. III. 2.5.17 e segg.), al fine di verificare se i titolari avrebbero infine approvato l'operato di A., malgrado il divieto di investire in prodotti derivati risultante dai mandati di gestione. A tal fine, la Corte si è basata, specialmente sulla nota della PGF del 2 giugno 2017 (act. MPC 10.2.1103 e segg.) e sul relativo complemento del 1 settembre 2021 (act. SK 306.510.52 e segg.).
Si precisa che il benestare consisteva in un foglio collocato alla fine dell'attestato patrimoniale e riportava la data e il valore totale del portafoglio. Dove, oltre al benestare, era presente anche l'attestato patrimoniale, nella nota 2 giugno 2017, la PGF ha verificato se le quotazioni dei titoli Banca 1 presenti erano attuali e corrette (in particolare la correttezza e attualità del corso di mercato, in base all'andamento del titolo in quel periodo).
2.5.13 Con l'arringa dibattimentale, la difesa di A. ha sollevato la seguente contestazione concernente alcune situazioni patrimoniali allegate ai benestare (act. SK 306.721.310).
Nel rapporto della PGF del 25 marzo 2021 (act. SK 306.262.1.14 e seg. e act. MPC 10.2.1128 e seg.), è indicato, con riferimento alla nota specifica sui benestare della PGF del 2 giugno 2017, che: “Dall'analisi era emersa la chiara difficoltà da parte di Banca 2 nel prezzare correttamente gli investimenti in prodotti strutturati Banca 1. Nonostante Banca 2 fosse collegata a Telekurs, spesso i corsi dei prodotti strutturati Banca 1 non erano aggiornati (si trattava di corsi vecchi, talvolta anche parecchio imprecisi), oppure erano completamente sbagliati (…). Il cliente era così impossibilitato ad avere una visione oggettiva del valore del portafoglio titoli”.
Gli inquirenti, però, sempre in medesimo rapporto del 25 marzo 2021, hanno ritenuto quale posta di danno tutti gli investimenti in prodotti strutturati Banca 1 per i quali il prezzo riportato era palesemente errato e quindi il cliente non poteva averne dato validamente il consenso firmando il benestare (act. SK 306.262.1.14 e seg.).
A mente della difesa, non sarebbe quindi possibile imputare ad A. alcun comportamento illecito, derivante dai dati non corretti presenti su alcune situazioni patrimoniali allegate ai benestare. Se i dati, che erano forniti da Banca 2, che era collegata a Telekurs, erano imprecisi, a maggior ragione, A. non poteva sapere quali fossero quelli corretti.
Il Collegio giudicante, in merito alla contestazione di A., rileva quanto qui di seguito. La nota specifica sui benestare della PGF del 2 giugno 2017, subito dopo avere segnalato le difficoltà di Banca 2 nel prezzare correttamente gli investimenti in prodotti strutturati Banca 1, nonostante fosse collegata a Telekurs, riporta quanto segue (act. MPC 10.2.1128 e seg.):
“Nel corso del verbale d'interrogatorio del 10 aprile 2017 A. ha ammesso di aver rilevato in diverse occasioni queste discrepanze/incongruenze e di averlo segnalato all'ufficio titoli. In un'occasione avrebbe pure fatto notare al titolare e ADE della relazione R7. questa discrepanza, senza però entrare nel dettaglio. In effetti, se guardiamo l'attestato patrimoniale della relazione R7. del 20.09.2012, la posizione di USD 130'000.- Banca 1 barrier Discount Certificate 2012-30.08.13 on Società 11 era conteggiata erroneamente a 97.5750 (corso del 29.08.2012).
Infatti questo prodotto era stato acquistato il 10.08.2012 a 21% e non era pertanto possibile una rivalutazione di tali proporzioni in così pochi giorni. Risulta però difficile credere ad A. quando dice di avere informato il cliente di questa differenza, poiché l'attestato patrimoniale non riporta nessun tipo di correzione a mano e nel dossier cliente non è nemmeno stato ritrovato un qualsivoglia rapporto visita che attesti quanto da lui affermato. Una tale discordanza avrebbe dovuto essere adeguatamente segnalata per iscritto da qualche parte nel dossier clienti, facendola controfirmare. Rileviamo infine che in nessuno degli attestati patrimoniali da noi esaminati sono state riscontrate correzioni oppure annotazioni in merito a dei prezzi errati. Neppure negli sporadici colloqui visita clienti redatti da A. è mai stata fatta menzione dei corsi non in linea con il mercato. A. seguiva giornalmente l'andamento dei mercati finanziari e aveva verosimilmente contatti frequenti con taluni operatori di questi mercati (pensiamo nello specifico a DDDD. della Banca 1), non poteva pertanto non sapere delle quotazioni sbagliate e ingannevoli contenute negli attestati patrimoniali dei suoi clienti.”
A. era, quindi, perfettamente in grado di capire il valore reale di un titolo in un dato momento. In ogni caso, nel rapporto della PGF del 21 marzo 2021, in caso di dubbio, sulla correttezza del prezzo le posizioni non sono state considerate come posta di danno (act. SK 306.262.1.15).
Ne consegue che A., benché per sua stessa ammissione si sia accorto che vi erano dei dati che non corrispondevano alla realtà, nulla ha intrapreso, in specie non ha informato i clienti. L'assenza di qualsiasi nota al riguardo sia nel dossier del cliente sequestrato presso Società 2 SA, sia sulle situazioni patrimoniali, conferma il silenzio di A. al riguardo. Cade pertanto nel vuoto la sua contestazione, tenuto altresì conto che, come visto sopra, nel caso di dubbio sulla correttezza del prezzo, le posizioni non sono state considerate.
2.5.14 In sede di arringa, come detto, la difesa di A. ha sostenuto che la maggior parte dei clienti titolari dei conti, sono rimasti silenti e non hanno contraddetto A. L'unica versione dei fatti sarebbe, pertanto, solo quella dell'imputato (act. SK 306.721.309 e segg.). Si tratta dei titolari delle seguenti relazioni: “R1.”, “R3.”, “R4.”, “R6.”, “R7.”, “R8.”, “R9.”, “R34.”, “R15.”, “R20.”, “R35.”, “R36.”, “R25.”, “R27.”, “R28.”, “R30.” e “R37.”.
La difesa ha inoltre indicato che, molti clienti hanno revocato il mandato e/o chiuso la relazione, solo dopo l'arresto di A. (act. SK 306.721.309 e segg.). A detta del difensore, il silenzio dei clienti è da ritenere sospetto, nonché indice di due elementi: da un lato dimostrerebbe l'approvazione della gestione dell'imputato da parte dei clienti; dall'altro vi sarebbe stato (dopo l'emersione del dissesto) un accanimento da parte del MPC nei confronti di A.
La Corte osserva innanzitutto che, se i clienti non erano informati in merito alla reale situazione del loro patrimonio, non potevano, di conseguenza, lamentarsi di alcunché. Inoltre, possono avere avuto le loro ragioni per rimanere silenti e non manifestarsi alle autorità, senza che questo significhi una loro approvazione della gestione di A. Occorre infatti rammentare che, si tratta per lo più di clientela italiana ed è quindi altamente verosimile che abbiano preferito rimanere silenti, per timore che i loro fondi (se non dichiarati al fisco italiano) potessero essere intercettati dall'autorità fiscale estera. Tale motivazione può valere anche per la censura concernente il fatto che molti clienti hanno revocato il mandato/chiuso la relazione, dopo l'arresto di A. È, infatti, comprensibile che della clientela italiana, il cui gestore patrimoniale, che gestisce i loro patrimoni verosimilmente non dichiarati al fisco italiano, viene arrestato in Italia, non intendano esporsi ulteriormente.
Visto quanto precede, non essendovi ulteriori riscontri agli atti a sostegno di quanto affermato dalla difesa di A., la sua tesi non può essere seguita.
2.5.15 Sull'assenza di confronti tra A. e i danneggiati che si sono manifestati (v. supra consid III. 2.5.6), si rinvia a quanto già esposto al considerando III. 2.5.9 supra.
2.5.16 Come si vedrà in seguito, vi sono clienti, per i quali non sono stati reperiti tutti o parte dei benestare in occasione delle perquisizioni fatte dagli inquirenti presso Banca 2, ma soprattutto presso Società 2 SA.
A. sostiene, però, di avere sempre fatto sottoscrivere a tutti i clienti i benestare e, di non sapere per quali ragioni, parte di essi, non sono stati ritrovati dagli inquirenti, né presso Società 2 SA, né Banca 2 (v. arringa della difesa di A., act. SK 306.721.314).
In sede di verbale dibattimentale l'imputato ha dichiarato che i documenti firmati in originale venivano mandati a Banca 2 a Z. Società 3/Società 2 SA teneva, comunque, sempre una copia dei documenti che, la segretaria sapeva perfettamente dove archiviare (verbale d'interrogatorio dibattimentale di A. del 13 gennaio 2022, act. SK 306.731.23).
Visto quanto precede, la Corte ritiene poco attendibile la tesi di A., secondo cui tutti i clienti avrebbero firmato dei benestare che, inspiegabilmente, in parte, non sarebbero stati ritrovati. Se, come egli afferma, avesse fatto sottoscrivere i benestare a tutti i suoi clienti, copia degli stessi sarebbe stata reperita dagli inquirenti presso la Società 2 SA, posto come, egli ha dichiarato che teneva una copia di tutti i documenti che venivano firmati e che, la sua segretaria sapeva dove archiviare tali documenti.
2.5.17 Per le seguenti relazioni bancarie, non è stato trovato alcun benestare sottoscritto dal cliente: “R3.” (n. 1.1.1.1.3), “R4.” (n. 1.1.1.1.4), “R8.” (n. 1.1.1.1.7), “R9.” (n. 1.1.1.1.8), “R33” (n. 1.1.1.1.10), “R15” (n. 1.1.1.1.12), “R24.” (n. 1.1.1.1.18), “R35.” (n. 1.1.1.1.19), “R27.” (n. 1.1.1.1.22), “R28.” (n. 1.1.1.1.23), “R30.” (n. 1.1.1.1.24) e “R37.” (n. 1.1.1.1.25).
A., in sede di verbale finale del 19 dicembre 2019, ha dichiarato che per le operazioni per le quali non sono stati ritrovati dei benestare, egli informava il cliente telefonicamente. L'assenza di benestare è dovuta, a suo dire, al fatto che il cliente non era passato in sede a X. Egli ha aggiunto che alcuni clienti non sarebbero mai passati da lui in ufficio e quindi non avrebbero mai firmato dei benestare (act. MPC 13.2.1915-1916). Le dichiarazioni di A. sono in palese contrasto con quanto sostenuto dall'imputato al dibattimento e di cui al considerando III. 2.5.16 supra.
Il titolare della Società 1 srl, NNN., nello scritto 21 luglio 2017 al MPC (act. MPC 15.26.1) ha ribadito di avere vietato gli investimenti in prodotti strutturati Banca 1 e ha indicato che i mandati di gestione sottoscritti risultano privi di informazioni circa l'utilizzo del patrimonio societario con Banca 1.
Il signor CCCC., marito dell'avente diritto economico della relazione “R24.” (F.), oggetto pure di altri capi d'imputazione a carico di A., nel suo verbale dell'11 marzo 2015 presso il Tribunale di Napoli (act. MPC 12.38.1 e segg.), nulla ha dichiarato circa gli investimenti Banca 1, limitandosi a riferire delle malversazioni per cui A. e C. sono imputati in Italia.
I titolari di “R3.”, “R4.”, “R8.”, “R9.”, “R15”, “R35.”, “R27.”, “R28.”, “R30.” e “R37.” si sono disinteressati al procedimento.
In considerazione dei mandati di gestione che vietano gli investimenti in prodotti strutturati, agli atti non vi sono sufficienti elementi per ritenere che i titolari delle relazioni appena elencate (comprensive della Società 1 srl e “R24.”) siano stati informati degli investimenti effettuati da A., rispettivamente che questi clienti li abbiano approvati ex-post, non essendovi la prova della sottoscrizione di alcun benestare. Benché la maggior parte dei titolari dei conti non si è espressa, non vi sono riscontri oggettivi che depongano a favore delle dichiarazioni di A., secondo cui i clienti sarebbero stati informati telefonicamente. Ne consegue che l'imputato ha violato anche il proprio dovere di informazione.
Nello stesso interesse di A. e, a sua tutela, sarebbe stato utile effettuare una nota interna nel dossier di questi clienti circa la asserita comunicazione telefonica. Di tutto ciò non vi è traccia alcuna negli atti dei clienti.
È vero che la maggior parte dei clienti non si è espressa. Ciò nonostante, la documentazione cartacea (leggasi i contratti da essi sottoscritti con le società) depone a favore del mancato rispetto delle loro volontà in materia di investimenti. Dai documenti firmati dai clienti risulta invero l'esplicita richiesta (“crocetta”) di investire in maniera conservativa mentre nulla figura circa un eventuale consenso ad hoc per investimenti che esulavano dal profilo d'investimento. Significativa, a dimostrazione della ulteriore poca credibilità di A., la sua affermazione al dibattimento secondo cui era lui a mettere le crocette (act. SK 306.731.16 e seg.); quasi a voler lasciare intendere che tanto egli poteva bellamente decidere sulla tipologia d'investimenti dei clienti.
Non è credibile che degli investitori si rivolgano ad un gestore nel quale hanno fiducia (per usare le parole dello stesso A., act. SK 306.731.16) senza impartirgli delle chiare istruzioni. Infatti le chiare istruzioni sono state rinvenute nei dossier dei clienti che non volevano investimenti che mettessero a rischio il loro patrimonio.
Il danno quantificato per tali clienti è di EUR 174'542.49 (“R3.”), EUR 1'737.68 (“R4.”), EUR 26'502.59 (“R8.”), EUR 6'579.16 (“R9.”), EUR 350'469.12 (“Società 1 srl”), EUR 23'597.96 e USD 23'594.61 (“Società 7”), EUR 62'970.27 (“R24.”), EUR 43'506.68 (“R35.”), EUR 48'996.75 (“R27.”), EUR 74'239.43 (“R28.”), EUR 30'649.14 (“R30.”) e USD 58'771.33 (“R37.”).
2.5.18 Per il cliente titolare del conto “R6.” (1.1.1.1.5) è stato ritrovato un benestare senza allegata alcuna situazione patrimoniale (act. MPC 8.5.17783).
A., per questo cliente ha dichiarato di non ricordare se avesse investito in prodotti Banca 1. Oltretutto A. ha riferito che il titolare di “R6.” avrebbe firmato “tutti i benestare” (verbale A. del 10 aprile 2017, act. MPC 13.2.951).
Con riferimento ai clienti titolari dei conti “R34.” (n. 1.1.1.1.11), “R16.” (n. 1.1.1.1.13) e “R36.” (n. 1.1.1.1.20) si rileva che sono stati rinvenuti dei benestare, con allegata la situazione patrimoniale, che non presentava però posizioni di titoli strutturati Banca 1 (act. MPC 8.5.19153 e 19124-19127 [R34.], act. MPC 8.5.19282-19283 e 8.5.19239-19245, 19284-19288 [R16.], act. MPC 8.5.19971 e 19978-19981 [Società 8 Ltd]).
Per le relazioni “R34.” e “R36.”, A. ha dichiarato di non ricordare se i clienti avessero investito in prodotti strutturati Banca 1. Con riferimento al cliente “R16.”, l'imputato ha dichiarato essere un cliente gestito da B. e di non poter riferire nulla al riguardo (v. verbale A. del 10 aprile 2017, act. MPC 13.2.954 e 956). L'imputato risulta però avere sottoscritto per Società 2 SA il contratto di gestione patrimoniale. B., in occasione del confronto con A. del 29 gennaio 2020 (act. MPC 13.12.11 e segg.) ha confermato che “R16.” era un cliente da lui portato in Società 2 SA, ma di non avere mai investito direttamente per lui, in quanto era A. a scegliere il prodotto in cui investire, sulla base delle indicazioni che lo stesso B. gli dava in merito all'importo che poteva essere investito. A. in sede di confronto ha confermato che sulla scorta delle indicazioni di B. circa l'importo da investire sceglieva in cosa investire e lo comunicava a B. (act. MPC 13.12.18). Si può pertanto ritenere che è A. ad avere deciso di effettuare gli investimenti in derivati per il conto “R16.”.
I titolari delle relazioni “R6.”, “R34.”, “R16.” e “R36.” si sono disinteressati al procedimento.
Si rileva innanzitutto che dal rapporto finanziario del 25 marzo 2019 gli investimenti in prodotti Banca 1 riferiti ai sopraindicati clienti sono tutti posteriori alla sottoscrizione dei benestare da loro firmati e ritrovati negli atti, ad eccezione di un investimento di EUR 10'000.-- concernente il conto “R6.”.
Ne consegue che al momento della firma dei benestare non vi era ancora alcun investimento in essere (o già concluso) in prodotti derivati nei portafogli e i clienti non potevano pertanto esserne informati.
Per quanto concerne l'operazione di acquisto e vendita di titoli per EUR 10'000.-- citata poc'anzi e riferita al conto “R6.” (act. SK 306.262.1.28), si rileva come la stessa abbia generato una perdita di CHF 4'000.-- su un portafoglio di oltre CHF 73'000.-- (stato al 25 gennaio 2012, momento della sottoscrizione del benestare, act. MPC 8.5.17783). “R6.” ha sottoscritto il benestare senza che fosse al corrente della situazione patrimoniale, non essendo la stessa infatti allegata. Pertanto non è provato che il cliente sia stato informato dell'investimento in derivati e che lo abbia accettato. Neppure è possibile dedurre che il titolare della relazione si sia accorto della perdita di CHF 4'000.-- generata da tale investimento.
Considerato che agli atti non vi sono altri indizi per ritenere una qualunque informazione ai clienti da parte di A. in merito ai prodotti derivati di Banca 1 (investimenti posteriori alla sottoscrizione dei benestare), si può ragionevolmente ritenere che l'imputato abbia violato il proprio dovere di informazione.
Il danno quantificato per tali clienti è di EUR 14'026.56 e USD 13'947.60 (“R6.”), EUR 32'115.60 (“R34.”), EUR 710.65 (“R16.”) e EUR 8'880.41 (“R36.”).
2.5.19 In merito al conto “R20.” (n. 1.1.1.1.16), agli atti vi è un benestare, datato 5 marzo 2013, al quale risulta allegata una situazione patrimoniale che presenta una posizione titoli strutturati Banca 1 corretta (act. MPC 8.5.19362-19368), come indicato nella nota specifica sui benestare (act. MPC 10.2.1118). Gli investimenti in prodotti strutturati effettuati da A. sono tutti precedenti a tale data (act. SK 306.262.1.59-60).
Al momento della sottoscrizione del benestare, il cliente ha quindi preso atto del fatto che A. aveva effettuato degli investimenti in prodotti strutturati Banca 1 (in quanto vi erano due posizioni allegate), nonché dello stato del suo patrimonio a quella data. Con la firma del benestare, il cliente ha quindi approvato l'operato di A. sino a quel momento, e ciò malgrado il mandato vietasse le operazioni in derivati ed indipendentemente dal fatto che il titolare di “R20.” abbia o meno compreso la tipologia di investimenti effettuata da A. La Corte è giunta quindi alla conclusione che, sottoscrivendo il benestare, il titolare di “R20.” abbia approvato a posteriori anche tutti i precedenti investimenti in prodotti strutturati Banca 1 conclusi prima del 5 marzo 2013.
Ne consegue che, per il titolare del conto “R20.”, A. ha, sì, agito contra-mandato ma, avendo il cliente avuto le corrette informazioni ed approvato a posteriori l'operato, si può ritenere che egli abbia ratificato l'operato del gestore. Agli atti non vi sono ulteriori elementi a sostegno del contrario, non essendo stato interrogato il cliente, il quale si è pure disinteressato al procedimento, non dando seguito allo scritto del MPC del 27 giugno 2017 con cui gli veniva concessa la possibilità di costituirsi accusatore privato (act. MPC 15.22.64-66).
Il danno quantificato dal MPC per questo cliente ammonta ad EUR 18'264.78.
2.5.20 Il Collegio giudicante ha poi esaminato i restanti conti (“R1.”, Società 6 Srl, “R7.”, “R11.”, “R17.”, “R17a.”, “R21.”, “R25.” e “R31.”), elencati nell'atto d'accusa al capo n. 1.1.1.1, per i quali agli atti vi è più di un benestare firmato, alcuni senza situazione patrimoniale allegata, altri con allegata una situazione patrimoniale la cui esposizione titoli Banca 1 a volte è corretta e altre no, altri ancora con allegata una situazione patrimoniale senza la posizione titoli Banca 1. Nella sua analisi, la Corte si è avvalsa, oltre che della nota specifica sui benestare del 2 giugno 2017 della PGF (act. MPC 10.2.1103 e segg.), anche delle tabelle contenute nel rapporto finanziario del 25 marzo 2021, in cui, per ogni cliente sono elencate le operazioni di compravendita dei prodotti strutturati (act. SK 306.262.1.9 e segg.).
Taluni clienti hanno firmato dei benestare con allegata una situazione patrimoniale dalla quale non risultavano più i titoli Banca 1, in quanto già venduti. La Corte si è chinata anche su queste situazioni onde stabilire se si potesse concludere o meno per un'approvazione ex-post dell'attività di A. da parte del cliente.
A detta della difesa di A., il fatto che alcuni clienti (in specie, G., K. e D.) abbiano dato il loro benestare, allorquando le situazioni patrimoniali presentavano degli investimenti in strutturati Banca 1, dimostrerebbe che il cliente era d'accordo con questa tipologia d'investimento. Come si vedrà in seguito, lo scrivente Collegio non condivide quanto sostenuto dall'imputato.
A mente della Corte, non si può, infatti, dedurre tout court che, qualora vi sia stato un benestare per un determinato tipo di operazione, ciò implichi, automaticamente, un avvallo anche delle operazioni passate e future (fatta eccezione di quanto ritenuto per “R20.”). Occorre infatti valutare il caso concreto nel suo insieme.
2.5.20.1 Per la relazione “R1.” (n. 1.1.1.1.1), A. ha dichiarato di avere informato il cliente degli investimenti in prodotti Banca 1, il quale non avrebbe avuto nulla da ridire (verbale di A. del 10 aprile 2017, act. MPC 13.2.950). Il titolare della relazione, BB., non ha dato seguito allo scritto 27 giugno 2017 con cui il MPC lo informava del procedimento penale contro A. e comunicava la possibilità di costituirsi accusatore privato (act. MPC 15.22.7-9). Egli si è pertanto disinteressato al procedimento.
Dalla ricostruzione effettuata nel rapporto finanziario della PGF del 25 marzo 2021 (act. SK 306.262.1.17-19), per la relazione “R1.” risulta che sono state effettuate le seguenti operazioni di compravendita di prodotti strutturati Banca 1:
Intestazione relazione | Data scrittura | Data valuta | Moneta | Addebiti | Accrediti | Titolo acquistato | ISIN | Nominali | Prezzo | Giustificativi bancari |
R1. | 10.02.2011 | 15.02.2011 | EUR | 19'953.56 | 4 1/4% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-02.08.11 on SOCIETÀ 12 exp. 26.07.11, 7.93% p.a. | […] | 20'000.00 | 98.80% | MPC 07-02-50-09-0002; MPC 07-02-50-10-0007 | |
R1. | 05.05.2011 | 10.05.2011 | EUR | 15'635.10 | 4 1/4% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-02.08.11 on SOCIETÀ 12 exp. 26.07.11, 7.93% p.a. | […] | 20'000.00 | 76.50% | MPC 07-02-50-09-0002; MPC 07-02-50-10-0017 | |
R1. | 10.05.2011 | 18.05.2011 | EUR | 15'680.20 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2011- 25.05.2012 on SOCIETÀ 12 exp. 18.05.12 | […] | 20'000.00 | 78.00% | MPC 07-02-50-09-0002; MPC 07-02-50-10-0019 | |
R1. | 27.01.2012 | 01.02.2012 | EUR | 14'955.04 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2011- 25.05.2012 on SOCIETÀ 12 exp. 18.05.12 | […] | 20'000.00 | 75.20% | MPC 07-02-50-09-0003; MPC 07-02-50-10-0059 | |
R1. | 24.10.2011 | 21.10.2011 | EUR | 15'792.26 | 4% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-28.12.12 on SOCIETÀ 13 exp. 21.12.12 | […] | 30'000.00 | 52.10% | MPC 07-02-50-09-0002; MPC 07-02-50-10-0038 | |
R1. | 03.11.2011 | 01.11.2011 | EUR | 15'950.93 | 4% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-28.12.12 on SOCIETÀ 13 exp. 21.12.12 | […] | 30'000.00 | 53.10% | MPC 07-02-50-09-002; MPC 07-02-50-10-0048 | |
R1. | 01.11.2011 | 03.11.2011 | EUR | 45'085.36 | 12.50% BANCA 1 Barrier Reverse Covertible 2011-15.11.12 on SOCIETÀ 13 exp. 08.11.2012, 12.10% p.a. | […] | 45'000.00 | 100.00% | MPC 07-02-50-09-0002; MPC 07-02-50-10-0045 | |
R1. | 12.07.2012 | 17.07.2012 | EUR | 43'811.83 | 12.50% BANCA 1 Barrier Reverse Covertible 2011-15.11.12 on SOCIETÀ 13 exp. 08.11.2012, 12.10% p.a. | […] | 45'000.00 | 89.05% | MPC 07-02-50-09-0003; MPC 07-02-50-10-0090 | |
R1. | 26.03.2012 | 29.03.2012 | EUR | 28'759.42 | 10.70% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-24.01.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 17.01.2013 | […] | 30'000.00 | 95.55% | MPC 07-02-50-09-0003; MPC 07-02-50-10-0065 | |
R1. | 05.04.2012 | 12.04.2012 | EUR | 23'967.63 | 10.70% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-24.01.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 17.01.2013 | […] | 25'000.00 | 95.50% | MPC 07-02-50-09-0003; MPC 07-02-50-10-0069 | |
R1. | 18.05.2012 | 23.05.2012 | EUR | 35'101.36 | 10.70% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-24.01.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 17.01.2013 | […] | 55'000.00 | 64.00% | MPC 07-02-50-09-0003; MPC 07-02-50-10-0081 | |
R1. | 30.01.2012 | 01.02.2012 | EUR | 14'883.38 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 02.08.13 on SOCIETÀ 12 exp. 25.07.13 | […] | 20'000.00 | 74.00% | MPC 07-02-50-09-0003; MPC 07-02-50-10-0061 | |
R1. | 12.07.2012 | 17.07.2012 | EUR | 11'397.58 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 02.08.13 on SOCIETÀ 12 exp. 25.07.13 | […] | 20'000.00 | 57.50% | MPC 07-02-50-09-0003; MPC 07-02-50-10-0089 | |
R1. | 21.05.2012 | 24.05.2012 | EUR | 35'285.17 | BANCA 1 Barrier Discount Certificates 2012- 21.11.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 14.11.2013 | […] | 55'000.00 | 64.00% | MPC 07-02-50-09-0003; MPC 07-02-50-10-0083 | |
R1. | 22.11.2012 | 27.11.2012 | EUR | 36'902.48 | 10.70% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-24.01.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 17.01.2013 | […] | 55'000.00 | 67.25% | MPC 07-02-50-09-0004; MPC 07-02-50-10-0105 | |
R1. | 05.12.2012 | 06.12.2012 | EUR | 35'397.79 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 08.12.2014 on SOCIETÀ 14 exp. 24.11.14 | […] | 55'000.00 | 64.20% | MPC 07-02-50-09-0004; MPC 07-02-50-10-0107 | |
R1. | EUR | ???? | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 08.12.2014 on SOCIETÀ 14 exp. 24.11.14 | […] | 55'000.00 | ???? |
Totale addebiti e accrediti esclusi gli importi delle operazioni stralciate elencate nella nota 1
Le operazioni barrate non sono state prese in considerazione dall'accusa come posta di danno. Quelle in rosso, in quanto l'operazione era indicata in maniera corretta nella situazione patrimoniale e il cliente ha sottoscritto il relativo benestare, quelle in blu, perché vi erano dubbi in merito alla vendita del titolo.
Agli atti sono stati rinvenuti due benestare.
Il primo benestare è datato 15 dicembre 2011 e, allo stesso, non risulta allegata alcuna situazione patrimoniale (act. MPC 8.5.17385). In questa situazione, il titolare di “R1.” non ha potuto cerziorarsi della reale situazione del suo patrimonio; di conseguenza, il benestare non costituisce un'approvazione dei precedenti investimenti già conclusi.
Il secondo benestare porta la data 11 luglio 2012 e, allo stesso, è allegata una situazione patrimoniale che contempla due posizioni titoli Banca 1 con corsi di mercato corretti (stralciato in rosso nella tabella sopra riportata) e una posizione il cui corso di mercato indicato è errato (e meglio non in linea con l'andamento del titolo in quel periodo) - v. act. MPC 8.5.17384 e 8.5.17273-278. I titoli Banca 1 il cui corso di mercato è errato (EUR 55'000.–Banca 1 Barrier Discount Certificate; prezzo di acquisto 64.1548%, corso/prezzo di mercato 98.94% senza indicazione della data), sfalsavano la situazione patrimoniale di circa EUR 20'000.--. Gli stessi risultano, poi, essere stati venduti con valuta 27.11.2012 al 67.25% e hanno generato un leggero guadagno (act. MPC 10.2.1105 e act. SK 306.262.1.18).
Con la sottoscrizione del benestare 11 luglio 2012, il titolare di “R1.” risulta avere preso atto che A. ha investito in prodotti strutturati Banca 1 ed ha approvato quelli esposti nella situazione patrimoniale in maniera corretta (gli stessi, come detto, sono infatti già stati stralciati dal MPC dalla tabella di cui al rapporto finanziario, act. SK 306.262.1.18). A quel momento (11 luglio 2012), BB. ha pure preso atto dell'ammontare complessivo del suo patrimonio, che, come detto, era leggermente sfalsato. A mente della Corte, però, questo non è sufficiente per ritenere che il titolare di “R1.”, con la sottoscrizione del benestare 11 luglio 2012, abbia approvato anche tutti gli investimenti in strutturati Banca 1 già conclusi in precedenza. Agli atti non vi sono, infatti, elementi a sostegno del fatto che A. abbia informato il cliente di avere sistematicamente investito in questi prodotti e che il cliente li abbia accettati. Ne consegue che, A., per il cliente titolare di “R1.”, ha agito contra mandato ed in violazione del suo dovere di informazione.
Il danno quantificato per tale cliente è di EUR 20'423.68.
2.5.20.2 Con riferimento al conto intestato a Società 6 (n. 1.1.1.1.2) di cui la signora G. (accusatrice privata nel presente procedimento) è avente diritto economico, A. ha dichiarato che la cliente veniva da lui in ufficio regolarmente, spulciando gli investimenti che egli effettuava. La stessa avrebbe, a dire dell'imputato, firmato tutti i benestare per approvazione e sarebbe quindi stata d'accordo con l'operato di A., in quanto lo avrebbero discusso insieme (verbale di A. del 10 aprile 2017, act. MPC 13.2.950-951).
Per quanto attiene alla posizione della cliente si rinvia quanto esposto al consid. III. 2.5.6 supra.
Dalla ricostruzione effettuata nel rapporto finanziario della PGF del 25 marzo 2021 (act. SK 306.262.1.20-22), per la relazione intestata a Società 6 Srl risulta che sono state effettuate le seguenti operazioni di compravendita di prodotti strutturati Banca 1:
Intestazione relazione | Data scrittura | Data valuta | Moneta | Addebiti | Accrediti | Titolo acquistato | ISIN | Nominali | Prezzo | Giustificativi bancari |
SOCIETÀ 6 | 18.01.2011 | 20.01.2011 | EUR | 80'102.06 | 3.1% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-02.08.11 on SOCIETÀ 13 exp. 26.07.11, 5.78% p.a. | […] | 80'000.00 | 100.00% | MPC 07-02-011-09-00002; MPC 15-14-00176 | |
SOCIETÀ 6 | 19.01.2011 | 21.01.2011 | EUR | 20'086.57 | 3.1% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-02.08.11 on SOCIETÀ 13 exp. 26.07.11, 5.78% p.a. | […] | 20'000.00 | 100.00% | MPC 07-02-011-09-00002; MPC 15-14-00177 | |
SOCIETÀ 6 | 19.04.2011 | 21.04.2011 | EUR | 99'105.20 | 3.1% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-02.08.11 on SOCIETÀ 13 exp. 26.07.11, 5.78% p.a. | […] | 100'000.00 | 98.00% | MPC 07-02-011-09-00002; MPC 15-14-00175 | |
SOCIETÀ 6 | 18.01.2011 | 20.01.2011 | EUR | 100'603.15 | 4 1/4% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-02.08.11 on SOCIETÀ 12 exp. 26.07.11, 7.93% p.a. | […] | 100'000.00 | 100.50% | MPC 07-02-011-09-00002; MPC 15-14-00178 | |
SOCIETÀ 6 | 10.02.2011 | 15.02.2011 | EUR | 39'831.01 | 4 1/4% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-02.08.11 on SOCIETÀ 12 exp. 26.07.11, 7.93% p.a. | […] | 40'000.00 | 98.80% | MPC 07-02-011-09-00002; MPC 15-14-00181 | |
SOCIETÀ 6 | 18.07.2011 | 21.07.2011 | EUR | 134'313.11 | 4 1/4% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-02.08.11 on SOCIETÀ 12 exp. 26.07.11, 7.93% p.a. | […] | 140'000.00 | 92.00% | MPC 07-02-011-09-00003; MPC 15-14-00168 | |
SOCIETÀ 6 | 29.04.2011 | 03.05.2011 | EUR | 98'310.53 | 4% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-9.2.12 on SOCIETÀ 13 exp. 02.02.12, 5.2% p.a. | […] | 100'000.00 | 98.00% | MPC 07-02-011-09-00002; MPC 15-14-00182 | |
SOCIETÀ 6 | 26.05.2011 | 26.05.2011 | EUR | 96'786.97 | 4% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-9.2.12 on SOCIETÀ 13 exp. 02.02.12, 5.2% p.a. | […] | 100'000.00 | 96.35% | MPC 07-02-011-09-00003; MPC 15-14-00183 | |
SOCIETÀ 6 | 02.08.2011 | 04.08.2011 | EUR | 9'775.13 | 4% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-9.2.12 on SOCIETÀ 13 exp. 02.02.12, 5.2% p.a. | […] | 10'000.00 | 95.50% | MPC 07-02-011-09-00003; MPC 15-14-00184 | |
SOCIETÀ 6 | 17.01.2012 | 19.01.2012 | EUR | 139'058.39 | 4% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-9.2.12 on SOCIETÀ 13 exp. 02.02.12, 5.2% p.a. | […] | 210'000.00 | 62.55% | MPC 07-02-011-09-00004; MPC 15-14-00167 | |
SOCIETÀ 6 | 18.07.2011 | 21.07.2011 | EUR | 142'502.70 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2011- 25.05.2012 on SOCIETÀ 12 exp. 18.05.12 | […] | 160'000.00 | 89.00% | MPC 07-02-011-09-00003; MPC 15-14-00186 | |
SOCIETÀ 6 | 27.01.2012 | 01.02.2012 | EUR | 120'220.54 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2011- 25.05.2012 on SOCIETÀ 12 exp. 18.05.12 | […] | 160'000.00 | 75.20% | MPC 07-02-011-09-00004; MPC 15-14-00163 | |
SOCIETÀ 6 | 16.06.2011 | 14.06.2011 | EUR | 50'154.96 | 4.65% BANCA 1 Barrier Reverse Covertible 2011-22.02.12 on SOCIETÀ 15 exp. 15.02.12, 6.75% p.a. | […] | 50'000.00 | 100.00% | MPC 07-02-011-09-00003; MPC 15-14-00185 | |
SOCIETÀ 6 | 18.01.2012 | 23.01.2012 | EUR | 21'383.59 | 4.65% BANCA 1 Barrier Reverse Covertible 2011-22.02.12 on SOCIETÀ 15 exp. 15.02.12, 6.75% p.a. | […] | 50'000.00 | 38.85% | MPC 07-02-011-09-00004; MPC 15-14-00166 | |
SOCIETÀ 6 | 18.11.2011 | 22.11.2011 | EUR | 28'144.26 | 12.50% BANCA 1 Barrier Reverse Covertible 2011-15.11.12 on SOCIETÀ 13 exp. 08.11.2012, 12.10% p.a. | […] | 30'000.00 | 92.90% | MPC 07-02-011-09-00003; MPC 15-14-00193 | |
SOCIETÀ 6 | 19.01.2012 | 23.01.2012 | EUR | 29'522.53 | 12.50% BANCA 1 Barrier Reverse Covertible 2011-15.11.12 on SOCIETÀ 13 exp. 08.11.2012, 12.10% p.a. | […] | 30'000.00 | 96.00% | MPC 07-02-011-09-00004; MPC 15-14-00165 | |
SOCIETÀ 6 | 19.01.2012 | 23.01.2012 | EUR | 135'172.05 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2011- 28.01.13 on SOCIETÀ 13 exp. 21.01.13 | […] | 220'000.00 | 61.40% | MPC 07-02-011-09-00004; MPC 15-14-00187 | |
SOCIETÀ 6 | 19.09.2012 | 24.09.2012 | EUR | 77'787.56 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2011- 28.01.13 on SOCIETÀ 13 exp. 21.01.13 | […] | 220'000.00 | 35.40% | MPC 07-02-011-09-00005; MPC 15-14-00155 | |
SOCIETÀ 6 | 20.01.2012 | 24.01.2012 | EUR | 19'446.61 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 24.01.13 on SOCIETÀ 15 exp. 17.01.13 | […] | 50'000.00 | 38.70% | MPC 07-02-011-09-00004; MPC 15-14-00197 | |
SOCIETÀ 6 | 17.01.2013 | 17.01.2013 | EUR | 0.00 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 24.01.13 on SOCIETÀ 15 exp. 17.01.13 | […] | 50'000.00 | 0.00% | MPC 07-83-01-03-0128 | |
SOCIETÀ 6 | 20.01.2012 | 24.01.2012 | EUR | 30'087.19 | 10.70% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-24.01.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 17.01.2013 | […] | 30'000.00 | 100.00% | MPC 07-02-011-09-00004; MPC 15-14-00190 | |
SOCIETÀ 6 | 06.02.2012 | 08.02.2012 | EUR | 29'941.58 | 10.70% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-24.01.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 17.01.2013 | […] | 30'000.00 | 99.50% | MPC 07-02-011-09-00004; MPC 15-14-00191 | |
SOCIETÀ 6 | 05.04.2012 | 12.04.2012 | EUR | 23'967.63 | 10.70% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-24.01.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 17.01.2013 | […] | 25'000.00 | 95.50% | MPC 07-02-011-09-00004; MPC 15-14-00192 | |
SOCIETÀ 6 | 18.05.2012 | 23.05.2012 | EUR | 54'308.31 | 10.70% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-24.01.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 17.01.2013 | […] | 85'000.00 | 64.00% | MPC 07-02-011-09-00005; MPC 15-14-00157 | |
SOCIETÀ 6 | 30.01.2012 | 01.02.2012 | EUR | 118'486.71 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 02.08.13 on SOCIETÀ 12 exp. 25.07.13 | […] | 160'000.00 | 74.00% | MPC 07-02-011-09-00004; MPC 15-14-00188 | |
SOCIETÀ 6 | 03.02.2012 | 08.02.2012 | EUR | 18'811.06 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 02.08.13 on SOCIETÀ 12 exp. 25.07.13 | […] | 25'000.00 | 74.90% | MPC 07-02-011-09-00004; MPC 15-14-00189 | |
SOCIETÀ 6 | 15.05.2012 | 18.05.2012 | EUR | 113'291.26 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 02.08.13 on SOCIETÀ 12 exp. 25.07.13 | […] | 185'000.00 | 61.30% | MPC 07-02-011-09-00005; MPC 15-14-00158 | |
SOCIETÀ 6 | 21.05.2012 | 24.05.2012 | EUR | 54'486.21 | BANCA 1 Barrier Discount Certificates 2012- 21.11.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 14.11.2013 | […] | 85'000.00 | 64.00% | MPC 07-02-011-09-00005; MPC 15-14-00194 | |
SOCIETÀ 6 | 22.11.2012 | 27.11.2012 | EUR | 57'076.39 | BANCA 1 Barrier Discount Certificates 2012- 21.11.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 14.11.2013 | […] | 85'000.00 | 67.25% | MPC 07-02-011-09-00005; MPC 15-14-00154 | |
SOCIETÀ 6 | 20.09.2012 | 02.10.2012 | EUR | 70'492.69 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 25.10.13 on SOCIETÀ 13 exp. 18.10.13 | […] | 220'000.00 | 32.00% | MPC 07-02-011-09-00005; MPC 15-14-00195 | |
SOCIETÀ 6 | 06.06.2013 | 10.06.2013 | EUR | 650.72 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 25.10.13 on SOCIETÀ 13 exp. 18.10.13 | […] | 220'000.00 | 0.34% | MPC 07-02-011-09-00006; MPC 15-14-00152 | |
SOCIETÀ 6 | 05.12.2012 | 06.12.2012 | EUR | 57'871.30 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 08.12.2014 on SOCIETÀ 14 exp. 24.11.14 | […] | 90'000.00 | 64.20% | MPC 07-02-011-09-00005; MPC 15-14-00196 | |
SOCIETÀ 6 | 06.06.2013 | 10.06.2013 | EUR | 56'867.09 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 08.12.2014 on SOCIETÀ 14 exp. 24.11.14 | […] | 90'000.00 | 63.30% | MPC 07-02-011-09-00006; MPC 15-14-00151 |
Totale addebiti e accrediti esclusi gli importi delle operazioni stralciate elencate nella nota 2
Le operazioni barrate in rosso non sono state prese in considerazione dall'accusa come posta di danno, in quanto le stesse erano indicate in maniera corretta nella situazione patrimoniale e la cliente risulta avere sottoscritto il relativo benestare.
Agli atti, risultano tre benestare, sui quali risulta apposta la firma della cliente, il 12 gennaio 2012 (act. MPC 8.5.16051 e 15877-15885), il 7 maggio 2012 (act. MPC 8.5.16048 e 15842-15850) e il 28 agosto 2012 (act. MPC 8.5.16037 e 16014-16017). A tutti i benestare risulta allegata una situazione patrimoniale, che presenta delle posizioni titoli Banca 1 aventi corso di mercato in parte corretto, in parte non aggiornato e/o non corrispondente all'andamento del titolo in quel periodo.
Si rileva che gli investimenti esposti correttamente sono già stati stralciati dal MPC nel rapporto finanziario (act. SK 306.262.1.21).
La Corte si è quindi chiesta se, con la firma dei benestare, si può concludere che la signora G. abbia accettato e approvato tutti gli investimenti in prodotti strutturati Banca 1, anche nei casi in cui la situazione patrimoniale risultava sfalsata. La difesa infatti, in sede di arringa, ha sostenuto che i benestare presenti agli atti, firmati dalla cliente, per ben 14 operazioni in strutturati Banca 1, dimostrano la sua consapevolezza in merito a questo tipo d'investimento (act. SK 306.721.313).
La situazione patrimoniale allegata al benestare 12 gennaio 2012 presenta
tre posizioni titoli Banca 1 il cui corso di mercato è esposto correttamente
e una posizione (EUR 210'000.-- 4% Banca 1 Barrier Reverse Convertible on Società 13, prezzo di acquisto 97.3231%, corso di mercato 100% al 27 aprile 2011), il cui corso di mercato non è attuale (100% al 27 aprile 2011) e sfalsa, pertanto, l'ammontare complessivo degli averi patrimoniali indicati sul benestare. Tale posizione è stata venduta poco dopo (17 gennaio 2012) a 62.55%, generando una perdita.
La situazione patrimoniale allegata al benestare 7 maggio 2012 presenta
due posizioni titoli Banca 1 il cui corso di mercato è esposto correttamente
e due posizioni (EUR 220'000.-- Banca 1 Barrier Reverse Convertible on Società 13, prezzo di acquisto 61.4418%, corso di mercato 100% al 24 gennaio 2012; EUR 185'000.-- Banca 1 Discount certificate on Società 12, prezzo di acquisto 74.2150%, corso di mercato 98.6450% al 28 aprile 2012) il cui corso di mercato non era attuale (100% al 24 gennaio 2012), rispettivamente non era conforme all'andamento dei titoli in quel periodo, sfalsando pertanto l'ammontare degli averi patrimoniali indicati sul benestare.
Il primo titolo è stato venduto il 24 settembre 2012 a 34.40%, il secondo il 15 maggio 2012 a 61.30%. Entrambi gli investimenti hanno generato una perdita.
La situazione patrimoniale allegata al benestare 28 agosto 2012 presenta
due posizioni titoli Banca 1 il cui corso di mercato è esposto correttamente
e una posizione (EUR 85'000.-- Banca 1 Discount Certificate on Società 14, prezzo di acquisto 64.1010%, corso di mercato 99.0410% al 28 agosto 2012) il cui corso di mercato non è in linea con l'andamento del titolo in quel periodo e sfalsa pertanto l'ammontare degli averi patrimoniali indicati sul benestare. Quest'ultimo investimento è stato venduto il 22 novembre 2012 a 67.25%, generando un leggero utile. Il fatto che sia stato generato questo utile non ha però un impatto sulla perdita generata dal complesso degli investimenti che rimane invariata e pari a EUR 165'281.23 (trattandosi della differenza tra prezzo di acquisto e di vendita dei titoli).
Con la sottoscrizione dei benestare del 12 gennaio 2012 e 7 maggio 2012, la cliente ha approvato ed accettato solo quegli investimenti le cui posizioni titoli sono state ritenute corrette (posizioni neppure imputate come malversazioni dal MPC nella tabella di cui al rapporto finanziario, act. SK 306.262.1.21 e dall'allegato 1 all'atto d'accusa). Non è, tuttavia, possibile ritenere che la signora G. abbia, nel contempo, approvato anche gli investimenti esposti in maniera non corretta/fuorviante, rispettivamente quelli precedenti già conclusi (e non risultanti dalla situazione patrimoniale). Al riguardo, si rileva, infatti, come l'ammontare degli averi indicato sui benestare è fuorviante, poiché basato anche su titoli i cui corsi di mercato, come visto, non erano attuali, rispettivamente non erano in linea con l'andamento del titolo in quel periodo. Nei casi in cui i corsi di mercato non erano attuali, non si può imputare alla cliente di non aver prestato attenzione alla data del corso del titolo. Non è possibile, infatti, pretendere che un cliente, fidandosi del proprio gestore, esamini ogni posizione in maniera approfondita; determinante per l'investitore è l'ammontare complessivo dei propri averi risultanti dal benestare. La signora G. non ha quindi preso atto della reale situazione patrimoniale del suo portafoglio. Del resto, A., al dibattimento, ha dichiarato che i clienti avevano piena fiducia in lui e non erano rigorosi nel richiedere la documentazione; guardavano la posizione e vedevano il saldo (act. SK 306.731.18).
Non vi sono, pertanto, sufficienti elementi per ritenere che la titolare di Società 6 (che ha vietato l'investimento in derivati) sia stata debitamente informata da A. o da altri delle pregresse compravendite in prodotti strutturati Banca 1 e che le abbia accettate, scaricando così l'operato di A. Stesso dicasi per le operazioni posteriori all'ultimo benestare del 28 agosto 2012.
Il danno quantificato per tale cliente è di EUR 165'281.23.
La signora G. contesta l'autenticità delle firme apposte sui benestare agli atti. La bontà o meno delle firme della cliente non ha tuttavia alcun influsso sull'imputazione di amministrazione infedele qualificata riferita agli strutturati Banca 1, dal momento che la Corte ritiene che A. abbia agito “contra-mandato” ed in violazione dei propri doveri.
Con l'arringa dibattimentale, la difesa di A. ha messo in discussione la credibilità della signora G. (act. SK 306.721.313 e seg.). A detta del difensore, le affermazioni dell'accusatrice privata, che nega di avere sottoscritto i benestare, non sarebbero veritiere, dal momento che non vi sono, in capo ad A., accuse di falsità in documenti per questa cliente. Inoltre, G., a mente della difesa, sembrerebbe mettere in discussione la sua consapevolezza in merito ad un investimento effettuato da A. per conto della cliente, in favore della Società 16 SA, X. Tale investimento sarebbe, invece, stato effettuato da A. in accordo con la signora G. e questo emergerebbe dall'interrogatorio del presidente di Società 16 SA, signor EEEE. (act. MPC 12.47.8).
Infine, sempre secondo la difesa, a ulteriore dimostrazione della consapevolezza dell'accusatrice privata in merito all'operato di A., vi sarebbe il fatto che G. ha revocato il mandato di gestione il 14 maggio 2012, ovvero un anno prima dell'arresto di A. In quell'occasione, la cliente avrebbe avuto contezza della sua situazione e dell'operato di A. e non avrebbe sollevato alcuna censura, sottoscrivendo benestare e scarichi (act. SK 306.721.313 e seg.).
Agli atti, vi è un memorandum, di data 8 ottobre 2014, redatto dalla patrocinatrice, che illustra quanto avvenuto nel contesto dell'investimento in Società 16 SA (act. MPC 15.14.198). Da tale documento risulta che in data 13 agosto 2008 A. ha sottoscritto, a nome e per conto di G. (senza tuttavia essere in possesso di alcuna procura), un contratto di finanziamento con Società 16 SA, di EUR 200'000.--.
In data 10 ottobre 2008 è stato trasferito l'importo di CHF 100'000.-- da un conto intestato a G. a favore di un conto intestato a Società 16 SA (act. MPC 15.14.201 e seg.). In seguito, A., avrebbe sottoscritto con Società 16 SA, in data 19 gennaio 2009, sempre a nome e per conto di G., un ulteriore contratto di finanziamento in favore di Società 16 SA, di EUR 75'000.-- (act. MPC 15.14.200). Nel memorandum dell'8 ottobre 2014 è indicato che vi sono dei documenti, che portano la firma di G., a conferma dell'accordo di quest'ultima all'investimento. G., tuttavia, contesta le firme sui documenti riferiti ai bonifici di denaro a favore di Società 16 SA. A mente della difesa, l'accordo e la consapevolezza di G. quanto all'investimento emergerebbero anche dalle dichiarazioni rese dal testimone EEEE., presidente di Società 16 SA (act. SK 12.47.8).
La questione legata all'investimento nella Società 16 SA non è contemplata nell'atto d'accusa e non è, quindi, oggetto del presente procedimento. La Corte non ha pertanto ritenuto di esaminare e chinarsi su un'operazione che nulla ha a che vedere con i rimproveri mossi ad A. Si precisa, ad ogni modo, che l'esame della documentazione agli atti, come pure le dichiarazioni rese da EEEE. (presidente della Società 16 SA), non hanno permesso di stabilire se G. abbia effettivamente conferito procura ad A. per questa operazione di investimento con la Società 16 SA. Le dichiarazioni del testimone EEEE. vanno, piuttosto, in direzione di quanto sostenuto dall'accusatrice privata che contesta il suo accordo all'investimento. EEEE. ha, infatti, riferito che la signora G. non era in chiaro sulla tipologia dell'investimento e che gli disse di non avere autorizzato alcun tipo d'investimento in favore della Società 16 SA (act. SK 12.47.9). Visto quanto precede, quanto sostenuto in arringa dalla difesa di A. non intacca in alcun modo la credibilità dell'accusatrice privata.
Infine, il fatto che G. abbia revocato il mandato già un anno prima dell'arresto di A. non significa che l'accusatrice privata abbia avuto contezza dell'operato di A. e lo abbia approvato. La revoca del mandato di gestione (act. MPC 7.2.11.3.81), a mente della Corte, significa semplicemente che G. non voleva più continuare con la gestione del suo patrimonio ad A. Si precisa, inoltre, che la relazione intestata a Società 6 è stata chiusa a seguito dello scritto del 12 dicembre 2013 dell'avv. Marty a Banca 2 (act. MPC 7.2.11.3.132), quindi dopo l'arresto di A. e, non vi è agli atti, neppure uno scarico a favore di A., rispettivamente della Banca al momento della chiusura del conto.
2.5.20.3 Per la relazione “R7.” (1.1.1.1.6), A. ha dichiarato che la cliente si presentava in ufficio con regolarità (verbale di A. del 10 aprile 2017, act. MPC 13.2.950). Egli, in medesimo verbale, ha, inoltre, riferito quanto segue: ADR: ricordo che ho comprato in USD un Banca 1 ad inizio 2013. lo ho acquistato ad un prezzo nominale basso (all'incirca al 20%) e mi sono in seguito ritrovato il titolo con l'indicazione "acquisto al 100% nominale". È un'incongruenza che io ho fatto notare alla Banca 2. Ciò sta a significare che HH. ad esempio aveva investito USD 20'000 (corrispondente al 20%) mentre che erroneamente nel suo estratto patrimoniale risultava un investimento di USD 100'000 (corrispondente al 100%). In realtà non era una plusvalenza ma era un errore nell'estratto patrimoniale della banca. ADR: questa discrepanza l'ho fatta notare anche alla cliente senza però entrare nei dettagli.
HH. (ADE del conto) non ha dato seguito allo scritto 27 giugno 2017 con cui il MPC la informava del procedimento penale contro A. e comunicava la possibilità di costituirsi accusatrice privata (act. MPC 15.22.112-114). La stessa si è pertanto disinteressata al procedimento.
Dalla ricostruzione effettuata nel rapporto finanziario della PGF del 25 marzo 2021 (act. SK 306.262.1.20-22), per la relazione “R7.” risulta che sono state effettuate le seguenti operazioni di compravendita di prodotti strutturati Banca 1 in EUR:
Intestazione relazione | Data scrittura | Data valuta | Moneta | Addebiti | Accrediti | Titolo acquistato | ISIN | Nominali | Prezzo | Giustificativi bancari |
R7. | 24.10.2011 | 21.10.2011 | EUR | 15'792.26 | 4% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-28.12.12 on SOCIETÀ 13 exp. 21.12.12 | […] | 30'000.00 | 52.10% | MPC 07-02-51-09-0002; MPC 07-02-51-10-0039 | |
R7. | 03.11.2011 | 01.11.2011 | EUR | 15'950.93 | 4% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-28.12.12 on SOCIETÀ 13 exp. 21.12.12 | […] | 30'000.00 | 53.10% | MPC 07-02-51-09-0002; MPC 07-02-51-10-0049 | |
R7. | 01.11.2011 | 03.11.2011 | EUR | 15'083.09 | 12.50% BANCA 1 Barrier Reverse Covertible 2011-15.11.12 on SOCIETÀ 13 exp. 08.11.2012, 12.10% p.a. | […] | 15'000.00 | 100.00% | MPC 07-02-51-09-0002; MPC 07-02-51-10-0046 | |
R7. | 18.11.2011 | 22.11.2011 | EUR | 42'176.09 | 12.50% BANCA 1 Barrier Reverse Covertible 2011-15.11.12 on SOCIETÀ 13 exp. 08.11.2012, 12.10% p.a. | […] | 45'000.00 | 92.90% | MPC 07-02-51-09-0002; MPC 07-02-51-10-0054 | |
R7. | 19.01.2012 | 23.01.2012 | EUR | 59'127.71 | 12.50% BANCA 1 Barrier Reverse Covertible 2011-15.11.12 on SOCIETÀ 13 exp. 08.11.2012, 12.10% p.a. | […] | 60'000.00 | 96.00% | MPC 07-02-51-09-0004; MPC 07-02-51-10-0072 | |
R7. | 20.01.2012 | 24.01.2012 | EUR | 60'091.62 | 10.70% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-24.01.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 17.01.2013 | […] | 60'000.00 | 100.00% | MPC 07-02-51-09-0004; MPC 07-02-51-10-0074 | |
R7. | 18.05.2012 | 23.05.2012 | EUR | 38'129.71 | 10.70% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-24.01.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 17.01.2013 | […] | 60'000.00 | 64.00% | MPC 07-02-51-09-0004; MPC 07-02-51-10-0096 | |
R7. | 21.05.2012 | 24.05.2012 | EUR | 38'485.34 | BANCA 1 Barrier Discount Certificates 2012- 21.11.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 14.11.2013 | […] | 60'000.00 | 64.00% | MPC 07-02-51-09-0004; MPC 07-02-51-10-0098 | |
R7. | 20.11.2012 | 23.11.2012 | EUR | 5'939.80 | BANCA 1 Barrier Discount Certificates 2012- 21.11.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 14.11.2013 | […] | 10'000.00 | 60.40% | MPC 07-02-51-09-0005; MPC 07-02-51-10-0127 | |
R7. | 22.11.2012 | 27.11.2012 | EUR | 33'540.17 | BANCA 1 Barrier Discount Certificates 2012- 21.11.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 14.11.2013 | […] | 50'000.00 | 67.25% | MPC 07-02-51-09-0005; MPC 07-02-51-10-0130 | |
R7. | 11.09.2012 | 14.09.2012 | EUR | 5'273.46 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 01.02.13 on SOCIETÀ 13 exp. 18.01.13 | […] | 20'000.00 | 25.90% | MPC 07-02-51-09-0004; MPC 07-02-51-10-0110 | |
R7. | 09.10.2012 | 12.10.2012 | EUR | 2'586.64 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 01.02.13 on SOCIETÀ 13 exp. 18.01.13 | […] | 20'000.00 | 12.50% | MPC 07-02-51-09-0005; MPC 07-02-51-10-0120 | |
R7. | 28.12.2012 | 03.01.2013 | EUR | 3'531.68 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 01.02.13 on SOCIETÀ 13 exp. 18.01.13 | […] | 40'000.00 | 9.05% | MPC 07-02-51-09-0005; MPC 07-02-51-10-0138 | |
R7. | 21.09.2012 | 02.10.2012 | EUR | 30'835.40 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 25.10.13 on SOCIETÀ 13 exp. 18.10.13 | […] | 100'000.00 | 30.75% | MPC 07-02-51-09-0004; MPC 07-02-51-10-0112 | |
R7. | 25.10.2013 | 25.10.2013 | EUR | 0.00 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 25.10.13 on SOCIETÀ 13 exp. 18.10.13 | […] | 100'000.00 | 0.00% | MPC 07-83-01-03-0246 | |
R7. | 05.12.2012 | 06.12.2012 | EUR | 32'187.29 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 08.12.2014 on SOCIETÀ 14 exp. 24.11.14 | […] | 50'000.00 | 64.20% | MPC 07-02-51-09-0005; MPC 07-02-51-10-0132 | |
R7. | 18.01.2013 | 23.01.2013 | EUR | 5'913.76 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 08.12.2014 on SOCIETÀ 14 exp. 24.11.14 | […] | 10'000.00 | 60.00% | MPC 07-02-51-09-0006; MPC 07-02-51-10-0150 | |
R7. | 06.02.2013 | 07.02.2013 | EUR | 24'431.93 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 08.12.2014 on SOCIETÀ 14 exp. 24.11.14 | […] | 40'000.00 | 61.30% | MPC 07-02-51-12-0004; MPC 07-02-51-13-0022 | |
R7. | 03.01.2013 | 07.01.2013 | EUR | 4'700.24 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2013- 05.07.13 on SOCIETÀ 13 exp. 27.06.13 | […] | 20'000.00 | 23.50% | MPC 07-02-51-09-0006; MPC 07-02-51-10-0145 | |
R7. | 22.02.2013 | 27.02.2013 | EUR | 1'728.31 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2013- 05.07.13 on SOCIETÀ 13 exp. 27.06.13 | […] | 20'000.00 | 9.13% | MPC 07-02-51-09-0006; MPC 07-02-51-10-0160 |
Totale addebiti e accrediti esclusi gli importi delle operazioni stralciate elencate nella nota 4
nonché le seguenti operazioni in USD:
Intestazione relazione | Data scrittura | Data valuta | Moneta | Addebiti | Accrediti | Titolo acquistato | ISIN | Nominali | Prezzo | Giustificativi bancari |
R7. | 01.03.2011 | 01.03.2011 | USD | 20'087.88 | 4.40% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-08.09.11 on SOCIETÀ 11 exp. 01.09.11, 8.47% p.a. | […] | 20'000.00 | 100.00% | MPC 07-02-51-12-0002; MPC 07-02-51-13-0008 | |
R7. | 31.05.2011 | 03.06.2011 | USD | 19'250.92 | 4.40% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-08.09.11 on SOCIETÀ 11 exp. 01.09.11, 8.47% p.a. | […] | 20'000.00 | 95.00% | MPC 07-02-51-12-0002; MPC 07-02-51-13-0010 | |
R7. | 10.06.2011 | 13.06.2011 | USD | 18'996.20 | 5% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-22.02.12 on SOCIETÀ 11 exp. 15.02.12, 7.26% p.a. | […] | 20'000.00 | 94.50% | MPC 07-02-51-12-0002; MPC 07-02-51-13-0012 | |
R7. | 01.09.2011 | 06.09.2011 | USD | 10'888.75 | 5% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-22.02.12 on SOCIETÀ 11 exp. 15.02.12, 7.26% p.a. | […] | 20'000.00 | 54.00% | MPC 07-02-51-12-0002; MPC 07-02-51-13-0014 | |
R7. | 06.09.2011 | 14.09.2011 | USD | 10'819.05 | 5% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-28.12.12 on SOCIETÀ 11 exp. 21.12.12, 3.88% p.a. | […] | 20'000.00 | 53.50% | MPC 07-02-51-12-0002; MPC 07-02-51-13-0016 | |
R7. | 17.04.2012 | 20.04.2012 | USD | 6'949.54 | 5% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-28.12.12 on SOCIETÀ 11 exp. 21.12.12, 3.88% p.a. | […] | 20'000.00 | 33.83% | MPC 07-02-51-09-0004; MPC 07-02-51-10-0088 | |
R7. | 06.02.2013 | 07.02.2013 | USD | 23'161.50 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 20.06.13 on SOCIETÀ 17 exp. 06.06.13 | […] | 320'000.00 | 7.20% | MPC 07-02-51-12-0004; MPC 07-02-51-13-0023 | |
R7. | 14.02.2013 | 19.02.2013 | USD | 7'139.38 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 20.06.13 on SOCIETÀ 17 exp. 06.06.13 | […] | 100'000.00 | 7.00% | MPC 07-02-51-12-0004; MPC 07-02-51-13-0026 | |
R7. | 20.06.2013 | 20.06.2013 | USD | 0.00 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 20.06.13 on SOCIETÀ 17 exp. 06.06.13 | […] | 420'000.00 | 0.00% | MPC 07-83-01-03-0224; MPC 07-02-51-10-0177 | |
R7. | 07.08.2012 | 10.08.2012 | USD | 27'457.49 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 30.08.13 on SOCIETÀ 11 HOLDING exp. 16.08.13 | […] | 130'000.00 | 21.00% | MPC 07-02-51-12-0003; MPC 07-02-51-13-0020 | |
R7. | 30.08.2013 | 30.08.2013 | USD | 0.00 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 30.08.13 on SOCIETÀ 11 HOLDING exp. 16.08.13 | […] | 130'000.00 | 0.00% | MPC 07-83-01-03-0230 |
Totale addebiti e accrediti esclusi gli importi delle operazioni stralciate elencate nella nota 5
Le operazioni barrate in rosso non sono state prese in considerazione dall'accusa come posta di danno, in quanto le stesse erano indicate in maniera corretta nella situazione patrimoniale e la cliente risulta avere sottoscritto il relativo benestare.
Agli atti sono stati rinvenuti sei benestare, con allegate le relative situazioni patrimoniali.
I benestare datati 14 giugno 2011 (act. MPC 8.5.18244 e 18015-18023) e 17 novembre 2011 (act. MPC 8.5.18245 e 18024-18031) presentavano una situazione patrimoniale con delle posizioni titoli Banca 1 aventi un corso di mercato non attuale e che sfalsavano la situazione patrimoniale.
Al 16 gennaio 2012 risulta un ulteriore benestare (act. MPC 8.8.18246), a cui è allegata una situazione patrimoniale che presenta due posizioni titoli Banca 1 aventi corso di mercato corretto (act. MPC 8.5.18032-18038). Sottoscrivendo il benestare 16 gennaio 2012, la titolare di “R7.” ha approvato l'operato di A. fino a quel momento e, quindi, anche gli investimenti in strutturati Banca 1 già conclusi e precedenti al 16 gennaio 2012 (v. quanto esposto per la relazione “R20.”, supra consid. III. 2.5.19). Dalla tabella del rapporto finanziario (act. SK 306.262.1.31-33), sopra riportata, oltre alle operazioni già stralciate in rosso dal MPC, non vanno considerati gli investimenti in EUR e in USD fino al 16 gennaio 2012. La gestione fino al 16 gennaio 2012 risulta, infatti, corretta.
Le situazioni patrimoniali allegate ai benestare dell'11 giugno 2012 (act. MPC 8.5.18247 e 18039-18046) e del 31 luglio 2012 (act. MPC 8.5.18248 e 18047-18054) presentano (tra le altre posizioni) quanto segue: EUR 60'000.-- Banca 1 Barrier Discount certificate on Società 14, prezzo di acquisto 64.1422%. In esse, il corso/prezzo di mercato di circa il 98% non è in linea con l'andamento del titolo in quel periodo che era al ribasso. Banca 1 Barrier Discount certificate on Società 14 risultava pure nella situazione patrimoniale allegata al benestare 20 settembre 2012 (act. MPC 8.5.18249 e 18055-18062), ma con un corso/prezzo di mercato di 65.16% (ritenuto corretto dalla PGF). Il titolo è poi stato venduto nel novembre 2012 ad un prezzo superiore a quello di acquisto, conseguendo così un utile. Questa posizione è stata già stralciata in rosso dal MPC dalla tabella.
Va rilevato che, la situazione patrimoniale (di cui si è detto sopra), allegata al benestare 20 settembre 2012, presentava pure titoli Banca 1 con un corso/prezzo di mercato corretto e una posizione (USD 130'000.-- Banca 1 Barrier Discount Certificate on Società 11, prezzo di acquisto 21.1211%, corso di mercato 99.5750% al 29 agosto 2012) non attuale e neppure in linea con l'andamento di mercato del titolo in quel periodo. Il titolo Banca 1 Barrier Discount Certificate on Società 11 è poi scaduto “worthless”, cagionando una perdita pari al prezzo di acquisto.
Con la sottoscrizione dei benestare successivi al 16 gennaio 2012 (quelli dell'11 giugno 2012, 31 luglio 2012 e 20 settembre 2012), vi è da ritenere che la cliente abbia approvato ed accettato solo quegli investimenti le cui posizioni titoli erano indicate correttamente. Medesima considerazione va fatta per gli EUR 60'000.-- Banca 1 Barrier Discount certificate on Società 14, prezzo di acquisto 64.1422% la cui vendita ha comunque generato un utile (v. posizioni stralciate in rosso dal MPC nella tabella).
Le situazioni patrimoniali allegate ai benestare 11 giugno 2012, 31 luglio 2012 e 20 settembre 2012 non corrispondevano alla realtà (v. nota sui benestare della PGF del 2 giugno 2017, act. MPC 102.21109-1111). La cliente non ha potuto, perciò, determinarsi con cognizione in merito all'ammontare del suo patrimonio.
Tra l'altro l'investimento concluso tra gennaio e maggio 2012 (EUR 60'000.-- Banca 1 Barrier reverse Convertible on Società 14) neppure figurava nelle tre situazioni patrimoniali, poiché già liquidato.
Dopo il 20 settembre 2012 non risultano agli atti ulteriori benestare. Non è quindi provato che la titolare di “R7.” abbia preso conoscenza ed accettato gli investimenti in prodotti strutturati Banca 1, non bastando al riguardo le dichiarazioni di A. Al riguardo si rinvia pure a quanto già ritenuto per la relazione intestata a Società 6 (v. supra consid. III. 2.5.20.2, paragarfo 10).
Ne consegue che per tutte le operazioni posteriori al 16 gennaio 2012 non cancellate nella tabella di cui al rapporto finanziario del 23 marzo 2021 (e dall'allegato 1 dell'atto d'accusa), A. ha violato il proprio dovere di informazione.
Le posizioni stralciate hanno un leggero impatto sulla perdita generata dagli investimenti che viene quantificata in EUR 55'915.17 (invariata rispetto a quanto esposto nell'atto d'accusa) e in USD 57'758.37 (invece degli USD 66'702.78 dell'atto d'accusa).
2.5.20.4 Per quanto concerne la relazione “R11.” (1.1.1.1.9), si osserva che agli atti è stato ritrovato un solo benestare datato 25 maggio 2011 (act. MPC 8.5.19019), con allegata una situazione patrimoniale che presentava una posizione titoli Banca 1 (act. MPC 8.5.18982-18986). Nella nota specifica concernente i benestare, la PGF ha espresso dei dubbi in merito alla correttezza del corso di mercato dei titoli. Tale posizione è stata stralciata (in quanto la più favorevole ad A.) dalla tabella di cui al rapporto finanziario, come pure dall'allegato 1 dell'atto d'accusa.
Dopo il 15 maggio 2011, risultano ancora investimenti in prodotti strutturati Banca 1. Non si può, pertanto, ritenere che il cliente ne abbia preso conoscenza e li abbia approvati, non essendovi agli atti ulteriori riscontri. A., a proposito di questo cliente, ha dichiarato di neppure ricordare se per il medesimo aveva acquistato prodotti Banca 1 (verbale di A. del 10 aprile 2017, act. MPC 13.2.953). Si rinvia pure a quanto già esposto per la relazione intestata a Società 6 (v. supra consid. III. 2.5.20.2, paragarfo 10).
Il danno quantificato per tale cliente è di EUR 2'459.22.
2.5.20.5 In merito alla relazione “R17.” (1.1.1.1.14), il cui titolare e ADE è K., che si è costituito accusatore privato (costituzione poi ritirata, act. MPC 15.11.167 e seg.) e ha presentato una denuncia penale (si rinvia al consid. III. 2.5.6 supra per la posizione del cliente), si osserva che sono stati reperiti tre benestare.
Il primo benestare del 2 febbraio 2011 (act. MPC 8.5.12668) presentava una situazione patrimoniale in cui erano contemplate delle posizioni titoli Banca 1 corrette (act. MPC 8.5.13599-13610). Ne deriva che, con la firma del benestare, il cliente abbia preso conoscenza degli investimenti strutturati e li abbia accettati. Gli stessi sono peraltro già stati stralciati dal rapporto finanziario del MPC (act. SK 306.262.1.49) e dall'allegato 1 dell'atto d'accusa.
I due ulteriori benestare, di data 29 novembre 2011 (act. MPC 8.5.12649) e 4 giugno 2012 (act. MPC 8.5.12621), non avevano nessuna situazione patrimoniale allegata. Come già ritenuto per il cliente “R1.”, la firma del benestare, senza una situazione patrimoniale allegata, non è sufficiente per ritenere che il cliente abbia preso atto della tipologia di investimento operata da A. e l'abbia accettata (v. supra consid. III. 2.5.20.1), non essendo neppure dato a sapere su quali basi è stato quantificato l'ammontare del patrimonio esposto nei benestare, rispettivamente quali informazioni A. ha dato al cliente.
Non vi sono quindi elementi per ritenere che K. abbia preso conoscenza ed abbia accettato gli investimenti posteriori all'ultimo benestare agli atti del 29 novembre 2011 (vedi anche quanto esposto al consid. III. 2.5.20.2, paragrafo 10 supra).
In sede di arringa, la difesa di A. ha sostenuto che per quanto attiene al conto “R17.”, non vi era apposta nessuna crocetta sul divieto di investimenti in prodotti derivati (act. SK 306.721.316 e seg. e act. MPC 8.5.12900 e seg.). Al riguardo si rinvia a quanto già esposto al consid. III. 2.5.6 supra).
Il danno quantificato per tale cliente è di EUR 510'604.56 e USD 1'520'473.55.
2.5.20.6 Il conto “R17a.” (1.1.1.1.15) vede sempre K. quale ADE. A., in merito a questa relazione, ha dichiarato che fino all'ultimo il cliente ha firmato i benestare. L'imputato avrebbe acquistato prodotti Banca 1 e il cliente non avrebbe mai eccepito nulla, firmando i benestare (verbale di A. del 10 aprile 2017, act. MPC 13.2.954-955).
Per tale conto vi sono due benestare.
Al benestare datato 2 febbraio 2011 è allegata una situazione patrimoniale, con delle posizioni titoli Banca 1 corrette (act. MPC 8.5.13311-13320). Le stesse sono, pertanto, state riconosciute dal cliente e stralciate dalla tabella di cui al rapporto finanziario (act. SK 306.262.1.56) e dall'allegato 1 dell'atto d'accusa.
Vi è un ulteriore benestare, datato 29 novembre 2011 (firmato dalla moglie di K.), la cui situazione patrimoniale presenta delle posizioni titoli Banca 1, in parte corrette e in parte fuorvianti, in quanto non attuali e non in linea con l'andamento del titolo a quel momento (act. MPC 8.5.13126 e 13386-13394).
Come già ritenuto per la relazione intestata a Società 6 srl, alle cui motivazioni si rinvia (v. supra consid. III. 2.5.20.2, paragarfo 10) con la sottoscrizione del benestare 29 novembre 2011, il cliente ha approvato ed accettato quelle operazioni indicate come corrette (posizioni peraltro stralciate anche dal MPC nella tabella di cui al rapporto finanziario, act. SK 306.262.1.57), ma non gli investimenti esposti in maniera fuorviante e neppure quelli precedenti già conclusi (e non contemplati nella situazione patrimoniale).
Per tutti gli investimenti posteriori al 29 novembre 2011, non vi sono elementi concreti per ritenere che gli stessi siano stati resi noti al cliente, rispettivamente che egli li abbia accettati, non bastando al riguardo le sole dichiarazioni di A. Si rinvia anche alle ulteriori considerazioni espresse al considerando III. 2.5.20.2, paragrafo 10 supra -
Il danno quantificato per tale cliente è di EUR 139'188.71 e USD 41'660.94.
2.5.20.7 Per il conto “R21.” (1.1.1.1.17), di cui gli accusatori privati E. sono ADE, secondo la ricostruzione effettuata nel rapporto finanziario della PGF del 25 marzo 2021 (act. SK 306.262.1.62-63), sono state effettuate le seguenti operazioni di compravendita di prodotti strutturati Banca 1.
Intestazione relazione | Data scrittura | Data valuta | Moneta | Addebiti | Accrediti | Titolo acquistato | ISIN | Nominali | Prezzo | Giustificativi bancari |
R21. | 31.01.2012 | 02.02.2012 | EUR | 49'737.81 | 10.70% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-24.01.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 17.01.2013 | […] | 50'000.00 | 99.30% | MPC 07-02-010-09-00004; MPC 07-02-010-05-00021 | |
R21. | 18.05.2012 | 23.05.2012 | EUR | 31'760.88 | 10.70% BANCA 1 Barrier Reverse Convertible 2011-24.01.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 17.01.2013 | […] | 50'000.00 | 64.00% | MPC 07-02-010-09-00004; MPC 07-02-010-05-00032 | |
R21. | 03.02.2012 | 08.02.2012 | EUR | 22'556.68 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 02.08.13 on SOCIETÀ 12 exp. 25.07.13 | […] | 30'000.00 | 74.90% | MPC 07-02-010-09-00004; MPC 07-02-010-05-00022 | |
R21. | 25.09.2012 | 28.09.2012 | EUR | 22'416.25 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 02.08.13 on SOCIETÀ 12 exp. 25.07.13 | […] | 30'000.00 | 75.00% | MPC 07-02-010-09-00004; MPC 07-02-010-05-00036 | |
R21. | 21.05.2012 | 24.05.2012 | EUR | 32'084.99 | BANCA 1 Barrier Discount Certificates 2012- 21.11.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 14.11.2013 | […] | 50'000.00 | 64.00% | MPC 07-02-010-09-00004; MPC 07-02-010-05-00033 | |
R21. | 22.11.2012 | 27.11.2012 | EUR | 33'540.17 | BANCA 1 Barrier Discount Certificates 2012- 21.11.2013 on SOCIETÀ 14 exp. 14.11.2013 | […] | 50'000.00 | 67.25% | MPC 07-02-010-09-00005; MPC 07-02-010-05-00039 | |
R21. | 21.03.2013 | 26.03.2013 | EUR | 14'262.32 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 25.10.13 on SOCIETÀ 13 exp. 18.10.13 | […] | 150'000.00 | 9.45% | MPC 07-02-010-09-00006; MPC 07-02-010-05-00046 | |
R21. | 25.10.2013 | 25.10.2013 | EUR | 0.00 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 25.10.13 on SOCIETÀ 13 exp. 18.10.13 | […] | 150'000.00 | 0.00% | MPC 07-02-010-05-00047; MPC 07-83-01-03-0246 | |
R21. | 27.09.2012 | 08.10.2012 | EUR | 20'183.73 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 08.04.14 on SOCIETÀ 12 exp. 24.03.14 | […] | 30'000.00 | 67.00% | MPC 07-02-010-09-00005; MPC 07-02-010-05-00037 | |
R21. | 29.11.2012 | 04.12.2012 | EUR | 20'672.64 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 08.04.14 on SOCIETÀ 12 exp. 24.03.14 | […] | 30'000.00 | 70.50% | MPC 07-02-010-09-00005; MPC 07-02-010-05-00040 | |
R21. | 05.12.2012 | 06.12.2012 | EUR | 32'187.29 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 08.12.2014 on SOCIETÀ 14 exp. 24.11.14 | […] | 50'000.00 | 64.20% | MPC 07-02-010-09-00005; MPC 07-02-010-05-00041 | |
R21. | 21.03.2013 | 26.03.2013 | EUR | 18'210.21 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 08.12.2014 on SOCIETÀ 14 exp. 24.11.14 | […] | 30'000.00 | 61.00% | MPC 07-02-010-09-00006; MPC 07-02-010-05-00045 | |
R21. | 08.12.2014 | 08.12.2014 | EUR | 8'382.98 | BANCA 1 Barrier Discount Certificate 2012- 08.12.2014 on SOCIETÀ 14 exp. 24.11.14 | […] | 20'000.00 | 41.91% | MPC 07-02-010-05-00104 | |
R21. | 06.12.2012 | 13.12.2012 | EUR | 20'183.69 | BANCA 1 Express Certificate 2012-14.12.15 on SOCIETÀ 12 exp. 30.11.15 | […] | 30'000.00 | 67.00% | MPC 07-02-010-09-00005; MPC 07-02-010-05-00042 | |
R21. | 09.12.2013 | 09.12.2013 | EUR | 22'500.00 | BANCA 1 Express Certificate 2012-14.12.15 on SOCIETÀ 12 exp. 30.11.15 | […] | 30'000.00 | 75.00% | MPC 07-02-010-05-00048 |
Totale addebiti e accrediti esclusi gli importi delle
operazioni elencate nella nota 12
Le operazioni barrate in rosso non sono state prese in considerazione dall'accusa come posta di danno, in quanto le stesse erano indicate in maniera corretta nella situazione patrimoniale e i clienti risultano avere sottoscritto il relativo benestare.
Agli atti vi sono tre benestare. Il primo, datato 16 giugno 2009 (act. MPC 8.5.162169), è precedente a tutti gli investimenti in prodotti derivati Banca 1 e, quindi, non viene qui esaminato.
Gli altri due datano 21 febbraio 2012 (act. MPC 8.5.16205) e 11 settembre 2012 (act. MPC 8.5.16198).
Allegata al benestare 21 febbraio 2012, vi è una situazione patrimoniale (act. MPC 8.5.16201-16204), con esposta una posizione titoli Banca 1 corretta e una con un corso di mercato non in linea con l'andamento del titolo in quel periodo (si tratta di EUR 30'000.-- Banca 1 Barrier Discount Certificate on Società 12, prezzo d'acquisto 75.1889, corso/prezzo di mercato 98.2750% al 18 febbraio 2012).
La situazione patrimoniale allegata al benestare 11 settembre 2012 presenta, invece, due posizioni di titoli Banca 1 esposte in maniera corretta (act. MPC 8.5.16195-16197). Una di queste due posizioni è il titolo di EUR 30'000.-- (Società 12) sopra citato, il quale è stato venduto a fine settembre a 75%, generando un utile. Ne consegue che con la sottoscrizione del benestare 11 settembre 2012, i clienti hanno preso atto degli investimenti in prodotti strutturati Banca 1 ed hanno approvato l'operato di A. fino a quel momento. Tali investimenti sono già stati stralciati dal MPC nella tabella di cui al rapporto finanziario e dall'allegato 1 dell'atto d'accusa.
Per gli investimenti in prodotti strutturati Banca 1, successivi all'11 settembre 2012, non vi sono elementi per ritenere che i clienti ne abbiano preso conoscenza e li abbiano accettati.
Il danno quantificato per tale cliente è di EUR 17'051.20.
A., con riferimento a questi clienti, ha dichiarato di non poter riferire nulla, in quanto non era una relazione bancaria da lui gestita (verbale di A. del 10 aprile 2017, act. MPC 13.2.955). In sede di arringa, la difesa dell'imputato ha sostenuto che A. non ha mai avuto alcun contatto con i clienti E. Egli non ha fatto firmare loro il profilo d'investimento e, in buona fede, era tenuto a pensare che il suo collaboratore, B., agisse secondo quanto concordato con gli stessi (v. arringa della difesa di A., act. SK 306.721.318). La Corte rileva che si trattava, effettivamente, di clienti portati in Società 2 SA da B. Tuttavia, come già esposto per il cliente “R16.” (v. supra consid. III. 2.5.17), A., in sede di confronto, ha confermato che, sulla base delle indicazioni di B. circa l'importo da investire, sceglieva in cosa investire e lo comunicava a B. (act. MPC 13.12.18). Si può pertanto ritenere che è A. ad avere effettuato gli investimenti in derivati per il conto “R21.”. Inoltre, A., in veste di organo formale di Società 2 SA, era, comunque tenuto, a conoscere il contenuto del mandato di gestione patrimoniale sottoscritto dai clienti E. Si precisa che i E. sono pure titolari del conto denominato “R49.” presso Banca 9a Ltd, oggetto dell'ipotesi di amministrazione infedele qualificata imputata a B.
2.5.20.8 Per il conto “R25.” (n. 1.1.1.1.21), dal rapporto finanziario risulta la compravendita di soli due prodotti strutturati Banca 1, la prima tra il 19 maggio 2011 e il 17 gennaio 2012, la seconda tra il 19 gennaio 2012 e il 15 giugno 2012 (act. SK 306.262.1.70).
Per questa relazione, A. ha dichiarato che, la cliente si recava da lui una volta al mese. Sui prodotti Banca 1, A. ha indicato di essere stato molto trasparente e la cliente non ha mai avuto nulla da eccepire e firmava i benestare (v. verbale di A. del 10 aprile 2017, act. MPC 13.2.956).
Agli atti vi sono cinque benestare.
I primi due, di data 20 aprile 2012 (act. MPC 8.5.20037-38 e 20151-20157) e 14 giugno 2012 (act. MPC 8.5.20034 e 20158-20164), presentano una situazione patrimoniale in cui risulta il medesimo prodotto Banca 1 (EUR 35'000.-- Banca 1 Barrier Discount Certificate on Società 13, prezzo d'acquisto 61.6406%, corso di mercato al 100%) con un corso/prezzo di mercato non in linea con l'andamento del titolo a quel momento, in quanto tendeva al ribasso. I titoli risultano essere stati venduti il 20 giugno 2012 a 31%, generando una perdita del 50%. Ne consegue che, il cliente ha firmato dei benestare che presentavano una situazione patrimoniale che non corrispondeva a quella reale. Non si può, pertanto, ritenere che la titolare della relazione abbia accettato l'operato di A., né per quanto concerne gli investimenti in strutturati Banca 1 presenti nella situazione patrimoniale, né per quanto concerne l'investimento già concluso (al 17 gennaio 2012, peraltro con una perdita), e che quindi non figurava nell'estratto patrimoniale.
Gli ultimi tre benestare, firmati dal cliente il 17 settembre 2012 (act. MPC 8.5.20030), il 22 novembre 2012 (act. MPC 8.5.20026) e il 19 febbraio 2013 (act. MPC 8.5.20019), non presentano, nell'estratto patrimoniale, investimenti in prodotti Banca 1 (ma titoli Società 18a. e Fondo 2, esposti in maniera fuorviante, v. infra consid. III. 3. e 5).
Il fatto che la cliente abbia approvato, con la firma del benestare ancora al 19 febbraio 2013, lo stato del suo patrimonio a quel momento non sta a significare che la stessa abbia approvato gli investimenti precedenti effettuati da A. che hanno generato delle perdite.
Non essendovi agli atti ulteriori elementi a comprova del fatto che la titolare di “R25.” fosse stata informata in maniera corretta degli investimenti in strutturati Banca 1, si deve concludere che A. ha violato i propri doveri, non essendo sufficienti al riguardo le sue dichiarazioni.
Il danno quantificato per tale cliente è di EUR 28'151.70.
2.5.20.9 Con riferimento al conto “R31.” (1.1.1.1.26), il cui titolare e avente diritto economico è D., costituitosi accusatore privato nel presente procedimento, si rileva che A. ha iniziato ad investire in prodotti derivati Banca 1 al 25 novembre 2011 (act. SK 306.262.1.80). Il patrimonio del cliente “R31.”, al momento del conferimento del mandato di gestione ad A. nel 2005 ammontava a oltre CHF 10 milioni.
A. ha dichiarato che al cliente piaceva investire in azioni. A. avrebbe fatto del trading per conto del cliente e acquistato prodotti strutturati Banca 1. Il conto è stato in seguito chiuso e il cliente avrebbe firmato il benestare. A. ha pure riferito che D. non ha mai sollevato censure sugli investimenti in Banca 1 (v. verbale di A. del 17 aprile 2017, act. MPC 13.2.958).
Per quanto attiene alla posizione di D. si rinvia a quanto esposto al consid. III. 2.5.6 supra.
Agli atti vi sono tre benestare.
Il primo benestare del 28 novembre 2011 (act. MPC 8.5.2659 e 2649-2658), non presenta, nell'estratto patrimoniale, nessuna posizione titoli Banca 1. Questo, malgrado, a quel momento, vi fossero dei titoli Banca 1 in portafoglio (venduti il giorno seguente, act. MPC 7.2.54.9.3). D. non ha potuto, quindi, prendere atto, in occasione della firma del benestare, dell'investimento in strutturati Banca 1.
Al benestare 5 giugno 2012 (act. MPC 8.5.2772) non è allegata nessuna situazione patrimoniale. Ne consegue che, anche in questa occasione, D. non può avere preso atto con cognizione degli investimenti in strutturati Banca 1 effettuati fino a quel momento ed averli approvati. Si ricorda che questa tipologia di gestione non era conforme al mandato.
L'ultimo benestare è datato 5 marzo 2013 (act. MPC 8.5.2770). Allo stesso è allegata una situazione patrimoniale (act. MPC 8.5.2527-2536) che presenta una posizione titoli Banca 1, esposta con un corso/prezzo di mercato corretto. Tale investimento è già stato stralciato dal rapporto finanziario e non è stato preso in considerazione come posta di danno nell'atto d'accusa. Dopo il 5 marzo 2013 non risultano essere stati effettuati ulteriori investimenti in prodotti strutturati Banca 1 sul conto “R31.”.
Occorre chiedersi se, con la firma del benestare 5 marzo 2013, il titolare di “R31.”, avendo preso atto di almeno un investimento in prodotti strutturati Banca 1 (indicato in maniera corretta), come pure dello stato del suo patrimonio a quel momento, ha accettato questa tipologia d'investimento ed approvato l'operato di A. svolto fino a quel momento.
Si rileva al riguardo che D., nello scritto 13 febbraio 2020 al MPC (act. MPC 15.21.57-59), ha indicato di non ricordarsi di avere sottoscritto il benestare 5 marzo 2013, pertanto lo ha prudenzialmente contestato.
A prescindere da queste ultime considerazioni di D., il fatto che egli abbia o meno preso atto di un investimento in prodotti strutturati non implica né l'approvazione dei precedenti dieci investimenti (v. tabelle del rapporto finanziario act. SK 306.262.1.80-83), a lui non noti, né l'accettazione della strategia d'investimento adottata da A. (vedasi anche quanto esposto al consid. III. 2.5.20.2, paragrafo 10 supra per Società 6 srl).
Vero che a quel momento, D. ha preso atto dello stato del suo patrimonio, che ammontava sempre a oltre CHF 10 milioni (quindi in linea con il suo apporto iniziale). Va tuttavia precisato che, come già ritenuto per il conto “R25.”, nell'estratto patrimoniale figuravano anche altri titoli, in particolare azioni Società 18a. che presentavano valori fuorvianti (v. infra consid. III. 3 e segg.). Ne consegue che l'ammontare del patrimonio di oltre CHF 10 milioni indicato sul benestare non corrispondeva alla reale situazione e il cliente non ha potuto determinarsi con cognizione di causa in merito alla concreta perdita derivante dagli investimenti Banca 1 (che ammonta a CHF 645'625.52 e a EUR 22'761.79, v. act. SK 306.262.1.80-83). Va anche detto che si trattava di un importante patrimonio e, non è esigibile dal cliente, che si fidava di A. e si recava raramente presso gli uffici di Società 2 SA, che egli esaminasse approfonditamente ogni posizione del proprio portafoglio, dal momento che il totale dei suoi averi, così come esposti, era in linea con la gestione conservativa da egli auspicata. Si ribadisce che, in aula, A. ha precisato che i clienti non erano rigorosi nell'esaminare la documentazione e si limitavano a guardare la posizione il saldo (act. SK 306.731.18).
Con l'arringa dibattimentale, A. ha sostenuto che D., in denuncia, ha indicato che durante le sue visite presso gli uffici della Società 2 SA, A. lo informava sulla strategia d'investimento perseguita e gli mostrava le posizioni del portafoglio. La difesa ha, così, dedotto che, D. non si sarebbe mai opposto agli investimenti, malgrado il profilo d'investimento sottoscritto (v. arringa della difesa di A., act. SK 306.721.320). La deduzione fatta dalla difesa dell'imputato non può essere condivisa. D., nella sua denuncia, ha indicato che A. gli mostrava delle valutazioni patrimoniali positive e in linea con le aspettative (act. MPC 5.11.5). L'accusatore privato ha, inoltre, affermato che A., sfruttando la fiducia che il cliente riponeva in lui, gli avrebbe nascosto la realtà degli investimenti effettuati, e non lo avrebbe mai informato dei rischi connessi agli investimenti, presentandogli situazioni patrimoniali inveritiere (act. MPC 5.11.9). Visto quanto esposto al paragrafo che precede, anche se tra D. e A. non vi è stato alcun confronto, agli atti vi sono elementi a sostegno delle affermazioni dell'accusatore privato, secondo cui egli non aveva contezza degli investimenti messi in atto dall'imputato. I benestare presenti agli atti, danno, infatti atto, di un patrimonio dell'ordine di CHF 10 milioni (quindi in linea con la strategia conservativa auspicata al cliente), ma le situazioni patrimoniali, laddove allegate, presentano delle posizioni con valori non corretti, riferite a titoli (definiti dal denunciante, spazzatura), che non valevano nulla, come S18a. e Fondo 2.
2.5.21 Alla luce di tutto quanto precede, A. ha agito contrariamente ai mandati di gestione a lui conferiti e in violazione dei propri doveri, compreso quello di informazione, per tutti i clienti di cui al capo n. 1.1.1.1 dell'atto d'accusa (in specie da n. 1.1.1.1.1 a n. 1.1.1.1.26), ad eccezione del capo n. 1.1.1.1.16 (conto “R20.”).
Con il suo comportamento A. ha cagionato ai propri clienti un danno, corrispondente alle perdite generate dagli investimenti in prodotti strutturati Banca 1 (pari alla differenza tra il prezzo di vendita e quello di acquisto dei titoli) di cui alle tabelle del rapporto finanziario (act. SK 306.262.1.17-83) e all'allegato 1 dell'atto d'accusa. Lo stesso ammonta a complessivi CHF 617'604.94, EUR 1'861'361.76 (invece degli EUR 1'505'352.58 indicati nell'atto d'accusa) e USD 1'716'206.40 (invece degli USD 1'711'203.21 dell'atto d'accusa).
Si rileva che, l'ammontare del danno tiene conto delle perdite generate sul conto “R20.” (EUR 18'264.78, capo d'accusa 1.1.1.1.16 per il quale A. viene prosciolto (v. supra consid. III. 2.5.19); mentre è stato adeguato alla diminuzione delle perdite riferite al conto “R7.” (da USD 66'702.78 a USD 57'758.37, v. supra consid. III. 2.5.20.3).
Si osserva, inoltre, che il danno complessivo per il capo d'accusa 1.1.1.1, quantificato dal MPC a pagina 6 dell'atto d'accusa in CHF 617'604.94, EUR 1'505'352.58 e USD 1'711'203.21, non corrisponde, ad ogni modo, alla somma delle singole perdite indicate dal MPC nei singoli capi d'accusa, che dà cifre superiori a quelle complessive indicate dall'accusa.
2.6 Mancata informazione ai clienti dell'incasso delle retrocessioni da investimenti in prodotti strutturati Banca 1
2.6.1 A., a nome e per conto della Società 2 SA, ha sottoscritto, in data 28 gennaio 2011, un contratto di distribuzione con Banca 1, denominato “Referrals and Distribution of Financial Products issued by Banca 1 (Guernsey) Ltd” (act. MPC 7.83.1.1 e segg.). L'accordo prevedeva il pagamento, da parte di Banca 1, di commissioni di consulenza e di intermediazione finanziaria sulla base del volume di prodotti strutturati venduti. L'aliquota (cioè la percentuale di commissione) riconosciuta sarebbe variata a dipendenza della tipologia del prodotto strutturato venduto.
Nell'ambito dell'inchiesta sono state rinvenute 93 fatture (46 nel 2011, 40 nel 2012 e 7 nel 2013) emesse dalla Società 2 SA, dalle quali risulta che la percentuale delle retrocessioni corrisposte da Banca 1 variava da un minimo del 1.75% ad un massimo del 3.50%, calcolata sul valore nominale del prodotto strutturato acquistato (v. rapporto finanziario della PGF del 9 maggio 2017, act. MPC 10.2.1043).
Secondo l'ipotesi accusatoria, sulla base delle citate fatture, A. avrebbe incassato da Banca 1 a titolo di retrocessioni riferite ai 44 clienti di cui alla tabella del punto 1.1.1.2 dell'atto d'accusa (a loro insaputa e senza riversargliele) complessivamente CHF 204'875.--, EUR 603'938.76 e USD 417'271.60 (v. rapporto finale di PGF del 25 marzo 2021, act. SK 2020.27 306.262.1.84 e segg.).
2.6.2 A., interrogato in merito all'incasso delle retrocessioni, ha riferito che le medesime sono state percepite dalla sua Società 2 SA, in base ad un contratto in essere con la Banca 1 (v. verbale finale di A. del 19 dicembre 2019, act. MPC 13.2.1900 e segg., in particolare 13.02.1925). Egli non contesta il fatto che la sua società abbia incassato delle retrocessioni a seguito degli investimenti nei prodotti strutturati Banca 1 (investimenti che l'imputato sostiene avere effettuato nell'interesse dei clienti in quanto credeva in tali prodotti). A suo dire, però, tali retrocessioni spettavano al gestore patrimoniale (ad A. e/o alla sua società) e ciò era espressamente indicato nei contratti di gestione patrimoniale sottoscritti dai clienti (v. verbale di A. del 10 aprile 2017, act. MPC 13.2.939 e segg., in particolare 13.2.961-962, 964). Egli non avrebbe, quindi, violato il proprio dovere di informazione. L'imputato ha, ad ogni modo, dichiarato di non avere espressamente informato i suoi clienti delle retrocessioni che Società 2 SA incassava (v. verbale finale di A. del 19 dicembre 2019, act. MPC 13.2.1927). Non sarebbe mai entrato nel merito della questione con loro, in quanto riteneva di essere coperto da una specifica clausola contenuta nei contratti di gestione patrimoniale (v. verbale di A. del 19 dicembre 2019, act. MPC 13.2.1927). A detta di A., i mandati di gestione patrimoniale prevedevano una clausola con cui i clienti rinunciavano alle retrocessioni. Il modello contrattuale (sia per i mandati di gestione patrimoniale sottoscritti sotto il cappello Società 3, sia per quelli sottoscritti con la ragione sociale Società 2 SA) sarebbe stato preparato ad hoc dall'ufficio Compliance di Z. di Banca 2 al fine di evitare che le retrocessioni dovessero essere restituite ai clienti (v. verbale di A. del 19 dicembre 2019, act. MPC 13.2.1926). L'imputato non avrebbe informato i clienti del fatto che la sua società incassava delle retrocessioni in quanto lo dava per scontato.
I clienti, a suo dire, sapevano che egli non lavorava gratuitamente (v. verbale di A. del 19 dicembre 2019, act. MPC 13.2.1927).
In aula, l'imputato ha confermato nuovamente che la Società 2 SA ha incassato le retrocessioni derivanti dagli investimenti in prodotti strutturati Banca 1 effettuati per i clienti elencati ai capi d'accusa da n. 1.1.1.2.1 a n. 1.1.1.2.44 e di non avere informato i clienti di tale incasso (act. SK 306.731.15 e 22). A., inoltre, ha ribadito che si riteneva coperto dal mandato di gestione patrimoniale. Egli, dopo avere preso visione dei contratti di gestione, a precisa domanda della Presidente della Corte, ha indicato che dal punto 4 delle due tipologie di contratti di mandato (sia quelli conclusi sotto il cappello di Società 3, sia quelli conclusi sotto il cappello della Società 2 SA) emergeva che Società 3/Società 2 SA avrebbero incassato delle retrocessioni e che i clienti vi avrebbero rinunciato, precisando di ricordare un testo diverso, ma di non vedere, sul contratto, altri punti riguardanti le retrocessioni (act. SK 306.731.22).
2.6.3 Delle 44 relazioni bancarie toccate dalla problematica retrocessioni dei prodotti strutturati Banca 1, solo i titolari di 3 di esse si sono espressi al riguardo, e meglio G. (relazione intestata a Società 6 srl), NNN. (titolare della relazione intestata alla Società 1 srl) e H. (titolare della relazione “R18.”).
G., titolare della relazione intestata a Società 6 srl, nella sua denuncia penale del 15 maggio 2014 (act. MPC 5.7.1-3), ha rimproverato ad A. di non avere rispettato le direttive della legge svizzera, non avendo reso pubblico l'incasso delle retrocessioni.
Il titolare della Società 1 srl, NNN., nella lettera di costituzione quale accusatore privato del 21 luglio 2017 (act. MPC 15.26.1), ha indicato che i contratti sottoscritti in data 18 gennaio 2011 con Banca 2 (riferendosi probabilmente al gestore patrimoniale Società 3) erano privi della necessaria informazione circa commissioni di retrocessione ad A.
H., titolare della relazione denominata “R18.”, nello scritto di costituzione quale accusatore privato del 21 luglio 2017, ha comunicato di non essere mai stato informato né da A., né da B. (quest'ultimo suo intermediario bancario) dell'acquisto di prodotti strutturati Banca 1 e delle retrocessioni derivanti dall'acquisto degli stessi (act. MPC 15.25.1).
Le altre persone danneggiate che hanno denunciato A. (e in un caso anche B.) e che si sono espresse in merito all'intera fattispecie concernente gli investimenti in prodotti strutturati (indicando di non averli mai autorizzati, né di esserne a conoscenza, v. supra consid. III. 2.5.6), nulla hanno riferito in merito alle retrocessioni.
D., titolare della relazione denominata “R31.”, nella denuncia penale del 24 aprile 2017 (act. MPC 5.11.3-10), si è espresso unicamente sugli investimenti nei prodotti strutturati Banca 1, ma non sulle retrocessioni (delle quali, verosimilmente a quel momento non era a conoscenza, dato che A. non ha informato i clienti).
Medesimo discorso per i titolari del conto denominato “R21.” (E3., E2. e E1.), i quali, nella denuncia penale del 4 agosto 2014 (act. MPC 5.8.10-20) e nel verbale d'interrogatorio di E1. del 12 febbraio 2015 (act. MPC 12.28.1-17), non hanno accennato né agli investimenti in prodotti strutturati, né alla questione delle relative retrocessioni.
Anche K., titolare delle relazioni denominate “R17.” e “R17a.”, nella propria denuncia penale del 30 luglio 2013 (act. MPC 5.6.5-29), nonché nel suo verbale d'interrogatorio del 28 agosto 2013 (act. MPC 12.24.1-9), nulla ha riferito (forse perché non al corrente), delle retrocessioni incassate da Società 2 SA. Egli ha unicamente ipotizzato il possibile incasso da parte delle società di A. di retrocessioni, corrisposte dalla Banca 2, senza che il cliente ne fosse informato (act. MPC 5.6.16).
I denuncianti di cui sopra nulla hanno riferito circa le retrocessioni. Questo dimostra, ancora di più, che ignoravano l'incasso delle stesse da parte dell'imputato.
2.6.4 Alla luce delle dichiarazioni di A., come pure delle posizioni delle persone danneggiate che si sono espresse, nonché di quanto accertato in merito agli investimenti in prodotti strutturati Banca 1, in particolare per quanto concerne il churning (vedi supra consid. III. 2.5.11), si può ragionevolmente ritenere che i clienti non siano stati espressamente informati da A. (o da altri) in merito all'incasso delle retrocessioni da parte di Società 2 SA, derivante dagli investimenti nei prodotti strutturati Banca 1.
2.6.5 Occorre ora stabilire se A. fosse, come egli sostiene, effettivamente tutelato dalle clausole presenti nei contratti di gestione patrimoniale che Società 3 (prima) e Società 2 SA (in seguito, a far tempo dal 1 gennaio 2011) hanno sottoscritto con i clienti. In particolare è necessario verificare se le clausole contenute nei mandati fossero sufficienti per ritenere che i clienti fossero compiutamente informati sulle retrocessioni, rispettivamente se essi avessero espressamente rinunciato al loro incasso a favore della società di A.
2.6.5.1 Come detto, le disposizioni concernenti il mandato (art. 394 e segg. CO) si applicano ai mandati di gestione patrimoniale (DTF 132 III consid. 4.1). Richiamate la dottrina e giurisprudenza esposte al considerando III. 1.2.5 supra, ai sensi dell'art. 400 cpv. 1 CO, il mandatario, ad ogni richiesta del mandante, è obbligato a rendere conto del suo operato ed a restituire tutto ciò che a qualsiasi titolo ha ricevuto in forza del mandato. L'obbligo di restituzione verte non soltanto sui beni che il mandatario riceve direttamente dal mandante nell'ambito dell'esecuzione del mandato, bensì concerne pure tutti i vantaggi indiretti che il mandatario consegue con l'esecuzione del mandato. Le retrocessioni - incassate dal mandatario a seguito di atti di gestione nel contesto del mandato - trattandosi di attribuzioni generate dalla gestione dei beni del mandante, devono essere restituite al mandante in virtù dell'art. 400 cpv. 1 CO (DTF 132 III 460 consid. 4.1). Nella citata DTF 132 III 460, l'Alta Corte, seguendo la tesi della dottrina dominante, ha ritenuto che è possibile derogare alla restituzione al mandante delle retrocessioni, solo in presenza di un accordo con il quale, quest'ultimo rinuncia, anche per il futuro, a tale restituzione. Tuttavia, affinché un accordo di questo tipo sia valevole occorre che il mandante sia informato in maniera esaustiva e conforme alla verità in merito alle retrocessioni e che la volontà di rinuncia deve emergere chiaramente dall'accordo (DTF 132 III 460 consid. 4.2, con i riferimenti ivi citati).
In una sentenza (sentenza del Tribunale federale 6B_910/2019 del 15 giugno 2019 consid. 4.2), il Tribunale federale ha ribadito che il gestore patrimoniale deve informare i suoi clienti delle retrocessioni che riceve dalla banca depositaria. In caso contrario, è passibile di un'azione penale per amministrazione infedele (DTF 144 IV 294 consid. 3; sentenze del Tribunale federale 6B_910/2019 consid. 4.2 e 6B_54/2019 del 3 maggio 2019 consid. 4.3). Il cliente può rinunciare alle retrocessioni (DTF 137 III 393 consid. 2.2). Affinché, una rinuncia anticipata alle retrocessioni sia valida, il cliente deve essere a conoscenza dei parametri necessari per calcolare l'importo totale delle retrocessioni e deve poterli confrontare con la commissione di gestione concordata con il gestore. Per poter procedere in questo senso, il cliente deve almeno essere informato sulle cifre chiave indicate negli accordi sulle retrocessioni, esistenti tra il gestore patrimoniale e i terzi, nonché sull'entità delle retrocessioni previste negli accordi. Quest'ultimo requisito è soddisfatto se, in caso di rinuncia anticipata del cliente alle retrocessioni, l'importo delle retrocessioni è indicato in percentuale del patrimonio gestito (DTF 137 III 393 consid. 2.4).
La Circolare FINMA 2009/1, entrata in vigore dal 1 gennaio 2009, ha stabilito delle “Regole quadro per la gestione patrimoniale” (di seguito: Circ. FINMA 2009/1). Con riferimento alla remunerazione del gestore patrimoniale, la circolare (in vigore al momento dei fatti) indica che il gestore patrimoniale regola, nei contratti stipulati con i propri clienti in forma scritta (oppure negli allegati) il genere, le modalità e le componenti della propria remunerazione. Il mandato di gestione patrimoniale stabilisce a chi competono eventuali prestazioni che il gestore patrimoniale riceve da terzi in stretta relazione con l'incarico o nell'ambito dell'esecuzione dello stesso. Il gestore patrimoniale attira l'attenzione dei propri clienti sui conflitti d'interesse che possono sorgere dall'accettazione di prestazioni di terzi. Egli informa inoltre i propri clienti sui parametri di calcolo o sulle fasce delle prestazioni che riceve o potrebbe ricevere da terzi. A tale proposito, effettua nel limite del possibile una distinzione delle diverse categorie di prodotti (v. Circ. FINMA 2009/1 nm. 27-30).
Gli incassi delle retrocessioni che vengono qui imputati ad A., concernevano il periodo da gennaio 2011 a marzo 2013, quindi posteriore all'entrata in vigore della succitata circolare.
2.6.5.2 In merito ai compensi del gestore patrimoniale (in concreto di Società 3, divenuta poi Società 2 SA), i mandati di gestione patrimoniale con delega a professionisti esterni sottoscritti dai clienti di A. (v. ad esempio act. MPC 8.5.16642-16643 riferito al titolare della relazione “R1.”) non contenevano alcuna indicazione circa eventuali compensi (come possono essere le retrocessioni) corrisposti da terzi (come può essere la Banca 1). Questi mandati facevano unicamente riferimento alla commissione di gestione (compenso e spese del mandatario) che Banca 2 poteva addebitare dai conti dei mandanti su presentazione della relativa fattura; rispettivamente alle retrocessioni che la banca (e non terzi) versava al mandatario per affari da lui procacciati (il contratto specificava però che al mandatario incombeva di fornire al mandante le dovute spiegazioni).
In merito invece ai contratti di mandato di gestione patrimoniale tra Società 3, rispettivamente Società 2 SA, e i clienti della società, la formulazione della clausola n. 4, riferita alla remunerazione del gestore di patrimoni, differiva a seconda che si trattava di un mandato sottoscritto sotto il cappello Società 3 (che concerne la maggior parte dei clienti) o di un mandato sottoscritto dopo il 2011, sotto la ragione sociale Società 2 SA.
2.6.5.3 La clausola n. 4 dei mandati di gestione patrimoniale, che sono stati sottoscritti sotto il cappello di Società 3 fino alla fine del 2010 (v. ad esempio quello riferito alla relazione “R1.”, act. MPC 8.5.16660-16664), prevedeva un onorario di gestione (“management fee”) la cui percentuale variava da un cliente all'altro, ma era al massimo pari all'1% annuo sugli attivi investiti. Inoltre tale clausola presentava la seguente dicitura: “Il cliente prende atto del fatto che potranno incorrere alcuni pagamenti fra il Gestore di patrimoni e terzi, ad esempio per commissioni d'intermediazione, abbuoni, partecipazioni a determinate transazioni. Il Cliente non intende avanzare pretese di alcun genere al riguardo”.
2.6.5.4 Per quanto attiene invece ai mandati sottoscritti sotto il cappello di Società 2 SA, che concernevano unicamente la gestione di 5 relazioni bancarie (in specie, Società 1 srl, “R34.”, “R35.”, “R36.” e “R37.”), la dicitura sub consid. III. 2.6.5.3 era formulata diversamente e recitava: “Nell'ambito delle transazioni svolte, possono spettare al Gestore di patrimoni determinati corrispettivi (anche sotto forma di retrocessioni o di altri vantaggi a carattere pecuniario) per un importo annuo complessivo che in media non supera il 2% dei valori patrimoniali affidatile in gestione. Tale percentuale si riferisce alla media degli ultimi tre anni o, nel caso di relazione contrattuale di minor durata, al periodo effettivo di almeno un anno. Il Cliente acconsente al fatto che il Gestore di patrimoni trattenga per sé, quale ulteriore compenso per le sue prestazioni, l'ammontare di detti corrispettivi e non li debba trasferire ai clienti” (v. ad esempio mandato riferito alla relazione intestata alla Società 1 srl, act. MPC 8.5.16835-16839).
2.6.5.5 La Corte ritiene che, la clausola n. 4, contenuta nei mandati di gestione sottoscritti sotto il cappello Società 3 (v supra consid. II. 4.1), sia troppo vaga e generica. La stessa si limitava ad indicare la possibilità di pagamenti da parte di terzi a vario titolo (oltretutto il termine “retrocessione” mai viene utilizzato). Appare evidente che, da questa clausola, nessun cliente poteva comprendere che A., investendogli il patrimonio, avrebbe percepito o poteva percepire retrocessioni (come visto) ingenti. Del resto, A. stesso ha dichiarato di non avere mai informato i suoi clienti sulle retrocessioni che la sua società incassava.
In ogni caso, dagli atti non sono emersi elementi per ritenere che, all'infuori delle clausole contrattuali, A. abbia adempiuto in altro modo al proprio dovere di informazione circa le retrocessioni percepite da lui/dalla sua società - come impongono le regole quadro della Circ. FINMA 2009/1 (v. supra consid. III. 2.6.5.1). Non risulta che A. abbia ragguagliato i propri clienti in merito ai parametri di calcolo o sulle prestazioni che Società 2 SA avrebbe ricevuto da terzi; secondo la Circ. FINMA 2009/1, a tale proposito, egli avrebbe dovuto effettuare, nel limite del possibile, una distinzione delle diverse categorie di prodotti (ciò che non risulta sia avvenuto). Neppure emerge che A. abbia attirato l'attenzione dei clienti in merito ai possibili conflitti di interesse che avrebbero potuto insorgere a seguito dell'accettazione di prestazioni da terzi (nm. 29 Circolare FINMA 2009/1). Si rammenta infatti come l'incasso delle retrocessioni derivanti dagli investimenti in prodotti strutturati Banca 1, costituisse, per Società 2 SA, la più importante fonte di reddito (v. supra consid. III. 2.5.11.1).
Ne consegue che la frase secondo cui “Il Cliente non intende avanzare pretese di alcun genere al riguardo”, non può essere considerata come un valido accordo di rinuncia ai sensi della giurisprudenza sopra citata (DTF 132 III 460 consid. 4.2). I clienti di A. non risultano essere stati informati da quest'ultimo in maniera completa ed esaustiva in merito agli importi ai quali avrebbero rinunciato nel futuro (viene solo ventilata la possibilità di pagamenti di terzi) e neppure si può ritenere che con tale clausola vi sia stata una rinuncia esplicita.
I titolari dei conti “R3.”, “R4.”, “R6.”, “R7.”, “R9.”, “R17.”, “R20.”, “R27.”, “R13.”, “R22.”, “R23.” e “R26.”, hanno sottoscritto i contratti di mandato di gestione patrimoniale prima del 1 gennaio 2009 (data dell'entrata in vigore della Circ. FINMA 2009/1). Si ricorda che la sentenza DTF 132 III 460 risale al 22 marzo 2006 ed è quindi anteriore alla firma dei mandati di gestione. A., avveduto uomo di banca, doveva sottoporre ai propri clienti contratti di mandato conformi alle regole vigenti. Assente è una corretta informazione ai clienti in merito alle retrocessioni, rispettivamente ai possibili conflitti d'interesse. Si ricorda che gli investimenti hanno generato ingenti retrocessioni che hanno permesso la continuazione e l'esistenza dell'attività societaria. A fronte di una tale situazione era indispensabile un'informazione trasparente e completa.
Con riferimento ai titolari di “R40.”, “R42.” e “R43.”, i cui contratti sono precedenti al marzo 2006 (data della sentenza DTF 132 III 460), dall'esame degli atti risulta che, con queste persone, è stato sottoscritto solo il contratto di gestione patrimoniale con delega a professionisti esterni (che, non contiene neppure la clausola n. 4). A., per questi clienti, almeno dopo il marzo 2006, avrebbe dovuto conformarsi alle regole vigenti e informarli che la sua società avrebbe incassato delle retrocessioni. A maggior ragione, lo doveva fare con l'entrata in vigore della Circ. FINMA 2009/1, dato che nei contratti di mandato nulla era previsto. Agli atti non vi è prova alcuna che ciò sia avvenuto, né prima, né dopo il periodo 2006-2009.
2.6.5.7 La clausola n. 4, contenuta nei mandati di gestione patrimoniale sottoscritti sotto il cappello Società 2 SA (v. supra consid. II. 4.2), potrebbe sembrare più precisa e circostanziata. La stessa menzionava la possibilità di incasso delle retrocessioni, nonché una fascia delle prestazioni, fissata fino ad un massimo del 2% dei valori affidati in gestione (come previsto dal nm 30 della Circ. FINMA 2009/1). Inoltre era indicato che il cliente acconsentiva a che tali importi venissero trattenuti dal gestore patrimoniale che non li doveva trasferire ai clienti. Tuttavia, anche in questo caso - la dicitura non rispetta, a mente della Corte, le raccomandazioni vigenti in questo ambito. Non risulta, né dal contratto di mandato, né da altri atti, che l'imputato abbia attirato l'attenzione dei clienti sui conflitti di interesse che sarebbero potuti sorgere dall'accettazione di prestazioni da terzi. Lo stesso A. si limita a dichiarare che si sarebbe ritenuto coperto circa l'incasso delle retrocessioni verso i clienti da queste clausole che, come visto, erano troppo vaghe per permettere ai clienti di rendersi conto della reale situazione in ambito di percezione delle retrocessioni.
Ne consegue che, anche per i mandati sottoscritti sotto il cappello Società 2 SA, la rinuncia dei clienti alle retrocessioni non può essere considerata valida, poiché gli stessi non erano debitamente informati al riguardo.
Non va dimenticato che il solo ad avere guadagnato, grazie all'incasso delle retrocessioni, è stato A. Nessun investitore-cliente sarebbe d'accordo che sia solo il suo gestore e non egli medesimo ad ottenere guadagni dagli investimenti. È praticamente certo che se gli investitori avessero saputo l'entità delle retrocessioni mai avrebbero affidato i loro averi ad A.
2.6.5.8 A. non può, neppure, invocare che i contratti di mandato erano stati preparati ad hoc dal Compliance di Z. di Banca 2 al fine di evitare che le retrocessioni dovessero essere restituite ai clienti (v. verbale d'interrogatorio del 19 dicembre 2019, act. MPC 13.2.1926 e verbale d'interrogatorio dibattimentale del 13 gennaio 2022, act. SK 306.731.23).
Al riguardo, si rileva come, nessun membro del Compliance di Banca 2 interrogato, si è espresso in merito alle clausole contenute nei contratti di gestione. Va, però, precisato che uno dei motivi che hanno portato la Banca a sciogliere i rapporti con A., è da ricondurre all'incremento da parte dell'imputato degli investimenti in prodotti strutturati e all'eventualità di incorrere in attività di churning. Nello scritto del 23 febbraio 2012 di Banca 2 a Società 2 SA (act. MPC 8.5.17174 e segg.), la Banca ha chiesto ad A., se lo stesso avesse informato i clienti sui possibili conflitti d'interesse conformemente alla Circ. FINMA 2009/1. Come visto, non vi è prova alcuna (eccetto le dichiarazioni di A.) che a preparare i contratti di mandato tra Società 2 SA e i clienti di A., fossero stati i servizi di Banca 2. A sostegno di ciò, vi è pure lo scritto 23 febbraio 2012 della Banca, in cui venivano chiesti chiarimenti ad A. proprio sulle retrocessioni.
Nell'ipotesi (puramente teorica e che questa Corte non segue affatto) che, siano stati i servizi di Banca 2 a preparare i contratti tra Società 2 SA e i clienti di A., quest'ultimo non può comunque essere scagionato dalle sue responsabilità penali, avendo egli disatteso tutti i suoi doveri d'informazione verso i clienti (come visto in precedenza). E comunque, non è plausibile che la volontà di Banca 2, se anche avesse preparato i contratti, fosse di permettere ad A. di percepire delle retrocessioni nella misura spropositata che emerge dagli atti e che ha portato ad un arricchimento del solo imputato e/o della sua società a scapito dei suoi clienti.
2.6.6 Si ha che, nei confronti dei clienti di cui ai capi d'accusa da n. 1.1.1.2.1 a n. 1.1.1.2.44, A. ha violato il dovere di informazione al quale era tenuto (in veste di gestore patrimoniale) e ha, così, indebitamente incassato (tramite la Società 2 SA) le retrocessioni derivanti dagli investimenti in prodotti strutturati Banca 1. Retrocessioni che, per costante giurisprudenza, andavano riversate ai clienti, in quanto gli stessi non vi avevano validamente rinunciato, poiché non debitamente ragguagliati al riguardo dall'imputato.
Così facendo, A. ha cagionato ai propri clienti un danno corrispondente alle retrocessioni indebitamente incassate da Società 2 SA e non riversate ai titolari delle relazioni toccate dagli investimenti. Il danno ammonta a complessivi CHF 204'875.--, EUR 603'938.76 e USD 417'271.60, così come esposto nell'atto d'accusa del 24 luglio 2020. Dal rapporto PGF del 25 marzo 2021 risulta che: “L'ammontare delle retrocessioni per ciascun cliente è quindi stato calcolato in base alle fatture emesse dalla Società 2 SA nei confronti di Banca 1. La ricostruzione di ogni singola operazione si è resa possibile confrontando le fatture emesse da Società 2 SA a Banca 1 per un determinato periodo, e comprensive di tutti gli acquisti effettuati a carico dei clienti, e gli ordini di acquisto trasmessi via e-mail a Banca 2 in cui Società 2 SA, e per essa A., specificava per ciascun cliente l'importo da investire in prodotti strutturati Banca 1” (v. act. SK 306.262.1.9 e segg., in particolare 06.262.1.84 e segg.).
2.7 Alla luce di tutto quanto precede, la Corte ritiene che, l'agire di A. adempia i presupposti oggettivi del reato di amministrazione infedele qualificata sia per quanto attiene ai rimproveri di cui al capo n. 1.1.1.1 dell'atto d'accusa (ad eccezione del capo n. 1.1.1.1.16 concernente la relazione “R20.”), sia per le accuse mosse al capo n. 1.1.1.2.
Il danno complessivo cagionato da A. ai propri clienti ammonta a CHF 822'479.94 (CHF 617'604.94 + CHF 204'875.--), EUR 2'465'300.52 (EUR 1'861'361.76 + EUR 603'938.76) e USD 2'133'478.-- (USD 1'716'206.40 + USD 417'271.60).
2.8 Sotto il profilo soggettivo, A. ha agito con cognizione di causa e, pertanto, intenzionalmente. Egli ha volontariamente investito nei prodotti strutturati Banca 1 senza informare i clienti (neppure a posteriori), malgrado il divieto contenuto nei profili di investimento, spinto unicamente dalla brama di incassare le cospicue retrocessioni previste dal contratto di distribuzione sottoscritto con Banca 1 e non nell'interesse dei titolari dei conti da lui gestiti. L'imputato ha inoltre intenzionalmente sottaciuto ai clienti l'incasso delle retrocessioni al fine di evitare di doverle loro riversare e trattenerle così per sé.
A. è uomo di banca - vi ha lavorato per 30 anni - e ha esperienza in ambito di gestione patrimoniale (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale, act. SK 306.731.2 e segg.). Era, pertanto, perfettamente consapevole del fatto che, i prodotti strutturati Banca 1 in cui investiva erano dei derivati e che, gli stessi erano stati espressamente vietati dai clienti. Egli si è, inoltre, avvalso del fatto che i clienti si fidavano di lui e che la maggior parte di loro - per lo più residente all'estero - si recava raramente presso i suoi uffici. In tal modo aveva la possibilità di mostrare loro, senza regolarità, delle situazioni patrimoniali (allegate ai benestare) che contemplavano poche posizioni in titoli Banca 1 (solo quelle presenti in quel momento nei portafogli, a volte neppure in maniera corretta), sottacendo, invece, tutte quelle che aveva già concluso ed effettuato, dando così una visione del suo operato difforme da quella reale che non mostrava troppi investimenti in titoli Banca 1.
Ad A. non poteva neppure sfuggire che, il tenore delle clausole n. 4 contenute nei mandati di gestione patrimoniale, non era sufficiente per ritenere data l'informativa ai clienti in merito all'esistenza di retrocessioni e al loro ammontare, nonché per concludere che gli stessi vi avessero espressamente rinunciato. Il suo tentativo di convincere gli inquirenti (e ora anche la Corte) del fatto che egli fosse certo di essere tutelato da quanto disposto nei contratti, non ha convinto questo Collegio, conto tenuto della sua pluriennale esperienza professionale, rispettivamente di quanto già esposto al consid. III. 2.6.5 supra. Si sottolinea, infatti, che l'incasso delle retrocessioni derivante degli investimenti nei prodotti strutturati Banca 1 ha costituito, per Società 2 SA, la più importante fonte di entrate della società, e meglio il 48.03% nel 2011 e il 63.56% nel 2012 (v. Rapporto Finanziario PGF del 9 maggio 2017, act. MPC 10.2.920 e segg., in particolare 10.2.1005 e segg.).
A. - in violazione dei doveri che gli incombevano quale gestore patrimoniale - ha investito, contrariamente al mandato, in prodotti strutturati Banca 1, senza essere autorizzato (neppure a posteriori) dai clienti e non ha provveduto, intenzionalmente, a informare e a riversare loro le retrocessioni incassate da Società 2 SA, e ciò con l'unico scopo di trattenerle presso la sua società, arricchendola di conseguenza. È pertanto dato, nel caso di specie, pure il presupposto del disegno di indebito profitto, che peraltro è stato effettivamente conseguito e che corrisponde al danno patito dai clienti di cui al capo d'accusa n. 1.1.1.2 (v. supra consid. III. 2.6.6).
2.9 A. deve pertanto essere ritenuto autore colpevole di amministrazione infedele qualificata ripetuta per il capo d'imputazione n. 1.1.1.1 in relazione con il capo n. 1.1.1.2 (trattati come un'unica unità), ad eccezione del capo n. 1.1.1.1.16 concernente il conto “R20.”, per il quale A. va prosciolto.
3. Retrocessioni da investimenti in azioni S18a. - A. (capo d'accusa n. 1.1.1.3)
3.1 Ad A., al capo d'accusa n. 1.1.1.3, viene rimproverato di avere, nel periodo tra aprile 2012 e ottobre 2012, intenzionalmente e allo scopo di procacciare a sé un indebito profitto (ed in effetti procacciandoselo), agendo nella sua qualità di gestore patrimoniale esterno sotto la ragione sociale Società 2 SA, mancando ai propri doveri di fedeltà e informazione, nell'ambito dell'esecuzione di operazioni finanziarie di acquisto di azioni della Società 18a., percepito personalmente, in base ad un Agency Agreement, all'insaputa dei suoi clienti, una retrocessione corrispostagli dalle società Società 18b Pty Ltd (di seguito: Società 18b), Società 18c Ltd e Società 19 Pty Ltd, pari a EUR 0.75, di cui il 70% corrisposto in valuta e il 30% in certificati azionari della Società 18a.,
retrocessione corrispondente al 42.85% del prezzo di EUR 1.75 pagato dai clienti per l'acquisto di ogni azione S18a.,
indotto da tale retribuzione ad adottare un comportamento ripetutamente contrario agli interessi patrimoniali dei suoi clienti,
sottacendo ai suoi clienti il fondamento e l'entità esorbitante di queste retrocessioni, che dovevano essere loro restituite in forza dei mandati di gestione patrimoniale in essere con la Società 2 SA, rispettivamente dei formulari per l'acquisto di azioni S18a. denominati Application Form, che non prevedevano il pagamento di alcuna retrocessione, firmati dai clienti,
retrocessioni a cui i clienti non avevano in ogni caso validamente rinunciato nell'ambito dei mandati di gestione patrimoniale,
impedendo in tal modo ai clienti di determinarsi con cognizione di causa sul prosieguo dell'investimento e della gestione dei loro patrimoni,
millantando - quale argomento di convincimento per effettuare l'investimento - in particolare che le azioni S18a., sarebbero state in seguito quotate in borsa con conseguente incremento del valore nominale, ciò che in realtà non è mai avvenuto,
causando così un danno a sei clienti quantificabile complessivamente in almeno EUR 469'875.--, importo corrispondente alla parte in contanti della retrocessione generata dall'acquisto delle azioni S18a. effettuato per le relazioni bancarie di cui ai capi d'accusa da n. 1.1.1.3.1. a n. 1.1.1.3.6., e da lui percepita in più occasioni a X. presso gli uffici della Società 20 Ltd.
L'investimento in azioni S18a. concerne sei clienti di A., e meglio i titolari delle seguenti relazioni bancarie: n. “R16.”, n. “R17.”, n. “R19.”, n. “R21.”, n. “R30.” e n. “R31.”.
3.2 Dagli atti, risulta che A., a nome e per conto di Società 2 SA, ha concluso in data 18 aprile 2012 un Agency Agreement con la Società 18b e con la Società 18a. L'accordo prevedeva la sottoscrizione di azioni al prezzo unitario di EUR 1.75. Su tale importo, per ogni azione sottoscritta, la Società 2 SA avrebbe percepito una retrocessione di EUR 0.75, di cui il 70% in contanti e il 30 % in azioni S18a. (act. MPC 10.2.1182-1185).
La Società 18a., WWW., fondata nel 2009 da due cittadini australiani, FFFF. e GGGG., era attiva nel settore tecnologico (tra cui lo sviluppo delle proprietà metallurgiche dell'acciaio) ed era alla ricerca di finanziamenti sul mercato dei capitali. All'epoca dei fatti, e meglio nel 2012, il titolo “S18a.” era fuori listino (delisted). Si prospettava una sua quotazione alla borsa di XXX. in tempi brevi. Tuttavia, tale quotazione non è mai avvenuta. Dai rapporti di PGF del 23 giugno 2017 (act. MPC 10.02.01163 e segg. riferito alle azioni Società 18a., (di seguito: azioni S18a.) e del 30 marzo 2016 (act. MPC 10.02.0722 riferito a B.) risulta che il sito internet della società [http://...] era divenuto inaccessibile e la società era stata posta in liquidazione in Gran Bretagna a inizio 2016. Inoltre, ai due fondatori di Società 18a. è stato imposto il divieto di amministrare società per 12 anni.
All'imputato viene, quindi, rimproverato di avere investito in azioni S18a. importanti somme di denaro per alcuni suoi clienti, convincendo gli stessi della bontà dell'investimento, in quanto la società, a suo dire, sarebbe stata prossima alla quotazione in borsa. Ciò, unicamente allo scopo di incassare le cospicue retrocessioni, previste nell'Agency Agreement, di cui i clienti non erano informati. Ad A. viene, pertanto, imputata una violazione del suo dovere di informazione, nonché di avere effettuato gli investimenti in azioni S18a. nel proprio interesse e in quello della sua Società 2 SA, piuttosto che nell'interesse dei propri clienti.
3.3 Interrogato in merito agli investimenti in azioni S18a., A. ha dichiarato di avere investito in azioni S18a. per i titolari delle relazioni “R17.”, “R30.” e “R31.”. Per questi clienti, Società 2 SA ha incassato le relative retrocessioni (v. verbale di A. dell'8 agosto 2017, act. MPC 13.2.1480 e segg., in particolare 13.2.1490-1492, 1494 e 1507).
Per gli investimenti effettuati per i titolari dei conti “R16.”, “R19.” e “R21.”, A. ha riferito che gli stessi erano gestiti da B. Sarebbe quindi stato B. ad avere investito nelle azioni S18a. e ad avere incassato le retrocessioni; l'imputato ha però asserito di essere stato informato di questi investimenti (v. verbale di A. dell'8 agosto 2017, act. MPC 13.2.1480 e segg., in particolare 13.2.1486, 1488 e 1489). In aula, A. ha confermato di avere effettuato investimenti in titoli S18a. per i clienti titolari di “R16.”, “R17.”, “R19.”, “R21.”, “R30.” e “R31.” (act. SK 306.731.26).
A. ha pure dichiarato che parte delle retrocessioni (il 30%) che la Società 2 SA ha ricevuto in azioni S18a., le avrebbe cedute gratuitamente a parecchi dei suoi clienti tra cui i titolari delle relazioni “R17.”, “R31.” e “R30.”, in quanto erano clienti fidelizzati (verbale finale di A. del 19 dicembre 2019, act. MPC 13.2.1932).
Egli ha, inoltre, affermato di avere ricevuto personalmente da parte del Management di Società 18a. (FFFF. e GGGG.) 2 milioni di azioni S18a. (per un valore di oltre EUR 5 milioni): 100'000 le avrebbe tenute per sé (depositate su un conto presso Banca 11), mentre le restanti 1.9 milioni le avrebbe distribuite ai clienti, tra cui vi erano i titolari delle relazioni “R17.”, “R31.” e “R30.”. Interrogato sulle ragioni per le quali la Società 18a. gli avrebbe “regalato” 2 milioni di azioni S18a., l'imputato ha risposto che i dirigenti di Società 18a. vedevano “in lui” un grande potenziale di piazzamento dei titoli fuori borsa. Inoltre, con FFFF. e GGGG. era nato un rapporto di stima e di amicizia e A. aveva riferito loro dei suoi problemi, ovvero del fatto che egli aveva effettuato degli investimenti sbagliati (intesi come acquisti di fondi che non hanno avuto l'esito da lui sperato) che non erano andati a buon fine ed era preoccupato di fare delle performance negative (verbale di A. dell'8 agosto 2017, act. MPC 13.1.1492). Egli avrebbe pertanto donato ai clienti le azioni ricevute dalla Società 18a., a copertura degli investimenti che aveva “sbagliato” (nel senso che erano andati male); non riuscendo a dire loro di avere perso i soldi. Dal canto loro i clienti sarebbero stati ignari delle perdite subite e avrebbero creduto di ricevere a titolo gratuito azioni S18a. di un certo valore (v. verbale di A. dell'8 agosto 2017, act. MPC 13.1.1493).
In sede di verbale finale del 19 dicembre 2019, A. ha modificato la propria versione, negando di avere distribuito gratuitamente titoli S18a. ai suoi clienti per coprire delle perdite, dichiarando invece di averlo fatto per fidelizzare tali clienti (act. MPC 13.2.1933). In aula, l'imputato ha confermato le dichiarazioni da lui rese al 19 dicembre 2019 (verbale d'interrogatorio dibattimentale del 13 gennaio 2022, act. SK 306.731.26 e seg.).
L'imputato ha altresì più volte riferito che i clienti di Società 2 SA, per i quali egli ha investito in titoli S18a., non sapevano che la società incassava delle retrocessioni (v. verbale in via rogatoriale davanti alla procura di Napoli del 12 maggio 2015, act. MPC 13.2.713-714; verbale di A. dell'8 agosto 2017, act. MPC 13.2.1485). In occasione del verbale finale del 19 dicembre 2019, l'imputato ha confermato nuovamente che i clienti titolari dei conti “R17.”, “R31.” e “R30.” non erano al corrente del fatto che la Società 2 SA incassava delle retrocessioni. Per gli investimenti in azioni S18a. concernenti i titolari dei conti “R16.”, “R19.” e “R21.”, A. ha indicato che la Società 2 SA non ha incassato retrocessioni, trattandosi di clienti di B. Per questi clienti, A. non è stato in grado di riferire se ad avere incassato le retrocessioni fosse stato lo stesso B. (v. verbale finale di A. del 19 dicembre 2019, act. MPC 13.2.1931). Al dibattimento, A., ha confermato le dichiarazioni rese il 19 dicembre 2019 (act. SK 306.731.27).
Questionato a sapere quale servizio egli avesse offerto nell'investimento per giustificare l'incasso di una retrocessione pari al 42.85%, A. si è così espresso (verbale di confronto A. - B. del 29 gennaio 2020 act. MPC 13.12.33):
“lo credevo nella potenzialità del titolo S18a. e nella promozione che ne avrei fatto. Voglio ribadire che con riferimento all'azione S18a. avevo a disposizione molta documentazione e meglio la letter of intent per entrare in borsa, la Due diligence fatta dal revisore esterno della Società 18a. di cui non ricordo il nome ma so che era rinomata, il business plan della società, una presentazione della società con l'organigramma delle partecipazioni del Gruppo S18., il sito internet dove venivano forniti gli aggiornamenti sul titolo S18a. Verso la fine del 2012 vi è stata l'assemblea degli azionisti a Singapore a cui non ho partecipato ma ho comunque ricevuto il rapporto. La Società 18a. prevedeva l'entrata in borsa ad un prezzo di EUR 3.50 nei successivi 6/11 mesi. L'entrata in borsa era appena stata posticipata in quanto non era ancora nel frattempo stata completata la Due diligence. All'inizio del 2013 è uscito un articolo sul giornale germanico finanziario, che diceva che la Società 18a. stava per acquistare una società bavarese molto importante, attiva nel settore dell'acciaio, per un importo di oltre EUR 100 MIO. Tale importo sarebbe stato pagato non a contanti, ma con azioni S18a.”.
In aula, l'imputato ha ribadito di credere fortemente nel titolo, che era prevista la sua quotazione in borsa su diversi mercati finanziari come WWW., XXX. e anche sul Nasdaq, e che il prezzo di emissione sarebbe stato in un range di EUR 4 / 5 (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 13 gennaio 2022, act. SK 306.731.30).
Come visto, i titoli S18a. non sono mai stati quotati in borsa (v. supra consid. III. 3.2). L'imputato stesso ha dichiarato, al dibattimento, che, al momento in cui egli ha investito per i clienti in S18a., il titolo non era quotato in borsa (act. SK 306.731.31). In concreto, quindi, A. non ha saputo giustificare le ragioni di retrocessioni elevate.
3.4 B. ha riferito che il suo ruolo all'interno di Società 3, e poi di Società 2 SA, era quello di apportare clientela e di seguirla in base alle esigenze. Anche se non si occupava in generale degli investimenti (che erano incombenza di A.), egli si sarebbe, però, occupato degli investimenti in titoli S18a. (v. verbale di confronto A. - B. del 29 gennaio 2020, act. MPC 13.12.11 e segg., in particolare 13.12.16-17). B. ha, inoltre, affermato che i clienti E. avrebbero effettuato ripetutamente investimenti in titoli S18a. ma non ricorda se per la relazione “R21.” presso Banca 2 o per la relazione “R49.” presso Banca 9 SA. Per le relazioni “R16.” e “R19.”, egli ha riferito di non ricordare se i titolari avevano investito in azioni S18a. (verbale di confronto A.-B. del 29 gennaio 2020, act. MPC 13.12.22 e 25). B. non è stato neppure in grado di indicare se, per tali investimenti siano state incassate delle retrocessioni, in quanto, a suo dire, la Società 18a. non avrebbe pagato tutte le retrocessioni dovute (verbale di confronto A.-B. del 29 gennaio 2020, act. MPC 13.12.23 e 25).
3.5 K., titolare della relazione “R17.” ha indicato di avere accettato di acquistare 220'000 azioni S18a. nel 2012 ad un prezzo di USD 1.76, su grande insistenza di A. che gli garantiva un rendimento eccezionale. Il cliente ricorda di avere chiesto ad A. di vendere immediatamente i titoli (a USD 2.85), in occasione di un incontro, avvenuto il 7 marzo 2013 presso gli uffici di Società 2 SA, in quanto li considerava a rischio. Stando alle dichiarazioni di K., non solo A. non avrebbe dato seguito a quanto richiesto, ma avrebbe inserito ulteriori titoli S18a. nel portafoglio del conto “R17.” (500'000 azioni), e anche nell'altro portafoglio riconducibile a K., “R17a.” (100'000 azioni) (v. denuncia penale di K. del 30 luglio 2013, act. MPC 5.6.5-29; verbale d'interrogatorio di K. del 28 agosto 2013, act. MPC 12.24.1-9).
Sulle retrocessioni, K. non ha riferito nulla, verosimilmente poiché non al corrente che le stesse venivano incassate da A., come da questi ammesso (v. supra consid. III. 2.6.3, 8. paragrafo).
3.5.1 D., titolare della relazione denominata “R31.”, nella denuncia del 24 aprile 2017, ha indicato di avere appreso, a fine 2013, dopo l'arresto di A., di avere nel proprio portafoglio 1 milione di azioni S18a., valutate CHF 3'384'724.-- (che costituivano il 31.69% del portafoglio); titoli illiquidi la cui negoziazione sarebbe stata sospesa nel maggio 2012 e che sarebbero stati delisted al 6 giugno 2014. Il valore, al momento della denuncia, sarebbe stato pari a zero (denuncia penale di D. del 24 aprile 2017, act. MPC 5.11.3-10). Anche D. non si è espresso in merito alle retrocessioni incassate da A.
3.5.2 E1., titolare, unitamente a E2. e E3., della relazione denominata “R21.”, interrogato in data 12 febbraio 2015 (act. MPC 12.28.1 e segg.), ha riferito di avere investito in azioni S18a. nel 2012. L'investimento sarebbe stato proposto ai clienti da B., come un'operazione sicura, in quanto il titolo sarebbe stato quotato in borsa. I E., stando alle loro dichiarazioni, avrebbero sottoscritto circa 300/350'000 azioni al prezzo unitario di circa EUR 1.40. Le azioni, secondo quanto riferito da B. ai clienti, avrebbero dovuto essere quotate al DAX 30 e, al momento della quotazione, il valore sarebbe stato di EUR 2.20. Questionato in merito alle retrocessioni, E1. ha riferito di non essere mai stato informato da B. (era B. che gestiva la relazione) che, per ogni singola azione sottoscritta, Società 2 SA percepiva una retrocessione di circa il 43%. Egli ha pure dichiarato di non avere sottoscritto nulla al riguardo.
3.5.3 I titolari delle altre relazioni coinvolte nelle retrocessioni da investimenti in azioni S18a. (“R16.”, “R19.” e “R30.”), non hanno presentato alcuna denuncia penale e non sono stati interrogati. Gli stessi, neppure hanno dato seguito allo scritto del MPC del 27 giugno 2017, con cui veniva data loro la possibilità di costituirsi accusatori privati nel procedimento, disinteressandosi in tal modo allo stesso.
3.6 Dagli atti sono emersi gli investimenti in titoli S18a. di seguito elencati (v. Rapporto di PGF concernente Azioni S18a. del 23 giugno 2017, act. MPC 10.2.1163-1189; Rapporto finale di PGF del 25 marzo 2021, act. SK 306.262.1.9-232, in particolare 306.262.1.157-159).
3.6.1 Per la relazione “R16.” (capo d'accusa n. 1.1.1.3.1), sono state acquistate 20'000 azioni S18a. in data 22 agosto 2012, per complessivi EUR 36'250.--, importo versato su un conto intestato alla Società 19 Pty Ltd (act. MPC 7.2.56.10.39). I titoli (complessive 30'000 unità) risultano essere stati depositati nel portafoglio prima della data di acquisto, e meglio l'11 luglio 2012 (act. MPC 7.2.56.10.35). È verosimile, a detta della PGF (act. MPC 10.2.1170 e seg.), che 10'000 siano state depositate da A. a titolo gratuito.
Considerando il prezzo previsto dall'Agency Agreement di EUR 1.75 per azione, il totale pagato avrebbe dovuto essere di EUR 35'000.--. Non sono note le ragioni dell'importo versato maggiorato di EUR 1'250.--.
3.6.2 Per la relazione “R17.” (capo d'accusa n. 1.1.1.3.2), risulta l'acquisto di complessive 390'000 azioni S18a., nelle seguenti modalità:
- 220'000 titoli acquistati con valuta 4 aprile 2012, tramite la società di B. Società 5 per un valore di EUR 385'000 (EUR 1.75 x 220'000) (act. MPC 7.1.2.6.44-46). Dapprima vi è stato un bonifico di EUR 388'000.-- a favore di Società 5 (act. MPC 5.6.296, 7.2.59.10.237), importo poi trasferito, nella misura di EUR 385'000.--, a favore della Società 19 Pty Ltd (act. MPC 7.1.2.13.55, 7.1.2.12.3). La differenza di EUR 3'000.-- risulta essere stata trattenuta da Società 5. Tale investimento è in linea con le dichiarazioni di K., titolare della relazione, che riconosce di averlo consentito;
- 80'000 il 25 aprile 2012 tramite la Società 5 per un valore di EUR 140'000.-- (EUR 1.75 x 80'000) (act. MPC 7.1.2.6.65-67). Dapprima vi è stato un bonifico di EUR 150'000.-- a favore di Società 5 (act. MPC 5.6.295, 7.2.59.10.251), importo poi trasferito, nella misura di EUR 140'000.--, a favore della Società 19 Pty Ltd (act. MPC 7.1.2.13.62, 7.1.2.12.4); la differenza di EUR 10'000.-- risulta essere stata trattenuta da Società 5;
- 90'000 azioni acquistate direttamente da Società 19 Pty Ltd il 12 ottobre 2012, per EUR 157'500.-- (EUR 1.75 x 90'000). Il bonifico verso la Società 19 Pty Ltd ammontava però a EUR 165'000.-- (act. MPC 5.6.299, 7.2.59.10.406, 13.2.1626). A. ha riferito che il prezzo pagato (superiore a quello previsto da contratto) era quello chiesto da Società 18a. (verbale A. dell'8 agosto 2017 act. MPC 13.2.1507).
Si precisa, al riguardo, che, per gli ultimi due acquisti di azioni (80'000 e 90'000), non risulta che K. abbia dato il suo consenso e ne fosse stato informato. Lo stesso ha, infatti, dichiarato di avere accettato unicamente l'acquisto di 220'000 azioni. Inoltre, A. ha riconosciuto di avere falsificato la firma di K. sugli ordini di bonifico per ragioni di opportunità e al fine di accelerare le operazioni (verbale d'interrogatorio di A. del 9 giugno 2017, act. MPC 13.2.1257 e 1261 e verbale d'interrogatorio dibattimentale del 13 gennaio 2022, act. SK 306.731.45).
A. ha pacificamente ammesso di avere eseguito questi investimenti (verbale d'interrogatorio di A. dell'8 agosto 2017, act. MPC 13.2.1502 e segg. e verbale d'interrogatorio dibattimentale del 13 gennaio 2022, act. SK 306.731.26). Con riferimento agli importi trattenuti da Società 5, A. ha dichiarato trattarsi di commissioni per la messa a disposizione da parte di Società 5 della struttura (verbale d'interrogatorio di A. dell'8 agosto 2017, act. MPC 13.2.1503 e 1505).
3.6.3 Per la relazione “R19.” (capo d'accusa n. 1.1.1.3.3), sono state acquistate 15'000 azioni S18a. al 27 agosto 2012. L'ordine di bonifico a favore della Società 19 Pty Ltd ammontava a EUR 27'000.-- (act. MPC 7.2.45.10.79), mentre stando all'Agency Agreement il totale sarebbe dovuto essere di EUR 26'250.-- (EUR 1.75 x 15'000).
A. ha asserito che la relazione “R19.” era gestita da B., egli era informato dell'investimento in titoli S18a. che però non avrebbe effettuato lui (verbale d'interrogatorio di A. dell'8 agosto 2017, act. MPC 13.2.1489-90 con rinvio a 1485 e segg.). In aula, l'imputato ha, però, confermato di avere investito in S18a. anche per questo cliente (act. SK 306.731.26). B. ha dichiarato di non ricordare se il titolare di “R19.” avesse investito in titoli S18a. (v. supra consid. III. 3.4).
3.6.4 Per la relazione “R21.” (capo d'accusa n. 1.1.1.3.4), sono state acquistate 70'000 azioni S18a. al 27 settembre 2012. L'ordine di bonifico a favore della Società 19 Pty Ltd ammontava a EUR 126'000.-- (act. MPC 8.5.16159 e 7.2.10.10.82), mentre, stando all'Agency Agreement, il totale sarebbe dovuto essere di EUR 122'500.-- (EUR 1.75 x 70'000).
Anche per questa relazione A. ha dichiarato essere stata gestita da B. e di non avere incassato le relative retrocessioni. Al dibattimento, egli ha però riferito di avere investito in S18a. anche per questo cliente (act. SK 306.731.26). B. ha riferito non ricordare se i clienti E. avessero investito in titoli S18a. per la relazione “R21.” o “R49.” (v. supra consid. III. 3.4).
3.6.5 Per la relazione “R30.” (capo d'accusa n. 1.1.1.3.5), sono state acquistate 30'000 azioni S18a. al 27 settembre 2012 (azioni entrate in deposito nel portafoglio il 15 gennaio 2013, act. MPC 7.2.49.13.162). L'ordine di bonifico a favore della Società 19 Pty Ltd ammontava a EUR 55'000.-- (act. MPC 7.2.49.13.291 e 7.2.49.13.144), mentre, stando all'Agency Agreement, il totale sarebbe dovuto essere di EUR 52'500.-- (EUR 1.75 x 30'000).
A. ha confermato di avere effettuato l'investimento (30'000 azioni S18a.) e di averne incassato le retrocessioni. Con riferimento alla maggiorazione del prezzo d'acquisto delle azioni rispetto a quanto previsto contrattualmente, A. ha indicato essere stata una richiesta di Società 18a. e la stessa (la maggiorazione) non gli sarebbe stata retrocessa (verbale di A. dell'8 agosto 2017, act. MPC 13.2.1491).
Nel portafoglio della relazione “R30.”, risultano inoltre essere stati depositati 200'000 titoli S18a. in data 26 luglio 2012, senza corrispondenti bonifici di denaro a debito della relazione. Si tratta di azioni depositate a titolo gratuito da A., come da egli stesso confermato (verbale di A. dell'8 agosto 2017, act. MPC 13.2.1491-1492).
3.6.6 Per la relazione “R31.” (capo d'accusa n. 1.1.1.3.6) risulta l'acquisto di complessive 370'000 azioni S18a., nelle seguenti modalità:
- 300'000 acquistate in data 11 aprile 2012, tramite la società di B. Società 5 per un valore di EUR 525'000.-- (EUR 1.75 x 220'000) (act. MPC 7.1.2.6.50-52). Dapprima vi è stato un bonifico di EUR 535'000.-- a favore di Società 5 (act. MPC 8.5.2776 e 7.2.54.13.111), importo poi trasferito, nella misura di EUR 525'000.--, a favore della Società 19 Pty Ltd (act. MPC 7.1.2.13.56, 7.1.2.12.3). La differenza di EUR 10'000.-- risulta essere stata trattenuta da Società 5;
- 70'000 acquistate il 18 aprile 2012, sempre tramite la Società 5 per un valore di EUR 122'500.-- (EUR 1.75 x 70'000) (act. MPC 7.1.2.6.59-61). Dapprima vi è stato un bonifico di EUR 130'000.-- a favore di Società 5 (act. MPC 8.5.2773, 7.2.54.13.115), importo poi trasferito, nella misura di EUR 122'500.--, a favore della Società 19 Pty Ltd (act. MPC 7.1.2.13.60); la differenza di EUR 7'500.-- risulta essere stata trattenuta da Società 5.
A. ha confermato di avere effettuato l'investimento sopra esposto per il cliente “R31.” e di avere incassato personalmente le relative retrocessioni.
In data 26 luglio 2012 nel portafoglio riferito alla relazione “R31.” risultano essere entrate in deposito complessivamente 1 milione di azioni S18a.; 370'000 sono il frutto dell'investimento di cui sopra, mentre 630'000 sembrerebbero essere state inserite, a detta della PGF, a titolo gratuito, posto come non risultano esservi bonifici corrispondenti (act. MPC 10.2.1178 e seg.). A., dal canto suo, ha riconosciuto di avere inserito a titolo gratuito unicamente circa 300'000 titoli S18a. La questione può tuttavia rimanere aperta, posto come tale circostanza non muta la posizione di A. in merito al capo d'accusa n. 1.1.1.3.6.
3.7 Nel caso di specie, sotto il profilo oggettivo, non è essenziale stabilire se gli investimenti in titoli S18a. fossero o meno conformi al Profilo di rischio scelto e sottoscritto dai clienti. Come per le retrocessioni derivanti dai prodotti strutturati Banca 1 (v. supra consid. III. 2.6.6), punto cardine è stabilire se, nel contesto di tali investimenti, A. abbia o meno commesso una violazione del proprio dovere di informazione verso i propri clienti in merito all'incasso di retrocessioni previste dall'Agency Agreement del 18 aprile 2012, rispettivamente se egli, come sostiene, aveva diritto a tale incasso senza riversarlo ai clienti, come, invece, avrebbe dovuto fare stando a quanto stabilito dalla giurisprudenza (v. supra consid. III. 1.2.5 e 2.6.5.1). L'incasso delle retrocessioni è, infatti, circostanza indipendente dalla tipologia di investimento.
Alla luce delle dichiarazioni rese dalle parti in causa, comprese quelle dell'imputato A. - come per le retrocessioni da investimenti in prodotti strutturati Banca 1 - si può certamente ritenere anche per gli investimenti in azioni S18a., che i clienti di Società 2 SA (e meglio i titolari delle relazioni “R16.”, “R17.”, “R19.”, “R21.”, “R30.” e “R31.”) non siano stati informati dell'incasso delle retrocessioni da parte di Società 2 SA, rispettivamente da A. (v. supra consid. III. 2.6.2 -2.6.4, III. 3.3. e 3.5).
I clienti di cui ai capi d'accusa da n. 1.1.1.3.1 a n. 1.1.1.3.6 hanno, tutti, sottoscritto il mandato di gestione patrimoniale con Società 3 (v. supra consid. II. 4.1 - Società 2 SA, già Società 3, ora Società 2 SA, in liquidazione). Con riferimento alla remunerazione del gestore patrimoniale, rispettivamente all'incasso delle retrocessioni, fa stato quanto ritenuto al considerando III. 2.6.5.2, 2.6.5.3 e 2.6.5.5 supra, al quale si rinvia.
A., in qualità di presidente della Società 2 SA (con firma individuale), nonché di gestore patrimoniale esterno, era tenuto a ragguagliare compiutamente i clienti delle retrocessioni che, in virtù dell'Agency Agreement del 18 aprile 2012, sarebbero state incassate (e che sono state incassate), ciò al fine di permettere loro di decidere se rinunciarvi o meno. L'informativa ai clienti a tal proposito non era infatti coperta dalla clausola contenuta nel mandato (v. supra consid. III. 2.6.5.3 e 2.6.5.5). Egli ha, quindi, violato uno dei doveri a cui era tenuto in qualità di mandatario e gestore patrimoniale. Tale dovere non gli incombeva solo per i clienti da lui direttamente gestiti (ovvero “R17.”, “R30.” e “R31.”), ma anche per quelli che, a suo dire, sarebbero stati gestiti da B. (“R16.”, “R19.” e “R21.”). A., come ha pure ammesso, era informato di tali investimenti eseguiti da B. per i clienti che quest'ultimo gestiva in Società 2 SA. Per quanto concerne la relazione “R16.”, si rileva come il mandato di gestione patrimoniale sia addirittura stato firmato da A. per la mandataria Società 2 SA (act. MPC 8.5.17030-17034). A., in quanto direttore e responsabile della Società 2 SA, doveva pertanto, a mente della Corte, garantire in prima persona, una corretta e completa informativa ai clienti.
Dagli atti emerge, inoltre, che le conferme degli investimenti in titoli S18a. sono state inviate alla Società 2 SA, all'attenzione di A. stesso, da ciò la sua piena conoscenza di questi investimenti, sia per i suoi clienti, sia per quelli introdotti e seguiti da B. (act. MPC 7.2.10.10.82, 7.2.56.10.40 e 7.2.45.10.80, nonché verbale d'interrogatorio dibattimentale di A., act. SK 306.731.27 e seg.).
Ne consegue che A., per tutti i titolari delle relazioni elencate al capo d'accusa n. 1.1.1.3, ha violato il proprio dovere di informazione e ha, così, indebitamente incassato delle retrocessioni alle quali i clienti di Società 2 SA avevano diritto e non avevano espressamente rinunciato, cagionando loro un danno e commettendo, in tal modo, un'amministrazione infedele nei loro confronti.
3.8 Quanto all'ammontare delle retrocessioni incassate, dall'inchiesta è emerso che le stesse sono state corrisposte dalla Società 19 Pty Ltd (connessa alla Società 18a.) personalmente ad A. (e non alla Società 2 SA, come previsto nell' Agency Agreement del 18 aprile 2012), mediante bonifici di denaro a favore della Società 20 Ltd, UUUUU. (Israele), Succursale di X., di cui HHHH. era direttore. Dal verbale d'interrogatorio di HHHH. dell'8 maggio 2013, risulta che la Società 20 era una società che si occupava di ricevere bonifici di denaro dall'interno o dall'estero su un proprio conto bancario (la società disponeva dapprima di un conto in Banca 13, in seguito presso Banca 14 e infine presso Banca 15). Gli importi di denaro venivano, poi, prelevati a contanti da HHHH. personalmente (o da suoi collaboratori) e consegnati ai beneficiari presso gli uffici della società, dietro sottoscrizione di una ricevuta. Per tali prestazioni, Società 20 tratteneva una commissione pari all'1%, che veniva dedotta al momento del prelevamento a contanti e che rimaneva depositata sul conto della banca (v. verbale di HHHH. dell'8 maggio 2013, act. MPC 12.6.4). HHHH. ha, altresì, riferito che A. era un suo cliente. Stando alle dichiarazioni di HHHH., per ogni cliente veniva creato un dossier contenente: il suo profilo, copia del documento di identità, il formulario A, l'importo oggetto delle operazioni di trasferimento di denaro, nonché la motivazione dell'operazione (quest'ultimo elemento in essere solo da pochi giorni prima del verbale, v. verbale di HHHH. dell'8 maggio 2013, act. MPC 12.6.1.4). Con riferimento al cliente GGGG., HHHH. ha riferito che, il profilo di questo cliente gli era stato dato da A. (verbale di HHHH. del 14 marzo 2014, act. MPC 12.6.109 e segg., in particolare 12.6.121). Nel profilo cliente è stato indicato che GGGG. era socio fondatore della Società 18a. (act. MPC 8.3.109-111) ed egli risultava pure essere indicato nel formulario A quale avente economicamente diritto dei valori patrimoniali (act. MPC 8.3.108).
3.8.1 A. ha dichiarato che, le retrocessioni da lui incassate per l'acquisto dei titoli S18a., sarebbero state versate sul conto intestato alla Società 20 (egli non ha però escluso di avere ricevuto degli importi di denaro da B., che ha lasciato sul conto intestato alla Società 5) (verbale di confronto A. - B. del 29 gennaio 2020, act. MPC 13.12.11 e segg., in particolare 13.12.32). In aula, A., ha dichiarato di non sapere indicare le ragioni per le quali le retrocessioni gli sarebbero state versate tramite la Società 20, aggiungendo di avere agito d'istinto (act. SK 306.731.29).
3.8.2 Agli atti risultano sei ricevute firmate da A., riferite ad altrettante consegne di denaro in contanti, da parte di Società 20 (previa deduzione della commissione) ad A. stesso, per complessivi EUR 805'840.--. Gli importi consegnati ad A. risultano essere stati versati a Società 20 qualche giorno prima da Società 19 Pty Ltd.
E meglio:
- ricevuta datata 6 marzo 2012 per la consegna di EUR 93'570.-- (act. MPC 8.3.112). Tale importo coincide (per ordine di grandezza) con un bonifico di EUR 94'962.50 sul conto intestato a Società 20 presso Banca 15, proveniente da Società 19 Pty Ltd, avvenuto però in data 5 marzo 2013 (act. MPC 7.81.1.12.27 e 8.3.29). Considerato che ad inizio marzo 2012, sul conto intestato a Società 20 presso Banca 13, non risultano bonifici di cifre simili (fino a settembre 2012, infatti, il conto della società era preso Banca 13), si ritiene che la data riportata sulla ricevuta è errata e che la consegna ad A. degli EUR 93'570.-- sia avvenuta il 6 marzo 2013;
- ricevuta datata 15 marzo 2012 per la consegna di EUR 68'950.-- (act. MPC 8.3.113). Tale importo coincide (per ordine di grandezza) con un bonifico di EUR 69'962.50 a favore del conto intestato a Società 20 presso Banca 15, proveniente da Società 19 Pty Ltd, avvenuto però in data 13 marzo 2013 (act. MPC 7.81.1.12.29 e 8.3.29). Considerato che nella prima metà di marzo 2012, sul conto intestato a Società 20 presso Banca 13, non risultano bonifici di cifre simili, si ritiene che la data riportata sulla ricevuta è errata e che la consegna ad A. degli EUR 68'950.-- sia avvenuta il 15 marzo 2013;
- ricevuta datata 16 marzo 2012 per la consegna di EUR 322'300.-- (act. MPC 8.3.114). Tale importo coincide (per ordine di grandezza) con un bonifico di EUR 325'475.-- a favore del conto intestato a Società 20 presso Banca 13, proveniente da Società 18c Ltd, avvenuto però in data 13 aprile 2012 (act. MPC 7.79.2.12.18 e 8.3.29). Considerato che nella prima metà di marzo 2012, sul conto intestato a Società 20 presso Banca 13, non risultano bonifici di cifre simili, si ritiene che la data riportata sulla ricevuta è errata e che la consegna ad A. degli EUR 322'300.-- sia avvenuta il 15 aprile 2012;
- ricevuta datata 21 novembre 2012 per la consegna di EUR 73'850.-- (act. MPC 8.3.115). Tale importo coincide (per ordine di grandezza e di data) con un bonifico di EUR 74'975.-- a favore del conto intestato a Società 20 presso Banca 15, proveniente da Società 18c Ltd (Società 19 Pty Ltd), avvenuto in data 19 novembre 2012 (act. MPC 7.81.1.12.9 e 8.3.29);
- ricevuta datata 11 aprile 2013 per la consegna di EUR 34'440.-- (act. MPC 8.3.116). Tale importo coincide (per ordine di grandezza e di data) con un bonifico di EUR 34'962.50 a favore del conto intestato a Società 20 presso Banca 15, proveniente Società 19 Pty Ltd, avvenuto in data 10 aprile 2013 (act. MPC 7.81.1.12.33 e 8.3.29);
- ricevuta datata 3 maggio 2013 per la consegna di EUR 212'730.-- (act. MPC 8.3.117). Tale importo coincide (per ordine di grandezza e di data) con un bonifico di EUR 215'975.-- a favore del conto intestato a Società 20 presso Banca 15, proveniente Società 19 Pty Ltd, avvenuto in data 30 aprile 2013 (act. MPC 7.81.1.12.38 e 8.3.29).
A., in occasione del suo interrogatorio dell'8 agosto 2017 (act. MPC 13.2.1480 e segg.), a mano delle 6 ricevute sopra elencate (per complessivi EUR 805'840.--), ha confermato trattarsi di denaro di sua pertinenza, corrispostogli da GGGG. di Società 18a. tramite bonifici sul conto intestato alla Società 20, per il pagamento delle retrocessioni generate dalla vendita dei titoli S18a. per i suoi clienti (act. MPC 13.2.1499-1500). In aula, l'imputato ha ribadito le sue precedenti dichiarazioni, precisando che, l'accordo con Società 18a. per l'incasso delle retrocessioni, lo aveva lui personalmente e non Società 2 SA (act. SK 306.731). Affermazione, quest'ultima, che non trova riscontro negli atti, dal momento che l'unico accordo presente nell'incarto è l'Agency Agreement del 18 aprile 2012, sottoscritto da A., a nome e per conto di Società 2 SA (act. MPC 10.2.1182 e segg.).
A., non è stato, inoltre, in grado di dire se le date presenti su alcune ricevuto fossero errate, in quanto trascorso troppo tempo (act. SK 306.731.29). Al riguardo, si osserva che, sapere se la data presente su alcune delle ricevute sia errata (verosimilmente per una svista) o meno, non ha alcun impatto decisivo nel caso di specie. Determinante è il fatto che, A. ha ribadito, in più occasioni, di avere ricevuto personalmente gli importi di denaro oggetto delle sei ricevute e che questi soldi, che l'imputato sostiene essere di sua pertinenza, sono le retrocessioni derivanti dagli investimenti in S18a. (v. anche verbale d'interrogatorio dibattimentale, SK 306.731 44 e seg.).
Nell'interrogatorio dell'8 agosto 2017, l'imputato ha altresì riferito di avere utilizzato circa il 30% di quanto ricevuto per pagare altri consulenti (in specie un consulente della Banca 16, un consulente della Banca 17 e LLLL., consulente in Banca 9), a titolo di retrocessioni per l'acquisto di titoli S18a. (act. MPC 13.2.1500). A. ha pure ribadito che alla Società 2 SA sarebbe spettato il 70% di EUR 0.75 per titolo acquistato quale parte delle retrocessioni corrisposte in contanti (act. MPC 13.2.1501). Egli non avrebbe però immesso questo 70% ricevuto personalmente nella Società 2 SA (e neppure lo avrebbe restituito ai clienti).
Tale importo, stando alle sue affermazioni, lo avrebbe utilizzato per riacquistare da suoi clienti delle quote di fondi Fondo 2 per appianare delle posizioni debitorie di altri clienti (act. MPC 13.2.1501, si precisa che il Fondo 2 è oggetto del capo d'accusa n. 1.1.1.4).
3.8.3 Dagli atti non è stato possibile accertare, per ogni bonifico, a quali degli investimenti in azioni S18a. (e per quale cliente) lo stesso corrisponda esattamente.
Al fine di stabilire a quanto ammontano le retrocessioni indebitamente incassate da A. per i clienti di cui al capo n. 1.1.1.3 dell'atto d'accusa, la Corte ha ripreso i calcoli eseguiti dagli inquirenti (v. rapporto PGF del 25 marzo 2021, act. SK 306.262.1.157-159).
In particolare, stando a quanto previsto dall'Agency Agreement di data 18 aprile 2012, all'Agent (in concreto a Società 2 SA), andava corrisposta una retrocessione pari a EUR 0.75 per ogni titolo S18a. acquistato; il 70% di tale importo veniva corrisposto in contanti, mentre il 30% mediante l'attribuzione di azioni S18a.
Sulla base di questa disposizione, si può ritenere che per gli investimenti S18a. riferiti ai titolari delle relazioni “R16.”, “R17.”, “R19.”, “R21.”, “R30.” e “R31.” (capi d'accusa da n. 1.1.1.3.1 a n. 1.1.1.3.6), le retrocessioni che andavano corrisposte erano le seguenti:
- relazione “R16.”: 20'000 (azioni acquistate) x EUR 0.75 = EUR 15'000.--;
- relazione “R17.”: 390'000 (azioni acquistate) x EUR 0.75 = EUR 292'500.--;
- relazione “R19.”: 15'000 (azioni acquistate) x EUR 0.75 = EUR 11'250.--;
- relazione “R21.”: 70'000 (azioni acquistate) x EUR 0.75 = EUR 52'500.--;
- relazione “R30.”: 30'000 (azioni acquistate) x EUR 0.75 = EUR 22'500.--;
- relazione “R31.”: 370'000 (azioni acquistate) x EUR 0.75 = EUR 277'500.--;
per un ammontare complessivo di EUR 671'250.--.
Considerato che la parte versata in contanti doveva essere il 70% del totale, l'importo generato a titolo di retrocessioni per i clienti sopraindicati ammonta a EUR 469'875.-- (EUR 10'500.-- per la relazione “R16.”; EUR 204'750.-- per la relazione “R17.”; EUR 7'875.-- per la relazione “R19.”; EUR 36'750.-- per la relazione “R21.”; EUR 15'750.-- per la relazione “R30.” ed EUR 194'250.-- per la relazione “R31.”).
3.8.4 A., precisamente interrogato al riguardo, ha ammesso di avere incassato personalmente - senza riversarle ai clienti - le retrocessioni generate dagli investimenti in azioni S18a., come sopra esposte, per la relazione “R30.” (act. MPC 10.2.1490), per la relazione “R17.” (act. MPC 13.2.1507) e “R31.” (act. MPC 10.2.1493-1494); per un totale di EUR 592'500.-- (di cui il 30% in titoli S18a. e il 70%, pari a EUR 414'750.--, in contanti).
3.8.5 Con riferimento invece ai clienti che A. afferma siano stati gestiti da B. e per i quali nega di avere incassato delle retrocessioni, “R16.”, “R19.” e “R21.”, la Corte rileva quanto qui di seguito.
Come si vedrà (v. infra consid. III. 4.3), anche B. ha sottoscritto con la sua Società 5 un Agency Agreement con Società 18b e Società 18a., che prevedeva le medesime condizioni dell'accordo concluso da Società 2 SA (act. MPC 7.1.2.6.114-117). Sulla base di tale contratto egli, attraverso la sua Società 5 ha effettuato degli investimenti in azioni S18a. per i titolari di relazioni bancarie presso Banca 9 (tra i quali figura la relazione “R49.” riconducibile ai clienti E.) e Banca 8, ma non per i clienti di Società 2 SA titolari di relazioni presso Banca 2. Le retrocessioni per gli investimenti S18a., effettuati tramite la Società 5, sono stati bonificati su un conto intestato a quest'ultima presso Banca 9 (v. verbale di confronto A.-B. del 29 gennaio 2020, act. MPC 13.12.25).
In merito ai clienti, di cui B. si occupava presso Società 2 SA e per i quali risultano investimenti in titoli S18a., egli ha affermato di ricordare solo gli investimenti da parte dei clienti E. ma non ha saputo dire se gli stessi fossero stati effettuati per la relazione “R21.” o “R49.” (v. supra consid. III. 3.4).
I bonifici effettuati a debito delle relazioni “R16.”, “R19.” e “R21.” per l'acquisto di azioni S18a., sono stati effettuati direttamente a favore della Società 19 Pty Ltd (v. supra consid. III. 3.6.1, 3.6.3 e 3.6.4) e non per il tramite della società di B. Società 5. Ne consegue che le retrocessioni generate dagli investimenti in S18a. per questi tre titolari non possono ragionevolmente essere state incassate dalla Società 5, non avendo la società di B. avuto alcun ruolo in queste operazioni.
Le conferme dei bonifici a debito delle relazioni “R21.”, “R19.” e “R16.” a favore di Società 19 per l'acquisto di titoli S18a. sono state trasmesse alla Società 2 SA all'attenzione di A. (act. MPC 7.2.45.10.80, 7.2.56.10.40, 8.5.16159). Inoltre, dagli atti non risulta che Società 5 abbia avuto un ruolo nel contesto di queste operazioni. Si osserva pure che lo stesso A. non ha mai dichiarato di avere versato delle retrocessioni a B. derivanti da questi investimenti, cosa che ha invece dichiarato per altri soggetti (v. supra consid. III. 3.8.2).
Contrariamente a quanto riferito da A. - il quale ha negato di avere incassato alcunché da questi investimenti - la Corte ritiene che, anche per l'acquisto di azioni S18a. per i titolari delle relazioni “R16.”, “R19.” e “R21.”, le retrocessioni siano state da egli incassate. L'ammontare delle stesse, per un totale di EUR 78'750.-- (di cui il 30% in titoli S18a. e il 70%, pari a EUR 55'125.--), rientra, a mente dello scrivente Collegio giudicante, nei complessivi EUR 805'840.-- ricevuti da A. da parte della Società 19 Pty, Ltd (v. supra consid. III. 3.8.2).
A. ha affermato che circa il 30% degli EUR 805'840.-- (quindi circa EUR 241'752.--), lo avrebbe versato ad altri consulenti bancari. Di conseguenza, stando alle sue dichiarazioni, gli sarebbero rimasti EUR 564'088.-- (EUR 805'840.-- ./. EUR 241'752.--). Questa Corte non può credere alle affermazioni di A. e ritiene, ad ogni modo, che l'imputato abbia trattenuto per sé tutte le retrocessioni derivati dagli investimenti in S18a. per i clienti titolari di “R17.”, “R30.”, “R31.”, nonché per quelli titolari di “R16.”, “R19.” e “R21.”, gestiti da B. Del resto, era A. il consulente per i clienti di Società 2 SA, e quindi per i titolari di “R17.”, “R30.”, “R31.”, “R16.”, “R19.” e “R21.”. Non si comprende, pertanto, a quali altri consulenti egli avrebbe dovuto versare del denaro a titolo di retrocessioni derivanti dagli investimenti in S18a. effettuati per questi clienti.
Si ha pertanto che, A. deve, secondo l'ordinario andamento delle cose, avere incassato tutte le retrocessioni generate dagli investimenti in azioni S18a. effettuati per i clienti di Società 2 SA di cui ai capi d'accusa da n. 1.1.1.3.1 a n. 1.1.1.3.6.
3.9 Con il suo agire, A. ha cagionato ai clienti un danno, corrispondente alle retrocessioni da lui personalmente (via Società 20) incassate indebitamente e non riversate ai titolari delle relazioni toccate dagli investimenti S18a., e meglio “R17.”, “R30.”, “R31.”, “R16.”, “R19.” e “R21.”. Il danno ammonta a complessivi EUR 469'875.--, corrispondenti alla parte in contanti (70%) del totale delle retrocessioni dovute in virtù dell'Agency Agreement (v. supra consid. III. 3.8.3). Tale somma coincide pure con l'indebito profitto che A. ha conseguito personalmente da tali operazioni.
3.10 Sotto il profilo soggettivo, A. ha agito con dolo diretto. Egli ha acquistato le Azioni S18a., allo scopo di ricevere le retrocessioni previste dall'Agency Agreement del 18 aprile 2012. Retrocessioni che egli, contrariamente a quanto previsto nel citato accordo, ha incassato personalmente, senza informare i clienti. Con la sua esperienza in ambito di gestione patrimoniale, egli era perfettamente consapevole del fatto che, il tenore della clausola n. 4 contenuta nei mandati di gestione patrimoniale conclusi con i clienti sopra elencati, non era sufficiente, per ritenere che gli stessi fossero informati dell'incasso delle retrocessioni da parte del mandatario e che vi avessero espressamente rinunciato. Egli, come detto, ha ricevuto personalmente le retrocessioni, senza neppure riversarle alla sua Società 2 SA, come avrebbe dovuto avvenire da contratto. Ma non solo: per meglio celare l'incasso personale di tali importi, gli stessi sono stati, dapprima versati su un conto presso la Società 20, e, in seguito, a lui consegnati a contanti dal responsabile di quest'ultima. Inoltre, sul formulario A redatto per la Società 20, A. ha indicato GGGG. (socio fondatore di Società 18a. che ha effettuato i bonifici per le retrocessioni) quale avente diritto economico degli averi patrimoniali (mentre che, tali importi erano di sua pertinenza, come da egli dichiarato). Le sue affermazioni, secondo le quali, vi sarebbe stato un errore di forma nel compilare il citato formulario A non reggono, data la sua lunga esperienza in ambito bancario. Si rileva che, al dibattimento, A., non ha saputo dare una chiara risposta sul motivo per il quale ha indicato, nel formulario A, GGGG. quale beneficiario degli averi, limitandosi a riferire di avere indicato GGGG., in quanto era questi ad avergli versato il denaro (act. SK 306.731.44).
A. - contrariamente ai doveri che gli incombevano quale gestore patrimoniale - non ha provveduto, intenzionalmente, a riversare ai clienti (e neanche alla sua società) le retrocessioni da lui incassate, con l'unico scopo di trattenerle presso di sé e di arricchirsi di conseguenza. È pertanto dato, nel caso di specie, pure il presupposto del disegno di indebito profitto (profitto che, peraltro, è stato effettivamente conseguito), che, come detto, corrisponde al danno patito dai clienti (v. supra consid. III. 3.9).
3.11 A. deve pertanto essere ritenuto autore colpevole di amministrazione infedele qualificata ripetuta in merito al capo d'imputazione n. 1.1.1.3 e meglio da n. 1.1.1.3.1 a n. 1.1.1.3.6.
4. Retrocessioni da investimenti in azioni S18a. - B. (capo d'accusa n. 1.2.1.1)
4.1 A B., al capo d'accusa n. 1.2.1.1, viene rimproverato di avere, nel periodo tra aprile 2012 e novembre 2012, intenzionalmente, in più occasioni, con l'intento di procacciare a sé stesso ed alla Società 5 (di cui era Direttore con diritto di firma individuale) un indebito profitto, agendo in rappresentanza di clienti della Società 5, che avevano sottoscritto l'acquisto dei titoli azionari Società 18a., attraverso i documenti denominati Application Form e Purchase Agreement,
sulla base dell'Agency Agreement sottoscritto in data 18 aprile 2012 tra Società 18b, Società 5 (in qualità di “Agent”) e Società 18a. (in qualità di “Company”),
percepito e fatto percepire alla sua Società 5, all'insaputa dei suoi clienti, per ogni azione fatta sottoscrivere, nel quadro di un'offerta pubblica iniziale (Initial Public Offering - IPO), al prezzo unitario di EUR 1.75, una retrocessione corrispostagli dalla Società 18c Ltd, pari a EUR 0.75, di cui il 70% corrisposto in valuta e il 30% in certificati azionari della Società 18a., retrocessione corrispondente al 42.85% del prezzo di EUR 1.75 pagato dai clienti per l'acquisto di ogni azione S18a.,
indotto da tale retribuzione ad adottare un comportamento ripetutamente contrario agli interessi patrimoniali dei suoi clienti, sottacendo loro il fondamento e l'entità esorbitante delle retrocessioni, che dovevano essere loro restituite in forza dei documenti di sottoscrizione dei titoli azionari S18a. denominati Application Form e Purchase Agreement, firmati dai clienti e che non prevedevano il pagamento di retrocessioni,
retrocessioni a cui i clienti non avevano in ogni caso validamente rinunciato,
millantando - quale argomento di convincimento per effettuare l'investimento - in particolare che le azioni S18a., sarebbero state quotate in borsa con conseguente incremento del valore nominale, ciò che in realtà non è mai avvenuto,
causando così un danno quantificabile globalmente in EUR 614'580.08 corrispondenti alla parte in valuta della retrocessione, percepiti in più occasioni - in data 9 maggio 2012 (EUR 309'718.34); in data 3 luglio 2012 (EUR 274'550.01); in data 30 ottobre 2012 (EUR 970.04); in data 16 novembre 2012 (EUR 29'341.69) - sulla relazione bancaria n. R44. intestata alla Società 5, presso Banca 9a Ltd, Bahamas, conto gestito da Banca 9 SA, X.;
rispettivamente 200'000 azioni S18a., ricevute sulla medesima relazione bancaria, in data 3 luglio 2012 (certificato azionario rappresentativo di 10'000 azioni), in data 16 luglio 2012 (certificato azionario rappresentativo di 30'000 azioni) ed in data 9 ottobre 2012 (certificato azionario rappresentativo di 160'000 azioni), danno cagionato in particolare ai clienti con relazioni bancarie accese presso Banca 9, Banca 9a e Banca 8 SA, X.
4.2 Con riferimento alla Società 18a. e ai suoi titoli si rinvia a quanto esposto al considerando III. 3.2 supra.
4.3 B., in rappresentanza della Società 5, risulta avere sottoscritto in data 1 aprile 2012 (si rileva che la data sembra essere il giorno 1 aprile 2012 in quanto dal documento risulta “This Agreement is executed as a Deed this 10 days of April 01.2012”) un Agency Agreement - Introducer Institutional Clients, redatto su carta intestata di Società 5, con la Società 19 Pty Ltd, per la sottoscrizione di azioni S18a. al prezzo unitario di EUR 1.75 (act. MPC 7.1.2.6.111-112).
Il 18 aprile 2012, l'imputato (sempre in rappresentanze di Società 5) risulta avere sottoscritto un secondo accordo denominato solo Agency Agreement, redatto su carta intestata di Società 18a., con Società 18b e Società 18a., che concerneva sempre la sottoscrizione di azioni S18a. al prezzo unitario di EUR 1.75. In tale accordo era previsto che, per ogni sottoscrizione, Società 5 avrebbe percepito una retrocessione di EUR 0.75, di cui il 70% in contanti e il 30% in certificati S18a. (act. MPC 7.1.2.6.114-117).
L'investimento in azioni S18a. oggetto del presente capo d'accusa non concerne clienti di Società 2 SA con relazioni in Banca 2, ma clienti di altre banche, in particolare di Banca 9 e di Banca 8. Gli stessi sono elencati ai capi da n. 1.2.1.1.1 a n. 1.2.1.1.17; si tratta dei titolari dei conti/titolari “R45.”, “R46.”, IIII., “R47.”, “R48.”, “R49.”, “R50.”, “R51.”, “R52.”, “R53.”, JJJJ. e KKKK., “R54.”, “R55.”, “R56.”, “R57.” e “R58.”.
A B. viene rimproverato di avere abusato della sua qualità di rappresentante ai sensi dell'art. 158 n. 2 CP per avere proceduto, a nome e per conto dei clienti con conti in Banca 9 e Banca 8, delle summenzionate banche, a investimenti in azioni S18a., incassando a loro insaputa le retrocessioni previste nell'Agency Agreement del 18 aprile 2012. I clienti trasferivano a Società 5 l'importo necessario alla sottoscrizione dei titoli (maggiorato di una commissione); una volta ricevuti i fondi, B. li bonificava (dedotta la commissione) a favore della Società 19 Pty Ltd, società che agiva a nome e per conto di Società 18a. in qualità di “subscription agent”. Società 18a. Plc riconosceva poi a Società 5 le retrocessioni come previsto dall'Agency Agreement del 18 aprile 2012.
4.4 LLLL., dapprima responsabile Risk Management e, in seguito, responsabile del private banking di Banca 9, ha riferito, nel suo verbale d'interrogatorio del 25 novembre 2019 (act. MPC 12.1.45 e segg.), che l'investimento in azioni S18a. gli era stato presentato da B. e A. Egli, dopo aver verificato tutta la documentazione concernente S18a., avrebbe ricevuto un'autorizzazione da Banca 9 per fare sottoscrivere un limitato numero di azioni S18a. ai propri clienti. Lo stesso LLLL., che era titolare di una relazione presso Banca 9 (relazione denominata “R45.”, v. capo d'accusa n. 1.2.1.1.1), aveva investito in azioni S18a.
LLLL., nel medesimo interrogatorio, ha dichiarato di aver sottoposto ai propri clienti un Briefing Report, ossia un dossier cartaceo contenente tutte le informazioni concernenti l'investimento. Se i clienti erano interessati all'acquisto dei titoli, LLLL. faceva loro sottoscrivere un documento denominato Purchase Agreement (v. a titolo di esempio act. MPC 7.1.2.6.39, concernente “R45.”), attraverso il quale i clienti dichiaravano di aver preso conoscenza del Briefing Report relativo a Società 18a. (“I here declare that I have accurately read and understood the content of the BRIEFING REPORT relative to Società 18a.”) e chiedevano a Società 5 di procedere all'acquisto per loro conto delle azioni (v. ad esempio l'acquisto per il conto “R45.” “I hereby request that Società 5 LTD S.A. purchases in my behalf a maximum of EUR 52'000.-- of shares in Società 18a., company Number: 10. - Coode TK: 11. - Isin Code: 12.”).
I clienti sottoscrivevano pure un Application Form (v. a titolo di esempio Application Form sottoscritto da LLLL. medesimo, titolare del conto “R45.”, act. MPC 7.1.2.6.43). Questo, stando alle dichiarazioni di LLLL., era un documento standard obbligatorio per la sottoscrizione dei titoli con il quale veniva impartita l'istruzione di pagamento alla banca. LLLL. ha riferito che gli Application Form venivano compilati da lui o dalla sua assistente in presenza dei clienti. Questi ultimi sottoscrivevano l'Application Form e il Purchase Agreement contemporaneamente (act. MPC 12.1.54). Il Purchase Agreement in originale veniva repertoriato nel dossier cartaceo dei clienti e veniva consegnato anche al servizio compliance della Banca, mentre l'Application Form in originale veniva consegnato a B. (act. MPC 12.1.56).
La modalità di procedere descritta dal consulente LLLL., a detta di quest'ultimo, sarebbe stata applicata sia per i clienti di Banca 9 da lui gestiti, sia per quelli gestiti dal responsabile della filiale di YYY. (Banca 9a), MMMM. (act. MPC 12.1.54).
LLLL. ha pure affermato che, per questi clienti, l'investimento in azioni S18a. poteva avvenire unicamente mediante l'intermediazione della Società 5 di B. (act. MPC 12.1.56). Stando alle dichiarazioni del consulente, non venivano effettuati bonifici diretti dal conto dei clienti verso il conto della società del Gruppo S18. che emetteva il titolo.
Il consulente di Banca 9, nell'interrogatorio 25 novembre 2019, ha altresì riferito di non essere stato a conoscenza dell'Agency Agreement del 18 aprile 2012 che prevedeva la corresponsione a Società 5/B. di retrocessioni e, di conseguenza, neppure era a conoscenza dell'esistenza delle retrocessioni (act. MPC 12.1.60-61). Egli avrebbe visto tale documento solo in un secondo momento (ma non ha saputo riferire da chi lo avesse ricevuto e quando, perché la documentazione concernente Società 18a. che è stata a lui recapitata era molta).
A tal proposito, lo stesso LLLL. ha dichiarato che il responsabile di Banca 9a (MMMM.) gli avrebbe chiesto, in due occasioni, spiegazioni in merito a importi confluiti sul conto di Società 5 presso Banca 9a provenienti da Società 18c Ltd. LLLL. avrebbe indicato a MMMM. quanto riferitogli da B., ovvero che vi era un Agency Agreement Introducer institutional Clients con la Società 18a. e, in virtù di questo accordo, Società 5 introduceva clienti istituzionali (stando a quanto riferito da B. a LLLL., tra i possibili clienti istituzionali sembrava esservi anche Banca 18 SA, v. act. MPC 12.1.57 e 7.1.2.6.196) e Società 18a. le riconosceva una fee. LLLL. ha poi indicato di avere inviato ai consulenti di YYY. l'Agency Agreement Introducer Institutional Clients in suo possesso, quello del 1 aprile 2012 - dove non figura l'ammontare delle retrocessioni - al fine di plausibilizzare gli importi che Società 5 aveva ricevuto da Società 18a. (act. MPC 12.1.57-58).
Con riferimento a queste dichiarazioni di LLLL., si osserva che agli atti risultano due richieste da parte di Banca 9 YYY.: una del maggio 2012 (act. MPC 7.1.2.6.194-198) e l'altra del luglio 2012 (act. MPC 7.1.2.6.184). In entrambe le occasioni, LLLL. ha risposto al responsabile di Banca 9a (MMMM.), facendo effettivamente riferimento all'Agency Agreement - Introducer Institutional Clients, quindi a quello del 1 aprile 2012 (che non prevedeva le retrocessioni), che ha trasmesso per fax a OOOO., braccio destro di MMMM. (act. MPC 12.1.57-58, 7.1.2.6.198 e 7.1.2.6.184).
Sempre in sede di interrogatorio del novembre 2019, LLLL. ha precisato che, nel momento in cui ha preso conoscenza dell'accordo del 18 aprile 2012 e quindi delle retrocessioni, si è arrabbiato e rivolto direttamente alla Società 18a., per chiedere se i suoi clienti potessero uscire dall'investimento, ricevendo una risposta affermativa (act. MPC 12.1.59). A precisa domanda degli inquirenti, il consulente bancario ha risposto di non avere percepito retrocessioni per gli investimenti in S18a. Egli non era, infatti, a conoscenza della loro esistenza (act. MPC 12.1.61).
4.5 B., in occasione del suo interrogatorio del 6 novembre 2019 (act. MPC 13.5.348 e segg.), ha sostanzialmente confermato le modalità d'investimento in S18a. per i clienti di Banca 9 descritte da LLLL. (v. supra consid. III. 4.4). L'imputato ha riferito di non avere proposto direttamente l'investimento ai clienti di Banca 9, che gli venivano indicati da LLLL. come interessati. B., stando alle sue dichiarazioni, faceva avere al consulente tutta la documentazione necessaria all'investimento (tra cui il prospetto di emissione e l'Agency Agreement su cui figurava il prezzo di favore del titolo). Inoltre, consegnava a LLLL. l'Application Form da far sottoscrivere al cliente (act. MPC 13.5.355).
L'imputato ha precisato di avere proposto lui direttamente l'investimento S18a. - e quindi raccolto lui la firma sugli Application Form - ai clienti titolari dei conti denominati “R49.” (titolari: E.), “R57.” (titolare: PPPP.) e “R58.” (titolare: †QQQQ.), quest'ultimo presso Banca 8. A questi clienti B. avrebbe (a suo dire) mostrato tutta la documentazione afferente l'investimento S18a., compresi l'Agency Agreement del 18 aprile 2012 (che prevedeva il pagamento di retrocessioni a B./a Società 5) e la documentazione riferita alla Società 5. A detta di B., i clienti venivano pertanto messi a conoscenza delle retrocessioni (v. verbale B. del 6 novembre 2019, act. MPC 13.5.359).
In merito al Purchase Agreement, B., nel verbale del 9 maggio 2014 (act. MPC 13.5.72 e segg.), ha dichiarato di non avere mai visto questo documento (act. MPC 13.5.84).
Al dibattimento ha riferito che il Purchase Agreement era un documento interno a Banca 9 che veniva fatto sottoscrivere ai clienti dai collaboratori della Banca e che rimaneva agli atti in Banca. Di tutta la documentazione firmata dai clienti, B. prendeva soltanto l'Application Form che trasmetteva alla Società S18a. A detta dell'imputato, sia i Purchase Agreement sia gli Application Form erano redatti dai funzionari di Banca 9 (v. verbale B. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.10).
Dagli atti risulta che, i Purchase Agreement, riferiti agli investimenti in S18a. effettuati per il tramite della Società 5, sono stati reperiti dagli inquirenti presso Banca 9, nel dossier della relazione bancaria intestata a Società 5 (act. MPC 7.1.2.6 e segg.). Gli stessi erano pertanto nella disponibilità di B., poiché presenti tra la documentazione riferita al conto di Società 5.
B. ha confermato di avere sottoscritto entrambi gli Agency Agreement: quello del 1 aprile 2012 (Agency Agreement Introducer Institutional clients, che non prevedeva le retrocessioni) e quello del 18 aprile 2012 (Agency Agreement che prevedeva la corresponsione di retrocessioni a lui/a Società 5). In merito alle ragioni per le quali è stato sottoscritto il secondo accordo il 18 aprile 2012, l'imputato ha riferito quanto segue:
“II Procuratore federale mi fa notare che è presente agli atti anche un secondo Agency Agreement sottoscritto tra Società 18a. e Società 5 il 18 aprile 2012. Come mai si è resa necessaria la stipulazione di un secondo accordo? Per tre motivi, che io ricordo. II primo, quello del 1 aprile 2012, è un Agreement per clienti istituzionali redatto dalla Società 5. In relazione al secondo motivo, dal momento che mi era stato chiesto dalla società S18a. e da A., di seguire la parte amministrativa di attribuzione dell'investimento, che ricordo essere azioni nominative, a quel punto io ho messo due paletti. II primo è che Società 18a. mettesse nero su bianco nell'Agreement, il prezzo d'acquisto di favore e le retrocessioni. II secondo paletto era che la parte amministrativa venisse seguita da un altro istituto bancario che non fosse la Banca 2 per evitare conflitti di interesse, in modo tale da avere anche due riscontri sull'investimento da parte di due istituti di credito differenti. II terzo motivo per la stipulazione del secondo Agreement inoltre era per mostrare ad eventuali clienti che avrebbero fatto investimenti in S18a. con me direttamente, quale era il rapporto contrattuale tra la Società 5 e la Società 18a. in tutti i suoi aspetti” (v. verbale B. del 6 novembre 2019, act. MPC 13.5.356).
Egli ha inoltre affermato che entrambi i contratti erano noti a Banca 9 e ad A. (v. verbale B. del 6 novembre 2019, act. MPC 13.5.357). Al dibattimento ha riconfermato quanto precede. In particolare, l'imputato, in aula, ha dichiarato di avere consegnato a LLLL. entrambi gli Agency Agreement (1 aprile 2012 e 18 aprile 2012), precisando che era stata Banca 9 a richiedere quello del 18 aprile 2012, perché il primo non era completo (v. verbale di interrogatorio B. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.9).
4.6 LLLL. ha affermato di non conoscere l'Agency Agreement del 18 aprile 2012 (v. supra consid. III. 4.4). Le dichiarazioni di quest'ultimo sono apparse più credibili agli occhi di questa Corte. Contrariamente a quelle di B., infatti, le affermazioni del consulente di Banca 9 sono confortate dal fatto che LLLL. risulta avere inviato ai colleghi di YYY. l'Agreement del 1 aprile 2012 (il solo a lui noto), nel maggio 2012, e che lo stesso vi ha fatto riferimento in un'ulteriore comunicazione del luglio 2012 (v. supra consid. III. 4.4). Ciò, al fine di giustificare gli importi confluiti sulla relazione intestata a Società 5 provenienti da Società 18a. Se LLLL. avesse ricevuto da B. anche l'Agency Agreement del 18 aprile 2012, lo avrebbe, per logica/certamente, trasmesso ai colleghi delle Bahamas, ritenuto che lo stesso (contrariamente a quello del 1 aprile 2012) prevedeva espressamente il pagamento di retrocessioni.
Non vi sono inoltre riscontri agli atti riguardanti l'asserita richiesta da parte di Banca 9 a B. di allestire l'Agreement del 18 aprile 2012, perché quello del 1 aprile 2012 non era chiaro. LLLL. non ha in effetti riferito nulla al riguardo.
Si osserva come l'Agency Agreement del 18 aprile 2012 prevedeva le stesse e identiche condizioni contemplate nell'Agency Agreement sottoscritto, in medesima data, da A., a nome e per conto di Società 2 SA, con le società del Gruppo S18. (v. act. MPC 10.2.1182-1185, v. anche verbale di B. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.11). L'accordo sottoscritto da Società 2 SA concerneva investimenti in S18a. che A. ha concluso per i suoi clienti, titolari di relazioni bancarie presso Banca 2 (v. supra consid. III. 3.2) e non presso Banca 9. L'Agency Agreement 18 aprile 2012 Società 18a. - Società 2 e Società 5-Società 18a. appare essere un contratto standard, tant'è che presenta il medesimo contenuto. Non è pertanto verosimile, come B. riferisce, che Banca 9 gli abbia richiesto l'accordo del 18 aprile 2012.
4.7 In merito all'incasso delle retrocessioni, B. ha dichiarato che le stesse erano di spettanza di Società 5 in qualità di agente e ha confermato di averle incassate (tramite la sua società). Stando all'imputato, di regola, le retrocessioni (che egli chiama commissioni, nonostante espressamente indicate quali retrocessioni) venivano incassate tramite il conto intestato a Società 5 e, in seguito, messe a disposizione del consulente che aveva proposto l'investimento (v. verbale di B. del 9 maggio 2014, act. MPC 13.5.83). A suo dire, egli avrebbe corrisposto una parte di retrocessioni ad A. e a LLLL. (per i clienti di quest'ultimi che avevano fatto l'investimento) in contanti o tramite bonifici (v. verbale B. del 6 novembre 2019, act. MPC 13.5.360 e 361). In occasione dell'interrogatorio del 18 novembre 2019, B. ha poi precisato di non avere effettuato bonifici direttamente a favore di A. e di LLLL., ma di avere ricevuto, da questi, istruzioni per eseguire versamenti a favore terzi (v. verbale B. del 18 novembre 2019, act. MPC 13.5.392). Al riguardo, si rileva come non vi sia alcun documento o riscontro a conferma delle dichiarazioni dell'imputato. Vi è, però, prova del fatto che le retrocessioni venivano bonificate sul conto intestato a Società 5 presso Banca 9 (v. infra consid. III. 4.14).
In sede di verbale del 9 aprile 2014, B. ha riferito, dopo avere visionato l'Agency Agreement del 18 aprile 2012 che: “le retrocessioni per quello che concerne Società 5 ammontavano a EUR 0.75 per azione, di cui il 70% in contanti e il 30% in azioni, per degli obiettivi fissati da raggiungere di almeno EUR 400 milioni” (v. verbale B. del 9 aprile 2014, act. MPC 13.5.42).
A detta dell'imputato, il cliente veniva informato verbalmente, ma non per iscritto, che le retrocessioni spettavano alla Società 5. I clienti, quindi, non firmavano alcun documento con il quale prendevano atto che le retrocessioni sugli investimenti S18a. andavano a favore della Società 5 (v. verbale B. del 4 novembre 2014, act. MPC 13.5.225).
In aula, B. ha dichiarato che tutti i clienti istituzionali e tutti gli investitori, come pure LLLL., erano al corrente dell'incasso delle retrocessioni previste nell'Agency Agreement 18 aprile 2012. A suo dire, tale incasso era un fatto noto. L'imputato ha, inoltre, precisato come le retrocessioni fossero di spettanza del gestore del cliente, quindi di LLLL. per i clienti di Banca 9. Società 5 tratteneva solo una commissione di circa l'1% per coprire le spese di amministrazione e altro (v. verbale d'interrogatorio B. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.11). Queste affermazioni, tuttavia, non trovano alcun riscontro negli atti.
4.8 †QQQQ., titolare della relazione denominata “R58.” presso Banca 8 (capi d'accusa 1.2.1.1.16 e 17), interrogato in data 11 dicembre 2014, ha dichiarato di avere conosciuto B. circa 20 anni prima, quando l'imputato era suo consulente presso Banca 7. A suo dire, lo stesso B., anni dopo, gli avrebbe proposto l'investimento in azioni S18a. (dandogli tutte le informazioni). †QQQQ. avrebbe accettato senza effettuare troppe verifiche, dato che si fidava del suo ex-consulente, che reputava persona corretta (act. MPC 12.27.3).
Questo cliente risulta avere compiuto due investimenti in azioni S18a.: il primo di CHF 87'100.-- in data 19 giugno 2012 tramite la relazione Società 5 presso Banca 9, il secondo di CHF 130'600.-- tramite la relazione denominata R59. presso Banca 8 di cui RRRR., allora compagna di B., era ADE, relazione sulla quale B. disponeva di una procura (act. MPC 7.1.5.3.22 e 27). Alla domanda volta a sapere se B. avesse incassato delle retrocessioni per i due investimenti in titoli S18a., †QQQQ. ha dichiarato di non esserne stato informato, presumendo però che qualcosa l'imputato potesse avere guadagnato, come avviene per tutte le transazioni bancarie. Una volta messo a conoscenza dagli inquirenti dell'ammontare delle retrocessioni percepite da Società 5 (circa EUR 75'000.--, controvalore, per i due investimenti), †QQQQ. ha però dichiarato di essere allibito, indicando che la cifra gli sembrava piuttosto elevata (v. verbale †QQQQ. dell'11 dicembre 2014, act. MPC 12.27.5).
In merito all'acquisto in titoli S18a. per il cliente †QQQQ., avvenuto tramite la relazione R59., B. ha dichiarato che i fondi provenienti dal conto “R58.” e bonificati sulla relazione R59. erano importi che †QQQQ. doveva all'imputato per un acquisto di titoli S18a. avvenuto in precedenza (si trattava quindi di un credito che B. aveva verso il cliente). L'imputato, a suo dire, avrebbe poi fatto investire alla sua allora compagna RRRR. (ADE del conto R59.), in titoli S18a., l'importo confluito sul conto R59. (v. verbale B. del 4 novembre 2014, act. MPC 13.5.223-224). RRRR., interrogata per via rogatoriale il 16 settembre 2014, ha dichiarato di non capire nulla di banca, di nulla sapere in merito al citato conto R59. e di non avervi mai operato (act. MPC 12.20.27-28).
B. ha comunque affermato che le retrocessioni derivanti da tale investimento sono pervenute alla Società 5 (v. verbale B. del 4 luglio 2014, act. MPC 13.5.164). Al dibattimento B. ha confermato le proprie dichiarazioni (v. verbale d'interrogatorio B. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.9).
4.9 E1., titolare unitamente a E2. e E3. del conto “R49.” presso Banca 9a e del conto “R21.” presso Banca 2, in occasioen dell'interrogatorio del 9 dicembre 2019 (act. MPC 12.28.61 e segg.), ha riconosciuto il Purchase Agreement (act. MPC 7.1.2.6.68) e l'Application Form (act. MPC 7.1.2.6.71) concernenti l'acquisto di titoli S18a. per il conto “R49.” presso Banca 9, confermando di averli firmati. Egli ha riferito che l'investimento in S18a. gli era stato proposto da B. presso gli uffici della Società 3. E. ha pure dichiarato di non avere mai visto l'Agency Agreement del 18 aprile 2012 e, se avesse saputo che Società 5 avrebbe incassato EUR 0.75 a titolo di retrocessione per ogni azione, non avrebbe effettuato l'investimento (act. MPC 12.28.65).
Gli altri clienti di Banca 9 o Banca 8 oggetto degli investimenti in azioni S18a. effettuati tramite B., elencati ai capi da 1.2.1.1.1 a 1.2.1.1.17, non sono stati interrogati e non hanno presentato una denuncia penale.
4.10 La Corte ha esaminato se B. fosse effettivamente a beneficio della qualità di rappresentante, rispettivamente se egli avesse abusato di tale potere ai sensi dell'art. 158 n. 2 CP, incassando le retrocessioni derivanti dagli investimenti in azioni S18a. effettuati suo tramite e cagionando così un danno.
4.10.1 Entrambi gli Agency Agreement (sia quello del 1 aprile 2012 sia quello del 18 aprile 2012) prevedevano, al punto 1, l'assunzione da parte di Società 5 del ruolo di Agente per la sottoscrizione di azioni S18a. al prezzo di EUR 1.75 cadauna. Al punto 2 i due accordi indicavano che Società 5 sarebbe stata parte contrattuale indipendente nei suoi contratti di sottoscrizione con la propria clientela.
L'Agency Agreement del 18 aprile 2012 (redatto su carta intestata di Società 18a.), unico dei due contratti a prevedere le retrocessioni in favore di Società 5 (e in base al quale le retrocessioni sono state corrisposte), contemplava inoltre, tra le altre, le seguenti clausole:
- punto 3: Società 5 avrebbe percepito una retrocessione di EUR 1.75 per ogni azione venduta con successo attraverso le proprie conoscenze. Il pagamento delle retrocessioni da parte di Società 18a. sarebbe avvenuto dopo ricezione di una fattura inviata dall'agente (Società 5), che doveva dimostrare di avere venduto i titoli alla propria rete di clientela;
- punto 4: tale contratto permetteva all'agente di proporre l'investimento dei titoli S18a. sia a clientela privata sia a clienti istituzionali. Tale clausola, di fatto, copriva quanto previsto nell'Agency Agreement del 1 aprile 2012;
- punto 6: i contatti con la clientela (privata o istituzionale) sarebbero stati tenuti esclusivamente dalla parte che la rappresentava (in casu, Società 5).
Già solo dalle clausole previste nell'Agency Agreement del 18 aprile 2012 emerge in maniera chiara il ruolo di rappresentante ricoperto da Società 5, e per essa da B. Cadono pertanto nel vuoto le argomentazioni della difesa dell'imputato secondo le quali, dalle clausole dell'Agency Agreement nulla si evincerebbe in tal senso e risulterebbe, in particolare dal punto 2, che Società 5 non era autorizzata a stipulare contratti di compravendita di azioni in rappresentanza di Società 18a. (v. Agency Agreement 18 aprile 2012, punto 2, secondo paragrafo, v. anche arringa della difesa di B. del 19 gennaio 2022, act. SK 306.721.358 e segg.). Contrariamente a quanto sostenuto in arringa, il punto 2 dell'Agency Agreement del 18 aprile 2012 (e neppure i punti 3, 4 e 6) non dimostra l'assenza di un potere di rappresentanza di Società 5 verso clienti ai quali proponeva l'investimento.
4.10.2 Oltre a ciò, si rileva che, mediante la sottoscrizione dei Purchase Agreement, i clienti di Banca 9 e di Banca 8, che avevano deciso di investire nei titoli S18a., incaricavano espressamente Società 5 di acquistare per loro conto i titoli S18a. Il testo dei Purchase Agreement è chiaro ed inequivocabile: “I hereby request that Società 5 LTD S.A. purchases in my behalf a maximum of EUR 52'000.-- of shares in Società 18a., company Number: 10. - Coode TK: 11. - Isin Code: 12.”).
Sulla base del Purchase Agreement e del relativo Application Form, i clienti trasferivano così alla Società 5 l'importo necessario alla sottoscrizione dei titoli maggiorato di una commissione. Una volta ricevuti i fondi, B. li bonificava (dedotta la commissione) a favore della Società 19 Pty Ltd, società che agiva a nome e per conto di Società 18a. in qualità di “subscription agent”. Società 18a. riconosceva poi a Società 5 le retrocessioni come risultava dall' Agency Agreement del 18 aprile 2012. Al riguardo, si osserva che l'autorizzazione a rappresentare un terzo in un singolo negozio giuridico, come avvenuto in concreto, è sufficiente per ritenere la qualità di rappresentante ai sensi dell'art. 158 n. 2 CP (Niggli/Wiprächtiger, op. cit., n. 145 ad art. 158 CP).
Visto quanto precede, la qualità di rappresentante in capo a B., quale direttore con diritto di firma individuale di Società 5, emerge dalle clausole del Agency Agreement del 18 aprile 2012, dal contenuto dei Purchase Agreement sottoscritti dai clienti, nonché dalle modalità (descritte sia da B. che da LLLL.) con cui si sono svolte le operazioni di acquisto dei titoli S18a., contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa (v. infra consid III. 4.10.3).
4.10.3 La difesa dell'imputato, in aula, ha contestato la qualità di rappresentante di Società 5. A suo dire, l'acquisto delle azioni S18a. sarebbe stato effettuato direttamente dai clienti tramite l'Application Form (redatto dai collaboratori di Banca 9), documento sul quale non figurava né il nome di Società 5, né quello di B. Stando al difensore, Società 5 si sarebbe limitata a mettere a disposizione dei clienti di Banca 9 la propria relazione bancaria allo scopo di fare transitare i fondi necessari per la sottoscrizione dei titoli. Tale modo di procedere avrebbe consentito ai clienti di Banca 9 di evitare un pagamento diretto a Società 18a., affinché i loro dati bancari non potessero essere intercettati, ad esempio dalle amministrazioni fiscali (v. arringa difesa di B. del 19 gennaio 2022, act. SK 306.721.364 e seg.).
La linea difensiva adottata da B. non trova riscontro negli atti. Contrariamente a quanto sostenuto in arringa, gli investimenti in titoli S18a. non sono stati effettuati direttamente dai clienti di Banca 9. Non vi sono infatti bonifici diretti dai conti dei clienti a Società 18a. Gli investimenti venivano fatti da Società 5 (e per essa da B.): era B. a compilare tutti Application Form (v. verbale B. del 6 novembre 2019, act. MPC 13.5.356-359) e a effettuare i bonifici in favore di Società 18a. per l'acquisto dei titoli. Era poi sempre Società 5 a ricevere i titoli e a trasmetterli alla Banca (che li depositava nei portafogli dei clienti). Da ultimo, è stata Società 5 ad avere incassato le retrocessioni derivanti dalla sottoscrizione dei titoli S18a. (v. Rapporto della PGF del 30 marzo 2016, v. infra consid. III. 4.14). Non è pertanto possibile ritenere, come afferma la difesa, che i clienti di Banca 9 abbiano effettuato direttamente l'investimento.
Lo stesso B., con le sue dichiarazioni, ha riconosciuto il ruolo di rappresentante di Società 5. Basta infatti pensare a quanto egli ha affermato in sede di interrogatorio di confronto con A. del 29 gennaio 2020 (act. MPC 13.12.27), dove ha dichiarato che il servizio offerto da Società 5 era quello di sottoscrivere le azioni S18a. per conto dei clienti e di fornire loro fisicamente i titoli nominativi che venivano poi messi nel deposito titoli presso la banca di riferimento.
E ancora, nel verbale del 9 maggio 2014 (act. MPC 13.5.81), B. ha riferito che la Società 5 si è occupata, presso la Banca 9, di fungere da tramite per la sottoscrizione da parte dei clienti delle azioni S18a. In particolare, stando a B., Società 5 sottoscriveva le azioni a nome e per conto del cliente nominativo (le azioni S18a. erano tutte nominative).
Queste dichiarazioni di B. sono in contrasto con quanto sostenuto in aula dalla sua difesa, ossia che i clienti investivano in S18a. per il tramite di Società 5 al fine di evitare pagamenti diretti alla Società 18a. di modo che i loro dati non venissero intercettati dalle autorità fiscali (v. arringa della difesa di B. del 19 gennaio 2022, act. SK 306.721.364).
4.10.4 B. tenta inoltre di sostenere di non avere nulla a che fare con i Purchase Agreement, allo scopo di dimostrare l'assenza del ruolo di rappresentante da parte di Società 5.
A detta dell'imputato, il Purchase Agreement, di cui egli non aveva contezza, era un documento interno di Banca 9, redatto da LLLL. o dalla sua segretaria, al fine di ottenere dai propri clienti le necessarie autorizzazioni per poi procedere al bonifico per l'acquisto delle azioni presso Società 5. Il documento, sempre stando all'imputato, veniva fatto sottoscrivere ai clienti in Banca 9 e rimaneva in deposito presso la Banca (v. interrogatorio dibattimentale di B. dei 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.10 e interrogatorio di B. del 9 maggio 2014, act. MPC 13.5.84).
Le dichiarazioni di B. appena riportate non sono state ritenute attendibili dallo scrivente Collegio.
I Purchase Agreement (come pure la copia degli Application Form e dei Formulari A sottoscritti da B.) venivano depositati nel dossier della relazione intestata a Società 5 presso Banca 9. Ciò a dimostrazione del fatto che gli stessi erano considerati “contratti” di Società 5. Del resto, i Purchase Agreement conferivano incarico, non a Banca 9, ma a Società 5, di acquistare i titoli S18a. Si rileva inoltre che B. ha ammesso di avere raccolto personalmente, in data 23 luglio 2012 presso gli uffici di Banca 9, la firma di PPPP., titolare di “R57.”, sull'Application Form (act. MPC 7.1.2.6.102, v. verbale di B. del 6 novembre 2019, act. MPC 13.5.358). Dalla documentazione agli atti risulta che, in medesima data, detto cliente ha sottoscritto anche il Purchase Agreement (act. MPC 7.1.2.6.100) e che, in data 20 giugno 2012, B. ha firmato personalmente il Purchase Agreement e l'Application Form riferiti ad uno dei due investimenti in S18a. effettuati per †QQQQ., titolare della relazione denominata “R58.” (v. act. 7.1.2.6.175-176, v. anche verbale di B. del 6 novembre 2019, act. MPC 13.5.359).
Va poi ancora osservato che l'imputato, per atti concludenti, ha eseguito quanto era contenuto nei Purchase Agreement. Al riguardo, si rinvia alle sue dichiarazioni riportate al considerando III. 4.10.3, ultimo paragrafo supra, dove B. ha sostanzialmente confermato quanto indicato nei Purchase Agreement.
Visto quanto precede, B. era perfettamente a conoscenza dei Purchase Agreement e del loro contenuto, che conferivano a Società 5 un mandato per l'acquisto dei titoli S18a.
4.10.5 Neppure è verosimile la circostanza secondo la quale il Purchase Agreement era un documento interno a Banca 9. Il consulente LLLL., nel suo verbale 25 novembre 2019, non ha riferito nulla in tal senso.
Nel dossier della relazione intestata a Società 5 presso Banca 9, sono stati rinvenuti pure dei Purchase Agreement, riferiti a investimenti in S18a. effettuati, tramite Società 5, da A. per i clienti di Società 2 SA D. e K. (act. MPC 7.1.2.6.44, 50, 59 e 65). D. e K. non avevano conti in Banca 9. Se i Purchase Agreement fossero stati dei documenti interni a Banca 9, non avrebbero potuto trovarsi nel dossier di Società 5: D. e K. avevano, infatti, conti in Banca 2.
Il Purchase Agreement di cui all'act. MPC 7.1.2.6.44 presenta pure il visto di B. Di conseguenza, quest'ultimo non è credibile allorquando dichiara di non avere avuto contezza dei Purchase Agreement prima del suo verbale d'interrogatorio del 9 maggio 2014.
4.11 Accertato che Società 5, nella persona di B., aveva qualità di rappresentante, occorre ancora verificare se e in che misura vi sia stato un abuso di tale potere di rappresentanza.
4.11.1 Il difensore di B. ha sostenuto, in aula, che l'imputato non avrebbe travalicato i suoi poteri di rappresentanza (la cui esistenza viene comunque contestata dalla difesa), poiché i Purchase Agreement e i relativi Application Form indicavano precisamente il numero di titoli S18a. da acquistare e l'importo inerente al loro acquisto (v. arringa della difesa di B. del 19 gennaio 2022, act. SK 306.721.366).
La tesi della difesa non può essere seguita. Infatti, l'abuso del potere di rappresentanza rimproverato a B. dalla pubblica accusa non consiste nell'aver acquistato i titoli S18a. (conformemente a quanto indicato sui Purchase Agreement e sui relativi Application Form), ma nell'avere sottaciuto ai clienti l'incasso da parte di Società 5 delle retrocessioni, nonché nell'avere omesso di riversarle a loro, ciò in violazione dei doveri che gli incombevano ai sensi dell'art. 158 n. 2 CP.
4.11.2 Ciò detto, si rileva che al rappresentante incombe il medesimo dovere di diligenza dell'art. 158 n. 1 CP (Scheidegger/Von Wurstemberger, Basler Kommentar, 4a ediz. 2018, n. 75 ad art. 158 CP).
In concreto, sebbene l'imputato non fosse un gestore patrimoniale, in qualità di rappresentante gli incombeva il dovere di informare i clienti, rispettivamente il responsabile del private banking di Banca 9, LLLL. (affinché a sua volta ragguagliasse i suoi clienti), delle retrocessioni che gli investimenti avrebbero generato, nonché dell'incasso delle medesime.
Le retrocessioni, essendo strettamente correlate all'esecuzione dei mandati di acquisto dei titoli S18a. conferiti dai clienti a Società 5 mediante sottoscrizione dei Purchase Agreement, spettavano ai clienti stessi (DTF 132 III 460). Per permettere l'incasso alla società di B., i clienti avrebbero dovuto espressamente rinunciarvi (v. DTF 132 III 460, sentenza del Tribunale federale 6B_910/2019 del 15 giugno 2019 consid. 4.2, con riferimenti). Nella sentenza 6B_54/2019 del 3 maggio 2019 consid. 4.3 (citata in requisitoria dalla pubblica accusa), il Tribunale federale ha stabilito che l'obbligo di restituzione delle retrocessioni al mandante vale anche per l'art. 158 n. 2 CP, risultando applicabile, anche per questa forma aggravata di amministrazione infedele, la portata dell'art. 400 cpv. 1 CO.
4.11.3 Diversamente da quanto dichiarato dall'imputato (v. supra consid. III. 4.7 in fine), dagli atti non è emerso che egli abbia informato i clienti in merito alle retrocessioni previste nell'Agency Agreement del 18 aprile 2012. Malgrado non siano stati interrogati tutti i clienti, le dichiarazioni agli atti di LLLL., di †QQQQ. e di E1. sono tutte univoche nel concordare che nessun ragguaglio è stato loro dato circa l'incasso e l'ammontare di tali retrocessioni (v. supra consid. III. 4.4 in fine, 4.8 e 4.9). Non risulta che l'imputato abbia informato dell'incasso delle retrocessioni né i clienti da lui direttamente trattati, né il consulente di Banca 9 LLLL., il quale, quindi, non poteva a sua volta ragguagliare i suoi rispettivi clienti. Si precisa che LLLL., nel caso di specie, ha avuto una doppia funzione: è stato sia cliente (titolare del conto denominato “R45.”) che ha acquistato titoli S18a., sia consulente bancario che ha proposto l'investimento ai suoi clienti in Banca 9. Se egli stesso non era informato delle retrocessioni, come poteva a sua volta ragguagliare i clienti della banca ai quali proponeva l'investimento. Non vi sono nell'incarto elementi atti a comprovare, contrariamente a quanto sostenuto da B., che i clienti e LLLL. (cliente e consulente), in vista dell'investimento, abbiano preso visione dell'Agency Agreement del 18 aprile 2012 che contemplava l'ammontare delle retrocessioni, rispettivamente che siano stati informati delle retrocessioni. LLLL., le cui dichiarazioni sono state ritenute credibili (v. supra consid. III. 4.4 e 4.6), ha infatti affermato che il contratto in suo possesso era solo quello del 1 aprile 2012, e meglio l'Agency Agreement Introducer Institutional Clients. L'incasso e l'ammontare delle retrocessioni non sono neppure menzionati nei Purchase Agreement sottoscritti dai clienti.
B. ha dichiarato di avere avuto un preciso dovere di rendiconto e di informazione verso i clienti ai quali ha proposto direttamente l'investimento in S18a. (v. verbale del 6 novembre 2019, act. MPC 13.5.359), come risulta espressamente dai Purchase Agreement. Egli avrebbe dovuto far notare loro i suoi doveri. Ciò non è però stato il caso. L'imputato ha, di conseguenza, abusato della sua qualità di rappresentante avendo egli disatteso il dovere di rendiconto e di informazione verso i clienti sottoscrittori dei Purchase Agreement. Poco importa che l'imputato abbia dichiarato di avere un dovere “solo” nei confronti dei clienti da lui trattati direttamente (e meglio dei titolari di “R45.”, “R57.”, “R49.” e “R58.”). Il suo dovere si estendeva a tutti i clienti di Banca 9 e di Banca 8 elencati nell'atto d'accusa alla pagina 64 e che hanno investito tramite Società 5. Non va, infatti, dimenticato che è stata la stessa Società 5 ad avere incassato le retrocessioni.
Ma soprattutto, come detto, non vi è traccia alcuna di qualsivoglia espressa rinuncia da parte dei clienti a tali importi. L'imputato stesso ha affermato di non avere fatto sottoscrivere nulla in tale senso ai clienti (v. interrogatorio di B. del 4 novembre 2014, act. MPC 13.5.225, v. supra consid. III. 4.7).
4.11.4 L'imputato ha riferito che le retrocessioni incassate da Società 5 venivano messe a disposizione del consulente che aveva proposto l'investimento, e quindi, in concreto, al consulente LLLL. (v. supra consid. III. 4.7). Nondimeno, dall'esame della documentazione bancaria relativa al conto intestato a Società 5 presso Banca 9 non si evincono, a ridosso o poco dopo l'incasso delle retrocessioni, bonifici a favore di LLLL. Con riferimento alle altre operazioni effettuate sul conto di Società 5, in particolare ai prelevamenti in contanti, non vi è prova nell'incarto di alcuna dazione di denaro a LLLL. Non va poi dimenticato che LLLL. ha pure investito in azioni S18a. e, dopo avere scoperto dell'esistenza del secondo Agency Agreement (quello del 18 aprile 2012), si è rivolto direttamente alla Società 18a. per verificare la possibilità, per i clienti da lui gestiti, di procedere con il disinvestimento. LLLL. ha dichiarato che egli, capo del private banking di Banca 9 con 700 clienti e oltre un miliardo di asset under management in gestione, aveva effettuato l'operazione S18a. per sé, per alcuni colleghi ed alcuni clienti amici, pensando che potesse costituire un “regalo”. LLLL. è quindi credibile laddove ha affermato di non avere alcun interesse, nella sua posizione, a ricevere delle commissioni (recte: retrocessioni), bastandogli al riguardo unicamente la garanzia di poter rivendere i titoli alla società qualora l'investimento non fosse andato a buon fine (v. verbale LLLL. del 25 novembre 2019, act. MPC 12.1.60). Le dichiarazioni di B., secondo cui, le retrocessioni sarebbero state riversate ai consulenti bancari che hanno proposto l'investimento, che nel caso di Banca 9 era LLLL., non trovano alcun riscontro. Unica corrispondenza agli atti è il bonifico delle retrocessioni da Società 18a. a Società 5 (v. infra consid. III. 4.14).
Del resto, B. non è mai parso credibile agli occhi di questa Corte (v. supra consid. III. 4.6, 4.10.4, 4.10.5).
4.11.5 Con l'arringa dibattimentale, la difesa dell'imputato ha sostenuto che tra B./Società 5 e i clienti di Banca 9 e Banca 8, elencati nell'atto d'accusa, non era in essere alcun contratto di mandato. Pertanto non vigeva alcun obbligo di rimborso ai clienti, ai sensi dell'art. 400 CO, delle retrocessioni (v. arringa della difesa di B. del 19 gennaio 2022, act. SK 306.721.367 e seg.). Sempre secondo la difesa, non essendovi alcun obbligo di rimborso, i clienti non avrebbero patito alcun danno (act. SK 306.721.367 e segg.). Il difensore di B. ha, inoltre, indicato che il Tribunale federale aveva già avuto modo di precisare che un'istruzione di acquisto di un prodotto finanziario impartito da un cliente non costituiva un mandato, ma un contratto di compravendita (DTF 112 II 44 consid. 2, duplica difesa di B. del 21 gennaio 2022, act. SK 306.721.10). Inoltre, stando alla difesa, la sentenza 6B_54/2019 (citata dalla pubblica accusa in requisitoria, v. supra consid. III. 4.11.2) non troverebbe applicazione, poiché concerne una fattispecie diversa e meglio l'esistenza di una società semplice alla quale si applicherebbero le regole del mandato (v. arringa difesa di B. del 19 gennaio 2022, act. SK 306.721.366 e seg.).
Questo Collegio ha ritenuto che B. (rispettivamente la sua Società 5) si trovasse, come nel caso della sentenza del Tribunale federale 6B_54/2019 del 3 maggio 2019 consid. 4.2 e 4.3, nella posizione di mandatario cui incombeva un obbligo di fedeltà nei confronti dei propri partner contrattuali (cioè dei sottoscrittori dei Purchase Agreement) e che fosse tenuto a rendere conto a questi ultimi di tutte le somme di denaro che Società 5 riceveva nel quadro di questa precisa attività. Società 5, e per essa B., conformemente alla citata giurisprudenza, aveva pertanto l'obbligo di rendere conto (come ammesso dallo stesso B.). Il danno subito dai mandanti (coloro che hanno acquistato i titoli S18a.) è rappresentato da un non aumento dei loro attivi, in specie dalle retrocessioni ricevute da Società 5 e non riversate loro.
Come già indicato, B. stesso, in occasione del suo interrogatorio del 6 novembre 2019, ha dichiarato che aveva un preciso dovere di rendiconto e di informazione verso i clienti da lui trattati direttamente (act. MPC 13.5.359). Se ne deduce pertanto che egli aveva un mandato, conformemente a quanto contenuto nei Purchase Agreement, altrimenti mal si comprenderebbe per quali ragioni avrebbe affermato di avere tali doveri.
Neppure trova applicazione nel caso di specie la giurisprudenza citata al dibattimento con la duplica (DTF 112 II 44 consid. 2, v. act. SK 306.721.10). In tale sentenza dell'Alta Corte non era stata ritenuta l'esistenza di un contratto di mandato tra una società e una banca per l'acquisto di titoli da parte della prima, per il tramite della seconda, nell'ambito di un prestito obbligazionario avviato dal Cantone di Ginevra. La fattispecie, a mente dello scrivente Collegio, differisce da quella che qui ci occupa. Nel caso ginevrino, infatti, la banca era stata remunerata esclusivamente dal Cantone (e non dalla società acquirente dei titoli) per la collaborazione apportata nel collocamento del prestito. Nella presente fattispecie, invece, la Società 5 è stata remunerata dai clienti di Banca 9, acquirenti dei titoli S18a., i quali hanno versato alla società commissioni (v. infra consid. III. 4.13, rapporto PGF del 30 marzo 2016, act. MPC 10.2.764).
4.12 Alla luce di quanto precede, B., nell'ambito degli investimenti in titoli S18a. che ha concluso per conto di clienti di Banca 9 e Banca 8, ha abusato della propria qualità di rappresentante sottacendo loro l'incasso delle cospicue retrocessioni che ha trattenuto per sé (tramite la Società 5), nonostante il dovere di riversarle. Egli non ha pertanto agito nell'interesse dei suoi mandanti, ai quali ha cagionato un danno (v. infra consid. III. 4.14).
Società 5, oltre alle retrocessioni che le venivano riconosciute grazie agli investimenti, tratteneva già una commissione in suo favore dagli importi destinati all'acquisto dei titoli S18a. che riceveva dai clienti (v. rapporto PGF del 30 marzo 2016, act. MPC 10.2.764). Dagli atti risulta infatti che, ad eccezione degli investimenti per i titolari di “R45.” (LLLL.), “R57.” (PPPP.), e “R58.” (†QQQQ.), i versamenti a favore di Società 5 da parte dei clienti di Banca 9 erano superiori all'importo pagato per l'investimento. A maggior ragione, quindi, è data la malafede di B., che già incassava (tramite la sua società) commissioni per questi investimenti.
4.13 Per conto dei clienti elencati al considerando III. 4.3 supra, B. risulta avere proceduto all'acquisto di 870'000 azioni S18a. per un esborso complessivo da parte dei clienti di EUR 1'522'500.--. Tale importo è comprensivo delle commissioni che Società 5 tratteneva dagli importi versati dai clienti. Queste ultime ammontano a EUR 66'707.-- (v. rapporto di situazione del 30 marzo 2016 della PGF, act. MPC 10.2.765).
4.14 Le retrocessioni, stando a quanto previsto dall'Agency Agreement del 18 aprile 2012 (EUR 0.75 per ogni azione acquistata), ammontavano a complessivi EUR 652'500.--, di cui il 70% (EUR 456'750.-- ) in denaro e il 30% in titoli S18a. L'importo di EUR 456'750.-- corrisponde al danno complessivo cagionato ai clienti (ossia il mancato riversamento delle retrocessioni), come pure all'indebito profitto conseguito da B. (tramite la Società 5).
Per le ragioni già esposte al considerando III. 4.11.5 supra, non viene seguita la tesi difensiva secondo la quale non vi sarebbe un danno, vista l'assenza di un dovere di restituzione delle retrocessioni ai clienti, data l'assenza di un contratto di mandato tra Società 5/B. e i clienti di Banca 9/Banca 8.
Dall'analisi degli estratti conto della relazione bancaria intestata a Società 5 presso Banca 9a, contenuta nel rapporto di situazione del 30 marzo 2016 della PGF (act. MPC 10.2.765 e segg.), sono emersi in particolare quattro accrediti provenienti da Società 18c Ltd per complessivi EUR 584'268.35 (EUR 309'718.34 l'8 maggio 2012, act. MPC 7.1.2.6.194; EUR 274'550.01 il 3 luglio 2012, act. MPC 7.1.2.13.28; EUR 970.04 il 30 ottobre 2012, act. MPC 7.1.2.13.29; EUR 29'341.69 il 16 novembre 2012, act. MPC 7.1.2.13.30).
In considerazione del fatto che gli investimenti in titoli S18a. sono stati fatti tra aprile 2012 e luglio 2012, si può ragionevolmente ritenere che tali accrediti si riferissero (ma non solo) alle retrocessioni derivanti dagli investimenti per i clienti di cui al capo n. 1.2.1.1. Del resto, B. non ha mai contestato di avere incassato le retrocessioni e neppure ha contestato gli accrediti in favore di Società 5 sopra elencati.
4.15 Ne discende che, l'agire di B. adempie i presupposti oggettivi del reato di amministrazione infedele.
4.16 Sotto il profilo soggettivo, B. ha agito con dolo diretto, ovvero con piena cognizione di causa. Egli ha volontariamente sottaciuto a LLLL. (longa manu di B. e pure cliente che ha acquistato titoli S18a.), nonché ai clienti ai quali l'imputato avrebbe proposto direttamente l'investimento, l'esistenza dell'Agency Agreement del 18 aprile 2012 che contemplava le retrocessioni e il loro ammontare. Ciò al fine di permettere alla sua società di incassarle senza doverle riversare ai clienti, trattenendole così per sé. Retrocessioni che, lo si rammenta, ammontavano al 42.85% del prezzo pagato per ogni titolo acquistato. L'imputato vanta una lunga esperienza in ambito bancario e, come visto, ha svolto attività di consulenza in ambito finanziario (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.3 e segg.). Non poteva quindi sfuggirgli il fatto che avrebbe dovuto debitamente informare i clienti sulle retrocessioni, rispettivamente ottenere, se del caso, una loro esplicita rinuncia alle stesse, trattandosi di importi considerevoli. Ciò non risulta essere avvenuto.
Egli ha abusato della propria qualità di rappresentante al fine di procacciare a sé e alla sua società un indebito profitto, corrispondente all'ammontare delle retrocessioni trattenute per sé, per complessivi EUR 456'750.-- (v. supra consid. III. 4.14).
Vi è indebito profitto qualora un terzo benefici di prezzi irragionevoli in danno della persona rappresentata. È il caso, ad esempio, se l'autore del reato riceve segretamente ingenti provvigioni dal terzo e, contrariamente all'accordo, non le ha trasferite (v. Donatsch, Strafrecht III, 11a ediz. 2018, pag. 333). In concreto, Società 5, e per essa B., ha beneficiato di prezzi (recte: guadagni) irragionevoli (dell'ordine del 42.85% del prezzo pagato dai clienti per l'acquisto dei titoli S18a.) in danno delle persone che rappresentava.
4.17 Alla luce di tutto quanto precede, B. è riconosciuto autore colpevole del reato di ripetuta amministrazione infedele qualificata ai sensi dell'art. 158 n. 2 CP, per il capo d'accusa 1.2.1.1.
5. Investimenti nel fondo d'investimento Fondo 2 (capo d'accusa n. 1.1.1.4)
5.1 Tale imputazione concerne solo l'imputato A. (capi d'accusa da n. 1.1.1.4.1 a n. 1.1.1.4.5).
Allo stesso viene imputato di avere nella sua qualità di gestore patrimoniale esterno sotto la ragione sociale Società 2 SA, con l'intento di procacciare a sé e ad altri (alla Società 2 SA), un indebito profitto, ripetutamente mancato al proprio dovere, segnatamente di fedeltà e di informazione, effettuato operazioni finanziarie che sapeva esulare dal profilo di rischio prescelto dai clienti, in particolare investendo una percentuale elevata dell'intero patrimonio da lui gestito, nel fondo d'investimento alternativo che effettuava investimenti in “Private Equities Companies” denominato Fondo 2, con sede alle Bahamas, omettendo di informare compiutamente i clienti sulle percentuali che aveva investito in questo singolo prodotto nonché sulle ingenti perdite subite successivamente, impedendo in tal modo ai clienti di determinarsi con cognizione di causa sulla reale situazione e sul prosieguo dell'investimento e della gestione dei propri patrimoni, con il fine in particolare di percepire vantaggi economici per sé e per la sua Società 2 SA, come pure di acquisire nuove ed ulteriori relazioni professionali che gli investimenti effettuati nel fondo denominato Fondo 2 avrebbero garantito a lui ed alla sua Società 2 SA, consentendogli quindi di beneficiare personalmente da tale suo agire, causando così un danno quantificabile globalmente in EUR 658'611, USD 2'410'005 e CHF 6'304'716.15.
Tale imputazione concerne i clienti di Società 2 SA, titolari delle relazioni “R2.”, “R17.”, “R17a.”, “R21.” e “R31.”.
5.2 Con riferimento all'investimento nel fondo d'investimento Fondo 2 si osserva come lo stesso sia un investimento alternativo di private equity (investimenti in aziende non quotate in fase di forte sviluppo) con diversificazione inesistente o limitata. Va detto che gli investimenti alternativi non sono alla portata di tutti. Date le loro particolari caratteristiche in termini di rischio e rendimento, la loro complessità e il capitale minimo necessario sono più attraenti e adeguati agli investitori sofisticati che hanno già un ampio portafoglio di attività finanziarie e che vogliono destinare una parte del loro patrimonio ad asset poco correlati ed in grado di dare un rendimento superiore.
Oltre alla complessità e al capitale minimo necessario va considerato anche l'orizzonte temporale, che deve essere necessariamente lungo. La volatilità e le perdite massime sono più alte rispetto alle altre tipologie di investimento.
5.3 Al riguardo si osserva che i clienti titolari delle relazioni “R2.”, “R17.”, “R17a.” e “R31.”, toccate dagli investimenti nel Fondo 2, nei rispettivi profili di investimento, hanno indicato una discreta sopportazione e propensione del rischio (act. MPC 8.5.16125-16126, 12900-12901, 13178-13179, 2502-2503). I titolari della relazione “R21.” hanno addirittura segnalato una scarsa sopportazione e propensione al rischio (act. MPC 8.5.17157-17158).
5.4 Dal rapporto di trasmissione atti del 14 novembre 2017 della PGF (act. MPC 10.2.1195-1201), sulla base degli estratti patrimoniali di Banca 2 di fine anni 2010, 2011 e 2012, nonché del primo trimestre del 2013, risultano i seguenti investimenti nel Fondo 2 nelle classi C, D, E e F:
5.4.1 Conto intestato a Società 6:
- posizione al 31 dicembre 2010: tre posizioni in titoli Fondo 2, pari al 37.82% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: EUR 806'763.46);
- posizione al 12 gennaio 2012: due posizioni in titoli Fondo 2, pari al 19.40% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: EUR 753'257.94);
- posizione al 31 dicembre 2012: una posizione in titoli Fondo 2, pari al 32.82% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: EUR 245'762.89).
5.4.2 Conto denominato “R17.”:
- posizione al 31 dicembre 2010: tre posizioni in titoli Fondo 2, pari al 52.55% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: USD 5'387'437.22);
- posizione al 31 dicembre 2011: tre posizioni in titoli Fondo 2, pari al 57.88% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: USD 5'596'383.29);
- posizione al 31 dicembre 2012: tre posizioni in titoli Fondo 2, pari al 22.57% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: USD 12'550'588.17).
5.4.3 Conto denominato “R17a.”:
- posizione al 31 dicembre 2010: quattro posizioni in titoli Fondo 2, pari al 44.58% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: EUR 1'932'232.74);
- posizione al 31 dicembre 2011: quattro posizioni in titoli Fondo 2, pari all' 82.56% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: EUR 1'041'548.32);
- posizione al 31 dicembre 2012: due posizioni in titoli Fondo 2, pari al 36.33% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: EUR 1'161'029.68);
- posizione al 30 aprile 2013: due posizioni in titoli Fondo 2, pari al 37.19% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: EUR 1'126'433.34).
5.4.4 Conto denominato “R21.”:
- posizione al 31 dicembre 2010: tre posizioni in titoli Fondo 2, pari al 100% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: EUR 910'343.94);
- posizione al 31 dicembre 2011: tre posizioni in titoli Fondo 2, pari al 100% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: EUR 579'750.88);
- posizione al 31 dicembre 2012: una posizione in titoli Fondo 2, pari al 58.08% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: EUR 419'274.99);
- posizione al 31 marzo 2013: una posizione in titoli Fondo 2, pari all'85.57 % del totale del portafoglio (totale del portafoglio: EUR 282'627.78).
5.4.5 Conto denominato “R31.”:
- posizione al 31 dicembre 2010: quattro posizioni in titoli Fondo 2, pari al 71.24% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: CHF 10'478'033.30);
- posizione al 31 dicembre 2011: quattro posizioni in titoli Fondo 2, pari al 77.95% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: CHF 9'190'189.69);
- posizione al 31 dicembre 2012: tre posizioni in titoli Fondo 2, pari al 58.31% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: CHF 10'679'445.04);
- posizione al 5 marzo 2013: tre posizioni in titoli Fondo 2, pari al 58.39% del totale del portafoglio (totale del portafoglio: CHF 10'797'476.39).
5.4.6 Dal rapporto finanziario del 25 marzo 2021 (act. SK 306.262.1.161) risulta che gli investimenti nelle classi C, D ed E del Fondo 2 sono andati integralmente in perdita. Agli atti vi sono inoltre due lettere della Società 21, Bahamas, società incaricata della liquidazione del fondo. La prima, datata 5 giugno 2013, comunicava la possibilità fino al 30 giugno 2013 di cercare degli acquirenti per le posizioni in classe C, D, E. In caso di mancata vendita dei titoli entro tale data, gli stessi sarebbero stati valutati a zero (act. MPC 5.6.402). La seconda missiva, di data 27 novembre 2013, comunicava che tutte le classi del Fondo 2 sarebbero state liquidate (act. MPC 5.11.130).
5.5 Dalle situazioni appena esposte, risulta come, A. abbia effettuato, per questi clienti, degli investimenti definiti rischiosi e ciò, in violazione dei profili di investimento sottoscritti dai clienti, che prevedevano una discreta (in un caso anche scarsa) sopportazione e propensione del rischio (v. supra consid. III. 5.3). Investimenti che sono, inoltre, andati totalmente in perdita. Si osserva pure che, l'imputato ha investito un'importante percentuale del patrimonio dei propri clienti in questo fondo, arrivando ad investire fino ad oltre il 50% del patrimonio (v. conti “R17.”, “R31.” e “R21.”, per quest'ultimo raggiungendo l'85-100%).
Se si considera inoltre che, tra gli altri prodotti oggetto degli investimenti di A. per i propri clienti, vi erano i prodotti strutturati Banca 1 e le azioni S18a. di cui si è detto ai considerandi che precedono (v. supra consid. III. 2 e 3), si può ritenere che l'imputato si sia lanciato in operazioni azzardate di cui conosceva i rischi e che esulavano dalla tipologia di mandato conferito dai clienti (che non volevano una gestione speculativa, bensì discreta) e ciò, in violazione del suo dovere di prudenza (v. DTF 129 IV 190 consid. 2b).
5.6 A., con riferimento al Fondo 2, ha dichiarato di non avere fatto apposta a cagionare le perdite ai clienti, in quanto egli credeva nel fondo. Egli avrebbe informato i clienti del fatto che si trattava di un investimento in Private equities e gli stessi avrebbero, tutti, sottoscritto una lettera di scarico della responsabilità del gestore per tale investimento (v. verbale di A. del 10 novembre 2017, act. MPC 13.2.1729-1730). Posto di fronte al quesito a sapere per quali ragioni avesse investito in un solo prodotto percentuali esorbitanti, A. ha risposto di essersi reso conto sin dall'inizio di avere fatto un errore ad investire in questo prodotto ed in queste proporzioni, indicando che era sotto pressione. Egli ha riferito di avere cercato di sistemare qualche situazione, senza riuscirci. Ha, inoltre, aggiunto che il cliente vedeva l'investimento nei rendiconti che firmava, ma aveva piena fiducia in lui. A suo dire, i clienti volevano delle performance; l'imputato credeva in questo titolo e lo aveva loro comunicato (v. verbale di A. del 10 novembre 2017, act. MPC 13.2.1730).
Al dibattimento, A. ha sostanzialmente confermato le proprie dichiarazioni, indicando di aver informato i clienti della bontà dell'investimento e di aver fatto loro firmare tutto. I clienti, a suo dire, erano d'accordo. Egli ha aggiunto di essersi reso conto, con il senno di poi, di avere investito un po' troppo, ma di averlo fatto perché credeva fortemente nel prodotto. Egli ha pure riferito che il prodotto è andato in perdita dopo il suo arresto; prima vi sarebbe stato, comunque, un calo (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 14 gennaio 2020, act. SK 306.731.31 e segg.).
5.7 Con riferimento ai clienti toccati da tali investimenti, tutti costituitisi accusatori privati (si precisa come K., ha ritirato la propria costituzione con scritto 27 gennaio 2020, act. MPC 15.11.167 e seg.), si rileva come i clienti E. (titolari del conto “R21.”) non si sono esplicitamente espressi in merito al Fondo 2, limitandosi ad indicare nella denuncia che il loro profilo d'investimento prevedeva una classe di rischio zero (act. MPC 5.8.11).
5.7.1 D. (titolare del conto “R31.”), nella denuncia del 24 aprile 2017 ha indicato di avere preso visione degli estratti del proprio patrimonio verso la fine del 2013 (dopo l'arresto di A.) e di essersi reso conto a quel momento del radicale cambiamento da parte di A. nella strategia degli investimenti e della composizione del portafoglio. Egli ha segnalato, tra gli altri, l'investimento tra il 2009 e il 2010 del 71% del portafoglio nel Fondo 2 (definito dal denunciante “titolo spazzatura”) e di come il suo patrimonio di oltre CHF 10 milioni si fosse ridotto a meno di CHF 1 milione a seguito degli investimenti in titoli Fondo 2 e S18a.; titoli il cui valore reale era pari a zero (act. MPC 5.11.6-7). Per il Fondo 2, tale ultima affermazione troverebbe riscontro in un messaggio swift di Banca 9, dove D. aveva, nel 2013, trasferito i titoli (act. MPC 5.11.133).
5.7.2 K. (titolare dei conti “R17.” e “R17a.”), nella sua denuncia del 30 luglio 2013, ha indicato di essersi accorto solo nel luglio 2003 (dopo l'arresto di A.), in occasione di una visita presso Banca 2, che il valore della maggior parte delle posizioni presenti nel suo portafoglio al 2 luglio 2013, malgrado gli importi indicati, erano pari a zero (act. MPC 5.6.13). Egli avrebbe quindi riscontrato degli investimenti a rischio tra i quali figurava il Fondo 2 (act. MPC 5.6.17).
5.7.3 G. (ADE del conto intestato a Società 6), nella denuncia penale 15 maggio 2014 nei confronti di A., si è limitata a ritenere che, lo stesso avesse commesso del churning (act. MPC 5.7.2). Nella denuncia presentata invece nei confronti di Banca 2 in data 19 settembre 2014, G. ha segnalato degli investimenti ad alto rischio (tra i quali vi sarebbe il Fondo 2), malgrado un profilo di investimento con rischio discreto (act. MPC 15.11.5).
5.8 Per i conti “R17.”, “R17a.”, “R21.” e “R31.”, sono stati rinvenuti i documenti denominati “Esclusione di responsabilità in merito ai rischi Fondo 2 - Tutte le classi di azioni” (cosiddetti disclaimers), sottoscritti dai clienti (act. MPC 8.5.12674-12676 [R17.], 5.6.265-266 [R17a.], 7.2.10.3.24-26 [R21.] e 7.2.54.3.18-20 [R31.]). Tali documenti informavano l'investitore in merito a struttura e rischi del fondo, nonché sull'esclusione di responsabilità di Società 3 in merito ai rischi derivanti dagli investimenti nel fondo. In particolare, nel documento è indicato che il cliente riconosce e conferma di essere consapevole e di approvare unicamente sotto la propria responsabilità, il componente del Fondo 2 nel proprio portafoglio e che Società 3 ha portato alla sua attenzione il fatto che il suo investimento nel Fondo 2 implica un alto rischio di concentrazione e supera i limiti di concentrazione raccomandati da Società 3 in considerazione del profilo di investimento del cliente.
Nessun disclaimer è stato rinvenuto per il conto intestato a Società 6.
Agli atti vi sono, inoltre, dei benestare sottoscritti dai clienti con allegata una situazione patrimoniale che espone gli investimenti in titoli Fondo 2. È il caso di tutti i benestare concernenti i clienti titolari dei conti “R17.”, “R17a.”, “R2.”, “R21.” e “R31.”, esposti al considerando III. 2.5.20 e segg. supra, che hanno allegata una situazione patrimoniale.
5.8.1 La Corte si è quindi chiesta se la presenza dei disclaimers (documento che indicava che si era di fronte, per quanto concerne il Fondo 2, ad investimenti ad alto rischio), rispettivamente la sottoscrizione dei benestare da parte dei clienti che presentavano una situazione patrimoniale, dove figuravano gli investimenti nel Fondo 2, fossero degli elementi sufficienti per ritenere che gli stessi siano stati informati degli investimenti effettuati e dei rischi ad essi attribuiti, rispettivamente che li abbiano accettati, approvando così l'agire di A., malgrado lo stesso fosse contrario al profilo d'investimento dei clienti.
Unico ad essersi espresso sui disclaimers risulta essere K. (titolare di “R17.” e “R17a.”) il quale, nella sua denuncia, ha indicato di non ricordare di avere visto i formulari (sia per “R17.” che per “R17a.”), né di averli sottoscritti.
5.8.2 Dagli atti risulta quanto segue:
che Società 6 Srl ha sottoscritto con Società 3 un mandato di gestione patrimoniale il 23 agosto 2010 (act. MPC 8.5.16120-16124), con divieto di acquisto di opzioni, Financial Futures e altri strumenti derivati;
che il titolare di “R17.” ha sottoscritto con Società 3 un mandato di gestione patrimoniale il 31 ottobre 2006 (act. MPC 8.5.12895-12899), senza indicazione in merito alla possibilità di acquisto di opzioni, Financial Futures e altri strumenti derivati;
che il titolare di “R17a.” ha sottoscritto con Società 3 un mandato di gestione patrimoniale il 22 settembre 2009 (act. MPC 8.5.13184-13188), con divieto di acquisto di opzioni, Financial Futures e altri strumenti derivati. Se ne deduce che K. volesse una gestione conservativa;
che il titolare di “R21.” ha sottoscritto con Società 3 un mandato di gestione patrimoniale il 27 maggio 2009 (act. MPC 8.5.17152-17156), con divieto di acquisto di opzioni, Financial Futures e altri strumenti derivati;
che il titolare di “R31.” ha sottoscritto con Società 3 un mandato di gestione patrimoniale il 22 febbraio 2010 (act. MPC 8.5.2497-2501), con divieto di acquisto di opzioni, Financial Futures e altri strumenti derivati.
Dagli atti si evince, inoltre:
che per quanto attiene alla relazione intestata alla Società 6, non è stato rinvenuto alcun disclaimer;
che il titolare di “R17.” ha sottoscritto il disclaimer il 19 agosto 2009 (act. MPC 8.5.12674-12676;
che il titolare di “R17a.” ha sottoscritto il disclaimer il 19 settembre 2009 (act. MPC 8.6.1.308-310);
che il titolare di “R21.” ha sottoscritto il disclaimer il 18 agosto 2010 (act. MPC 8.5. 16212-16214);
che il titolare di “R31.” ha sottoscritto il disclaimer il 15 luglio 2009 (act. MPC 8.5. 8.5.2786-2788).
5.8.3 Confrontando le date dei mandati di gestione con quelle dei disclaimers, non è arbitrario ritenere che i clienti, allorquando hanno sottoscritto il disclaimer, lo abbiano fatto senza venire debitamente informati da A. dei reali rischi di perdita del loro patrimonio, fidandosi di lui. È lo stesso A. che ha dichiarato, ancora al dibattimento (v. act. SK 306.731.15 e seg. e 18), che i suoi clienti avevano fiducia nella sua persona. In questa situazione, appare agli occhi di questo Collegio che la volontà dei clienti titolari di Società 6, “R17.”, “R17a.”, “R21.” e “R31.” fosse improntata a una gestione del loro patrimonio di tipo conservativo.
Ne discende che, ancorché questi clienti abbiano sottoscritto il disclaimer, non appare fuori luogo ritenere che agli stessi non siano stati spiegati nel dettaglio i rischi legati ad un investimento in Fondo 2.
Ma non solo. Nell'incarto figura un documento datato “Thuesday, April 20th” riferito ad una riunione che, a detta delle ricostruzioni della Polizia, sarebbe avvenuta nel 2010 (act. SK 306.262.1.160). In tale riunione appare che ad A. sia stato rimproverato da Banca 2 di non avere ancora fatto sottoscrivere i disclaimers. Questo Collegio ha preso atto di quanto riferito dalla Polizia sulla probabile data dell'incontro, la quale ha dedotto essere avvenuto martedì (in inglese “tuesday”) 20 aprile 2010, essendo il 20 aprile 2009 un lunedì. Tale deduzione non è priva di fondamento, oltretutto se si esamina l'Investment Compliance Report del T. Group che, pure, è dell'aprile 2010 (act. MPC 8.6.5313 e segg.) e che, alla pagina 8, fa riferimento a un contratto tra il Fondo 2 e la Società 22 LLC, per un investimento di EUR 3.5 milioni, da parte del primo in favore della seconda, per la Triennale di Milano. Infine, vi è un articolo del […] (act. MPC 8.6.5335 e segg.) (al quale si fa riferimento nell'Investment Compliance Report), che parla di un investimento di EUR 3.5 milioni da parte del Gruppo T. (viene menzionato A. quale amministratore delegato di Banca 2, quale finanziatore svizzero) nella Società 23 LLC per la Triennale di Milano. Da quanto precede, appare, quindi, plausibile che l'incontro a Z. sia avvenuto effettivamente il 20 aprile 2010.
Determinante, comunque, per questo Collegio è che la vicinanza temporale tra la firma del mandato di gestione e quella sui disclaimers porta a ritenere che ai clienti non siano state fornite le informazioni dettagliate circa i rischi legati all'investimento nel Fondo 2.
In ambito bancario, l'adagio Know your client è un concetto importante: A., checché ne dica, non poteva ignorare che la sua clientela era improntata a una gestione conservativa o comunque non propensa al rischio.
5.8.4 La Corte ritiene, pertanto, che dagli atti non emergono in maniera chiara né le modalità né i tempi con i quali A. avrebbe informato e illustrato ai clienti l'investimento nel Fondo 2, che, lo si rammenta, era un investimento ad alto rischio e contrario ai profili. Neppure è chiaro cosa A. avrebbe loro spiegato in occasione della firma dei benestare, allorquando avrebbe mostrato le situazioni patrimoniali. Infine, dagli atti non risulta se i valori del fondo esposti nelle varie situazioni patrimoniali dei portafogli siano reali o meno, rispettivamente se il cliente abbia effettivamente potuto rendersi conto della tipologia ed entità dell'investimento. Al riguardo, si ribadisce come i profili dei clienti erano tutti di rischio discreto (per “R21.” era, addirittura, scarso) e i clienti, persone residenti all'estero che si recavano di rado preso gli uffici di Società 2 SA, si fidavano di A.
5.9 Sebbene il presupposto del danno sia adempiuto, in quanto gli investimenti nel Fondo 2 (effettuati da A. in violazione dei propri doveri di gestore) hanno generato per i clienti delle perdite quantificate nell'atto d'accusa in complessivi EUR 658'611.--, USD 2'410'005.-- e CHF 6'304'716.15, lo stesso non si può dire dell'indebito profitto che l'imputato e/o Società 2 SA avrebbero conseguito.
5.9.1 Nell'atto d'accusa viene rimproverato ad A. di avere agito con il fine particolare di percepire vantaggi economici per sé e per la sua Società 2 SA, come pure di acquisire nuove ed ulteriori relazioni professionali che gli investimenti nel Fondo 2 avrebbero garantito a lui ed alla sua Società 2 SA, consentendogli quindi di beneficiare personalmente da tale suo agire.
5.9.2 A., nei suoi verbali d'interrogatorio, si è limitato a dichiarare che credeva nel titolo. Nulla ha addotto in merito a profitti a suo favore o a favore di Società 2 SA derivanti da tali investimenti, rispettivamente ad altri vantaggi economici. In aula, l'imputato ha indicato che qualcosa a Società 2 SA è stato riconosciuto, ma di non sapere riferire di più, né tantomeno quantificare gli eventuali vantaggi economici di cui si parla nell'atto d'accusa. Egli ha indicato che sperava in una performance e di fare bella figura con i clienti (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale, act. SK 306.731.33). Anche dalla documentazione non sono emersi indizi circa possibili retrocessioni, compensi o vantaggi di altro genere che A. avrebbe potuto conseguire a seguito delle operazioni concernenti il Fondo 2. Anche il rapporto 14 novembre 2017 della PGF (act. MPC 10.2.1195 e segg.), si limita a quantificare le perdite cagionate dagli investimenti, ma nulla riferisce circa l'indebito profitto. Lo stesso MPC nell'atto d'accusa formula in maniera generica e non definita il disegno di indebito profitto dell'imputato (e/o della sua società), senza quantificarlo, neppure a grandi linee. Non viene il alcun modo specificato in cosa potrebbero consistere i citati vantaggi economici, rispettivamente in che modo e con chi A. (o Società 2 SA) avrebbero potuto acquisire nuove ed ulteriori relazioni professionali grazie a tali operazioni. Di conseguenza, non è neppure dimostrabile un'intenzione di ottenere in tal modo un indebito profitto. La pubblica accusa, con la sua requisitoria (act. SK 306.721.38 e seg.), rimprovera ad A. di avere conseguito dei vantaggi economici che di per sé sono leciti. Questi asseriti vantaggi e la loro illiceità, come visto, non sono riconosciuti dall'imputato, non sono stati comprovati e agli atti non vi sono, pertanto, sufficienti elementi a sostegno di quanto indicato dal MPC.
Al dibattimento, il MPC ha citato la sentenza DTF 138 IV 130 consid. 3.2.4, secondo la quale l'indebito profitto non deve essere necessariamente realizzato e può consistere in qualsiasi vantaggio patrimoniale. Secondo l'accusa, nel caso di A., l'indebito profitto sarebbe ravvisabile nell'acquisire dei nuovi clienti, rispettivamente dei nuovi contratti (v. requisitoria del MPC, act. SK 306.721.38 e seg.). A mente della Corte, la giurisprudenza citata dalla pubblica accusa, non trova applicazione in concreto, dal momento che concerne una fattispecie diversa, e meglio una falsità in documenti. In tale contesto, non è necessario che l'autore sappia in cosa consiste il profitto, il cui carattere indebito può risultare dallo scopo perseguito o dai mezzi utilizzati (v. DTF 121. IV 216 consid. 2, v. infra consid. V. 1.6). Questo, non vale, però, per l'amministrazione infedele qualificata.
Ne consegue che, inversamente a quanto ritenuto per le Azioni S18a. e i prodotti strutturati Banca 1, non vi sono sufficienti elementi per ritenere che A. abbia investito nel Fondo 2, contrariamente al mandato dei suoi clienti, con lo scopo di conseguire un indebito profitto e che lo stesso sia stato conseguito.
5.9.3 Venendo meno il requisito dell'indebito profitto, viene a cadere l'aggravante dell'amministrazione infedele (art. 158 n. 1 cpv. 3 CP). Non ricorrendo la forma qualificata del reato, ma unicamente quella di amministrazione infedele semplice x art. 158 n. 1 cpv. 1 CP, per il capo d'accusa n. 1.1.1.4 va pertanto pronunciato l'abbandono del procedimento per intervenuta prescrizione dell'azione penale. I fatti si sono infatti svolti tra gennaio 2011 e maggio 2013, la prescrizione, che per l'amministrazione infedele nella forma semplice in virtù della lex mitior è di sette anni, è intervenuta al più tardi a maggio 2020, prima ancora dell'emanazione dell'atto d'accusa del 24 luglio 2020.
6. Amministrazione infedele a danno della Società 2 SA (capo d'accusa n. 1.1.1.5)
6.1 Tale imputazione concerne solo l'imputato A. (capi d'accusa da n. 1.1.1.5.1 a n. 1.1.1.5.4).
Ad A. viene rimproverato di avere intenzionalmente, con la complicità di †I. (deceduto in data 26 maggio 2018), già contabile della Società 2 SA, col fine di procacciare a sé e ad altri un indebito profitto, ed in effetti procacciandolo, sebbene obbligato - nella sua qualità di organo di Società 2 SA, di cui era Presidente con diritto di firma individuale, amministratore ed azionista unico - per contratto e per legge ad amministrare e sorvegliare la gestione del patrimonio di Società 2 SA,
mancando in più occasioni al suo dovere di gestione diligente degli affari,
fatto registrare nella contabilità societaria ad †I. a debito dei costi societari, sue spese private che per importanza, natura e scopo non erano compatibili con la situazione finanziaria della società e con i doveri dell'amministratore relativi ad una gestione diligente degli affari, in quanto il patrimonio netto societario residuo non risultava più sufficiente a coprire il capitale azionario e le riserve obbligatorie della società,
danneggiando quindi il patrimonio di quest'ultima nella misura di almeno CHF 116'914.99.
Si tratta delle seguenti spese, riferite agli anni 2011, 2012 e 2013:
- costi concernenti il natante marca “[...]”, in particolare costi per la ripresa da parte di Società 2 SA, rate del leasing, dell'ammortamento, del carburante, del garage, tassa di circolazione e assicurazione);
- costi concernenti un veicolo marca [...] (rate leasing, tassa di circolazione, assicurazione);
- costi relativi a due soggiorni, in Sardegna e a VVVVV.;
- costi relativi a pranzi (due pranzi a Ibiza e un pranzo di Natale).
6.2 †I., contabile della Società 2 SA, per i medesimi fatti è stato condannato con decreto d'accusa 11 novembre 2016 (cresciuto in giudicato), per titolo di complicità in ripetuta amministrazione infedele aggravata e ripetuta falsità in documenti (act. MPC 3.1.41-54).
6.2.1 Lo stesso †I., interrogato dagli inquirenti, ha dichiarato di avere iniziato a lavorare presso Società 2 SA a gennaio 2011. Egli era stato contattato da A., suo amico e testimone di nozze, nel dicembre 2010, in quanto Banca 2 stava uscendo dalla Società 3 e A. aveva bisogno di una persona di fiducia che si occupasse della contabilità (v. verbale †I. del 6 giugno 2013, act. MPC 13.1.67).
Con riferimento agli andamenti contabili di Società 2 SA per il 2011 e 2012, †I. ha riferito che il risultato poteva essere migliore in quanto vi era la possibilità di ridurre i costi, in particolare per gli automezzi e l'uso della carta di credito. Entrambi i periodi però si sarebbero chiusi con degli utili di CHF 4'898.74 nel 2011 e CHF 16'995.90 nel 2012 (v. verbale †I. del 6 giugno 2013, act. MPC 13.1.69).
6.2.2 La carta di credito intestata alla società, a detta del contabile, era una sola ed era in uso esclusivo ad A. La stessa sarebbe però stata utilizzata dall'imputato anche per il pagamento di spese personali che nulla avevano che vedere con la società, come ad esempio un soggiorno a VVVVV. e un pranzo di Natale (v. verbale †I. del 6 giugno 2013, act. MPC 13.1.70).
6.2.3 Interrogato nuovamente in data 25 maggio 2016, †I., con riferimento ai pagamenti con la carta di credito, ha affermato che quando si accorgeva dall'estratto conto che alcune spese erano di natura personale le addebitava al conto interno di A. (v. verbale †I. del 25 maggio 2016, act. MPC 13.1.111). In merito al soggiorno a VVVVV. con la compagna (contabilizzazione di CHF 1'142.85 per il soggiorno in hotel), †I., dopo avere visionato l'estratto, ha dichiarato di avere chiesto spiegazioni ad A., il quale gli avrebbe indicato di esservisi recato per incontrare nuovi possibili clienti. La presenza dell'allora compagna poteva essere d'aiuto anche per questioni di lingua. Fidandosi di quanto riferitogli dall'imputato, †I. avrebbe contabilizzato tale importo (v. verbale †I. del 25 maggio 2016, act. MPC 13.1.113-114). Medesima spiegazione ha dato il contabile, per quanto concerne il pranzo di Natale di CHF 1'124.--; A. gli avrebbe comunicato di avere invitato alcuni suoi clienti (v. verbale †I. del 25 maggio 2016, act. MPC 13.1.112).
6.2.4 Per quanto attiene al natante marca [...], lo stesso è stato trapassato (trasferimento del contratto di leasing) da A. a Società 2 SA, mediante scrittura del 1 luglio 2011 (act. MPC 10.2.54). Per il trapasso Società 2 SA avrebbe acquisito le rate di leasing mancanti (22 rate da CHF 1'594.45 cadauna) e pagato ad A. un importo a contanti di CHF 37'054.15.
Al riguardo, il contabile ha dichiarato che la cessione è stata effettuata su richiesta di A., in quanto a dire di quest'ultimo lo stesso veniva utilizzato per portare in giro i clienti e per dimostrare a questi ultimi che la società aveva una buona disponibilità economia. †I. ha riferito di non avere mai verificato tali dichiarazioni di A.; ricorda solo che in occasione di una visita del signor SSSS. di Banca 2 a X., A. gli propose un giro in barca (v. verbale †I. del 25 maggio 2016, act. MPC 13.1.115-116).
6.2.5 In merito al veicolo [...], sempre †I. ha affermato che nell'anno 2011 in contabilità vi era un veicolo aziendale (una Maserati) e che in un secondo tempo, la società ha acquistato, mediante contratto leasing, un secondo veicolo aziendale, marca [...]. Il contabile ha altresì indicato di non potersi esprimere sulla questione a sapere se tale acquisto fosse o meno giustificato. A suo parere tale veicolo era in uso alla compagna di A.; in azienda vi era infatti un solo parcheggio disponibile, l'altro era in uso a B. (v. verbale †I. del 25 maggio 2016, act. MPC 13.1.109-110).
6.2.6 In merito agli altri soggiorni (soggiorno in Sardegna) e pranzi (due pranzi a Ibiza), inseriti in contabilità e contemplati nell'atto d'accusa, †I. non è stato interrogato.
6.3 A., in sede di verbale finale, ha contestato l'accusa indicando che si trattava di spese di rappresentanza che riguardavano la sua società (v. verbale A. del 21 gennaio 2020, act. MPC 13.2.2212). Si rileva che tra A. e †I. non è stato effettuato alcun confronto dagli inquirenti. Ancora al dibattimento A. ha precisato trattarsi di spese legate alla sua società (v. act. SK 306.731.35 e segg.).
6.3.1 A detta dell'imputato, il natante [...] veniva utilizzato per acquisire clientela, per questo †I. gli avrebbe consigliato di intestarlo alla società (v. verbale di A. del 2 maggio 2017, act. MPC 13.2.1211). La pubblica accusa ha contestato ad A. il fatto che la barca fosse ormeggiata a ZZZ., mentre che gli uffici della Società 2 SA erano in [...] a X. Va da sé che, indipendentemente da dove si trovasse il natante, A. potrebbe averlo utilizzato per il trasporto dei propri clienti.
Il veicolo marca [...] veniva utilizzato da A. sia per motivi professionali, quando non doveva incontrarsi con dei clienti, che privati (v. verbale di A. del 19 dicembre 2019, act. MPC 13.2.1943). Ad ogni modo l'imputato ha contestato che tale veicolo fosse in uso a sua moglie, come sostenuto dal contabile. La pubblica accusa ha contestato ad A. che nei suoi uffici non vi fosse la possibilità di parcheggiare due veicoli (ovvero la Maserati e l'[...]), anche una tale circostanza non è di rilievo per l'utilizzo o meno a fini professionali del veicolo [...].
6.3.2 Con riferimento alla contabilizzazione dell'importo di CHF 1'142.45 riferito al soggiorno a VVVVV., A. ha dichiarato di avere pagato personalmente tale viaggio. L'importo inserito in contabilità di Società 2 SA si riferirebbe a dei soprammobili che l'imputato avrebbe acquistato per il proprio ufficio (in albergo) (v. verbale di A. del 2 maggio 2017, act. MPC 13.2.1210).
6.3.3 Per il viaggio in Sardegna, l'imputato ha dichiarato che, anche se vi si era recato con la famiglia, si trattava di un viaggio professionale, in quanto invitato da un potenziale cliente, di cui non ricordava il nome. Il cliente avrebbe sostenuto i costi di alloggio ed altri costi di soggiorno, mentre A. quelli del volo (CHF 719.25 che ha posto a carico di Società 2 SA). Egli ha indicato che faceva parte del business recarsi con la famiglia presso clienti che lo invitavano (v. verbale di A. del 2 maggio 2017, act. MPC 13.2.1210-1211). In aula, l'imputato ha ribadito essere stato invitato da un cliente molto ricco - che ha un villaggio turistico in Sardegna, dove A. è stato ospitato con la famiglia per una settimana (perché invitato) - anche per discutere la potenziale apertura di un conto. In cambio dell'invito, egli avrebbe offerto al cliente una cena e un pranzo (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 14 gennaio 2022, act. SK 306.731.37).
6.3.4 In merito al pranzo del 25 dicembre 2011 presso il ristorante dello […] Hotel (CHF 1'124.--), l'imputato ha riferito di essersi recato al ristorante per Natale in compagnia di suoi clienti (i coniugi AAAAA.), rispettivamente di altri amici che potevano portargli altri clienti. I coniugi AAAAA. sono poi risultati essere parenti di A., e meglio la sorella ed il cognato. Posto di fronte a tale contestazione l'imputato ha indicato che tali persone, oltre ad essere suoi parenti erano suoi clienti e riteneva che il pranzo avesse anche uno scopo professionale (v. verbale di A. del 2 maggio 2017, act. MPC 13.2.1208-1209). In aula A. ha confermato quanto precede (act. SK 306.731.36).
6.3.5 Infine, con riferimento ai pranzi a Ibiza, avvenuti nel 2011 (CHF 341.71), A. ha dichiarato di essersi recato, nell'agosto 2011 ad Ibiza con la famiglia in un villaggio vacanze, tutto incluso. In tale occasione egli avrebbe conosciuto delle persone e le avrebbe invitate a pranzo al di fuori del Resort per illustrare loro le attività professionali di cui si occupava (v. verbale di A. del 2 maggio 2017, act. MPC 13.2.1216).
6.4 Il fatto che l'amministratore di una società ponga a carico di quest'ultima spese che esulano dall'attività professionale è costitutivo di amministrazione infedele, in quanto vi è una violazione del dovere di gestione e salvaguardia degli interessi della società (v. Scheidegger/Von Wurstemberger, op. cit., n. 48 ad art. 158 CP).
6.5 Nel caso che qui ci occupa, per quanto attiene a tutti i costi riferiti al natante (contemplati nei capi d'accusa n. 1.1.1.5.1, 1.1.1.5.3 e 1.1.1.5.4) e al veicolo aziendale [...] (previsti ai capi d'accusa n. 1.1.1.5.3 e1.1.1.5.4), dagli atti non sono emersi sufficienti elementi per ritenere che il loro utilizzo fosse esclusivamente a fini privati e personali di A. e della moglie. Le dichiarazioni del contabile †I., a mente della Corte, non hanno permesso di sconfessare le dichiarazioni dell'imputato in merito al fatto che entrambi i veicoli venissero utilizzati anche per scopi professionali, benché ci si potrebbe ragionevolmente chiedere se l'intestazione di tali mezzi alla società fosse effettivamente necessaria. Stesso dicasi per le spese riferite al soggiorno in Sardegna ed ai due pranzi a Ibiza (capo d'accusa n. 1.1.1.5.2), per i quali la versione resa da A. è apparsa verosimile e non risulta smentita da altre risultanze istruttorie oggettive agli atti.
6.6 Anche l'importo di CHF 1'124.-- concernente il pranzo di Natale del 2011 presso lo […] Hotel (contemplato al capo d'accusa n. 1.1.1.5.2), sebbene abbia destato qualche perplessità in capo alla Corte, non è stato possibile escludere con certezza che lo stesso avesse anche delle connotazioni professionali.
6.7 Circa la spesa di CHF 1'142.85 inerente al viaggio a VVVVV. nel 2012 (contemplata al capo d'accusa n. 1.1.1.5.3), A. e †I. hanno fornito due versioni completamente diverse (v. supra consid. III. 6.2.3 e 6.3.2) e non è stato quindi possibile accertare a cosa effettivamente si riferisse questo importo. Da entrambe le dichiarazioni non è, però, emerso in maniera chiara che, tale spesa fosse di natura personale. Agli atti non vi sono, inoltre, ulteriori documenti che comprovino la vera origine dell'importo e che possano convincere la Corte del fatto che lo stesso non fosse di natura professionale. Ne consegue, che non vi sono gli elementi per ritenere che A. abbia commesso un'amministrazione infedele in danno di Società 2 SA e che la spesa legata al viaggio a VVVVV. - qualunque fosse la sua natura - fosse privata.
6.8 Alla luce di tutto quanto precede, non vi sono agli atti sufficienti elementi per ritenere che A. abbia commesso un'amministrazione infedele qualificata in danno della sua Società 2 SA e va pertanto integralmente prosciolto dall'accusa di cui al capo d'accusa n. 1.1.1.5.
In sede di requisitoria, il MPC ha ricordato che †I. è stato condannato per titolo di ripetuta complicità in amministrazione infedele aggravata con decreto d'accusa del MPC dell'11 novembre 2016 per aver fatto pagare alla Società 2 SA, registrandole nella contabilità societaria, delle spese private di A. (act. MPC 3.1.41 e segg.) e ha sostenuto, rinviando alla sentenza del TF 6B_536/2014 consid. 5.3, che giusta l'art. 354 cpv. 3 CPP tale decreto d'accusa costituisce una sentenza cresciuta in giudicato, con la conseguenza che il TPF non dovrebbe accertare fatti (v. requisitoria del MPC act. SK 306.721.18 e segg.).
Il fatto che †I. abbia subito una condanna per complicità in ripetuta amministrazione infedele qualificata per i medesimi fatti (decisione cresciuta in giudicato) non può costituire un pregiudizio per A. L'accettazione del decreto d'accusa da parte di I., non può andare a scapito di A. Lo scrivente Collegio giudicante si è, infatti, convinto che gli elementi a carico del qui imputato A. siano insufficienti per una condanna e di conseguenza lo ha prosciolto dalle imputazioni di cui al capo d'accusa n. 1.1.1.5.
IV. Capi d'accusa n. 1.1.2 e 1.2.2 (truffa)
1. L'ipotesi accusatoria di truffa ripetuta, concerne A. (capi d'accusa da n. 1.1.2.1 a n. 1.1.2.4) e B. (capi d'accusa da n. 1.2.2.1 a n. 1.2.2.2), i quali, in alcuni episodi avrebbero agito in correità (capo d'accusa n. 1.1.2.1.1 [A.], in relazione al capo d'accusa n. 1.2.2.2 [B.], capo d'accusa n. 1.1.2.3.1 a 1.1.2.3.3 [A.], in relazione con i capi d'accusa da n. 1.2.2.1.5 a n. 1.2.2.1.7 [B.]).
Ai sensi dell'art. 146 cpv. 1 CP si rende colpevole di truffa ed è punito con una pena detentiva sino a cinque anni o con una pena pecuniaria chiunque, per procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, inganna con astuzia una persona affermando cose false o dissimulando cose vere, oppure ne conferma subdolamente l'errore inducendola in tal modo ad atti pregiudizievoli al patrimonio proprio o altrui.
1.1 Un inganno astuto è dato quando l'autore ordisce un tessuto di menzogne oppure fa capo a particolari manovre fraudolente o ad artifici (v. DTF 128 IV 18 consid. 3a, 126 IV 165 consid. 2a, 122 IV 197 consid. 3d, 119 IV 28 consid. 3a), come pure quando rilascia false indicazioni la cui verifica è impossibile, difficile o non ragionevolmente esigibile dalla controparte, oppure quando impedisce alla controparte di verificare o prevede che la controparte rinuncerà a verificare in virtù di uno specifico rapporto di fiducia (DTF 133 IV 256 consid. 4.4.3; 128 IV 18 consid. 3°; 126 IV 165 consid. 2°; 125 IV 128 in alto con riferimenti).
1.2 Si è in presenza di manovre fraudolente allorquando l'autore fa uso di documenti falsificati o ottenuti senza diritto. Il carattere stuto dell'inganno è dunque di principio realizzato in presenza di falsi documentali ai sensi dell'art. 251 CP, in quanto nella vita degli affari ci si deve poter fidare della loro autenticità (v. Garbaski/Borsodi, Commentaire romand, 2017, n. 37 ad art. 146 CP con riferimenti).
1.3 L'astuzia va negata, qualora la vittima avrebbe potuto difendersi dando prova di un minimo di attenzione o evitare l'errore con un minimo di prudenza. L'astuzia va, dunque, negata quando la vittima è corresponsabile del danno, per non aver osservato le misure elementari che si imponevano: in questi casi, la tutela penale decade poiché la leggerezza della vittima è tale da relegare in secondo piano il comportamento truffaldino dell'autore (sentenza del Tribunale federale 6B_645/2012 del 27 maggio 2013 consid. 2.1).
Soltanto eccezionalmente, quindi, la corresponsabilità della vittima esclude la punibilità penale del truffatore. Per determinare se l'autore ha agito con astuzia e se la vittima ha omesso di adottare elementari misure di prudenza, non ci si deve domandare come avrebbe reagito all'inganno una persona ragionevole ed esperta, bensì occorre prendere in considerazione la situazione concreta della vittima, così come l'autore la conosce e la sfrutta (DTF 135 IV 76 consid. 5.2; 128 IV 18 consid. 3a con riferimenti).
La persona ingannata e colui che compie l'atto di disposizione devono essere identici, ma non colui che dispone e il danneggiato. Qualora la persona ingannata compia atti pregiudizievoli non al proprio patrimonio, bensì a quello di un terzo, si realizza la cosiddetta truffa triangolare: l'adempimento del reato di truffa richiede che la persona ingannata sia responsabile della sfera patrimoniale del danneggiato e abbia su tale patrimonio un potere di disposizione quantomeno di fatto. Solo a tale condizione il comportamento della persona ingannata può essere imputato al danneggiato come fosse il proprio ed il fondamento della truffa quale reato di autolesione considerarsi realizzato (DTF 133 IV 171 consid. 4.3.; DTF 126 IV 113 consid. 3a; sentenza del Tribunale penale federale SK.2008.5 26 gennaio 2009 consid. 2.2.1 con riferimenti).
1.4 Allorquando una truffa è commessa dal collaboratore di una banca, succede spesso che egli faccia uso di documenti falsi ai sensi dell'art. 251 CP, come degli ordini di pagamento falsificati. La giurisprudenza considera un tale agire come astuto, in quanto l'autore sfrutta il fatto che i suoi colleghi del servizio di cassa, destinatari dei falsi ordini, non hanno alcun motivo di dubitare della loro veridicità, visto il clima di fiducia che si presume esservi all'interno della banca (v. Garbaski/Borsodi, op. cit., n. 65 ad art. 146 CP). La Corte ritiene che, per analogia, medesimo ragionamento possa essere fatto, in questo caso, per il gestore patrimoniale esterno.
A. era persona legata a Banca 2; infatti con la stessa aveva sottoscritto, sia sotto il cappello di Società 3 (si ricorda che, fino alla fine del 2010, nel Consiglio di amministrazione vi era pure il signor Q., collaboratore di Banca 2) che sotto il cappello di Società 2 SA, un contratto di gestione patrimoniale esterno.
Di conseguenza i dipendenti della Banca potevano avere nei suoi confronti fiducia. A., dal canto suo, poteva contare sul fatto che i dipendenti della banca non effettuassero verifiche provenendo gli ordini da un consulente esterno che aveva sottoscritto con la Banca stessa un mandato. Di riflesso B., che disponeva di diritto di firma collettiva a due poteva pure godere della fiducia dei funzionari di Banca 2 e contare che loro nulla verificassero vista la provenienza degli ordini.
Dall'interrogatorio di BBBBB., è emerso che, l'EAM Desk, di cui lo stesso BBBBB. era responsabile, era il punto di contatto amministrativo di Banca 2 per tutti i gestori patrimoniali esterni e, aveva la funzione di coordinamento, per evitare che il gestore patrimoniale esterno prendesse contatto direttamente con gli altri servizi della Banca fra cui il Nummern Sekretariat, la cassa o il Legal & Compliance (v. verbali d'interrogatorio di BBBBB. del 28 aprile 2017, act. MPC 13.8.17 e del 17 novembre 2017, act. MPC 13.8.54, quest'ultimo esperito in contraddittorio). A detta di BBBBB. e di SSSS., anch'egli operativo presso l'EAM Desk), una volta ricevuto un ordine di bonifico dal gestore esterno, l'EAM Desk verificava se vi erano fondi sufficienti sul conto e lo trasmetteva ad un altro ufficio della Banca, il Nummern Sekretariat. Quest'ultimo ufficio appurava che il gestore esterno fosse autorizzato ad inviare l'ordine, nonché la validità delle firme apposte sullo stesso (come pure la validità delle firme sull'ordine con quelle depositate). Se il Nummern Sekretariat dava l'ok, apponeva il proprio timbro sull'ordine di bonifico e l'EAM Desk vi dava seguito trasmettendolo al servizio pagamenti della Banca o, in caso di investimenti, alla borsa (verbale d'interrogatorio di BBBBB. del 17 novembre 2017, act. SK13.8.52 e seg. e v. d'interrogatorio di SSSS. del 27 aprile 2017, act. MPC 13.9.16, entrambi esperiti in contraddittorio). A detta di BBBBB., quindi, i collaboratori dell'EAM Desk avrebbero avuto un contatto diretto unicamente con il gestore patrimoniale esterno e non con i clienti di A. (verbale d'interrogatorio di BBBBB. del 17 novembre 2017, act. SK13.8.55). Dall'esame degli atti, non è emerso alcun elemento - e neppure alcuna dichiarazione da parte dei clienti che si sono espressi sulla fattispecie (in particolare K., E. e D.) - che attesti un contatto diretto tra i collaboratori di Banca 2 e i clienti di A.
Ne consegue che, i funzionari di Banca 2, che hanno eseguito gli ordini di bonifico oggetto delle ipotesi di truffa, potevano riporre la loro fiducia nel gestore esterno, quindi in A. (e nel suo collaboratore B.), che era il loro unico referente per i clienti di Società 3 / Società 2 SA, titolari di relazioni in Banca 2.
Sotto il profilo soggettivo, l'autore di una truffa deve agire intenzionalmente e nell'intento di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto.
1.5 Secondo costante giurisprudenza è correo di un'infrazione chi collabora con altri compartecipi intenzionalmente e in modo determinante alla decisione, pianificazione o esecuzione di un reato, così da apparirne come uno dei protagonisti; in questo senso, il suo contributo deve risultare essenziale, in base alle circostanze del caso, alla perpetrazione del reato (DTF 135 IV 152 consid. 2.3.1; 130 IV 58 consid. 9.2.1; 120 IV 17 consid. 2d; 118 IV 397 consid. 2b; sentenza del Tribunale federale 6B_911/2009 del 15 marzo 2010 consid. 2.3.3). Affinché sussista correità non occorre tuttavia che il reato sia eseguito materialmente da tutti i correi; basta invece che il singolo correo abbia prestato il proprio concorso alla decisione o alla pianificazione, in occasione della quale erano stati accettati consapevolmente e volontariamente, perlomeno nel senso del dolo eventuale, anche gli elementi risultanti dagli ulteriori atti commessi (DTF 120 IV 17 consid. 2d; 115 IV 161 consid. 2; sentenza del Tribunale federale 6B_890/2008 del 6 aprile 2009 consid. 3.1). Alla luce di ciò, dato che il reato appare come l'espressione di una volontà comune, ogni singolo correo è penalmente responsabile per il tutto (DTF 109 IV 161 consid. 4b con rinvii). Non è comunque necessario che il correo partecipi sin dall'inizio alla decisione di delinquere, ma è sufficiente che aderisca al piano (anche già in corso di esecuzione), facendo così sua l'intenzionalità altrui (cosiddetta correità successiva; v. DTF 125 IV 134 consid. 3a; 120 IV 265 2c/aa p. 272; sentenze del Tribunale federale 6B_911/2009 del 15 marzo 2010 consid. 2.3.3 e 6B_1091/2009 del 29 aprile 2010 consid. 3.3).
2. Ad A. e a B. viene rimproverato di avere (agendo singolarmente o in correità), nel periodo tra ottobre 2010 e febbraio 2013, nelle loro qualità di organo della Società 3 (fino al 31 dicembre 2010) e di gestore patrimoniale in seno a Società 2 SA (dal 1 gennaio 2011) (A.), rispettivamente di collaboratore con firma collettiva a due (B.), al fine di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto,
ingannato ripetutamente con astuzia i collaboratori di Banca 2, simulando ordini di pagamento telefonici dei clienti in realtà mai avvenuti, dando istruzioni diverse da quelle ricevute dai clienti e fornendo causali inveritiere, compilando fogli che i clienti avevano precedentemente firmato in bianco, rispettivamente allestendo ordini di bonifico falsificando la firma dei clienti,
inducendoli ad eseguire ordini indebiti di bonifico a debito delle seguenti relazioni per un importo complessivo di EUR 1'679'737.48 e USD 134'259.36 (A.) ed EUR 542'241.36 (B.), in danno delle seguenti relazioni:
- n. “R17.” e n. “R17a.”, entrambe intestate a K.;
- n. “R21.” intestata a E3., E1. e E2. e
- n. “R31.” intestata a D.
3. Truffa a danno della relazione “R17.” (capi d'accusa da n. 1.1.2.1.1. a n. 1.1.2.1.5.)
3.1 L'imputazione di truffa in danno della relazione “R17.”, concerne la seguente operazione rimproverata in correità ad A. e a B.:
- bonifico di EUR 10'000.-- (valuta 24 dicembre 2010), a favore della relazione n. “R44.” intestata alla Società 5 (società riconducibile a B.) presso Banca 9, a seguito della simulazione di un ordine di pagamento telefonico del cliente. Importo di denaro che, secondo l'accusa, non sarebbe stato consegnato a K., ma risulta essere stato prelevato da B. e di cui si sarebbero perse le tracce (capi d'accusa 1.1.2.1.1 e 1.2.2.2).
3.2 Al solo A. vengono inoltre rimproverati i seguenti bonifici a favore di relazioni bancarie intestate alla Società 20 (titolare HHHH., v. supra consid. III. 3.8) presso Banca 14 o Banca 15, a seguito dell'allestimento di falsi ordini di bonifico mediante falsificazione della firma del cliente K.:
- bonifico di EUR 106'000.-- (addebito del conto mittente di USD 134'238.40), valuta 3 luglio 2012 (act. MPC 5.6.297, 8.6.1.176, 7.2.59.16.46 e 7.2.59.12.15) - capo d'accusa n. 1.1.2.1.2;
- bonifico di EUR 125'000.-- (addebito di EUR 125'000.-- + EUR 16.87 quali spese di bonifico), valuta 29 agosto 2012 (act. MPC 5.6.298, 8.6.1.457, 7.2.59.9.18 e 7.2.59.10.375) - capo d'accusa n. 1.1.2.1.3;
- bonifico di EUR 175'000.-- (addebito di EUR 175'000.-- + EUR 16.81 quali spese di bonifico), valuta 22 ottobre 2012 (act. MPC 5.6.300, 8.6.1.441, 7.2.59.9.19 e 7.2.59.10.419) - capo d'accusa n. 1.1.2.1.4;
- bonifico di EUR 150'000.-- (addebito di EUR 150'000.-- + EUR 16.86 quali spese di bonifico), valuta 3 dicembre 2012 (act. MPC 5.6.301, 8.6.1.435, 7.2.59.9.20 e 7.2.59.10.427) - capo d'accusa n. 1.1.2.1.5.
A. (ed in un caso B., capo d'accusa n. 1.1.2.1.4) avrebbe poi preso in consegna da HHHH. gli importi (act. MPC 8.3.134-136), di cui si sarebbero perse le tracce.
3.3 Per quanto attiene ai bonifici sopra elencati, a debito del conto “R17.”, A. ha dichiarato di non avere avuto intenzione di danneggiare nessuno.
Con riferimento ai capi d'accusa da n. 1.1.2.1.2 a n. 1.1.2.1.5, egli avrebbe falsificato la firma di K. per praticità, al fine di accelerare i tempi nell'acquisto dei titoli S18a. L'imputato ha altresì riferito di avere informato il cliente telefonicamente, ma senza redigere alcuna nota telefonica (v. verbale finale di A. del 21 gennaio 2020, act. MPC 13.2.2193). Sempre in medesimo verbale l'imputato ha poi ammesso di non avere detto espressamente a K. di avere falsificato la sua firma, ma di avere fatto “degli strusi” per l'acquisto di azioni S18a.
Egli ha, ad ogni modo, confermato di avere falsificato tutte le firme di K. e della moglie (che aveva procura sul conto), unicamente allo scopo di procedere con l'acquisto dei titoli S18a. (v. verbale finale di A. del 21 gennaio 2020, act. MPC 13.2.2196). Egli procedeva comunque all'acquisto dei titoli S18a. di sua iniziativa e ne informava il cliente a posteriori. In aula, A. ha confermato le sue dichiarazioni (act. SK 306.731.38).
Questionato a sapere le ragioni per le quali il titolare del conto “R17.” avesse bonificato del denaro in favore della Società 20 (denaro che poi lui o B. ritiravano a contanti), A. ha dichiarato di avere avuto delle difficoltà con l'acquisto diretto di titoli S18a. e di aver dovuto utilizzare un passaggio intermedio (v. verbale finale di A. del 9 giugno 2017, act. MPC 13.2.1253). Una volta ritirato il denaro a contanti presso Società 20, A. lo avrebbe consegnato a B. (titolare di Società 5), dandogli le istruzioni per finalizzare l'acquisto dei titoli (v. verbale finale di A. del 9 giugno 2017, act. MPC 13.2.1255). Al dibattimento, A. ha ribadito di avere utilizzato il denaro per l'acquisto di titoli S18a., ma nulla ricordava (dato il tempo trascorso), in merito alle ragioni per le quali avrebbe fatto l'investimento in S18a. tramite la Società 20 (act. SK 306.731.38 e seg.).
Quo al bonifico del capo n. 1.1.2.1.4, dove risulta che il denaro giunto a Società 20 è stato ritirato da B. e versato a contanti a favore di altre relazioni bancarie presso Banca 2 (in particolare del conto intestato al Fondo 1), A. ha confermato la ricostruzione degli inquirenti. Egli ha riferito di avere proceduto in questo modo per ragioni di priorità, dato che vi era la possibile chiusura del conto intestato al Fondo 1 e vi era la necessità di far rientrare dei fondi. L'imputato avrebbe, ad ogni modo, acquistato, in seguito delle azioni S18a. per K., utilizzando denaro di sua proprietà (di A.) (v. verbale finale di A. del 9 giugno 2017, act. MPC 13.2.1265).
3.4 In merito al capo d'accusa n. 1.1.2.1.1 (commesso in correità con B., v. capo d'accusa n. 1.2.2.2), A. ha affermato trattarsi di un ordine che il cliente K. gli aveva effettivamente dato telefonicamente. Non avendo l'imputato a disposizione la somma di EUR 10'000.-- oggetto dell'ordine, egli l'avrebbe chiesta al suo collaboratore B. Quest'ultimo avrebbe, così, anticipato l'importo ad A., che, poi, lo avrebbe consegnato a contanti a K. In seguito, lo stesso A. avrebbe restituito l'importo a B. sul conto intestato alla Società 5, addebitandolo dal conto “R17.” (v. verbale finale di A. del 21 gennaio 2020, act. MPC 13.2.2194-2195). A. aveva reso medesima dichiarazione anche in sede di verbale del 9 giugno 2017 (act. MPC 13.2.1251), dove aveva però specificato, a domanda degli inquirenti, che Banca 2, in caso di necessità metteva a disposizione della società denaro contante da utilizzare in caso di richiesta di liquidità dei clienti (v. verbale finale di A. del 9 giugno 2017, act. MPC 13.2.1251). In occasione del verbale finale del 21 gennaio 2020, A. ha precisato che questa operazione era stata un'eccezione, in quanto non disponeva di liquidità in cassa. Per le altre consegne di denaro a contanti a K., A. ha riferito che, fino al 2011 la sua società aveva un fondo cassa, che Banca 2 gli metteva a disposizione (act. MPC 13.2.2195). Si rileva come tale operazione risulta essere precedente al 2011.
In aula, A. ha indicato di avere compilato lui stesso l'ordine di bonifico che aveva ricevuto telefonicamente dal cliente. A precisa domanda della Presidente, ha indicato esservi una nota telefonica. Egli si riferiva, però, al un documento “Descrizione colloquio”, avvenuto il 2 febbraio 2011, firmato da K., in cui figurava la dicitura “regolarizzazioni ordini telefonici e fax” che, contemplava un bonifico di EUR 10'000.-- a favore di un non meglio precisato conto in Banca 9 (act. MPC 8.5.12669). A detta dell'imputato, l'ordine telefonico sarebbe stato regolarizzato con questo documento, ovvero con la ratifica di un bonifico di EUR 10'000.-- verso Banca 9 (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale di A. del 14 gennaio 2022 act. SK 306.731.39 e segg.). L'imputato ha precisato che, la richiesta telefonica di K. gli sarebbe pervenuta il medesimo giorno della consegna del denaro al cliente. Egli ha indicato di avere chiesto i soldi a B., perché probabilmente il fondo cassa era finito e, non aveva tempo di fare una richiesta a Banca 2 (act. SK 306.731.40).
Al dibattimento, il difensore di A. ha ribadito che tale operazione è stata ratificata da K., in occasione di un incontro avvenuto il 2 febbraio 2011 presso gli uffici di Società 2 SA, e oggetto del documento “regolarizzazioni ordini telefonici e fax” (act. MPC 8.5.12669; v. arringa della difesa di A., act. SK 306.721.328 e seg.).
3.5 B., con riferimento al summenzionato bonifico (anche a lui rimproverato), ha riferito di non ricordarlo anche se era coinvolta la sua società. Egli ha però escluso trattarsi di un'operazione di compensazione come quelle fatte per il conto “R21.” di cui si dirà in seguito (v. verbale finale di B. del 18 novembre 2019, act. MPC 13.5.402). In sede di verbale di confronto con A. del 29 gennaio 2020, B. ha indicato che la versione resa da A. al riguardo poteva essere quella corretta (act. MPC 13.12.39).
Al dibattimento, B. ha confermato le sue precedenti dichiarazioni, indicando di non ricordare dove aveva preso gli EUR 10'000.--, che, a suo dire, avrebbe dato ad A., per la consegna a K. (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale di B. del 14 gennaio 2022 act. SK 306.732.24).
Con l'arringa difensiva, l'avv. Galante ha sostenuto che B. non poteva avere simulato un ordine telefonico di pagamento, dal momento che non sarebbe stato lui ad averlo compilato e firmato. A mente della difesa, inoltre, tale ordine risulta essere stato ratificato dal cliente, nell'ambito dell'incontro del 2 febbraio 2011 (act. MPC 8.2.12669), poco importa che sul documento non fosse indicato il conto destinatario dell'importo di EUR 10'000.--. Infine, stando al difensore, agli atti non vi sarebbe prova del fatto che B. avesse indicazione/conoscenza in merito all'assentita simulazione dell'ordine telefonico, rispettivamente dell'asserita intenzione di A. di appropriarsi del denaro (v. arringa della difesa di B. act. SK 306.721.378 e seg.).
3.6 Nella sua denuncia del 30 luglio 2013 (act. MPC 5.6.5-29), il titolare delle relazioni “R17.” e “R17a.”, allora […] enne residente da oltre 50 anni a Città del Messico, ha indicato di avere conosciuto A. diversi anni prima, quando divenne suo consulente bancario presso Banca 10, e di averlo, poi, seguito presso Società 3 (in quanto soddisfatto del suo servizio), dove avrebbe aperto le relazioni “R17.” e “R17a.”. Il cliente ha riferito che si recava in Ticino solo due volte all'anno per circa due mesi.
K. ha, inoltre, indicato di avere, dopo l'arresto di A., riscontrato dei bonifici a debito delle sue relazioni di cui non era a conoscenza e sui cui ordini neppure riconosceva la sua firma. Tra questi bonifici, ve ne erano a favore della Società 20 e della Società 5. Interrogato in data 28 agosto 2013 (act. MPC 12.24.1 e segg.), K. ha ribadito di non avere dato ordine di bonifico a favore di Società 5 e di Società 20 e neppure di avere firmato documenti in bianco.
3.7 Dal rapporto del 22 settembre 2014 della PGF, concernente l'analisi comparativa delle firme manoscritte, risulta che le firme di K. apposte sugli ordini di bonifico del 28 giugno 2012, 27 agosto 2012, 18 ottobre 2012 e del 26 novembre 2012 (di cui ai capi d'accusa da 1.1.2.1.2-1.1.2.1.5), sono state falsificate (act. MPC 17.1.58-65). La firma di K. sul documento “Descrizione colloquio”, in cui figurava la dicitura “regolarizzazioni ordini telefonici e fax” (act. MPC 8.5.12669), invece, è autentica.
4. Truffa a danno della relazione “R17a.” (capi d'accusa da n. 1.1.2.2.1. a n. 1.1.2.2.2.)
4.1 Per quanto attiene alla relazione “R17a.”, l'ipotesi di truffa riguarda il solo A., il quale avrebbe confezionato due falsi ordini di bonifico, falsificando la firma della moglie di K., O. (che disponeva di procura sul conto), facendo bonificare i seguenti importi a favore della relazione intestata a Società 20 presso Banca 13:
- bonifico di EUR 75'000.-- (addebito di EUR 75'000.-- + EUR 16.38 quali spese di bonifico), valuta 7 dicembre 2011 (act. MPC 5.6.293, 8.6.1.153, 7.2.60.10.169 e 7.2.60.09.11) - capo d'accusa 1.1.2.2.1;
- bonifico di EUR 110'000.-- (addebito di EUR 110'000.-- + EUR 16.79 quali spese di bonifico), valuta 21 marzo 2012 (act. MPC 5.6.294, 8.6.1.211, 7.2.60.10.204 e 7.2.60.9.12) - capo d'accusa 1.1.2.2.2.
A. avrebbe poi preso in consegna da HHHH. gli importi (act. MPC 8.3.29), di cui si sarebbero perse le tracce.
4.2 A., in sede di verbale finale del 21 gennaio 2020, per quanto attiene alle imputazioni di truffa riferite al conto “R17a.”, ha dato le medesime spiegazioni già fornite per le operazioni effettuate sul conto “R17.” (v. supra consid. IV. 3.3). Egli avrebbe falsificato la firma del titolare K. per l'acquisto dei titoli S18a. (v. verbale finale di A. del 21 gennaio 2020, act. MPC 13.2.2198).
In aula, l'imputato ha ribadito le proprie dichiarazioni (v. supra consid. VIII. 3.3.
4.3 Per quanto attiene alle dichiarazioni dell'accusatore privato K., si rinvia a quanto esposto al consid. IV. 3.6 supra.
4.4 Dal rapporto del 22 settembre 2014 della PGF, concernente l'analisi comparativa delle firme manoscritte, risulta che le firme di O. (moglie di K.) apposte sugli ordini di bonifico del 2 novembre 2011 e 19 marzo 2012 (di cui ai capi d'accusa da 1.1.2.2.1-1.1.2.2.2), sono state falsificate (act. MPC 17.1.58-65).
5. Truffa a danno della relazione “R31.” (capi d'accusa da n. 1.1.2.4.1. a n. 1.1.2.4.4)
5.1 In merito alla relazione “R31.”, l'ipotesi di truffa riguarda solo A., il quale avrebbe confezionato dei falsi ordini di bonifico, falsificando la firma del cliente D., facendo bonificare i seguenti importi a favore della relazione intestata a Società 20 presso Banca 13 e Banca 15:
- bonifico di EUR 120'000.-- (addebito di EUR 120'000.-- + EUR 16.39 quali spese di bonifico), valuta 14 dicembre 2011 (act. MPC 5.11.152, 7.2.54.12.4 e 7.2.54.13.56) - capo d'accusa 1.1.2.4.1;
- bonifico di EUR 220'000.-- (addebito di EUR 220'000.-- + EUR 16.71 quali spese di bonifico), valuta 12 gennaio 2012 (act. MPC 5.11.155, 7.2.54.12.6 e 7.2.54.13.75) - capo d'accusa 1.1.2.4.2;
- bonifico di EUR 75'000.-- (addebito di EUR 75'000.-- + EUR 16.80 quali spese di bonifico), valuta 17 ottobre 2012 (act. MPC 5.11.154, 7.2.54.12.7 e 7.2.54.13.158) - capo d'accusa 1.1.2.4.4.
A. avrebbe poi preso in consegna da HHHH. gli importi (act. MPC 8.3.30, 170-171), di cui si sarebbero perse le tracce.
Vi è poi un bonifico di EUR 310'000.-- (addebito di EUR 310'000.-- + EUR 16.87 quali spese di bonifico), valuta 28 giugno 2012 a favore del conto intestato a Società 5 presso Banca 9 (act. MPC 7.2.54.12.7, 7.1.2.12.5 e 19, 7.2.54.13.126). Tale importo non sarebbe stato consegnato a D. ma a sua volta bonificato a favore della relazione n. “R60.” intestata al Fondo 1 presso Banca 2 (act. MPC 7.1.2.13.76, 7.2.1.13.86, 7.1.2.6.178, 7.1.2.6.187-189) - capo d'accusa n. 1.1.2.4.3.
5.2 A., come per le relazioni “R17.” e “R17a.”, ha dichiarato di avere effettuato i bonifici a debito della relazione “R31.” al fine di acquistare titoli S18a. per il cliente, in alcuni casi falsificando la firma del cliente per ragioni di praticità, dato che risiedeva all'estero. A detta dell'imputato, anche il cliente D. (come K.) veniva informato dell'acquisto dei titoli S18a. una volta avvenuto (v. verbale di A. del 7 agosto 2017, act. MPC 13.2.1429-1440 e verbale finale di A. del 21 gennaio 2020, act. MPC 13.2.2204). Le modalità di acquisto dei titoli S18a. riferiti a questi bonifici sono già state descritte per il conto “R17.” (v. supra consid. IV. 3.3). In sede di verbale finale del 21 gennaio 2020, A. ha, comunque, riferito di non avere informato esplicitamente il cliente D. del fatto che aveva falsificato la sua firma (act. MPC 13.2.2207). Al dibattimento, A. ha confermato le sue dichiarazioni, indicando di avere falsificato la firma di D. solo su due ordini di bonifico (act. SK 306.731.41 e segg.).
Con riferimento al destino dato al bonifico di EUR 310'000.--, oggetto del capo d'accusa n. 1.1.2.4.3, finito, secondo l'accusa, dapprima sul conto intestato a Società 5 presso Banca 9 e, in seguito, sul conto intestato al Fondo 1 presso Banca 2, A. ha confermato di avere dato le relative istruzioni a B. dopo averle a sua volta ricevute da C. (v. verbale di A. del 7 agosto 2017, act. MPC 13.2.1439-1440). A tal riguardo, A. ha riferito che B. era al corrente dell'esistenza di tale conto intestato al Fondo 1 e del fatto che, al fine di corrispondere gli interessi delle performance del conto occorreva attingere ad altro denaro, in quanto sul conto intestato al Fondo 1 non era la necessaria liquidità (v. verbale di A. del 7 agosto 2017, act. MPC 13.2.1440). In merito alla questione legata al conto intestato al Fondo 1 si dirà al considerando V. 7 infra.
In occasione del verbale finale del 21 gennaio 2020, A. ha modificato la propria versione dei fatti e ha asserito di avere istruito B. indicandogli di effettuare un bonifico a favore del conto intestato al Fondo 1, utilizzando denaro proveniente dalla relazione denominata “R24.”. Egli ha escluso che il denaro pervenuto al Fondo 1 fosse di pertinenza del cliente D., titolare del conto “R31.” (act. MPC 13.2.205).
In merito al bonifico di EUR 310'000.--, A., in aula, non ha saputo riferire nulla, in quanto, a suo dire, era trascorso troppo tempo (act. SK 306.731.42).
5.3 D., in denuncia, ha indicato di avere riscontrato, dopo l'arresto di A., tre bonifici (del 13 dicembre 2011, 9 gennaio 2012 e 15 ottobre 2012), per complessivi EUR 415'000.-- dal suo conto a favore della Società 20, che non trovavano alcuna giustificazione, non conoscendo il denunciante il destinatario. D. ha affermato di non avere mai visto gli ordini di bonifico riferiti a queste operazioni e di non averli mai firmati.
6. Con riferimento alle ipotesi di truffa in danno delle relazioni “R17.”, “R17a.” e “R31.”, dagli atti si evince che A. ha falsificato la firma di D. (in alcune occasioni), nonché quelle di K. e della di lui moglie O. sugli ordini di bonifico. Tale circostanza emerge dalle stesse ammissioni dell'imputato e, per K. e la moglie, da un'analisi della PGF, che ha stabilito la falsificazione delle firme (act. MPC 17.1.58 e segg.).
L'utilizzo di falsa documentazione, in specie di falsi ordini di bonifico destinati ai funzionari di Banca 2, come visto, è considerato costitutivo di inganno astuto (v. supra consid. IV. 1.2 e 1.4).
6.1 A. ha affermato di avere falsificato la firma dei clienti unicamente per ragioni di praticità e per velocizzare le operazioni di acquisto dei titoli S18a., nonché di avere informato i clienti di tale acquisto una volta avvenuto (v. supra consid. IV. 3.3, 4.2 e 5.2).
6.2 La motivazione resa dall'imputato circa le ragioni delle falsificazioni non è apparsa credibile agli occhi della Corte.
In primo luogo, vi sono le posizioni degli accusatori privati D. e K., che hanno indicato di non riconoscere (e quindi di non avere autorizzato) i bonifici effettuati a debito delle loro relazioni a favore del conto intestato alla Società 20, oggetto delle imputazioni di truffa.
In secondo luogo, le operazioni di acquisto dei titoli S18a., inserite nei portafogli delle relazioni “R17.” e “R31.”, che sono già state analizzate al considerando III. 3.6 supra (v. anche Rapporto PGF del 23 giugno 2017, in Azioni Società 18a., act. MPC 10.2.1163-1181), non risultano essere state effettuate per il tramite della Società 20, come sostenuto da A.
6.2.1 In particolare, si rileva come, per la relazione “R17.”, gli acquisti delle azioni S18a. (per complessive 390'000 unità) siano avvenuti sia per il tramite della società di B. Società 5, sia mediante bonifico diretto a favore della Società 19 Pty Ltd.
Ad ogni bonifico a favore di Società 5 o della Società 19 Pty Ltd, corrisponde il deposito nel portafoglio del cliente dei titoli. Inoltre vi è una traccia documentale dell'acquisto delle azioni (v. supra consid. III. 3.6.2, con riferimenti).
Dall'esame degli atti, non si evince, invece, nessun titolo S18a. inserito nel portafoglio a ridosso (rispettivamente poco prima o poco dopo) dei bonifici in favore della Società 20, i quali non indicano, neppure, nessuna causale in tal senso. Anche le azioni che, secondo il rapporto della PGF (act. MPC 10.2.1171 e segg.), risultano essere state depositate a titolo gratuito (300'000), sono state inserite con valuta 30 maggio 2013; quindi molto tempo dopo i bonifici a favore di Società 20, di cui il più recente risale al 3 dicembre 2012 (capo d'accusa n. 1.1.2.1.5).
6.2.2 Stesso dicasi per i titoli S18a., inseriti, verosimilmente, a titolo gratuito nel portafoglio del conto “R17a.” (si precisa come per tale relazione non risultano essere state acquistate azioni S18a., v. act. MPC 10.2.1173), depositati in data 26 luglio 2012, data che non corrisponde ai due bonifici, valuta 7 dicembre 2011 e 21 marzo 2012, oggetto delle imputazioni di truffa.
6.2.3 Medesimo ragionamento va pure seguito anche per quanto attiene alla relazione “R31.”. Il deposito di un milione di titoli S18a. risulta essere avvenuto il 26 luglio 2012 (v. act. MPC 10.2.1178 e seg.). Le azioni sono state, in parte (e meglio 370'000 azioni) acquistate per il tramite di due bonifici a favore della Società 5 dell'aprile 2012 e, in parte, immessi a titolo gratuito nel portafoglio della relazione (v. supra consid. III. 3.6.6). Non è, quindi, ipotizzabile - poiché non vi è corrispondenza temporale - che i bonifici incriminati a favore di Società 20 del 14 dicembre 2011, del 12 gennaio 2012 e del 17 ottobre 2012, si riferiscano all'acquisto dei titoli S18a., depositati nel portafoglio del conto “R31.” nel luglio 2012. Due bonifici (14 dicembre 2011 e 12 gennaio 2012) risalgono a diversi mesi prima del deposito, mentre l'ultimo (17 ottobre 2012) è stato effettuato quasi tre mesi dopo il deposito dei titoli.
6.2.4 Al riguardo, si ribadisce come A. ha dichiarato di avere inserito a titolo gratuito nei portafogli dei clienti, tra i quali “R17.” e “R31.”, 1,9 milioni di azioni S18a. che, a sua volta, aveva ricevuto dal Management di Società 18a. (v. supra consid. III. 3.3). Si ha che, a maggior ragione, non vi sono elementi per ritenere che i bonifici a favore della Società 20 si riferissero all'acquisto di titoli S18a.
6.2.5 Non sono credibili neppure le dichiarazioni di A., laddove indica di avere dovuto utilizzare la Società 20 quale intermediario, in quanto vi erano difficoltà con l'acquisto diretto di titoli S18a. L'intermediaria per le operazioni S18a. era già la Società 5 di B. (e gli acquisti delle azioni sono tracciati) e non vi era, quindi, la necessità di utilizzare pure la Società 20.
6.2.6 In merito al bonifico di EUR 310'000.-- (valuta 28 giugno 2012), a debito del conto “R31.” e a favore di Società 5 (capo d'accusa n. 1.1.2.4.3), non vi è prova alcuna del fatto che, tale importo sia stato, poi, bonificato alla Società 19 Pty Ltd per l'acquisto di azioni S18a., come avvenuto le altre volte per questo cliente (v. supra consid. III. 3.6.6). Vi è, invece, un ordine di pagamento di EUR 360'000.-- di data 30 giugno 2012 a debito del conto intestato a Società 5 e a favore del conto intestato al Fondo 1.
Visto quanto precede, considerato che il cliente D. non riconosce di avere autorizzato l'acquisto di titoli S18a. e che A. ha, in un primo momento, ammesso il bonifico effettuato a favore del Fondo 1 (v. verbale di A. del 7 agosto 2017, act. MPC 13.2.1440 e supra consid IV. 5.2), si ritiene che tale operazione non era destinata all'acquisto di titoli S18a., ma, piuttosto, a coprire l'assenza di liquidità presente sul conto intestato al Fondo 1 (dovuta verosimilmente a precedenti malversazioni).
6.2.7 Per quanto concerne, infine, il bonifico di cui ai capi d'accusa n. 1.1.2.1.1 e 1.2.2.2 (imputato a B. e A. in correità), concernente la relazione “R17.”, le versioni rese dai due imputati non appaiono credibili. La Corte, infatti, non comprende per quali ragioni B. avrebbe dovuto anticipare di tasca propria un importo di EUR 10'000.--, destinato a K. (che neppure era un cliente da egli gestito), allorquando Banca 2, di regola, anticipava della liquidità, laddove vi era necessità (v. verbale di A. del 9 giugno 2017, act. MPC 13.2.1251).
Questa Corte condivide le conclusioni del MPC, secondo cui non vi è agli atti nessuna ricevuta firmata da K. Inoltre, la nota sottoscritta da K., in occasione della visita del 2 febbraio 2011 (act. MPC 8.5.12669), non regolarizza il prelievo, bensì un non meglio precisato bonifico di EUR 10'000.-- in favore di Banca 9. Infine, come sottolineato anche dall'accusa, non è stato utilizzato il fondo cassa messo a disposizione della Banca 2 per questo genere di operazioni di prelievo a contanti, circostanza, a mente della Corte, inspiegabile. Non si comprende per quali ragioni l'imputato avrebbe anticipato egli medesimo dei fondi.
6.2.8 A. ha approfittato del fatto che i funzionari di Banca 2 avrebbero dato seguito agli ordini di bonifico ricevuti senza effettuare ulteriori verifiche sugli stessi, dal momento che tali ordini provenivano dal gestore patrimoniale esterno di cui si fidavano (v. supra consid. IV. 1.4).
A. sapeva che i clienti K. e D. si fidavano di lui, in quanto era già stato loro consulente presso Banca 10, che non si sarebbero accorti dei bonifici che non avevano autorizzato e che, soprattutto, non avrebbero esperito delle verifiche. Gli stessi risiedevano, inoltre, all'estero (D. in Italia, a UUUU., mentre K. in Messico) e non si recavano spesso presso gli uffici di Società 2 SA per visionare e verificare la loro situazione patrimoniale; gli estratti conto riferiti alle relazioni “R17.”, “R17a.” e “R31.” venivano infatti mantenuti presso Banca 2. Non va poi dimenticato che il patrimonio dei due clienti era milionario e si può quindi ragionevolmente ritenere che, nelle occasioni in cui l'imputato mostrava loro la situazione patrimoniale e faceva firmare i benestare, essi potevano non accorgersi dei bonifici (importi, per rapporto al loro patrimonio, contenuti) effettuati a debito delle loro relazioni. Situazione patrimoniale che era composta anche da investimenti ed era, spesso e volentieri, sfalsata dai valori riferiti ai prodotti strutturati Banca 1 e S18a. (v. supra consid. III. 2.5.20.5, 2.5.20.6 e 2.5.20.9).
Al riguardo, si rileva come, i due bonifici a debito del conto “R17a.”, avvenuti il 7 dicembre 2011 e il 21 marzo 2012, siano addirittura posteriori all'ultimo benestare sottoscritto dal cliente in data 29 novembre 2011 (act. MPC 8.5.13126).
Con riferimento invece al conto “R17.”, l'ultimo benestare è stato sottoscritto in data 4 giugno 2012 (act. MPC 8.5.12621), senza una situazione patrimoniale allegata. Prima di quella data risultano unicamente i due bonifici di cui ai capi 1.1.2.1.1/1.2.2.2 e 1.1.2.1.2 per complessivi EUR 116'000.--. Considerato che, al 4 giugno 2012, risultava un patrimonio di quasi USD 4.5 milioni, è ben possibile che K. non si sia accorto dell'ammanco di EUR 116'000.-- (ritenuto che neppure vi era allegata una situazione patrimoniale). Gli ulteriori bonifici sono posteriori alla firma dell'ultimo benestare firmato.
In merito, infine, al conto “R31.”, si rileva come l'ultimo benestare sottoscritto dal cliente in data 5 marzo 2013 (act. MPC 8.5.2770) mostrava un patrimonio di oltre CHF 10.7 milioni, in linea con l'ammontare di quanto depositato inizialmente dal cliente. Anche in questo caso, ritenuto che la maggior parte degli averi erano investiti, è ragionevole pensare che D. (che peraltro contesta la sottoscrizione di tale benestare), si fosse limitato ad esaminare gli investimenti nel loro complesso senza rendersi conto dei bonifici effettuati a fine 2011 e nel corso del 2012.
Inoltre, sempre con riferimento al conto “R31.”, alcuni bonifici a favore di Società 20 (capi d'accusa n. 1.1.2.4.1 e 1.1.2.4.2), che A. ha dichiarato essere destinati all'acquisto dei titoli S18a., risalgono a dicembre 2011 e a gennaio 2012; sono quindi precedenti alla sottoscrizione dell'Agency Agreement del 18 aprile 2012. Appare pertanto poco verosimile che A. avesse acquistato titoli S18a. ancor prima di sottoscrivere l'Agency Agreement.
Si precisa, in effetti, che i bonifici non risultano dalle situazioni patrimoniali allegate ai benestare.
6.2.9 Si ha che, per quanto attiene ai conti “R17.”, “R17a.” e “R31.”, A. ed in un episodio anche B. - nella loro veste di gestore patrimoniale esterno il primo e di collaboratore del gestore esterno il secondo - hanno ingannato con astuzia i funzionari di Banca 2, mediante l'utilizzo di falsa documentazione o di falsi ordini telefonici, al fine di indurli in errore e quindi a dar seguito a tali ordini.
In merito all'episodio imputato in correità ai due imputati (capi d'accusa n. 1.1.2.1.1 [A.] e 1.2.2.2 [B.]), richiamata la giurisprudenza esposta al considerando IV. 1.5 supra, la Corte ritiene che la stessa sia data. Ognuno dei due imputati risulta infatti avere contribuito in maniera essenziale alla pianificazione e perpetrazione del reato: A. ha allestito il falso ordine di bonifico, mentre B. ha avuto un ruolo quale beneficiario del bonifico, pervenuto sul conto della sua società e da egli poi prelevato a contanti. Da questi elementi ne deriva un disegno e una volontà comune di delinquere e va pertanto ritenuta la loro correità.
7. Truffa a danno della relazione “R21.” (capi d'accusa n. 1.1.2.3 e 1.2.2.1)
7.1 L'accusa rimprovera ad A. e a B., di avere, in correità, abusato della firma autentica dei clienti (E1., E2. e E3.) e confezionato dei falsi ordini di bonifico, facendo eseguire i seguenti bonifici a debito della relazione:
- bonifico di EUR 59'533.87 (addebito di EUR 59'533.87 + EUR 16.13 quali spese di bonifico), valuta 20 maggio 2011, a favore della relazione n. R61. presso Banca 18 SA con causale “Commissioni Anno 2010” (act. MPC 5.8.65, 7.2.10.9.10 e 7.2.10.10.21) - capi d'accusa n. 1.1.2.3.1 e 1.2.2.1.5;
- bonifico di CHF 150'050.-- (addebito di EUR 120'020.80), valuta 20 maggio 2011, a favore della relazione n. R62. intestata all'avv. CCCCC. presso Banca 7 con causale “Dossier 50+100 Atti No. rogiti 13. AM” (act. MPC 5.8.65, 7.2.10.9.10 e 7.2.10.10.22) - capi d'accusa n. 1.1.2.3.2 e 1.2.2.1.6;
- bonifico di EUR 129'983.58 (addebito di EUR 129'983.58 + EUR 16.42 quali spese di bonifico), valuta 26 maggio 2011, a favore della relazione n. “R63.” intestata alla Società 25 presso Banca 19, WWW., con causale “Mr. A.D.S per capital sub 2 share iks science LPP I + II per tot. 380” (act. MPC 5.8.67, 7.2.10.9.10 e 7.2.10.10.23) - capi d'accusa n. 1.1.2.3.3 e 1.2.2.1.7.
Gli importi di denaro sopra elencati non risulterebbero quindi essere stati consegnati ai clienti E.
7.2 Al solo B. vengono inoltre rimproverati i seguenti bonifici a favore di relazioni bancarie intestate alla sua Società 5, alla Società 20, o a terzi, a seguito dell'allestimento di falsi ordini di bonifico mediante abuso della firma autentica dei clienti, e meglio:
- bonifico di EUR 50'000.-- (addebito di EUR 50'000.-- + EUR 30.34 quali spese di bonifico), valuta 20 ottobre 2010, a favore della relazione n. “R64.” intestata a DDDDD. presso Banca 20 SA, XX., con riferimento “II°. 50/400”; importo di denaro che risulta essere stato utilizzato da B. per saldare un suo debito personale verso DDDDD. (act. MPC 5.8.66, 7.2.10.9.1 e 7.2.10.10.10) - capo d'accusa n. 1.2.2.1.1;
- bonifico di EUR 6'000.-- (addebito di EUR 6'000.-- + EUR 30.34 quali spese di bonifico), valuta 20 ottobre 2010, a favore della relazione n. R65. intestata a Società 5 presso Banca 18 YY.; importo di denaro che risulta poi essere stato bonificato a favore del conto sempre intestato a Società 5 presso Banca 9a Ltd., Bahamas (act. MPC 5.8.66, 7.2.10.9.1 e 7.2.10.10.11, 7.1.2.13.21) - capo d'accusa n. 1.2.2.1.2;
- bonifico di EUR 25'000.-- (addebito di EUR 25'000.-- + EUR 30.34 quali spese di bonifico), valuta 20 ottobre 2010, a favore della relazione n. R66. intestata a Società 5 presso la Banca 21 (Suisse) SA, X.; importo di denaro che risulta poi essere stato prelevato in contanti da B. (act. MPC 5.8.66, 7.2.10.9.1, 7.55.2.15.2-3 e 7.2.10.10.12) - capo d'accusa n. 1.2.2.1.3;
- bonifico di EUR 25'000.-- (addebito di EUR 25'000.-- + EUR 30.34 quali spese di bonifico), valuta 20 ottobre 2010, a favore della relazione n. R44. intestata a Società 5 presso Banca 9a Ltd; importo di denaro che risulta poi essere stato prelevato in contanti da B. (act. MPC 5.8.66, 7.2.10.9.2, 7.2.10.10.13, 7.1.2.13.20 e 7.1.2.13.32-33) - capo d'accusa n. 1.2.2.1.4;
- bonifico di EUR 116'500.-- (addebito di EUR 116'500.-- + EUR 33.-- quali spese di bonifico), valuta 21 febbraio 2013, a favore della relazione n. R67. intestata a Società 20 presso Banca 15 Ltd, X.; importo di denaro che risulta poi essere stato prelevato da HHHH. (titolare di Società 20) e consegnato in contanti a B. (act. MPC 5.8.16194, 7.2.10.9.13, 7.81.1.12.25, 7.2.10.10.44, 8.3.29 e 8.3.154) - capo d'accusa n. 1.2.2.1.8.
Le somme di denaro bonificate, oggetto dei bonifici sopra elencati, non risulterebbero dunque essere state consegnate ai clienti E.
7.3 In merito agli episodi di truffa in danno del conto “R21.”, che vengono imputati ad A. in correità con B., A. ha contestato il reato, indicando che “R21.” era un cliente di lunga data di B. e relazionava direttamente con quest'ultimo. A. non avrebbe pertanto mai avuto alcun contatto con questo cliente (v. verbale finale di A. del 21 gennaio 2020, act. MPC 13.2.2201).
7.4 In sede di dibattimento, A. ha confermato le sue precedenti dichiarazioni, indicando di non avere compilato i documenti (firmati da A. e B.) 19 maggio 2011 e 25 maggio 2011 dai quali risultava una visita dei clienti e che contengono delle istruzioni di pagamento a favore di terzi. Egli ha riferito di avere vistato i documenti, in quanto era direttore di Società 2 SA e doveva passare l'ordine a Z. Dava, però, per scontato che le istruzioni di pagamento fossero state decise dai clienti (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale di A. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.731.43 e seg.).
7.5 B., con riferimento a tutte le imputazioni di truffa in danno dei titolari del conto “R21.”, in sede di interrogatori finali del 6 novembre 2019 (act. MPC 13.5.348 e segg.) e 18 novembre 2019 (act. MPC 13.5.390 e segg.) ha dichiarato di conoscere i E. da oltre 20 anni, in quanto era stato il loro consulente presso diversi istituti bancari a X. Dopo averli persi di vista per alcuni anni, gli stessi lo avrebbero ricontattato per una loro necessità e B. li avrebbe introdotti in Banca 18, presso cui lavorava. I E., poi, lo avrebbero seguito in Banca 2, dove hanno aperto il conto denominato “R21.”. B. li avrebbe quindi presentati ad A., in quanto suo datore di lavoro presso Società 3. Egli ha, inoltre, dichiarato che i clienti venivano spesso a trovarlo a X., oppure era lui a recarsi da loro (v. verbale finale di B. del 6 novembre 2019, act. MPC 13.5.368).
In aula, B. ha precisato che era lui a tenere i contatti con i E., ma non gestiva le questioni del mandato. Egli incontrava i clienti ogni trimestre. Scopo degli incontri era quello di vedere la loro situazione patrimoniale. A detta dell'imputato, gli accusatori privati E. non erano degli sprovveduti e avevano diverse relazioni bancarie in Svizzera (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 14 gennaio 2022 act. SK 306.732.20).
7.5.1 In merito ai capi d'accusa n. 1.2.2.1.1, 1.2.2.1.3 e 1.2.2.1.4, concernenti rispettivamente un bonifico di EUR 50'000.-- e due bonifici di EUR 25'000.--, B. ha dichiarato che gli stessi si inserivano nel contesto di un'operazione volta a mettere a disposizione dei signori E. in Italia una somma complessiva di EUR 100'000.--. Per tale operazione B. avrebbe percepito una commissione di EUR 6'000.-- concordata con i clienti e oggetto del capo n. 1.2.2.1.2 (v. verbale finale di B. del 6 novembre 2019, act. MPC 13.5.368-369). Circa le istruzioni di pagamento di data 19 ottobre 2010 (v. act. MPC 5.8.66), B. ha riferito che i clienti le avrebbero sottoscritte in sua presenza.
B. ha dichiarato che i denari relativi ai due bonifici di EUR 25'000.-- pervenuti sul conto di Società 5, li avrebbe prelevati e consegnati personalmente in Italia agli E.
Circa l'importo di EUR 50'000.--, bonificato a favore di un conto intestato a DDDDD., persona di fiducia di B., quest'ultimo ha indicato trattarsi di una compensazione, di cui non ricorda i dettagli. B. avrebbe ricevuto il denaro in Italia e lo avrebbe consegnato in contanti agli E. Precisamente questionato al riguardo, l'imputato ha dichiarato di non aver fatto sottoscrivere ai clienti alcuna ricevuta, in quanto non faceva parte degli usi. Il ricorso ad operazioni di compensazione era anche un'esigenza dei clienti per non apparire quali proprietari di valori patrimoniali all'estero e per evitare operazioni di bonifico su relazioni bancarie in Italia a loro riconducibili e ciò per ragioni fiscali (v. verbale finale di B. del 6 novembre 2019, act. MPC 13.5.369).
B. ha inoltre affermato che gli E. gli avevano fatto più richieste intese al rimpatrio di loro averi presenti in Svizzera verso l'Italia per loro necessità economiche. Tale rimpatrio avveniva per una parte ufficialmente e per una parte attraverso operazioni non dichiarate. Erano i clienti ad indicare quale modalità utilizzare, e ciò a dipendenza della loro necessità di fare apparire o meno questi rimpatri di denaro quali mezzi propri per effettuare investimenti in Italia (v. verbale finale di B. del 18 novembre 2019, act. MPC 13.5.393-394). A precisa domanda, B. ha riferito che né lui, né i clienti volevano utilizzare società di spallonaggio (v. verbale finale di B. del 18 novembre 2019, act. MPC 13.5.393-394).
Al dibattimento, B. ha ribadito che l'operazione riferita ai bonifici di cui ai capi d'accusa n. 1.2.2.1.1, 1.2.2.1.3 e 1.2.2.1.4, per complessivi EUR 100'000.-- (EUR 50'000.-- + EUR 25'000.-- + EUR 25'000.--), era un'operazione concordata con i clienti, i quali gli avevano preannunciato, nell'agosto 2010 in occasione di una visita, un bisogno di liquidità. A suo dire, sarebbero tornati di nuovo ad ottobre 2010 e, B., in quell'occasione, ha redatto, in loro presenza, le istruzioni, che i clienti hanno firmato. L'imputato ha precisato che, già dal 2009, i clienti E. erano abituati ad agire in questo modo, ovvero a passare tramite terzi per ottenere del denaro in Italia, rispettivamente a dare istruzioni di investimento, laddove vi era una reddittività specifica (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale di B., act. SK 306.732.20).
7.5.2 Per quanto concerne invece gli ordini di bonifico di EUR 59'550.-- a favore della relazione denominata “R61.” (capo d'accusa n. 1.2.2.1.5) e di CHF 150'050.-- a favore dell'avv. CCCCC. (capo d'accusa n. 1.2.2.1.6), B. ha dichiarato di avere compilato le relative istruzioni 19 maggio 2011 (act. MPC 5.8.65), ma non in presenza dei clienti. Anche questi bonifici facevano parte di un rimpatrio - mediante compensazioni - di fondi verso l'Italia di complessivi EUR 380'000.-- (per cui B. riuscì a reperire solo EUR 310'000.--) concordato con i clienti ed avvenuto tra il 19 e il 25 maggio 2011 (v. verbale finale di B. del 18 novembre 2019, act. MPC 13.5.395).
L'operazione concernente gli EUR 59'550.-- sarebbe avvenuta in collaborazione con EEEEE., titolare di una società di gestione patrimoniale, il quale, a sua volta, necessitava di effettuare una compensazione di pari importo per conto di una sua cliente (titolare della relazione “R61.”). EEEEE. avrebbe consegnato all'imputato a contanti l'importo in Italia a XX. (denaro poi consegnato agli E.) e B. avrebbe, tempo dopo, effettuato il bonifico a debito del conto “R21.”, a favore della relazione “R61”.
EEEEE., interrogato in data 19 agosto 2015, ha confermato l'operazione di compensazione effettuata e di avere consegnato a contanti l'importo a B. (v. act. MPC 12.43.1 e segg.).
In merito al capo d'accusa n. 1.2.2.1.6, B. ha affermato di avere personalmente consegnato il denaro a contanti in Italia ai clienti utilizzando la sua liquidità che deteneva in Italia presso un appartamento che aveva in affitto in Trentino e dove aveva pure depositato la somma consegnatagli da EEEEE. (v. verbale finale di B. del 18 novembre 2019, act. MPC 13.5.397). In merito a questa compensazione l'imputato ha dichiarato di avere la necessità di pagare un notaio (l'avv. CCCCC.) per un'operazione immobiliare e di disporre di liquidità non dichiarata in Italia. Con l'accordo dei clienti E. avrebbe quindi proceduto a pagare il notaio mediante bonifico dal conto “R21.” ed a consegnare loro a WWWWW. l'importo complessivo di EUR 310'000.-- oggetto delle istruzioni del 19 e 25 maggio 2011 (act. MPC 5.8.65 e 67) (v. verbale finale di B. del 18 novembre 2019, act. MPC 13.5.393-394).
Anche in questo caso non sarebbe stata sottoscritta alcuna ricevuta. A detta di B. vi sarebbe infatti stata una vicendevole reciproca fiducia (v. verbale finale di B. del 18 novembre 2019, act. MPC 13.5.398). In occasione del dibattimento, l'imputato ha riferito di non essersi mai fatto sottoscrivere nulla quando consegnava denaro in Italia ai E., in quanto non sarebbe stata usanza. Si trattava di muovere del denaro dei clienti, mediante “triangolazione” e, i clienti non gli avrebbero mai chiesto una ricevuta (act. SK 306.732.22).
Sempre in aula, B. ha ribadito che i documenti, già compilati e indicanti gli importi, sono stati discussi e approvati dai clienti, che li hanno firmati. A suo dire, si trattava di un'operazione preavvisata nel febbraio del 2011 e formalizzata a maggio 2011, con la visita dei clienti e la compilazione delle istruzioni di pagamento. Il denaro (EUR 310'000.--), lo avrebbe consegnato B. direttamente ai clienti in Italia, sul VVVV., dove risiedevano.
I clienti E. sarebbero stati d'accordo di procedere con questa metodologia (act. SK 306.732.21).
7.5.3 In merito al capo d'accusa n. 1.2.2.1.7, attinente ad un ordine di bonifico di EUR 130'000.-- in favore di una relazione bancaria intestata a Società 25 presso Banca 19, WWW., oggetto delle istruzioni 25 maggio 2011 (act. MPC 5.8.67), B. ha riferito che tale importo era parte del rientro fondi in Italia di complessivi EUR 380'000.--. Al riguardo, egli ha affermato trattarsi di una compensazione che gli aveva trovato A. (v. verbale finale di B. del 18 novembre 2019, act. MPC 13.5.398).
A precisa domanda degli inquirenti, volta a conoscere il ruolo di A. in queste operazioni, B. ha dichiarato che A. nulla aveva a che vedere con le compensazioni sopra descritte; B. lo aveva informato del fatto che necessitava di disporre del denaro per effettuare un'operazione di compensazione, unicamente per scrupolo e perché era il suo datore di lavoro. A. non conosceva personalmente i titolari E., li aveva visti solo in un paio di occasioni a X. (v. verbale finale di B. del 18 novembre 2019, act. MPC 13.5.395 e 399). In aula, B., ha ribadito di avere semplicemente messo A. al corrente delle operazioni (act. SK 306.732.23). L'imputato non ha saputo riferire se A., per la compensazione mediante la Società 25 avesse dei tornaconti personali.
A., in sede di confronto con B. del 29 gennaio 2020, ha indicato di essere stato informato da B. delle operazioni e che le stesse erano dovute ad esigenze dei clienti (act. MPC 13.12.37).
7.5.4 Con riferimento al bonifico di EUR 116'500.-- in favore di Società 20 (capo d'accusa n. 1.2.2.1.8), B. ha affermato essere un'ulteriore necessità dei clienti di disporre di denaro in Italia. L'importo sarebbe stato ritirato da B. in contanti presso Società 20 e consegnato in Italia ai clienti (v. verbale finale di B. del 18 novembre 2019, act. MPC 13.5.401). Al dibattimento, B. ha confermato le sue dichiarazioni (act. SK 306.732.21 e seg.).
7.6 Nella loro denuncia penale del 4 agosto 2014 (act. MPC 5.8.10-20), gli accusatori privati E. hanno indicato di avere conosciuto B. solo per ragioni professionali, in quanto egli si occupava della gestione del loro portafoglio presso Banca 22 a X. Gli stessi avrebbero, poi, aperto, nel 2009, la relazione bancaria denominata “R21.” presso Banca 2, conferendo un mandato di gestione alla Società 3 (poi divenuta Società 2 SA), nell'ambito del quale non vi sarebbe stata l'autorizzazione a prelevare in tutto o in parte i valori in deposito e le liquidità in conto.
I clienti, che erano attivi professionalmente in Italia dove risiedevano (essi si occupavano di un'impresa di costruzione famigliare e di altre attività immobiliari connesse), riponevano grande fiducia in B., e avevano sottoscritto dei documenti in bianco che venivano consegnati al medesimo, affinché li compilasse ed utilizzasse nell'esecuzione del mandato affidatogli.
Dall'esame di un estratto bancario rilasciato loro in data 19 settembre 2013, i clienti si sarebbero accorti di 7 bonifici a debito della relazione “R21.” che non avevano autorizzato e che, B. aveva verosimilmente effettuato sfruttando i documenti da loro firmati in bianco.
E1., interrogato dagli inquirenti in data 12 febbraio 2015 (act. MPC 12.28.1-17), ha dichiarato di avere sottoscritto dei fogli in bianco su proposta di B. I clienti, infatti, avevano un'attività edilizia di famiglia in Italia e potevano recarsi in Svizzera solo sporadicamente (di regola ogni sei mesi). Questi fogli, quattro o cinque, sarebbero stati consegnati a B. che era la loro unica persona di contatto in Società 3.
E1., sentito in contraddittorio il 9 dicembre 2019 (act. MPC 12.28.68), ha confermato la consegna di fogli sottoscritti in bianco.
Con riferimento ai bonifici oggetto delle imputazioni, E1. ha dichiarato di non conoscere e di non sapere chi fossero i destinatari dei bonifici, e meglio: DDDDD., la Società 5, l'avv. CCCCC., il conto “R61.”, la Società 25 e la Società 20. Egli non sarebbe neppure stato a conoscenza dei trasferimenti di denaro che né lui, né E3. e E2. avevano autorizzato.
Dopo avere preso visione delle istruzioni di pagamento del 19 ottobre 2010 (act. MPC 5.8.66), del 19 maggio 2011 (act. MPC 5.8.65) e del 25 maggio 2011 (act. MPC 5.8.67), il denunciante ha riferito che, questi documenti facevano parte dei fogli firmati in bianco dallo stesso E1. e da suoi famigliari e lasciati a B. per eventuali esigenze finanziarie. E1. ha, però, contestato di avere ricevuto gli importi oggetto di queste tre istruzioni di pagamento (act. MPC 12.28.66 e segg.).
8. Per quanto attiene agli episodi di truffa in danno della relazione “R21.”, a B. e ad A. (quest'ultimo per tre episodi commessi in correità con il primo) viene rimproverato di avere ingannato i funzionari di Banca 2, inviando loro dei falsi ordini di bonifico, allestiti abusando della firma autentica dei clienti che avrebbero sottoscritto dei documenti in bianco.
8.1 Con riferimento alle imputazioni a carico di B. (capi d'accusa da n. 1.2.2.1 a n. 1.2.2.1.8), dall'inchiesta non sono emersi riscontri oggettivi a comprova delle dichiarazioni rese dall'imputato, le quali, non sono apparse di conseguenza credibili agli occhi di questa Corte.
8.1.1 In particolare, agli atti non vi è alcuna documentazione che attesti l'avvenuta consegna di denaro contante in Italia ai E., da parte dello stesso B. Quest'ultimo ha infatti affermato di non avere mai fatto sottoscrivere ai clienti una ricevuta. Neppure vi è traccia, nell'incarto, della provenienza del denaro che l'imputato asserisce di avere personalmente consegnato ai clienti, compensati poi (a suo dire) con i bonifici incriminati. Quest'ultimo elemento, certamente, costituisce un grave indizio a carico di B.
Ne consegue che, i bonifici oggetto delle imputazioni in capo a B., non sono delle compensazioni come da questi affermato, bensì si tratta di bonifici che B., nella sua veste di collaboratore di Società 2 SA, responsabile della gestione del conto “R21.”, ha ordinato all'insaputa dei titolari della relazione, per scopi personali o della sua Società 5, ma ad ogni modo non nell'interesse dei clienti.
8.1.2 B., sfruttando il fatto che i clienti, titolari di un'azienda famigliare in Italia, non si recassero spesso in Ticino presso la Società 2 SA e si fidavano di lui, ha fatto firmare loro dei documenti in bianco (si tratta di documenti con dicitura “descrizione colloquio”, con l'aggiunta a mano della dicitura “Ordini di bonifico”, act. MPC 5.8.65-67 e 16194). Documenti che, in seguito, l'imputato ha compilato a proprio piacimento, facendoli diventare degli ordini di bonifico, che ha poi firmato e fatto firmare ad A. Gli ordini, così allestiti e riportanti le firme dei titolari, sono poi stati trasmessi da B. a Banca 2 al fine di ingannare funzionari della banca, i quali, fidandosi di quanto veniva ordinato del gestore esterno responsabile della relazione, hanno dato seguito alle istruzioni ricevute, bonificando gli importi a debito del conto “R21.” (v. supra consid. IV. 1.4). Anche B. - come A. per i bonifici dai conti “R17.”, “R17a.” e “R31.” - si è avvalso del fatto che gli E., recandosi in Ticino di rado, non si sarebbero resi conto degli ammanchi oggetto dei bonifici ordinati ed eseguiti a loro insaputa.
8.1.3 Con riferimento ai benestare sottoscritti dai clienti, si rammenta, che agli atti ve ne sono tre.
Il benestare 16 giugno 2009 è precedente ai bonifici oggetto dell'ipotesi di truffa. Quelli datati 21 febbraio 2012 e 11 settembre 2012 hanno allegate delle situazioni patrimoniali concernenti gli investimenti in essere a quel momento. Non sono, quindi, indicati i bonifici, tra cui vi sono quelli oggetto dell'ipotesi di truffa effettuati nel 2010 e 2011, di cui i clienti non potevano quindi rendersi conto. Vi è, poi, un bonifico anche nel 2013, ma agli atti, dopo quella data non risulta alcun benestare (v. supra consid. III. 2.5.20.7). Se B., come afferma, avesse effettivamente consegnato in Italia, o fatto consegnare il denaro ai clienti, certamente al momento della firma sui benestare (a sua tutela) avrebbe reso attenti i clienti E. facendo figurare, nelle situazioni patrimoniali allegate ai benestare, gli importi fatti (asseritamente) pervenire a loro in territorio italiano.
La Corte non comprende, per quali ragioni, una persona con l'esperienza professionale di B., non abbia provveduto, per tutelare sé stesso e la società presso cui lavorava (la Società 2 SA, già Società 3), a far sottoscrivere i benestare con allegata una situazione patrimoniale corretta, (a dimostrazione) dell'avvenuta consegna di denaro contante ai clienti E. Si rammenta al riguardo che si tratta di un ammontare complessivo di circa EUR 415'000.-- e CHF 150'000.--.
Il Collegio giudicante si è convinto del fatto che, alla luce di tutto quanto precede, agli accusatori privati E. non sono stati consegnati i contanti di cui si tratta.
8.1.4 Va pure rilevato che, gli E., nella loro denuncia, hanno pure indicato che, in occasione delle loro visite presso Società 3 / Società 2 SA, B. mostrava loro un resoconto concernente lo stato del loro patrimonio, redatto su carta intestata della società di A. (v. ad esempio act. MPC 5.8.149). Nel resoconto agli atti, concernente lo stato del patrimonio al 21 febbraio 2012 (act. MPC 5.8.149) su carta intestata di Società 3 (anche se a quel momento la società aveva già cambiato ragione sociale), sono indicate le entrate sul conto “R21.” (complessivi EUR 1'023'064.69), e gli investimenti effettuati fino a quel momento (in particolare nel Fondo 2, e in prodotti strutturati Banca 1, per complessivi EUR 548'676.50). Non vi è invece nessun riferimento a bonifici in uscita che, a quella data (21 febbraio 2012), ammontavano almeno a EUR 415'000.-- (v. capi d'imputazione da 1.2.2.1.1 a 1.2.2.1.7). Sul documento viene indicata una liquidità in conto che ammontava alla differenza tra le entrate e le uscite riferite agli investimenti (con l'aggiunta di asseriti dividendi derivanti dal Fondo 2).
Non vi è traccia dei bonifici a favore di terzi oggetto delle imputazioni. A maggior ragione quindi i titolari di “R21.”, non avrebbero potuto accorgersi degli stessi: a dimostrazione che si tratta di malversazioni a loro danno.
8.2 Con riferimento agli episodi in capo ad A., si rileva come dagli atti non sono emersi sufficienti elementi per ritenere che lo stesso abbia ricoperto un ruolo nell'ambito delle operazioni effettuate da B. Il conto “R21.” era infatti gestito da quest'ultimo. A. ha dichiarato di non avere mai avuto contatto con i titolari del conto e di averli visti in poche occasioni. Tale circostanza è stata confermata dallo stesso B., come pure dagli accusatori privati E. (v. supra consid. IV. 7.3, 7.5.3 e 7.6). È, in effetti, stato B. ad avere trasmesso gli ordini di bonifico ai funzionari di Banca 2. A., stando alle sue dichiarazioni (e a quelle di B.), sarebbe stato informato di queste “compensazioni” (come visto la Corte ritiene, per contro, si tratti di malversazioni) da B., il quale gli avrebbe riferito di averle effettuate su richiesta dei clienti. Sebbene A. abbia apposto la propria firma (ciò oltre a quella di B., v. act. MPC 5.8.65 e 67) sugli ordini di bonifico, non significa che egli fosse informato della reale situazione e abbia, in qualche modo, avuto un ruolo attivo nell'ingannare i funzionari di Banca 2. Del resto, neppure è emerso che A. abbia tratto dei guadagni dai bonifici effettuati a debito della relazione “R21.”.
In concreto, A. si ritiene estraneo da queste operazioni, B. non lo coinvolge, così come non lo fanno gli accusatori privati E.
Visto quanto precede, A. va prosciolto dal reato di truffa di cui al capo d'imputazione n. 1.1.2.3 (da n. 1.1.2.3.1 a n. 1.1.2.3.3).
9. Per quanto concerne il presupposto del danno, si ritiene che lo stesso sia dato. In effetti, come detto, i bonifici in uscita dai conti “R17.”, “R17a.”, “R31.” e “R21.”, non sono stati eseguiti nell'interesse dei titolari delle citate relazioni, bensì in quello dei due imputati, rispettivamente di terzi. Il patrimonio dei clienti ha, quindi, subito una diminuzione.
L'ammontare del danno, indicato dal MPC, corrisponde alla somma dei bonifici effettuati a debito delle relazioni bancarie (oltre alle spese di bonifico), dai funzionari di Banca 2, ingannati da A. e B., per complessivi EUR 1'370'166.68 (l'atto d'accusa ha considerato un danno di EUR 1'679'737.40, ma occorre dedurre EUR 309'570.80 per le truffe in danno di “R21.”, per cui A. viene prosciolto) e USD 134'259.36 in capo ad A., nonché EUR 542'241.36 in capo a B., e meglio:
- conto “R17.”: danno per complessivi USD 134'259.36 (di cui USD 20.96 spese) ed EUR 460'066.74 (di cui EUR 66.74 spese),
di cui EUR 10'016.20 (di cui EUR 16.20 spese), ad opera di A. e B. in correità, mentre USD 134'259.36 (di cui USD 20.96 spese) e EUR 450'050.54 (di cui EUR 50.54 spese), ad opera del solo A.;
- conto “R17a.”: danno per complessivi EUR 185'033.17 (di cui EUR 33.17 spese), ad opera del solo A.;
- conto “R21.”: danno per complessivi EUR 532'225.16 (di cui EUR 186.91 spese), ad opera del solo B.;
- conto “R31.”: danno per complessivi EUR 725'066.77 (di cui EUR 66.77 spese), ad opera del solo A.
Sulla base di questi presupposti, questo Collegio ritiene che il danno patrimoniale, derivante dall'agire penalmente rilevante degli imputati, ammonti a complessivi EUR 1'370'000.-- e USD 134'238.40 in capo ad A., nonché EUR 542'038.25 in capo a B., e non sia comprensivo delle spese bancarie, e meglio
- conto “R17.”: danno per complessivi USD 134'238.40 ed EUR 460'000.--,
di cui EUR 10'000.--, ad opera di A. e B. in correità, mentre USD 134'238.40 ed EUR 450'000.--, ad opera del solo A.;
- conto “R17a.”: danno per complessivi EUR 185'000.--, ad opera del solo A.;
- conto “R21.”: danno per complessivi EUR 532'038.25, ad opera del solo B.;
- conto “R31.”: danno per complessivi EUR 725'000.--, ad opera del solo A.
10. Sotto il profilo soggettivo, è indubbio che, A. e B. abbiano agito con intenzione e piena cognizione di causa. Entrambi hanno volutamente trasmesso falsa documentazione ai funzionari di Banca 2, al fine di trarli in inganno e indurli a effettuare i bonifici in danno delle relazioni “R17.”, “R17a.”, “R21.” (per il solo B.) e “R31.”.
Ciò, con l'unico intento di arricchirsi personalmente e/o di arricchire terze persone, senza averne diritto. Al riguardo, si rammenta come la nozione di arricchimento è ampia e comprende qualsiasi tipo di vantaggio economico come aumento degli attivi, diminuzione dei passivi, mancata diminuzione degli attivi o mancato aumento dei passivi (Corboz, op. cit., n. 10 segg. ad art. 138).
Si ha che, è dato pure il disegno di indebito arricchimento sia in capo ad A. che in capo a B.
10.1 L'indebito profitto ammonta a complessivi EUR 1'476'000.-- per A., e meglio:
- EUR 566'000.--, per le truffe commesse in danno del titolare di “R17.” (capi d'accusa n. 1.1.2.1.1 - 1.1.2.1.5): EUR 10'000.--, in correità con B.; EUR 106'000.--, pari ad un controvalore di USD 134'238.40; EUR 125'000.--; EUR 175'000.-- ed EUR 150'000.--;
- EUR 185'000.--, per le truffe commesse in danno del titolare di “R17a.” (capi d'accusa n. 1.1.2.2.1 - 1.1.2.2.2): EUR 75'000.-- ed EUR 110'000.--;
- EUR 725'000.--, per le truffe commesse in danno del titolare di “R31.” (capi d'accusa n. 1.1.2.4.1 - 1.1.2.4.4): EUR 120'000.--; EUR 220'000.--; EUR 310'000.-- ed EUR 75'000.--.
10.2 Per le truffe imputate a B., l'indebito profitto ammonta a complessivi CHF 150'050.-- e a EUR 422'017.45 , e meglio:
- EUR 10'000.--, in correità con A., per la truffa commessa in danno del titolare di “R17.” (capo d'accusa n. 1.2.2.2);
- EUR 412'017.45 e CHF 150'050.--, per le truffe commesse in danno dei titolari di “R21.” (capi d'accusa n. 1.2.2.1.1 - 1.2.2.1.8): (EUR 50'000.--; EUR 6'000.--; EUR 25'000.--; EUR 25'000.--; EUR 59'533.87; CHF 150'050.--, pari a un controvalore di EUR 120'020.80; EUR 129'983.58 ed EUR 116'500.--.
11. Alla luce di tutto quanto precede, A. va riconosciuto autore colpevole del reato di truffa (capo d'accusa n. 1.1.2), per le imputazioni di cui ai capi d'accusa n. 1.1.2.1 (da n. 1.1.2.1.1 a n. 1.1.2.1.5), n. 1.1.2.2 (da n. 1.1.2.2.1 a n. 1.1.2.2.2) e n. 1.1.2.4 (da n. 1.1.2.4.1 a n. 1.1.2.4.4), riferite alle relazioni “R17.”, “R17a.” e “R31.”. Egli viene prosciolto dalle accuse di truffa in danno della relazione “R21.” (capo d'accusa n. 1.1.2.3, in specie da n. 1.1.2.3.1 a n. 1.1.2.3.3).
12. B. viene invece riconosciuto autore colpevole di tutte le imputazioni di truffa a suo carico contemplate nell'atto d'accusa (capo d'accusa n. 1.2.2), in danno del conto “R21.” (capo d'accusa n. 1.2.2.1, in specie da n. 1.2.2.1.1 a n. 1.2.2.1.8) e del conto “R17.” (capo d'accusa n. 1.2.2.2).
V. Capi d'accusa n. 1.1.3, 1.2.3 e 1.3.1 (falsità in documenti)
1. Considerazioni generali
1.1 L'ipotesi accusatoria di falsità in documenti ripetuta, concerne A. (capi d'accusa da n. 1.1.3.1 a n. 1.1.3.6), B. (capi d'accusa da n. 1.2.3.1 a n. 1.2.3.4) e C. (capi d'accusa n. 1.3.1.1 e n. 1.3.1.2).
Alcuni episodi vengono rimproverati ad A. in correità con B. (capi d'accusa da n. 1.1.3.4.1 a n. 1.1.3.4.3 [A.] e da n. 1.2.3.1.5 a n. 1.2.3.1.7 [B.]) o con C. (capi d'accusa n. 1.1.3.5 e n. 1.1.3.6 [A.] e n. 1.3.1 [C.]). Sulla correità si rinvia a quanto esposto al considerando IV. 1.5 supra.
1.2 Vi è falsità in documenti ai sensi dell'art. 251 CP quando qualcuno, al fine di nuocere al patrimonio o ad altri diritti di una persona o di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, forma un documento falso o ne altera uno vero, oppure abusa dell'altrui firma autentica o dell'altrui segno a mano autentico per formare un documento suppositizio, oppure attesta o fa attestare in un documento, contrariamente alla verità, un fatto d'importanza giuridica, o fa uso, a scopo d'inganno, di un tale documento.
Questa disposizione non reprime solo la falsificazione di un documento (falso materiale, “unechte Urkunde”) ma anche la redazione di un documento dal falso contenuto (falso ideologico) (DTF 144 IV 13 consid. 2.2.2).
1.3 Sono segnatamente documenti tutti gli scritti destinati e atti a provare un fatto di portata giuridica (art. 110 cpv. 4 CP).
La destinazione a provare (“Beweisbestimmung”) un fatto risulta direttamente dalla legge oppure dal senso o dalla natura dello scritto.
L'attitudine a provare (“Beweiseignung”) è ammessa quando lo scritto è riconosciuto dalla legge o dagli usi commerciali come un mezzo di prova (DTF 132 IV 57 consid. 5.1; 126 IV 65 consid. 2a e rinvii; Boog, Basler Kommentar, 4a ediz. 2019, n. 29 ad art. 110 cpv. 4 CP).
Anche un documento non valido o nullo a causa di vizi formali o materiali può essere atto a provare (cfr. DTF 81 IV 238; Boog, op. cit., n. 31 ad art. 110 cpv. 4, pag. 1850; Trechsel, Schweizerisches Strafgesetzbuch, 4a ediz. 2021, n. 8 ad art. 251 CP). In questo caso, è sufficiente che lo scritto crei l'apparenza di una dichiarazione giuridicamente rilevante (Boog, op. cit., ad art. 110 cpv. 4, n. 31, pag. 1850).
1.4 La falsificazione in senso proprio (falso materiale) implica la formazione di un documento il cui vero estensore non corrisponde all'autore apparente: nell'ipotesi di falso materiale, dunque, il documento trae in inganno sull'identità di colui dal quale esso emana (DTF 137 IV 167 consid. 2.3.1; 132 IV 57 consid. 5.1.1; 128 IV 265 consid. 1.1.1; sentenza del Tribunale federale 6B_334/2007 dell'11 ottobre 2007 consid. 6.1). In questi casi, l'atto è punibile senza che sia necessario esaminare la questione di un eventuale contenuto menzognero del documento (DTF 132 IV 57 consid. 5.1.1; 123 IV 17 consid. 2e).
1.5 Vi è invece falso ideologico se la realtà non corrisponde a ciò che è affermato nel documento: è, cioè, menzognero il documento il cui contenuto non corrisponde alla realtà pur emanando dal suo autore apparente (DTF 142 IV 119 consid. 2.1; 132 IV 12 consid. 8.1; 131 IV 125 consid. 4.1; 129 IV 130 consid. 2.1; 126 IV 65 consid. 2a; sentenza del Tribunale federale 6B_334/2007 dell'11 ottobre 2007 consid. 6.1). Nel falso ideologico non vi è inganno sulla persona dell'autore. Semplicemente, ciò che l'autore dice non corrisponde al vero (Corboz, op. cit., n. 109 ad art. 251 CP).
Nel caso di falso ideologico la giurisprudenza esige che il documento ai sensi dell'art. 110 cpv. 4 CP sia provvisto di un valore probatorio accresciuto, di una capacità particolare di convincere, di una garanzia speciale di veracità, di un'attitudine elevata a comprovare, di un carattere probante particolare (DTF 144 IV 13 consid. 2.2; 132 IV 12 consid. 8.1; 131 IV 125 consid. 4.1; 129 IV 130 consid. 2.1; 126 IV 65 consid. 2a; 123 IV 61 consid. 5b; 122 IV 332 consid. 2c; Corboz, op. cit., n. 119 ad art. 251 CP, con riferimenti).
Quest'esigenza di valore probatorio accresciuto rispetto al caso di falso materiale è giustificata dal principio secondo cui è maggiormente degna di protezione la fiducia che si può avere nel non essere ingannati sull'identità dell'autore di un documento rispetto a quella che si può riporre nel fatto che l'autore non menta (DTF 125 IV 273 consid. 3; sentenza del Tribunale federale 6B_334/2007 dell'11 ottobre 2007 consid. 6.1; Corboz, op. cit., n. 129 ad art. 251).
Il falso ideologico è una bugia scritta qualificata che si distingue da una semplice allegazione unilaterale per la sua capacità di convincere (DTF 126 IV 65 consid. 2a; 123 IV 61 consid. 5b; 122 IV 332 consid. 2c). Perché il falso sia punibile, il documento deve essere atto a provare la veridicità di ciò che in realtà è falso, ossia del suo contenuto (DTF 123 IV 17 consid. 2c): tale forza probante può risultare direttamente dalla legge (e dagli usi commerciali) o dalla natura stessa dello scritto (DTF 129 IV 130 consid. 2.2; 126 IV 65 consid. 2a; 122 IV 332 consid. 2a).
Il Tribunale federale ha già avuto modo di stabilire che un contratto concluso in forma scritta semplice è atto a provare che le parti hanno scambiato delle dichiarazioni di volontà reciproche e concordanti, ma non che il contenuto delle stesse corrisponda alla loro reale volontà. La situazione è diversa solo ove sussistano garanzie speciali che le dichiarazioni concordanti delle parti corrispondano alla loro volontà effettiva (DTF 125 IV 273 consid. 3a/bb; 123 IV 61 consid. 5c; 120 IV 25 consid. 3f; sentenze del Tribunale federale 6B_382/2011 del 26 settembre 2011 consid. 2.2; 6S.423/2003 del 3 gennaio 2004 consid. 4.3; 6S.375/2000 del 1 novembre 2000 consid. 2c; cfr. anche sentenza del Tribunale penale federale SK.2010.13 del 21 aprile 2011 consid. 6.3.2).
La cosiddetta “menzogna scritta” trascende, dunque, in reato soltanto quando, dal profilo oggettivo, il documento gode di particolare credibilità per il valore che la legge o gli usi commerciali gli conferiscono (bilancio, conto perdite e profitti, inventario: Corboz, Le faux dans les titres, ZBJV 131/1995 pag. 534 e segg., 551) o per la posizione analoga a quella di un garante (“garantenähnliche Stellung”) della persona che lo ha redatto (come per esempio un funzionario, notaio, medico, architetto; cfr. Boog, op. cit., n. 84 ad art. 251 CP; Donatsch/Thommen/Wohlers, Strafrecht IV, Delikte gegen die Allgemeinheit, 5a ediz. 2017, pag. 158 e segg. e la giurisprudenza ivi citata), di modo che il suo destinatario vi possa ragionevolmente prestar fede (DTF 132 IV 12 consid. 8.1; 129 IV 130 consid. 2.1; 126 IV 65 consid. 2a; sentenze del Tribunale federale 6B_382/2011 del 26 settembre 2011 consid. 2.1; 6B_812/2010 del 7 luglio 2011 consid. 5.2; 6B_334/2007 dell'11 ottobre 2007 consid. 6; 6B_367/2007 del 10 ottobre 2007 consid. 4.2).
Una tale posizione è data quando l'estensore del documento è investito di un obbligo di verifica e di oggettività ed è, dunque, particolarmente degno di fiducia (Corboz, op. cit., pag. 572). Ciò implica, di principio, che, in presenza di interessi opposti, l'autore del documento si trovi in una posizione neutrale (Corboz, Les infractions en droit Suisse, 3a ediz. 2010, n. 139 ad art. 251 CP).
Il Tribunale federale ha avuto modo di stabilire che il semplice partner contrattuale non si trova in una posizione analoga a quella di un garante (DTF 121 IV 131 consid. 2c pag. 136).
La natura di documento di uno scritto - o meglio, la sua forza probante - è relativa. Uno scritto può essere considerato un documento - e, quindi, ad esso essere attribuita forza probante - per taluni suoi aspetti e non per altri (DTF 138 IV 130 consid. 2.2.1; 132 IV 57 consid. 5.1; 129 IV 130 consid. 2.2; Boog, op. cit., n. 72 ad art. 251 CP).
Una fattura, ad esempio, è impropria, in linea di principio - ancorché munita di ricevuta - a dimostrare la veridicità di quanto attesta. Essa può, però, essere idonea a provare che le dichiarazioni ivi contenute emanano dal loro autore, onde la punibilità (per falso materiale) di chi contraffà un tale atto (DTF 121 IV 131 con svariati altri esempi e rinvii di giurisprudenza, richiamati anche in DTF 125 IV 273 consid. 3.a.bb; 132 IV 57 consid. 5.1; 126 IV 65 consid. 2a e rinvii) oppure può essere idonea a provare la veridicità del suo contenuto e, perciò, acquista carattere di documento in funzione della sua registrazione in contabilità (DTF 138 IV 130 conasid. 2.2.1; 114 IV 31 in relazione ad un libro di cassa; cfr. Corboz, op. cit., n. 155-156 ad art. 251 CP) oppure, ancora, acquista carattere di documento ed è considerata idonea a provare la veridicità del suo contenuto se siglata da un architetto o munita di un visto di controllo (138 IV 130 consid. 2.2.1; DTF 131 IV 125 consid. 4.5; 119 IV 54 consid. 2d).
Secondo la giurisprudenza, occorre estrema cautela nell'attribuire valore probante accresciuto ad uno scritto: “an die Beweisbestimmung und Beweiseignung einer Urkunde [seien] bei der Falschbeurkundung hohe Anforderungen zu stellen. Art. 251 StGB sei deshalb restriktiv anzuwenden, soweit es um die Falschbeurkundung gehe” (DTF 117 IV 165 consid. 2b).
L'Alta Corte ha ritenuto rilevante la distinzione tra il ruolo di colui che redige il documento e quello di colui che deve verificarlo (controllore), per esempio decidendo che un rapporto di regia inveritiero firmato dal rappresentante di un'impresa di costruzioni non costituisce una falsità in documenti ai sensi dell'art. 251 CP (DTF 117 IV 169 consid. 2c).
1.6 Dal profilo soggettivo, la falsità in documenti è punibile solo se commessa intenzionalmente, ritenuto che il dolo eventuale è sufficiente (Boog, op. cit., n. 181 ad art. 251 CP).
L'intenzione deve portare su tutti gli elementi costitutivi del reato: ciò significa, in particolare, che l'autore vuole o accetta il fatto che il documento contiene un'alterazione della verità e - nei casi di falso ideologico - che esso abbia forza probante relativamente a tale circostanza (DTF 135 IV 12 consid. 2.2; sentenza del Tribunale federale 6B_522/2011 dell'8 dicembre 2011 consid. 1.3; Corboz, op. cit., n. 172 ad art. 251 CP; Boog, op. cit., n. 182-184 ad art. 251 CP).
L'autore deve, inoltre, agire al fine di nuocere al patrimonio o ad altri diritti di una persona o di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto. Al proposito non è necessario che l'autore sappia in cosa consiste tale profitto, il cui carattere indebito può risultare dallo scopo perseguito o dai mezzi utilizzati (DTF 121 IV 216 consid. 2; sentenza del Tribunale federale 6B_522/2011 dell'8 dicembre 2011 consid. 1.3; Corboz, op. cit., n. 173 e segg. ad art. 251 CP; Boog, op. cit., n. 185 ad art. 251 CP).
L'art. 251 CP presuppone, infine, l'intenzione dell'autore di ingannare qualcuno (DTF 121 IV 216 consid. 4; 101 IV 53 consid. I.3.a; Corboz, op. cit., n. 172 ad art. 251 CP). L'intenzione di ingannare è ammessa quando l'autore vuole indurre in errore il destinatario sull'autenticità (o, in caso di falso ideologico, sulla veridicità) del documento, con lo scopo di indurlo ad un determinato comportamento giuridicamente rilevante (Boog, op. cit., n. 183 ad art. 251 CP).
Non è necessario che l'autore intenda usare personalmente il documento per ingannare. È sufficiente che voglia o accetti che un terzo ne faccia un uso ingannevole (DTF 135 IV 12 consid. 2.2; sentenza del Tribunale federale 6B_522/2011 dell'8 dicembre 2011 consid. 1.3; Corboz, op. cit., n. 172 ad art. 251 CP; Boog, op. cit., n. 182-184 ad art. 251 CP).
2. Spese private inserite nella contabilità di Società 2 SA (capo d'accusa n. 1.1.3.1)
2.1 Ad A. viene rimproverato di avere nel periodo da gennaio 2011 a maggio 2013, in correità con †I., al fine di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, intenzionalmente fatto attestare in documenti, contrariamente alla verità, fatti di importanza giuridica. In particolare egli avrebbe fatto registrare a †I. nella contabilità di Società 2 SA, fatture relative a spese di natura privata da lui effettuate nel 2011 (capo d'accusa n. 1.1.3.1.1), nel 2012 (capo d'accusa n. 1.1.3.1.2) e nel 2013 (capo d'accusa n. 1.1.3.1.3), facendole figurare come spese societarie.
Tali spese sono le medesime oggetto dell'imputazione di amministrazione infedele aggravata in danno di Società 2 SA di cui al capo d'accusa n. 1.1.1.5 (da n. 1.1.1.5.1 a n. 1.1.1.5.4).
2.2 Nell'atto d'accusa, ai capi d'accusa da n. 1.1.3.1.1 a n. 1.1.3.1.3, viene quindi contestato ad A. di aver fatto inserire fittiziamente in contabilità spese private come spese societarie.
2.3 Come visto, a mente della Corte, queste spese potevano essere considerate di pertinenza della società e non di A. personalmente (v. supra consid. III. 6.5, 6.6 e 6.7).
Di conseguenza A. va integralmente prosciolto pure dall'imputazione di falsità in documenti di cui al capo d'accusa n. 1.1.3.1 (da n. 1.1.3.1.1 a n. 1.1.3.1.3).
3. Retrocessioni dei clienti inserite nella contabilità di Società 2 SA (capo d'accusa n. 1.1.3.2)
3.1 Ad A. viene rimproverato ai capi d'accusa da n. 1.1.3.2.1 a n. 1.1.3.2.2, di avere, nel periodo tra gennaio 2011 e dicembre 2012, in correità con †I., al fine di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, fatto registrare allo stesso †I., nella contabilità di Società 2 SA, falsificandola, sotto la rubrica “6001 Retrocessioni (senza l'IVA)”, gli importi riferiti alle retrocessioni percepite indebitamente dalla società e derivanti dagli investimenti in strutturati Banca 1, oggetto dell'imputazione di amministrazione infedele di cui ai capi d'accusa da n. 1.1.1.2.1 a n. 1.1.1.2.44.
3.2 Con riferimento alla contabilizzazione delle retrocessioni, sebbene le stesse siano state incassate da Società 2 SA indebitamente, questo Collegio giudicante, non ritiene siano dati gli estremi del reato di falsità in documenti.
Si rileva infatti come le retrocessioni siano state effettivamente versate alla Società 2 SA, che le ha quindi inserite in contabilità sotto la dicitura “Retrocessioni”. A., in sede di verbale finale del 21 gennaio 2020 ha altresì indicato di avervi pure pagato le tasse (act. MPC 13.2.2215). Il fatto che egli non abbia riversato tali importi ai propri clienti, come avrebbe dovuto, nulla ha a che vedere con la contabilità societaria, bensì con il dovere di informazione e diligenza derivante dal contratto di mandato e dalla posizione di A. quale gerente. La violazione di tali doveri è stata ritenuta a carico dell'imputato il quale viene qui condannato per il reato di amministrazione infedele qualificata (v. supra consid. III. 2.6).
A mente della Corte non vi è per contro alcun problema a livello contabile; la contabilità è stata in tal senso allestita in maniera corretta e attesta l'incasso di retrocessioni, effettivamente conseguito dalla società.
Ne discende, non essendo adempiuti i presupposti oggettivi e soggettivi del reato di falsità in documenti, A. va prosciolto dal capo d'accusa n. 1.1.3.2 (e meglio da n. 1.1.3.2.1 a n. 1.1.3.2.2).
4. Formulari A (capi d'accusa n. 1.1.3.3, 1.2.3.3 e 1.2.3.4)
4.1 Ad A., al capo d'accusa n. 1.1.3.3 viene imputato di avere in data 17 aprile 2012, al fine di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, indicato a HHHH. (titolare di Società 20) e fatto attestare nel formulario A, contrariamente alla verità, che GGGG. era l'avente diritto economico dell'importo complessivo di EUR 805'840.- (di cui EUR 469'875.- sono stati percepiti quali retrocessioni a danno dei clienti indicati ai capi d'accusa da n. 1.1.1.3.1. a 1.1.1.3.6.), importo accreditato sulle relazioni bancarie intestate alla Società 20 Ltd, presso Banca 13 SA, X. e Banca 15 Ltd, X., in provenienza da relazioni bancarie intestate alle Società 19 Pty Ltd, Società 18a. Ltd e Società 18c Ltd, e poi consegnati in sei occasioni brevi manu ad A.
4.1.1 Si rammenta come le retrocessioni derivanti dagli investimenti S18a. siano state bonificate su un conto intestato alla Società 20 e consegnate brevi manu ad A. da HHHH. Circostanza confermata dallo stesso A. (v. supra consid. III. 3.8.2).
Con riferimento alla Società 20 e a HHHH. si rinvia al considerando III. 3.8 supra. In particolare HHHH. ha riferito che A. era un suo cliente e che per ogni cliente veniva creato un dossier contenente il profilo dello stesso, copia del documento di identità, il formulario A, l'importo oggetto delle operazioni di trasferimento di denaro, nonché la motivazione dell'operazione (verbale di interrogatorio di HHHH. dell'8 maggio 2013, act. MPC 12.6.1.4).
Dagli atti risulta, quo alle retrocessioni derivanti dagli investimenti S18a. versate alla Società 20, che nel formulario A è indicato GGGG. (socio e fondatore di Società 18a.) quale avente economicamente diritto dei valori patrimoniali (act. MPC 8.3.108). Inoltre, A. risulta avere sottoscritto il Profilo del cliente.
4.1.2 Malgrado l'indicazione nel formulario A dell'avente diritto economico degli averi patrimoniali, A. ha affermato che gli importi versati da Società 19 Pty Ltd, S18a. Ltd e Società 18c Ltd. e a lui consegnati brevi manu erano a lui riconducibili (v. supra consid. III. 3.8.2 e interrogatorio di A. dell'8 agosto 2017, act. MPC 13.2.1480 e segg.).
Questionato a sapere per quali ragioni nel formulario A era stato inserito il nominativo di GGGG. quale avente diritto degli averi, A. ha asserito esservi stato un errore di forma nella compilazione del documento (v. verbale di interrogatorio di A. dell'8 agosto 2017, act. MPC 13.2.1500).
In sede di verbale del 10 novembre 2017 A. ha dichiarato di essere stato lui a riferire a HHHH. che GGGG. era il beneficiario di tale denaro e che tale circostanza non corrispondeva al vero (v. interrogatorio di A. del 10 novembre 2017, cl. SK 13.2.1757). Egli, in occasione del suo interrogatorio del 21 gennaio 2020 ha aggiunto che avrebbe dovuto dire a HHHH. che il denaro spettava a lui stesso quale compenso per la vendita delle azioni S18a. (v. interrogatorio di A. del 21 gennaio 2020, cl. SK 13.2.2216-2217).
A., in aula ha confermato i fatti.
4.1.3 Secondo dottrina e giurisprudenza, il formulario A costituisce un documento ai sensi dell'art. 110 cpv. 4 CP, avente un valore probatorio accresciuto (Kinzer, Commentaire romand, 2017, n. 100 ad art. 251 CP).
A., indicando a HHHH. (che lo ha poi attestato sul formulario A) il nominativo di GGGG. quale avente diritto economico di averi patrimoniali che in realtà erano a lui (ad A.) riconducibili, ancorché derivanti da un reato ha commesso un falso ideologico. L'imputato ha infatti fatto attestare al titolare della Società 20, contrariamente al vero, un fatto di importanza giuridica ai sensi dell'art. 251 CP.
Si ha che sono dati i presupposti oggettivi del reato.
4.1.4 Sotto il profilo soggettivo, il Collegio giudicante ritiene che A. abbia agito con dolo diretto. Egli ha, infatti, intenzionalmente, indicato a HHHH. un diverso avente diritto economico dei valori patrimoniali, al fine di celare l'incasso personale delle retrocessioni derivanti dagli investimenti S18a. alle quali non aveva diritto (v. supra consid. III. 3.10). Ne discende che è dato anche il presupposto del disegno di indebito profitto. Non sono infatti credibili le dichiarazioni di A., secondo cui vi sarebbe stato un errore di forma nella compilazione del formulario A. Con la sua esperienza in ambito bancario e di gestione patrimoniale, ad A. non poteva e non doveva sfuggire che nel formulario A andava indicato il reale beneficiario degli averi patrimoniali.
4.1.5 Alla luce di quanto precede, A. va riconosciuto autore colpevole del reato di falsità in documenti riferito al capo d'accusa n. 1.1.3.3.
4.2 A B., al capo d'accusa n. 1.2.3.3, viene rimproverato di avere, in data 11 giugno 2012, attestato in un documento, contrariamente alla verità, fatti di importanza giuridica, e meglio: indicato ai collaboratori di Banca 7 e attestato nel formulario A (act. MPC 7.20.1.6.40), contrariamente alla verità, che egli era l'avente diritto economico dell'importo ivi accreditato di EUR 65'994.19 in provenienza dalla relazione bancaria n. “R49.” accesa presso Banca 9a Ltd., Bahamas, i cui ADE erano E1. e E3., denaro che è risultato essere stato trasferito dagli E. e che è stato utilizzato da B. per trasferire mensilmente EUR 1'250.-- a favore della società immobiliare Società 26 S.R.L. riconducibile agli E., in quanto quest'ultima, tramite un contratto d'affitto registrato, aveva fittiziamente concesso in locazione un appartamento e un box a B. in Italia per un periodo di quattro anni, ciò che permetteva a B. di giustificare la sua partecipazione al 10% del capitale azionario della Società 27 S.R.L., riconducibile agli E. (act. MPC 12.28.3), e di dimostrare che egli si recava in loco e aveva interessi a effettuare investimenti nella regione.
4.2.1 Nel corso del suo interrogatorio del 12 febbraio 2015 in qualità di accusatore privato, E1. ha indicato che nel 2010/2011 era stata costituita tra lui e i suoi parenti e B. la Società 27 S.R.L. del cui pacchetto azionario B. deteneva il 10%. B. risultava il soggetto finanziatore di questa società, in base alla sua quota personale, quindi per un importo di circa EUR 1.2 milioni (act. MPC 12.28.10 e 7.20.1.6.51-74). Questa società è stata costituita, su consiglio di B., con il fine di acquistare immobili promessi all'asta e far rientrare i capitali in Italia evitando di essere segnalati al fisco italiano poiché l'impresa immobiliare di famiglia Società 26 S.R.L. aveva problemi di liquidità (act. MPC 12.28.11). Gli intestatari e ADE della relazione “R49.” presso Banca 9a sono E1., E3. e E2. (act. MPC 12.28.11).
Il sistema del pagamento di EUR 1'250.-- non sarebbe servito a far rientrare soldi, ma soltanto a dimostrare che B. aveva interessi a VVVV. I soldi dell'affitto erano stati bonificati dal conto “R49.” a un conto di B., che provvedeva regolarmente a pagare l'affitto mensile secondo fattura emessa dai E. Questo contratto risulta comunque fittizio (act. MPC 12.28.12). B. avrebbe soggiornato una sola volta in questo appartamento e il contratto è stato disdetto immediatamente su richiesta di B. nel maggio 2013, con la richiesta di togliere il suo nome dal campanello (act. MPC 12.28.13).
4.2.2 Nel suo interrogatorio del 25 novembre 2014 in qualità di imputato, B. ha confermato di essere stato titolare di una relazione bancaria presso Banca 7 (act. MPC 13.5.262). B. ha sottolineato che, sebbene in un primo momento la banca avesse avuto delle riserve su un'operazione da lui condotta, questa avrebbe poi confermato la validità della stessa e che sarebbe stato lui ad aver deciso di interrompere la relazione contrattuale con Banca 7 vista “l'esiguità dell'operazione” (act. MPC 13.5.263).
B. ha sostenuto in un primo momento che il pagamento iniziale degli E., quindi il bonifico in entrata, era una commissione dovutagli per un finanziamento richiesto da loro (E.) ed erogato da lui (B.). In un secondo momento si è corretto, asserendo che l'importo versato da E1. era una compensazione di pari importo. Questa operazione, a detta di B., era stata voluta dal cliente, che non voleva figurare come ordinante (act. MPC 13.5.264).
B. ha indicato che il contratto di locazione firmato con gli E. era volto a giustificare il suo interesse a VVVV., in modo da motivare un suo investimento nella società di costruzioni degli E. e, quindi, permettere agli E. di ottenere i trasferimenti di denaro, operati da B., dalla Svizzera all'Italia senza insospettire le autorità fiscali italiane, mascherando gli stessi come investimenti nella società (act. MPC 13.5.264-265). L'origine dei suddetti fondi si ritrova nei conti degli E. in Svizzera. Si trattava di utili provenienti dalle loro attività immobiliari in Italia e depositati da tempo sulla piazza finanziaria di X. (act. MPC 13.5.265). Nello specifico, i contratti richiesti dagli E. a B. e conclusi tra loro erano a dire di quest'ultimo fittizi in quanto i denari versati agli E. originavano sempre da questi ultimi (act. MPC 13.5.265).
In sede di verbale finale del 18 novembre 2019, B. ha dichiarato di essere consapevole che la dichiarazione di false informazioni su un formulario A costituisce un'infrazione penale, ammettendo anche che si sarebbe dovuto indicare gli E. quali ADE, ma che aveva firmato tale formulario perché gli era stato presentato dalla banca (act. MPC 13.5.413). B. ha sostenuto di aver provveduto a chiudere la relazione con Banca 7 non a seguito di questo episodio (act. MPC 13.5.414), in contraddizione quindi con ciò che si evince dalla ricostruzione della PGF (v. infra consid. V. 4.2.3).
Al dibattimento, B. ha dichiarato di non contestare l'imputazione e di avere commesso una leggerezza, a seguito di una sbagliata interpretazione da parte sua del formulario A. Egli ha riferito di avere agito nell'interesse dei clienti E. (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale di B. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.26).
4.2.3 Dal Rapporto di situazione della PGF del 30 marzo 2016 (act. MPC 10.2.722 e segg.), risulta palese che il denaro depositato in Svizzera dagli E. non era stato dichiarato al fisco italiano (act. MPC 10.2.778), come indicato dallo stesso B., che ha affermato che la banca degli E. era Banca 23 e che in pratica egli risultava quale finanziatore, così che gli E. evitassero di mostrare al fisco italiano di disporre di fondi all'estero (act. MPC 10.2.779 e 13.5.265).
Il 20 marzo 2012 vi è un trasferimento di EUR 65'994.19 a favore del conto nominativo intestato a B. presso Banca 7 (MPC 07-20-001-06-00042). Questo importo trovava la sua origine nella relazione cifrata n. “R49.” presso Banca 9a Ltd., i cui ADE risultavano essere E1. e E3. (act. MPC 10.2.787). Questo denaro accreditato sul conto di B. è poi stato utilizzato per trasferire mensilmente EUR 1'250.-- a favore della società immobiliare Società 26 S.R.L., in quanto quest'ultima, tramite un contratto d'affitto registrato (act. MPC 7.20.1.6.43-45), aveva fittiziamente concesso in locazione per un periodo di quattro anni un appartamento e un box a B. a VVVV. Tutto questo per giustificare la partecipazione di B. al 10% del capitale azionario della Società 27 S.R.L. e per dimostrare che B. si recava in loco e aveva interessi a effettuare investimenti nella regione. Questa entrata di EUR 65'994.19, secondo il rapporto di PGF, ha incrinato definitivamente i rapporti tra B. e Banca 7, che lo ha poi convocato per chiarire tale versamento (act. MPC 10.2.78).
4.2.4 In concreto, risulta abbastanza evidente che l'infrazione sia stata commessa in quanto lo stesso B. ha ammesso che il formulario A avrebbe dovuto indicare gli E. quali ADE di tale importo di denaro, anziché lui stesso. Inoltre, B. ha riconosciuto anche che tali valori patrimoniali originavano da disponibilità che gli E. avevano in Svizzera, più precisamente a X., e che il contratto d'affitto in Italia era fittizio, concluso unicamente con lo scopo di giustificare un suo interesse in tale società degli E. (che invece volevano unicamente trasferire in Italia fondi non dichiarati presenti in Svizzera). Questa modalità operativa è stata confermata dallo stesso E1., secondo il quale la stessa gli era stata consigliata da B. e il contratto d'affitto (fittizio) non serviva direttamente a rimpatriare denari in Italia, ma a provare l'interesse di B. a investire nella società degli E. (servendo quindi indirettamente al rimpatrio dei denari tramite investimenti). Siccome il denaro proveniva da conti degli E. ed è stato depositato sul conto di B. unicamente con l'obiettivo di ripagarlo nel giro di quattro anni su conti italiani riconducibili agli E., si può concludere che l'ADE sul formulario A, indicato in B., non corrisponde a quello reale.
Ritenuto che il formulario A costituisce un documento avente valore probatorio accresciuto (v. supra consid. V. 4.1.3), B., attestando sullo stesso, contrariamente al vero, di essere ADE degli averi depositati sul conto, ha commesso un falso ideologico. Sono, pertanto, adempiuti i presupposti oggettivi del reato.
Sotto il profilo soggettivo, B. ha dichiarato di essere consapevole del fatto che l'indicazione di false informazioni su un formulario A costituisse reato penale. La Corte ritiene, pertanto, che l'imputato abbia agito con piena cognizione di causa, allo scopo di celare chi fossero i reali aventi diritto economico degli averi depositati sul conto.
Ne consegue che, pacificamente, B. ha commesso il reato di falsità in documenti, come al capo d'accusa n. 1.2.3.3.
4.3 A B., al capo d'accusa n. 1.2.3.4, viene rimproverato di avere, in data 3 ottobre 2012, attestato in un documento, contrariamente alla verità, fatti di importanza giuridica, e meglio: indicato ai collaboratori di Banca 8 e attestato nel formulario A (act. MPC 7.3.6.3.22) relativo al conto n. C8. a lui intestato, contrariamente alla verità, che egli era l'avente diritto economico dell'importo ivi accreditato di EUR 450'000.-- in provenienza dalla relazione bancaria n. “R49.” accesa presso Banca 9a Ltd., Bahamas, i cui beneficiari economici erano E1. e E3., denaro che è risultato essere stato trasferito dai E. allo scopo di essere utilizzato da B. nella misura di EUR 400'000.-- per effettuare un bonifico (in data 4 ottobre 2012) a favore della relazione intestata a Società 27 S.R.L., riconducibile ai E. (act. MPC 12.28.3), presso Banca 23 in Italia, con la causale “Quota I 400/1'500 finanziamento CDA 17.09.2012 a/B.” nell'ambito di un'operazione di investimento immobiliare in Italia per l'importo di circa EUR 11 milioni, che B. avrebbe fittiziamente finanziato nella misura di EUR 1.5 milioni entro il 31 dicembre 2012.
4.3.1 Nel suo interrogatorio del 12 febbraio 2015, E1. ha riferito che il denaro trasferito dal conto “R49.” a favore di B. presso Banca 8 serviva a finanziare una società dei E. in Italia (act. MPC 12.28.12). ADE di questi fondi trasferiti a B. erano E1., E3. e E2. (act. MPC 12.28.12). Quando E1. si è accorto che il denaro in seguito bonificato ammontava a EUR 400'000.-- e non agli EUR 450'000.-- trasferiti inizialmente a B., egli ha contattato prontamente B., che ha provveduto a bonificare i rimanenti EUR 50'000.--, asserendo a verbale che però, se non lo avesse contattato, “con tutta probabilità […] se li sarebbe incamerati lui stesso” (act. MPC 12.28.12).
4.3.2 B., in occasione dell'interrogatorio del 25 novembre 2014, ha dichiarato che nel contesto di operazioni volte a far rientrare fondi di pertinenza dei E. dalla Svizzera all'Italia, questi ultimi gli avevano fatto avere EUR 450'000.-- tramite un bonifico a Banca 8, pregandolo di trasferirne subito EUR 400'000.-- presso il loro istituto Banca 23. Tali denari originavano da conti dei E. che esistevano già da anni sulla piazza bancaria di X. (act. MPC 13.5.265).
In sede di interrogatorio finale del 18 novembre 2019, l'imputato ha ammesso che aver firmato questo formulario A è stata una sua leggerezza, perché pensava che per la banca fosse chiaro che gli ADE dell'importo fossero in realtà i E. e non lui stesso, i quali risultavano i mittenti del bonifico e i destinatari del pagamento successivo. Dal punto di vista di B., questi soldi erano sempre di pertinenza dei E. (act. MPC 13.5.415).
In aula, l'imputato ha dichiarato di non contestare l'imputazione, ribadendo di avere commesso una leggerezza (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.26).
4.3.3 Dagli atti risulta che gli EUR 450'000.-- bonificati sul conto intestato a B. presso Banca 8, provenivano dal conto “R49.”, i cui ADE erano i clienti E.
Pacifico, poiché ammesso da tutte le parti, ovvero sia da E1., sia da B., che ADE dell'importo di EUR 450'000.-- erano i E. e che B. ne era consapevole.
4.3.4 Come già indicato, secondo dottrina e giurisprudenza, il formulario A costituisce un documento ai sensi dell'art. 110 cpv. 4 CP, avente un valore probatorio accresciuto (Kinzer, op. cit., n. 100 ad art. 251 CP).
B., attestando sul formulario A, di essere l'avente diritto economico degli averi depositati sul conto presso Banca 8, allorquando i reali beneficiari erano i E., ha commesso un falso ideologico. L'imputato ha infatti attestato, contrariamente al vero, un fatto di importanza giuridica ai sensi dell'art. 251 CP. Sono pertanto adempiuti i presupposti oggettivi del reato.
L'agire dell'imputato, a mente del Collegio giudicante, adempie anche i presupposti soggettivi del reato. B., infatti, era consapevole di commettere un falso documentale e ha agito, nell'intento di celare i reali beneficiari economici del conto presso Banca 8.
Visto quanto precede, B. si è reso autore colpevole del reato di falsità in documenti, come al capo d'accusa n. 1.2.3.4.
5. Falsità in documenti funzionali ai reati patrimoniali in danno delle relazioni “R17.”, “R17a.”, “R21.” e “R31.” (capi d'accusa n. 1.1.3.4, 1.2.3.1 e 1.2.3.2)
5.1 Ad A., al capo d'accusa n. 1.1.3.4 (in specie dal capo d'accusa n. 1.1.3.4.1 a n. 1.1.3.4.19) viene imputato di avere, nel periodo da dicembre 2010 a novembre 2012, al fine di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto (in particolare al suo collaboratore B.), agendo singolarmente o in correità con B., nella sua qualità di organo della Società 3 SA (dal 1 dicembre 2010 con firma individuale quale amministratore unico), nonché di gestore patrimoniale esterno sotto la ragione sociale Società 2 SA, di cui era Presidente con diritto di firma individuale, amministratore ed azionista unico, a far tempo dal 1 gennaio 2011,
per mascherare le malversazioni patrimoniali commesse di cui ai punti da n. 1.1.1.3.1 a n. 1.1.1.3.6, nonché da n. 1.1.2.1.1. a n. 1.1.2.4.4 (correttamente il MPC avrebbe dovuto indicare “di cui ai punti n. 1.1.1.3.2 e n. 1.1.1.3.6, nonché da n. 1.1.2.1.1. a n. 1.1.2.4.4”),
intenzionalmente formato documenti falsi, attestando in documenti, contrariamente alla verità, fatti di importanza giuridica, facendone altresì uso a scopo d'inganno.
5.2 In particolare, al solo A. viene rimproverato di avere formato e fatto uso di falsa documentazione (falsi ordini di bonifico e/o falso ordine di sottoscrizione (“Application Form”), falsificando la firma/abusando della firma autentica dei titolari di “R17.” (K.) e “R31.” (D.), al fine di perfezionare la compravendita di titoli S18a., oggetto dell'imputazione di amministrazioni infedele qualificata di cui ai capi d'accusa n. 1.1.1.3.2 (relazione “R17.”) e n. 1.1.1.3.6 (relazione “R31.”) (v. supra consid. III. 3.).
5.2.1 Episodi in danno della relazione “R17.” (K.):
- tra il 14 e il 26 marzo 2012, formato è fatto uso, abusando della firma autentica del cliente, di un falso ordine di bonifico di EUR 388'000.-- a favore della relazione n. R44. intestata a Società 5 presso Banca 9a Ltd (capo d'accusa n. 1.1.3.4.7);
- tra il 12 e il 17 aprile 2012, formato e fatto uso, falsificando la firma del cliente, di un falso ordine di bonifico di EUR 150'000.-- a favore della relazione n. R44. intestata a Società 5 presso Banca 9a Ltd (capo d'accusa n. 1.1.3.4.11);
- il 16 aprile 2012, formato e fatto uso, falsificando la firma del cliente, di un falso ordine di sottoscrizione (Application Form) per l'acquisto di 80'000 azioni S18a., per un importo di EUR 140'000.-- (capo d'accusa n. 1.1.3.4.12);
- tra il 10 e 11 ottobre 2012, formato e fatto uso, falsificando la firma del cliente, di un falso ordine di bonifico di EUR 165'000.-- a favore della relazione n. R68. intestato alla Società 19 Pty, Ltd, Australia presso Banca 24 (capo d'accusa n. 1.1.3.4.15);
- il 10 ottobre 2012, formato e fatto uso, falsificando la firma del cliente, di un falso ordine di sottoscrizione (Application Form) per l'acquisto di 90'000 azioni S18a., per un importo di EUR 157'500.-- (capo d'accusa n. 1.1.3.4.16).
5.2.2 Episodi in danno della relazione “R31.” (D.):
- il 2 aprile 2012, formato e fatto uso, falsificando la firma del cliente, di un falso ordine di bonifico di EUR 535'000.-- a favore della relazione n. R44. intestata a Società 5 presso Banca 9a Ltd (capo d'accusa n. 1.1.3.4.9);
- il 12 aprile 2012, formato e fatto uso, falsificando la firma del cliente, di un falso ordine di bonifico di EUR 130'000.-- a favore della relazione n. R44. intestata a Società 5 presso Banca 9a Ltd (capo d'accusa n. 1.1.3.4.10).
5.2.3 Con riferimento alle posizioni degli accusatori privati K. e D. in merito all'acquisto delle azioni S18a. si rinvia a quanto già esposto ai consid. III. 3.5 (“R17.”) e 3.5.1 (“R31.”) supra. K. ha dichiarato di avere ordinato unicamente l'acquisto di 220'000 titoli S18a. (v. verbale d'interrogatorio di K. del 28 agosto 2013, act. MPC 12.24.6). Egli avrebbe inoltre appreso solo in data 2 luglio 2013 dei bonifici a debito della sua relazione a favore di Società 5, Società 19 Pty Ltd e Società 20, che egli non avrebbe mai approvato (v. verbale di K. del 28 agosto 2013, act. SK 12.24.6).
Dalla denuncia di D. emerge che questi si sarebbe accorto solo alla fine del 2013 di avere nel proprio portafoglio 1 milione di azioni S18a.
A. ha, dal canto suo, affermato di avere acquistato azioni S18a. per i clienti “R17.” e “R31.” (per i quali ha incassato delle retrocessioni all'insaputa dei clienti, vedi supra consid. III. 3.3).
Con riferimento ai due episodi concernenti il conto “R31.”, in sede di verbale del 21 gennaio 2020 A. ha affermato di avere falsificato la firma di D. su entrambi gli ordini di bonifico, ma di non averlo fatto allo scopo di danneggiare il cliente. Egli ha indicato di averlo fatto per finalizzare l'acquisto di azioni S18a. D., a detta dell'imputato, sarebbe stato informato degli investimenti, in quanto gli avrebbe mostrato la situazione patrimoniale del conto contenente i titoli S18a. (v. verbale di A. del 21 gennaio 2020, act. SK 13.2.2227). L'imputato ha però affermato di non avere informato il cliente di avere falsificato la sua firma (act. MPC 13.2.2207).
Per quanto concerne invece agli episodi riferiti alla relazione “R17.”, A. ha asserito di avere falsificato la firma del cliente K. sugli ordini di bonifico e sull'ordine di sottoscrizione, ma di averlo fatto per praticità, al fine di procedere con gli acquisti delle azioni S18a. Egli ha dichiarato di avere informato il cliente di tali investimenti, in quanto, quando quest'ultimo si recava presso i suoi uffici, prendeva atto della situazione patrimoniale che indicava l'investimento (v. verbale di A. del 21 gennaio 2020, cl. SK 13.2.2228-2231). Sempre in medesimo verbale l'imputato ha poi ammesso di non avere detto espressamente a K. di avere falsificato la sua firma, ma di avere fatto “degli strusi” per l'acquisto di azioni S18a. (act. MPC 13.2.2193).
In aula, A. ha confermato le sue dichiarazioni (act. SK 306.731.45).
5.2.4 Pacifico che A. ha falsificato la firma dei clienti D. e K., in quanto da lui stesso ammesso, sugli ordini di bonifico e sugli ordini di sottoscrizione per l'acquisto di azioni S18a., formando in tal modo un documento falso, che poi ha trasmesso a Banca 2. Circostanza che ha confermato al dibattimento.
Dagli atti non è emerso che A. abbia informato D. e K. del fatto che aveva/avrebbe falsificato la loro firma sugli ordini per acquistare titoli S18a. Lo stesso A. ha dichiarato di non averlo fatto. Neppure si evince che i due clienti abbiano espressamente dato il loro consenso (neanche a posteriori) a che l'imputato falsificasse la loro firma. Del resto, se non sono stati informati delle falsificazioni delle firme, come avrebbero potuto approvarle? Dall'inchiesta risulta invece che D. non è stato nemmeno messo al corrente degli acquisti dei titoli, mentre K. ha dichiarato di avere acconsentito solo all'acquisto di 220'000 titoli S18a.
Ne consegue che per quanto attiene agli ordini di bonifico di cui ai capi d'accusa n. 1.1.3.4.9, 1.1.3.4.10, 1.1.3.4.11, 1.1.3.4.12, 1.1.3.4.15 e 1.1.3.4.16, su cui sono state apposte le firme false di D. e K. sono adempiuti gli elementi oggettivi del reato.
Con riferimento agli aspetti soggettivi, la Corte ritiene che A. abbia agito intenzionalmente e con l'intento di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto. L'imputato ha in effetti falsificato la firma di D. e K., al fine di acquistare, a loro insaputa, azioni S18a. ed incassare così personalmente le retrocessioni. Gli estremi del reato sarebbero dati anche se si volessero seguire le dichiarazioni di A. (ciò che non è comunque il caso), secondo cui la firma dei clienti sarebbe stata da lui falsificata per praticità e al fine di velocizzare l'acquisto di titoli S18a. Secondo giurisprudenza infatti, vi è falsità in documenti allorquando l'autore falsifica un documento allo scopo di ottenere un risparmio di costi e di tempo (v. DTF 137 IV 167 consid. 2.4; DTF 128 IV 265 consid. 2.1; sentenza dell'Appellationsgericht del Cantone di Basilea Città del 7 febbraio 1990 consid. 2b, in BJM 1992 pag. 326 e segg.: quest'ultimo caso concerneva la falsificazione di firme su delle richieste di credito, al fine di accelerare l'erogazione dello stesso).
Visto quanto precede, A. viene riconosciuto autore colpevole del reato di falsità in documenti, come ai capi d'accusa n. 1.1.3.4.9, 1.1.3.4.10, 1.1.3.4.11, 1.1.3.4.12, 1.1.3.4.15 e 1.1.3.4.16.
5.2.5 Per quanto concerne all'episodio di cui al capo d'accusa 1.1.3.4.7, A. ha contestato di avere abusato della firma autentica del cliente: egli, a suo dire, avrebbe discusso l'investimento con K. e avrebbe trasmesso a quest'ultimo in Messico, via DHL, l'ordine precompilato per la firma, ordine che il cliente avrebbe poi firmato (v. verbale di A. del 9 giugno 2017 cl. SK 13.2.1255-56 e verbale 21 gennaio 2020 cl. SK 13.2.2224-2225).
Come detto, K., ha dichiarato di avere dato ad A. l'ordine di acquistare 220'000 azioni S18a. a USD 1.76 (v. verbale d'interrogatorio di K. del 28 agosto 2013, act. MPC 12.24.6). Sulle modalità di acquisto delle azioni S18a., il cliente non si è espresso. Il denunciante, ha tuttavia dichiarato in maniera generale di non avere mai firmato degli ordini di trasferimento in bianco ad A. o altri (v. verbale d'interrogatorio di K. del 28 agosto 2013, act. MPC 12.24.4).
Agli atti risulta effettivamente un acquisto di 220'000 titoli S18a., mediante bonifico di EUR 388'000-- datato 14 marzo 2012 (act. MPC 5.6.296, v. supra consid. III. 3.6.2).
Dal rapporto di analisi comparativa di firme manoscritte della PGF del 22 settembre 2014, risulta che la firma di K. apposta sulla lettera “Ordine di bonifico” del 14 marzo 2012 è autentica (act. MPC 17.1.58-65).
Alla luce di quanto precede non vi sono agli atti sufficienti elementi per ritenere che A. abbia formato e fatto uso di un falso ordine di bonifico, abusando della firma autentica di K. È vero che K. ha dichiarato di non avere sottoscritto in bianco ordini di trasferimento di denaro e nulla ha riferito circa le circostanze con cui ha ordinato l'acquisto delle azioni S18a. Tuttavia, non appare arbitrario ritenere che se avesse ritenuto un abuso della sua firma lo avrebbe indicato. Questo non risulta dagli atti.
A sostegno della bontà della firma apposta sull'ordine di bonifico 14 marzo 2012 e dell'assenza di un suo abuso da parte di A., sia che K. ha acconsentito all'acquisto dei titoli S18a. mediante l'ordine di bonifico incriminato di cui al capo 1.1.3.4.7.
Ne consegue che non si è di fronte ad una falsità in documenti e A. va prosciolto dall' imputazione di cui al capo d'accusa 1.1.3.4.7.
5.3 Ad A. viene inoltre rimproverato di avere formato e fatto uso di falsi ordini di bonifico, falsificando la firma dei titolari di “R17.” (K.), “R17a.” (K., rispettivamente di O., procuratrice del conto) e “R31.” (D.), al fine di perfezionare l'inganno astuto di cui alle imputazioni di truffa (capi d'accusa n. 1.1.2.1, 1.1.2.2 e 1.1.2.4), trattate al considerando IV. supra.
Si tratta dei falsi ordini, concernenti i bonifici a favore dei conti intestati alla Società 20, già elencati al considerando IV. 3, 4 e 5 supra, e meglio:
- bonifici in danno della relazione “R17.”: capi d'accusa n. 1.1.3.4.13 (in relazione con il capo d'accusa n. 1.1.2.1.2 per la truffa), 1.1.3.4.14 (in relazione con il capo d'accusa n. 1.1.2.1.3 per la truffa), 1.1.3.4.18 (in relazione con il capo d'accusa n. 1.1.2.1.4 per la truffa) e 1.1.3.4.19 (in relazione con il capo d'accusa n. 1.1.2.1.5 per la truffa) - vedi supra consid IV. 3.2;
- bonifici in danno della relazione “R17a.”: capi d'accusa n. 1.1.3.4.4 (in relazione con il capo d'accusa n. 1.1.2.2.1 per la truffa), 1.1.3.4.8 (in relazione con il capo d'accusa n. 1.1.2.2.2 per la truffa) - vedi supra consid IV. 4;
- bonifici in danno della relazione “R31.”: capi d'accusa n. 1.1.3.4.5 (in relazione con il capo d'accusa n. 1.1.2.4.1 per la truffa), 1.1.3.4.6 (in relazione con il capo d'accusa n. 1.1.2.4.2 per la truffa), 1.1.3.4.17 (in relazione con il capo d'accusa n. 1.1.2.4.4 per la truffa) - vedi supra consid IV. 5.
5.3.1 Gli ordini di bonifico di cui sopra sono pacificamente dei documenti ai sensi dell'art. 110 n. 4 CP. In concreto A. ha ammesso di avere falsificato in complessive nove occasioni le firme di K., della di lui moglie e di D. A. ha agito consapevolmente, il reato risulta quindi adempiuto.
Visto quanto precede, A. viene riconosciuto autore colpevole del reato di falsità in documenti, come ai capi d'accusa n. 1.1.3.4.4, 1.1.3.4.5, 1.1.3.4.6, 1.1.3.4.8, 1.1.3.4.13, 1.1.3.4.14, 1.1.3.4.17, 1.1.3.4.18 e 1.1.3.4.19.
5.3.2 Ad A. e a B. viene, inoltre, contestato di avere, in correità tra di loro, il 23 dicembre 2010, formato e fatto uso di una falsa conferma di un ordine telefonico di bonifico di EUR 10'000.-- a debito della relazione “R17.” e a favore della relazione R44. intestata a Società 5 presso Banca 9 (capi d'accusa n. 1.1.3.4.1 e 1.2.3.1.5 [in relazione con i capi d'accusa n. 1.1.2.1.1 e 1.2.2.2 per la truffa]) - vedi supra consid. IV. 3.1.
L'ordine del 23 dicembre 2010 (act. MPC 5.6.292) è pure, per la Corte, un documento, contenutisticamente falso. A mente dello scrivente Collegio, la conferma dell'ordine di bonifico telefonico, emanata dal gestore patrimoniale esterno e destinata ai funzionari di Banca 2, riveste una forza probatoria accresciuta, vista l'esistenza di un contratto di gestione patrimoniale e l'assenza di verifica dell'ordine da parte dei funzionari di Banca 2, che non avevano un contatto diretto con i clienti di A., rispettivamente che non avevano motivo di dubitare dell'operato di quest'ultimo (v. supra consid. IV. 1.4).
A. e B. affermano che tale ordine proverrebbe dal cliente. K., per contro, non riconosce di averlo impartito (v. supra consid IV. 3.6). A detta di A. questo ordine si sarebbe reso necessario in quanto in precedenza K. aveva richiesto telefonicamente a lui di fargli pervenire tale importo di denaro e lo stesso non sarebbe stato disponibile sul suo conto. In un primo momento B. ha asserito di non ricordare questa circostanza, successivamente, si è allineato a quanto affermato da A. (v. supra consid. IV. 3.4 e 3.5). K. è sempre stato lineare e le sue dichiarazioni hanno ritrovato riscontri oggettivi, come la perizia che ha stabilito la falsità delle sue firme e quelle della di lui moglie su altri ordini di bonifico (v. supra consid. IV. 3.7 e 4.4), nonché il divieto di investire in prodotti derivati per il conto “R17a.” (v. supra consid. III. 2.5.9). Questa Corte ritiene K. credibile. Non solo: A. ha dichiarato che in talune circostanze Banca 2 permetteva al cliente (in concreto il titolare di “R17.”) di andare in rosso (v. supra consid. IV. 3.4). Non è quindi verosimile che A. anticipasse dei soldi tramite B., quando, la logica avrebbe voluto che, semmai, fosse la Banca a farlo.
Ne consegue che questa Corte si è convinta essere di fronte, anche in questo caso, ad un falso documentale.
A. e B. hanno agito consapevolmente, il reato risulta quindi adempiuto anche soggettivamente.
La difesa di B. (v. arringa della difesa di B., act. SK 306.721.378 e seg.) sostiene che B. debba essere prosciolto da questa imputazione, non avendo egli compilato l'ordine telefonico e, parimenti, debba essere prosciolto dall'imputazione di truffa, in quanto ignaro dell'intenzione di A. di appropriarsi del denaro del titolare di “R17.”. Questa Corte, come visto, ha ritenuto correi del reato patrimoniale A. e B. (v. supra consid. IV. 6.2.9), di conseguenza, essendo il disegno di delinquere comune, B. è correo di A. anche nel reato documentale, indipendentemente da chi abbia inviato tale ordine.
Ne consegue che A. e B. vengono riconosciuti autori colpevoli del reato di falsità in documenti, come ai capi d'accusa n. 1.1.3.4.1 e 1.2.3.1.5.
5.4 Ad A. e B. viene rimproverato, di avere in correità tra di loro formato e fatto uso, abusando della firma autentica dei clienti titolari della relazione “R21.”, dei falsi ordini di bonifico contenenti le disposizioni patrimoniali a favore di terzi, elencate al considerando IV. 7.1 supra (capi d'accusa n. 1.1.3.4.2 e 1.1.3.4.3 [in relazione con i capi d'accusa n. 1.1.2.3.1, 1.1.2.3.2, 1.1.2.3.3] - A. e capi d'accusa n. 1.2.3.1.6 e 1.2.3.1.7 [in relazione con i capi d'accusa n. 1.2.2.1.5, 1.2.2.1.6 e 1.2.2.1.7] - B.
Al solo B. (capi d'accusa da n. 1.2.3.1.1 a n. 1.2.3.1.4 e n. 1.2.3.1.8) viene inoltre imputato di avere formato e fatto uso, abusando della firma autentica dei clienti titolari della relazione “R21.”, di falsi ordini di bonifico contenenti le disposizioni patrimoniali a favore di terzi, al fine di perfezionare il reato di truffa a egli rimproverato ai capi d'accusa da n. 1.2.2.1.1 a n. 1.2.2.1.4 e n. 1.2.3.1.8 (v. supra consid. IV. 7.2).
5.4.1 Con riferimento alle imputazioni in capo a B. (da n. 1.2.3.1.1 a n. 1.2.3.1.4, n. 1.2.3.1.6, n. 1.2.3.1.7 e n. 1.2.3.1.8), si rileva come, dagli atti è emerso che quest'ultimo ha allestito dei falsi ordini di bonifico abusando della firma autentica dei titolari della relazione “R21.” (E.), che egli gestiva (v. supra consid. IV. 8-11). Gli accusatori privati E. hanno affermato di avere sottoscritto dei documenti in bianco su proposta di B. (e che hanno consegnato a quest'ultimo), affinché li compilasse e utilizzasse in caso di necessità. I clienti non hanno però riconosciuto di avere dato le istruzioni contenute negli ordini di bonifico oggetto delle imputazioni di falsità in documenti (v. supra consid. IV. 7.6). B., dal canto suo, ha indicato che i bonifici erano da ricondurre a delle operazioni di compensazione di denaro che egli aveva fatto pervenire a contanti in Italia agli E. su loro richiesta. Ha, quindi, contestato il reato di falsità in documenti (v. supra consid. IV. 7.5).
Come visto, dall'inchiesta non sono emersi elementi a sostegno della versione resa dall'imputato che, agli occhi della Corte, è, quindi, apparsa poco credibile. Non vi è, infatti, alcuna prova dell'avvenuta consegna in Italia di denaro agli E. e neppure vi è traccia, nell'incarto, della provenienza del denaro che l'imputato asserisce di avere personalmente consegnato ai clienti, compensati poi (a suo dire) con i bonifici oggetto degli ordini incriminati (v. supra consid. IV. 8.1).
Si ha che, vi sono sufficienti elementi per ritenere che B. abbia formato e fatto uso di falsi ordini di bonifico, mediante abuso della firma autentica dei clienti E., non essendoci agli atti elementi a comprova della sua versione dei fatti. Di transenna, giova qui ricordare che, il titolare di “R21.” è stato interrogato in contraddittorio (act. MPC 12.28.61 e segg.).
Sotto il profilo soggettivo, si rileva come B. abbia agito consapevolmente.
Ne consegue che essendo adempiuti gli estremi oggettivi e soggettivi del reato di falsità in documenti, B. va riconosciuto autore colpevole delle ipotesi di reato di cui ai capi d'accusa da n. 1.2.3.1.1 a n. 1.2.3.1.4, n. 1.2.3.1.6, n. 1.2.3.1.7 e n. 1.2.3.1.8.
5.4.2 In merito alla posizione di A., come risulta dagli atti, quest'ultimo non aveva alcun contatto con i titolari di “R21.”, la relazione era infatti gestita da B. (v. supra consid. IV. 8.2). Di conseguenza, non è provato che egli abbia avuto un ruolo nell'allestimento degli ordini di bonifico di cui ai capi d'accusa n. 1.1.3.4.2 e n. 1.1.3.4.3, firmati in bianco dai clienti E., abusando della loro firma autentica. Neppure è provato che A., apponendo la propria firma (insieme a quella di B.) sui citati ordini di bonifico, abbia agito nella consapevolezza che B. li avesse allestiti falsamente. Si rammenta che, con riferimento all'imputazione di truffa riguardante questa posizione, questo Collegio ha prosciolto A. (v. supra consid. IV. 8.2).
Ne deriva che A. va prosciolto dal reato di falsità in documenti per i capi d'accusa n. 1.1.3.4.2 e n. 1.1.3.4.3.
5.5 A B., al capo d'accusa 1.2.3.2, viene inoltre imputato di avere, in data 21 febbraio 2012, al fine di mascherare le malversazioni patrimoniali commesse di cui ai punti da n. 1.2.2.1.1 a n. 1.2.2.1.7, nonché rassicurare i clienti circa l'andamento positivo degli investimenti ed evitare così la richiesta di restituzione dei fondi, intenzionalmente fatto uso di un documento falso, che attestava contrariamente al vero, fatti di importanza giuridica, in particolare per avere, formato e fatto uso in occasione di una visita dei clienti E3., E1. e E2. di un'attestazione patrimoniale al 21 febbraio 2012 concernente la relazione “R21.” di cui essi sono titolari, accesa presso Banca 2, attestante una situazione patrimoniale non corrispondente a quella reale per celare le distrazioni patrimoniali commesse di cui ai punti da n. 1.2.2.1.1 a n. 1.2.2.1.7.
5.5.1 L'imputazione concerne l'attestazione patrimoniale di cui all'act. MPC 5.8.149, descritta al considerando IV. 8.1.4 supra. Si tratta di un resoconto concernente lo stato del patrimonio al 21 febbraio 2012 su carta intestata di Società 3, sul quale sono indicate le entrate sul conto “R21.” (complessivi EUR 1'023'064.69) e gli investimenti effettuati fino a quel momento (in particolare nel Fondo 2 e in prodotti strutturati Banca 1, per complessivi EUR 548'676.50). Risulta poi alla voce “cash c/o PE”, un importo di EUR 488'000.--. Il resoconto non mostra i bonifici in uscita dal conto che a quella data (21 febbraio 2012) ammontavano almeno a EUR 415'000.-- (v. capi d'imputazione da n. 1.2.2.1.1 a n. 1.2.2.1.7).
5.5.2 B., in occasione del verbale finale del 18 novembre 2019, ha dichiarato trattarsi di un documento che ricapitolava lo storico della relazione “R21.” dal 2009 al 2012. A suo dire tale documento conteneva gli investimenti in essere, mentre la voce “cash/PE” (EUR 488'000.--) si riferiva alle operazioni di espatrio (“PE” significava “espatrio”) a contanti fatti in favore dei clienti (act. MPC 13.5.412).
Al dibattimento, B. ha sostanzialmente confermato le sue dichiarazioni. Egli ha, in particolare, indicato trattarsi di un documento che gli E. gli avevano chiesto di redigere, in vista di una loro visita, al fine di avere una visione d'insieme della loro situazione dall'apertura della relazione (2009) fino a febbraio 2012 (verbale d'interrogatorio dibattimentale di B. del 14 gennaio 2022 act. SK 306.732.25). A detta dell'imputato, i clienti, dopo avere visto e fotografato il documento, lo avrebbero distrutto. La difesa di B. ha, inoltre, fatto rilevare che il totale del patrimonio esposto nel documento 21 febbraio 2012, pari a EUR 580'147.10 (e meglio, EUR 560'873.93 di titoli + EUR 14'273.17 di dividendi) corrispondeva all'importo riportato sullo scarico firmato dai clienti in medesima data (act. MPC 8.5.16.205). A tale importo di EUR 580'147.10 occorreva ancora aggiungere EUR 488'000.--, ossia il denaro in contanti consegnato ai E. in Italia (verbale d'interrogatorio dibattimentale di B. del 14 gennaio 2022 act. SK 306.732.26).
E1., interrogato in data 9 dicembre 2019 (act. MPC 12.28.71) ha dichiarato: “Io ricordo che su questo conto avevamo un totale che si aggirava tra EUR 1 milioni e 1.1 milioni, nel 2012. Da quello che B. ci spiegava l'indicazione “cash c/o PE” erano della disponibilità in conto corrente a nostro favore”.
Confrontato con le dichiarazioni di B., secondo cui la voce “cash c/o PE” si riferiva alle operazioni di espatrio, E1. ha riferito di sentire per la prima volta che la dicitura “PE” significava “per espatrio” (act. MPC 12.28.72). Si ricorda che E. è stato sentito in contraddittorio.
5.5.3 La Corte ritiene che le dichiarazioni di B. non sono credibili. Come detto, a quel momento i bonifici in uscita dal conto, che B. ha dichiarato essere compensazioni di denaro fatto pervenire ai clienti in Italia, ammontavano a EUR 416'000.-- (B. ha dichiarato che tale somma è quella che è stata consegnata a contanti agli E.), e non a EUR 488'000.-- come figura sul documento. Inoltre dall'esame dell'attestazione patrimoniale, l'importo di EUR 488'000.-- corrispondeva alla differenza tra le entrate (EUR 1'023'064.69) e le uscite riferite agli investimenti (EUR 548'676.50 a cui aggiungere EUR 14'273.17 di dividendi derivanti dal Fondo 2).
Il fatto che il benestare sottoscritto dagli accusatori privati E. il 21 febbraio 2012 riporti un patrimonio complessivo di EUR 580'147.10, che non contempla gli EUR 488'000.--, non comprova che tale somma (EUR 488'000.--) sia quanto è stato consegnato in Italia ai clienti. Il benestare riporta la situazione patrimoniale riferita solo agli investimenti (v. situazione patrimoniale allegata al benestare, act. MPC 8.5.16201-16205). B. ha allestito appositamente il resoconto 21 febbraio 2012, al fine di mostrare ai titolari del conto che questo comprendeva, oltre che agli averi investiti, anche della liquidità (che in realtà non c'era), che non figurava però sul benestare. In altre parole, B. ha creato il falso resoconto 21 febbraio 2012, per celare le malversazioni da egli commesse in danno dei clienti E. Va da sé che, nell'allestire il falso documento, l'imputato abbia fatto in modo di far “quadrare i conti”, e meglio, di far combaciare la cifra presente sul benestare (EUR 580'147.10), con il totale esposto nel resoconto (EUR 565'873.93 + EUR 14'273.17); diversamente, egli sarebbe stato scoperto.
Se, come sostiene l'imputato, l'ammontare di EUR 488'000.-- fosse realmente inerente al denaro consegnato in Italia ai clienti e, se il documento fosse stato distrutto dai clienti E. immediatamente dopo averlo visionato (come dichiarato in aula da B.), lo stesso avrebbe dovuto contenere in maniera più dettagliata le singole (asserite) consegne di denaro, come pure le operazioni di compensazione che B. ha dichirato avere effettuato, e non limitarsi ad indicare il totale.
Il Collegio giudicante si è quindi convinto del fatto che l'importo di EUR 488'000.-- non corrisponde all'espatrio di denaro ai clienti, ma ad una falsa indicazione di liquidità in conto che non era presente a quel momento. I bonifici a terzi oggetto delle ipotesi di truffa non sono quindi menzionati nel resoconto ed esso mostra un patrimonio di complessivi EUR 1'068147.10, che non corrisponde alla reale situazione.
La difesa ha sottolineato che questo rendiconto non costituirebbe un documento ai sensi dell'art. 251 CP; non essendo munito di firma, esso non sarebbe atto a provare e a dimostrare alcun fatto di portata giuridica (v. arringa della difesa di B. act. SK 306.721.381).
Dagli atti emerge che il gestore di riferimento all'interno della Società 2 SA per i clienti E. (“R21.”) era B. (act. MPC 08 05 16200). Come rettamente rilevato in replica dal MPC, B. nei confronti dei titolari di “R21.” era il gestore di riferimento, incaricato della gestione dei loro averi. Questo Collegio condivide quanto indicato dalla pubblica accusa secondo cui B. aveva una posizione di garante assimilabile a quella di cui si tratta nella sentenza DTF 120 IV 361 consid. 2c. Condivide, questa Corte, l'assunto della Procura secondo cui il rendiconto debba essere assimilato alla lettera contenente dati menzogneri sullo stato dei suoi conti oggetto della sentenza di cui sopra. Il rendiconto 21 febbraio 2012 riveste una forza probatoria accresciuta vista (come nella sentenza DTF 120 IV 361 consid. 2c) l'esistenza di un contratto di gestione patrimoniale e l'impossibilità di verifica dei conti da parte dei clienti. A ciò aggiungasi che i clienti hanno firmato il benestare proprio sula base di quanto hanno potuto prendere atto dal rendiconto 21 febbraio 2012: si ha che a questo rendiconto va riconosciuto un valore probatorio accresciuto avendo esso un carattere probante particolare.
Questa Corte ben comprende che per gli E. non sia stato motivo di sospetto il fatto che l'intestazione fosse sulla carta intestata di Società 3, che a quel momento aveva cambiato ragione sociale, giacché gli E. avevano firmato nel 2009 un contratto di gestione patrimoniale con Società 3.
Visto quanto precede, il rendiconto 21 febbraio 2012 costituisce un documento e, in concreto, un documento falso.
5.5.4 B. ha formato e fatto uso di questo documento, contenutisticamente falso, allo scopo di mostrare ai clienti una situazione patrimoniale che non era quella reale ed al fine di celare le malversazioni da egli commesse in danno dei titolari di “R21.”.
Egli va quindi riconosciuto autore colpevole del reato di falsità in documenti per il capo d'accusa n. 1.2.3.2.
6. Falsità in documenti concernenti la relazione “R24.” (capi d'accusa n. 1.1.3.5 e n. 1.3.1.1)
6.1 L'imputazione di falsità in documenti riferita alla relazione “R24.” concerne gli imputati A. (capi d'accusa da n. 1.1.3.5.1 a n. 1.1.3.5.11) e C. (capi d'accusa da n. 1.3.1.1.1 a n. 1.3.1.1.11), i quali avrebbero agito in correità.
Ad A. e a C. viene imputato di avere, nel periodo tra novembre 2010 e marzo 2012, allo scopo di procacciare a sé e al correo un indebito profitto, nell'ambito della gestione patrimoniale della relazione “R24.” (presso Società 3, poi divenuta Società 2 SA), al fine di mascherare le malversazioni oggetto di un procedimento penale condotto dalla Procura della repubblica presso il Tribunale di Napoli (N. 15192/13 R.G.N.R; N. 17562/13 R. Gip) sfociato nella sentenza di condanna in primo grado emessa dal Tribunale di I-Napoli in data 18 dicembre 2019 nei loro confronti e di altri, per titolo di truffa ex art. 640 CP-I, commesso dei falsi documentali.
6.1.1 In specie A. è accusato di avere intenzionalmente formato dei documenti che attestavano, contrariamente alla verità, fatti di importanza giuridica sui quali erano state apposte le firme falsificate di F. e, per un episodio, di CCCC. (titolare rispettivamente procuratore della relazione n. “R24.”, accesa presso Banca 2), documenti che gli aveva fatto pervenire C. dall'Italia. Secondo l'accusa A. avrebbe inserito in tali documenti falsi, le istruzioni di trasferimento di denaro concordate con C. e non corrispondenti alla volontà di F. e CCCC. Egli avrebbe inoltre intenzionalmente fatto uso a scopo d'inganno dei predetti documenti falsi trasmettendoli a Banca 2 a Z. per far eseguire gli ordini di trasferimento di denaro ivi contenuti, transazioni bancarie che Banca 2, ricevuti gli ordini, ha eseguito a debito della relazione “R24.”.
6.1.2 A C. viene invece rimproverato di avere fatto uso dei documenti falsi sui quali erano state apposte in Italia le firme falsificate di F. e per un episodio relativo a CCCC. C. avrebbe fatto pervenire ad A. documenti falsi che A., in accordo con lui (C.), avrebbe compilato inserendo istruzioni di trasferimento di denaro che non corrispondevano alla volontà di F. e CCCC., e che, in seguito, A., in accordo con lui, avrebbe trasmesso a Banca 2 a Z. per far eseguire gli ordini di trasferimento di denaro ivi contenuti, transazioni bancarie che Banca 2, ricevuti gli ordini, avrebbe eseguito a debito della relazione “R24.”.
6.2 L'imputazione si riferisce a 11 documenti contenenti, secondo l'accusa, falsi ordini di bonifico a debito della relazione “R24.” e a favore di conti intestati a Società 28 SA o a Società 20, società attive nel trasporto di valuta contante all'estero contro pagamento di una commissione, di cui HHHH. era direttore. In particolare quest'ultimo era presidente e direttore di Società 28 SA, società che poi ha lasciato per avviare, a far tempo dal 2011, un'attività in proprio presso la Società 20 (v. interrogatorio di HHHH. 8 maggio 2013, act. MPC 12.6.3).
6.2.1 Ordini di bonifico (denominati ordine di pagamento) a favore di Società 28 SA:
- 18 novembre 2010, EUR 380'000.-- (act. MPC 8.6.1936) - capi d'accusa n. 1.1.3.5.1 e 1.3.1.1.1;
- 1 dicembre 2010, EUR 525'000.-- (act. MPC 8.6.1937) - capi d'accusa n. 1.1.3.5.2 e 1.3.1.1.2;
- 16 dicembre 2010, EUR 471'000.-- (act. MPC 8.6.1935) - capi d'accusa n. 1.1.3.5.3 e 1.3.1.1.3;
- 2 marzo 2011, EUR 190'000.-- (act. MPC 8.6.1942) - capi d'accusa n. 1.1.3.5.4 e 1.3.1.1.4;
- 14 aprile 2011, EUR 88'000.-- (act. MPC 8.6.1947) - capi d'accusa n. 1.1.3.5.5 e 1.3.1.1.5;
- 12 maggio 2011, EUR 393'000.-- (act. MPC 8.6.1946) - capi d'accusa n. 1.1.3.5.6 e 1.3.1.1.6.
6.2.2 Ordini di bonifico (denominati ordine di pagamento) a favore di Società 20:
- 19 luglio 2011, EUR 220'000.-- (act. MPC 8.6.1945) - capi d'accusa n. 1.1.3.5.7 e 1.3.1.1.7;
- 26 luglio 2011, EUR 230'000.-- (act. MPC 8.6.1944) - capi d'accusa n. 1.1.3.5.8 e 1.3.1.1.8;
- 31 ottobre/1 novembre 2011, EUR 250'000.-- (act. MPC 8.6.1933) - capi d'accusa n. 1.1.3.5.9 e 1.3.1.1.9;
- 4 novembre 2011, EUR 99'500.-- (act. MPC 8.6.1948) - capi d'accusa n. 1.1.3.5.10 e 1.3.1.1.10;
- 5 marzo 2012, EUR 34'000.-- (act. MPC 8.6.1940) - capi d'accusa 1.1.3.5.11 e 1.3.1.1.11.
6.2.3 HHHH., nel suo interrogatorio dell'8 maggio 2013 ha dichiarato di avere iniziato ad operare con A., quando ancora era alle dipendenze di Società 28 SA. A., a detta di HHHH., aveva un'importante attività con della clientela italiana e necessitava di un supporto per il trasporto di denaro. Società 28 SA si sarebbe occupata di trasferimenti di fondi dall'estero verso la Svizzera (e viceversa), mediante le cosiddette operazioni di “spallonaggio” (v. verbale HHHH. 8 maggio 2013, act. MPC 12.6.6). In caso di fondi che dalla Svizzera dovevano rientrare in Italia, HHHH. ha riferito che A. di regola effettuava, attraverso Banca 2, un bonifico a favore del conto intestato a Società 28 SA presso Banca 13 o Banca 25. Il fattorino della Società 28 SA prelevava la somma dal conto bancario e la portava negli uffici della società. Successivamente il denaro veniva trasportato in Italia attraverso gli “spalloni” che operavano per Società 28 SA (v. verbale HHHH. 8 maggio 2013, act. MPC 12.6.7).
Società 20 si sarebbe occupata di ricevere bonifici di denaro dall'interno o dall'estero su un proprio conto bancario (la società disponeva dapprima di un conto in Banca 13, in seguito presso Banca 14 e infine presso Banca 15). Gli importi di denaro sarebbero stati poi prelevati a contanti da HHHH. personalmente (o da suoi collaboratori) e consegnati ai beneficiari presso gli uffici della società, dietro sottoscrizione di una ricevuta. HHHH. ha riferito che, per tali prestazioni la società tratteneva l'1% di commissione al momento del prelevamento a contanti (v. verbale di HHHH. dell'8 maggio 2013, act. MPC 12.6.4 e v. supra consid. III. 3.8).
6.3 La titolare del conto “R24.”, F., risulta avere sottoscritto
sia il mandato di gestione patrimoniale con delega a professionisti esterni di Banca 2 (act. MPC 8.5.512-513),
sia il mandato di gestione patrimoniale con Società 3, poi divenuta Società 2 SA (act. MPC 8.5.518-522).
La signora F. (titolare della relazione) e il di lei marito †CCCC. (procuratore sulla relazione, nel frattempo deceduto), con scritto del 25 maggio 2015 si sono costituiti accusatori privati nell'ambito del procedimento penale aperto in Svizzera nei confronti di A. e C. (act. MPC 5.9.1-5). I coniugi si ritenevano infatti vittime del reato di truffa, riferito a bonifici a debito della relazione “R24.”, che non riconoscevano.
Si rileva al riguardo come inizialmente il procedimento penale in Svizzera a carico di A. e C. concerneva pure reati di natura patrimoniale commessi in danno della relazione “R24.”. Queste ipotesi di reato sono state oggetto di decreti di abbandono (di data 8 febbraio 2018 [A., act. MPC 3.1.87-93] e 22 maggio 2018 [C., act. MPC 3.1.163-173]) emanati nei confronti dei due imputati (v. supra Fatti, H.) da parte del MPC, in quanto le fattispecie relative alle malversazioni commesse in danno della relazione “R24.” erano già oggetto di un procedimento in Italia, a quel momento in fase dibattimentale dinanzi al Tribunale di Napoli IV sezione penale.
A. e C. sono stati condannati in primo grado in Italia, con sentenza 18 dicembre 2020 del Tribunale di Napoli - 4 Sezione Penale (act. MPC 18.1.2922 e segg.), per il reato di truffa commessa, tra gli altri in danno dei titolari della relazione “R24.”.
In particolare, A. e C. sono stati riconosciuti autori colpevoli di avere, tra il 2010 e il 2011, indotto CCCC., con artifici e raggiri, a trasferire oltre EUR 3 milioni su un conto intestato a Banca 2 a nome della moglie F., dietro promessa di poter conseguire degli elevati interessi. Una volta inviate le somme in Svizzera, A. e C., avvalendosi di ordini di pagamento firmati in bianco da F., se ne sono impossessati all'insaputa della titolare del conto (act. MPC 18.1.2943-2944). Si osserva che, come emerso al dibattimento, al momento la procedura è pendente presso la Corte d'Appello competente (act. SK 306.731.7 e seg.).
6.4 A., nel suo interrogatorio 6 giugno 2017, ha dichiarato di conoscere CCCC. da molti anni. Il cliente gli sarebbe stato presentato da C. nel 1995, quando A. lavorava presso Banca 26, e gli avrebbe portato un patrimonio da gestire di circa 400 milioni di Lire italiane. Quando A. passò a Banca 10, dopo qualche tempo, CCCC. si sarebbe rivolto a lui trasferendo il patrimonio da Banca 26 a Banca 10 (v. verbale di A. 9 giugno 2017, act. MPC 13.2.1269). In merito alla relazione “R24.”, A. ha riferito che CCCC., amico fraterno di C., lo aveva sollecitato ad aprire questa relazione, in quanto aveva della liquidità da investire.
Circa i bonifici dal conto “R24.” a favore di Società 28 SA, A. ha riferito che di regola riceveva una chiamata da C., a volte anche alla presenza di CCCC. (che si ricorda essere il procuratore del conto), il quale gli comunicava l'esigenza di movimentare gli averi sul conto. A. riceveva poi, attraverso DHL, gli ordini di bonifico in originale, che verificava dal profilo delle firme e li inviava a Banca 2 affinché venissero eseguiti.
A. ha pure dichiarato di non avere mai contattato direttamente il cliente per chiedere conferma degli ordini di bonifico che riceveva in originale, in quanto non lo riteneva necessario. A suo dire era infatti sufficiente la comunicazione telefonica di C. dato che tra quest'ultimo e CCCC. vi era un rapporto molto stretto. A., questionato al riguardo, ha indicato di non avere neppure mai contattato la titolare del conto, F., per chiedere conferma degli ordini, dato che CCCC. aveva procura sul conto (v. verbale di A. 9 giugno 2017, act. MPC 13.2.1272). Sul retroscena economico dei bonifici, A. ha affermato di essere a conoscenza (poiché riferitogli da C.) che tra CCCC. e C. vi erano dei rapporti di dare-avere e che questo denaro sarebbe stato corrisposto a C. a titolo di prestito (v. verbale di A. 9 giugno 2017, act. MPC 13.2.1272). Sempre in medesimo verbale, A. ha riferito che era lui a dare le istruzioni a Società 28 SA in merito alle modalità d'impiego del denaro bonificatole, dopo avere ricevuto istruzioni da C. Era quest'ultimo ad indicare ad A. il destino da dare alle somme di denaro.
In sede di verbale 20 luglio 2018 A. ha dichiarato di avere ricevuto da C., via DHL, gli ordini di bonifico in bianco con la firma della cliente F. o del procuratore (CCCC.), che provvedeva poi a compilare in base alle istruzioni che lo stesso C. gli forniva (v. verbale A. del 20 luglio 2018, act. MPC 13.2.1792). Egli ha pure asserito di avere utilizzato questi ordini inviandoli a Banca 2 per esecuzione, in quanto si sarebbe fidato di C. e non credeva che non fossero corrispondenti alla volontà dei clienti (act. MPC 13.2.1797). In merito all'utilizzo di società di “spallonaggio” (Società 28 SA prima e Società 20 dopo) A. ha dichiarato essere stato C. ad avergli indicato tale modalità di trasporto in Italia. Egli ha inoltre riferito che, dato lo stretto legame tra CCCC. e C., non riteneva necessario effettuare delle verifiche presso la titolare della relazione F. o il procuratore sugli ordini, nonostante gli stessi provenivano da C. che non aveva procura sul conto (v. verbale A. del 20 luglio 2018, act. MPC 13.2.1793).
Sul destino dato ai bonifici di denaro, A. ha indicato che quando il denaro doveva essere consegnato in Italia, dava istruzioni alla società di “spallonaggio” di portarlo in Italia a C. (è il caso segnatamente dei bonifici di EUR 250'000.-- del 31 ottobre 2011, di EUR 99'500.-- del 4 novembre 2011 e di EUR 34'000.-- del 5 marzo 2012). Quando vi erano invece delle sponsorizzazioni a favore del Fondo 1, A. ritirava il denaro in contanti da HHHH. (v. verbale A. del 20 luglio 2018, act. MPC 13.2.1797-1798). Egli agiva però sempre su istruzioni di C.
Ne consegue che sulla base di tali affermazioni il denaro è stato consegnato a C. oppure ad A. (che, a suo dire, agiva su istruzioni di C.).
In aula, A. ha confermato le sue dichiarazioni. Egli ha ribadito di avere fatto uso dei documenti, ma di non essere stato consapevole del fatto che gli stessi fossero falsificati. L'imputato ha nuovamente indicato di avere agito su istruzioni di C. e di non avere effettuato delle verifiche presso la titolare della relazione F., in quanto il di lei marito CCCC. era sempre con C. quando quest'ultimo chiamava A. C., per A., era la persona di riferimento di CCCC.; i due erano molto amici. Inoltre, stando ad A., in un paio di occasioni, CCCC. gli avrebbe detto personalmente di necessitare di liquidità (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale di A. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.731.47).
6.5 C., nel verbale d'interrogatorio presso il Tribunale di Napoli del 7 giugno 2013, ha dichiarato di avere creato in Italia un “buco” di circa EUR 10 milioni nel contesto di investimenti da lui effettuati per dei suoi clienti quale promotore della Società 29. Egli ha affermato di avere fatto recuperare le perdite subite ai clienti danneggiati, attraverso somme di denaro che avrebbe recuperato dal Fondo 1 e da altri clienti, tra i quali vi era CCCC. Stando alle dichirazioni di C., su sua proposta, questi clienti, ignari di tutto, gli avrebbero consegnato del denaro, per essere investito in Banca 2 (act. MPC 13.3.68).
C. ha riferito che, il denaro depositato in Banca 2 dai clienti come CCCC., veniva poi da egli recuperato mediante disposizioni fatte sottoscrivere al cliente, indicandogli, contrariamente al vero, che si trattava di moduli finalizzati ad ulteriori investimenti. Il denaro veniva quindi bonificato a favore della Società 28 SA e, attraverso degli spalloni, recapitato negli uffici di C. o della Società 30, società che l'imputato deteneva con il figlio (act. MPC 13.3.68).
Nel verbale di udienza presso il Tribunale di Napoli del 19 gennaio 2016, C. ha dichiarato di avere presentato CCCC. ad A. nel 1995, quando quest'ultimo era alle dipendenze di Banca 26, poiché CCCC. desiderava aprire un conto in Svizzera. In seguito, nel 2010 C. avrebbe incontrato nuovamente CCCC. il quale avrebbe poi aperto un conto presso Banca 2 (di cui la moglie F. era ADE), con la quale A. collaborava, e su cui ha versato circa EUR 3 milioni (v. verbale di C. 19 gennaio 2016, act. MPC 13.3.667-668, 672 e 688-689). Di tale somma, C. ha poi riferito di avere fatto avere a CCCC. circa EUR 950'000.-- (EUR 750'000.-- mediante varie consegne a contanti e EUR 200'000.-- mediante due bonifici su un conto presso Banca 27). L'imputato ha ammesso di avere utilizzato parte degli EUR 3 milioni, circa EUR 200'000.--/300'000.--, per regolare problematiche con altri clienti. Gli averi sul conto “R24.”, a detta di C., li aveva utilizzati (in parte) A. per propri interessi personali (act. MPC 13.3.673-674). C. ha inoltre ammesso di avere falsificato, con l'aiuto di FFFFF. (quest'ultimo soggetto imputato/correo in Italia), posizioni titoli che riguardavano la relazione “R24.”, al fine di celare le indebite sottrazioni (act. MPC 13.3.677-678).
In medesimo verbale, C. ha riferito di avere trasmesso, tramite DHL, documenti firmati in bianco da F. e CCCC., al fine di effettuare dei prelievi (a favore dei titolari della relazione), in caso di necessità (act. MPC 13.3.673-676). Sulle modalità del rientro in Italia dei fondi sulla relazione “R24.”, C. ha indicato che mandava i documenti firmati in bianco dai clienti ad A., che li riempiva e li trasmetteva a Banca 2 al fine di ottenere il denaro. Il denaro veniva poi consegnato in Italia in un determinato luogo che poteva essere anche l'ufficio di C. Quest'ultimo non era però a conoscenza del fatto che il rientro di fondi in Italia avveniva tramite la Società 28 SA (act. MPC 13.3.694-696).
In sede di confronto con A. del 20 luglio 2018, C., con riferimento all'invio degli ordini di bonifico tramite DHL, ha ribadito di avere inviato ad A., via DHL, fogli firmati in bianco da F., non compilati, come richiestogli da CCCC. Ha pure precisato che, altre volte era direttamente CCCC. ad inviare ad A. fogli sottoscritti in bianco da F. In due o tre occasioni, inoltre, CCCC. si sarebbe recato a X. da A. (accompagnato da C.), lasciando ad A. i fogli firmati in bianco. Questi documenti in bianco, a detta di C., sarebbero serviti in caso di necessità, per effettuare i prelievi. Era usuale (v. verbale di confronto A.-C. 20 luglio 2018, act. MPC 13.11.6). Egli ha anche dichiarato di essere unicamente un passacarte e ha negato di avere ricevuto da A. denaro in contanti proveniente dalla relazione “R24.” (act. MPC 13.11.9), dichiarazione quest'ultima, in contrasto con quanto precedentemente affermato il 19 gennaio 2016 dinanzi alle autorità italiane.
6.6 F., interrogata in via rogatoriale in 13 maggio 2015 (act. MPC 12.42.2 e segg.), non ha saputo riferire nulla circa la gestione del conto “R24.” di cui risultava l'ADE, indicando che il denaro era del marito, di cui si fidava ciecamente.
6.6.1 CCCC., interrogato in Italia (v. verbale di udienza dell'11 marzo 2015, act. MPC 12.38.1 e segg.) alla presenza dei difensori di A. e C., ha dichiarato di conoscere C. da oltre 20 anni. Quest'ultimo, nel 2010, gli avrebbe proposto di aprire un conto in Svizzera al fine di effettuare dei buoni investimenti (v. act. MPC 12.38.23-24).
Sulla relazione “R24.”, aperta presso Banca 2, CCCC. ha riferito di avere versato EUR 3 milioni. Egli si sarebbe recato in Svizzera una sola volta con C. (act. MPC 12.38.31-32 e 38-39).
Interrogato in data 13 maggio 2015, in via rogatoriale (act. MPC 12.38.93-182), CCCC. ha confermato che la relazione era riconducibile alla moglie (F.), ma il denaro ivi depositato era suo. Egli ha riferito che unico suo referente per la gestione “R24.” è sempre stato C., che faceva da tramite con A. CCCC. ha altresì riferito che né lui né la moglie avrebbero firmato documenti in bianco (act. MPC 12.38.138-141) contestando di avere ordinato dei pagamenti a favore di Società 28 SA o di Società 20 (società che neppure aveva mai sentito nominare). Esaminando gli ordini di bonifico, CCCC. ha dichiarato di non riconoscere la sua firma apposta sull'ordine di bonifico del 15 dicembre 2010 e neppure quella della moglie apposta sugli altri ordini di bonifico (act. MPC 12.38.156-162).
6.7 Nel rapporto di analisi del 27 aprile 2018 della PGF, inerente alla relazione “R24.” (act. MPC 10.2.1327 e segg.) è stato esaminato il destino finale dato agli importi di denaro bonificati inizialmente sui conti di Società 28 SA e Società 20. La PGF si è fondata anche sulle dichiarazioni di A.
6.7.1 In particolare viene indicato che gli importi confluiti su relazioni intestate a Società 28 SA, sono stati (capi d'accusa da 1.1.3.5.1 a 1.1.3.5.6 e da 1.3.1.1.1 a 1.3.1.1.6):
- in parte bonificati sul conto intestato al Fondo 1 presso Banca 2 e da lì poi bonificati su un conto sempre intestato al Fondo 1 in Italia;
- in parte consegnati ad A. e/o trasportati in Italia dagli “spalloni” della Società 28 SA per essere consegnati a C. presso i suoi uffici a UU. (v. act. MPC 10.2.1333-37, con riferimenti).
Gli importi giunti sulle relazioni intestate a Società 20 (capi d'accusa da 1.1.3.5.7 a 1.1.3.5.11 e da 1.3.1.1.7 a 1.3.1.1.11), sono stati consegnati ad A. e/o trasportati in Italia dagli “spalloni” della Società 20 per essere consegnati a C. presso i suoi uffici a UU. (v. act. MPC 10.2.1338, con riferimenti).
6.7.2 In occasione delle perquisizioni effettuate presso gli uffici di Società 2 SA e Banca 2, sono state ritrovate unicamente copie degli ordini di bonifico e non degli originali. Non è quindi stato possibile effettuare una perizia calligrafica (v. rapporto di analisi 27 aprile 2018 della PGF act. MPC 102.1332). La PGF nel rapporto di analisi rileva inoltre che presso Società 2 SA è stata ritrovata una copia del primo ordine di bonifico di EUR 380'000. -- del 16/18 novembre 2010 a favore di Società 28 SA, su cui risulterebbe la firma di F. ricalcata (act. MPC 10.2.1332)
6.7.3 F. ha sottoscritto un mandato di gestione patrimoniale con Società 3. Pertanto il patrimonio di complessivi di EUR 3 milioni confluito su “R24.” era destinato ad essere investito, come dichiarato anche da CCCC. Agli atti, tra la documentazione di Banca 2 vi è infatti un contratto base per investimenti fiduciari, sottoscritto dalla cliente (act. MPC 8.5.516).
Analizzando il documento di Banca 2 denominato “Rischio e profilo del cliente”, compilato e sottoscritto da A. quale incaricato della banca (act. MPC 8.5.525), risulta che i fondi che sarebbero confluiti sulla relazione “R24.”, erano dei risparmi depositati presso Banca 28, UU. EUR 1 milione sarebbe stato subito trasferito (ciò che è avvenuto in data 9 novembre 2010). La cliente si aspettava di raggiungere un target di EUR 2.5 milioni nel giro di sei mesi. Ad ogni modo il profilo di investimento del cliente indicava una discreta sopportazione e propensione del rischio e prevedeva un orizzonte temporale di 2-3 anni (act. MPC 8.5.523).
6.7.4 Dalla tabella riassuntiva riguardante i flussi finanziari della relazione “R24.”, contenuta a pagina 14 del rapporto di analisi 27 aprile 2018 della PGF (act. MPC 10.2.1340), si evince che il conto è stato alimentato, tra il 10 novembre 2010 e il 4 ottobre 2011, mediante 5 bonifici da un conto di F. presso Banca 29 per complessivi EUR 3'045'000.--. Risultano poi delle uscite a favore di Società 28 SA e Società 20 per complessivi EUR 2'047'000. -- tra il 18 novembre 2010 e il 5 marzo 2012. La PGF, nel suo rapporto ha rilevato come ogni accredito di denaro proveniente dal conto presso Banca 29 di F. era seguito dai bonifici (nel giro di pochi giorni/settimane) a Società 28 SA e Società 20.
Dopo il primo accredito di EUR un milione, del 10 novembre 2010, risultano due addebiti a favore di Società 28, rispettivamente di EUR 380'000.--, valuta 22 novembre 2010 e di EUR 525'000.--, valuta 2 dicembre 2010. Dopo il secondo accredito di EUR 700'000.-- del 13 dicembre 2012, risultano tre bonifici a Società 28 di EUR 471'000.--, valuta 17 dicembre 2010, EUR 190'000.--, valuta 3 marzo 2011 e EUR 88'000.--, valuta 15 aprile 2011. E così di seguito (v. tabella act. MPC 10.2.1340).
Gli investimenti effettuati sulla relazione si limitano a quelli in prodotti strutturati Banca 1, peraltro eseguiti contra mandato, per complessivi EUR 569'916.--; investimenti che hanno cagionato una perdita di EUR 62'970.27 (act. SK 306.262.1.65). Risulta poi essere stato effettuato pure un investimento nel Fondo 2, totalmente andato in perdita, per complessivi EUR 94'176.47 (v. act. MPC 10.2.1340-1341).
La maggior parte del patrimonio depositato su “R24.” non è stato quindi oggetto di investimenti, come auspicato dalla cliente che ha sottoscritto un contratto di gestione patrimoniale, ma di bonifici (e successive consegne in Italia) verso una società che si occupava di “spallonaggio”, immediatamente dopo l'arrivo dei fondi di denaro in Svizzera.
6.8 Alla luce di quanto precede, agli atti vi sono sufficienti elementi per ritenere che A. e C. abbiano fatto uso a scopo d'inganno di falsi ordini di bonifico, al fine di compiere distrazioni patrimoniali in danno della relazione “R24.”.
Da un lato, CCCC. ha contestato di avere firmato i documenti e di avere ordinato bonifici a favore di Società 28 SA e Società 20. D'altro lato, quanto emerge dagli atti, non depone a favore delle versioni rese dai due imputati.
In particolare, le dichiarazioni di C. (che, inizialmente aveva ammesso di avere fatto rientrare i fondi di F./CCCC. per coprire un buco milionario da egli creato a suoi clienti, v supra consid. V. 6.5), secondo cui i fondi sarebbero, almeno in parte, stati fatti rientrare in Italia al cliente, sono prive di ogni logica. Non aveva infatti alcun senso per CCCC. e F. far rientrare dei fondi che erano dichiarati in Italia, per il tramite di società di “spallonaggio” (pagando pure una commissione), allorquando avrebbero potuto essere ordinati dei semplici bonifici a favore di un loro conto in Italia (dal momento che i fondi erano appunto dichiarati al fisco). Inoltre non si comprende per quali ragioni CCCC. avrebbe dovuto alimentare un conto in Svizzera mediante trasferimenti di denaro proveniente dall'Italia, per poi farlo rientrare immediatamente dopo, come risulta dalla ricostruzione effettuata dalla PGF nel rapporto 27 aprile 2018 (act. MPC 10.2.1327). Al dibattimento, A., confrontato a tale questione, si è limitato ad indicare che si trattava di istruzioni ricevute da C. (act. SK 306.731.49).
A., dal canto suo, ha ammesso di avere compilato i documenti ricevuti in bianco e di averli trasmessi a Banca 2 per esecuzione. Egli si è limitato a contestare l'aspetto soggettivo del reato.
A. ha riferito di non avere mai chiesto a CCCC. se corrispondesse al vero che gli importi fatti pervenire in Italia nelle modalità descritte sopra (v. supra consid. V. 6.4) fossero realmente (come asseritamente detto ad A. da C.) un prestito dal titolare di “R24.” a C. Pure tale motivazione non è credibile ed è priva di logica. A fronte di importi milionari, anche a sua tutela, A. avrebbe dovuto chiedere a CCCC. se la questione del prestito corrispondesse o meno al vero. Anche questa mancata verifica depone a favore della non credibilità delle affermazioni di A. che si cela dietro un millantato rapporto di fiducia C. - CCCC.
Ne consegue che C. e A. hanno formato falsi ordini di bonifico e fatto uso degli stessi.
6.9 Lo scrivente Collegio giudicante ritiene che A. e C. abbiano agito intenzionalmente e con l'intento di procacciarsi un indebito profitto, e meglio di ripianare la situazione finanziaria con il Fondo 1 (v. infra consid V. 7), rispettivamente di trattenere il denaro per loro.
In merito alla correità di A. e C., richiamata la giurisprudenza esposta al considerando IV. 1.5 supra, la Corte ritiene che la stessa sia data. Infatti, ognuno dei due imputati risulta avere contribuito in maniera essenziale alla pianificazione e perpetrazione del reato: C., persona legata a CCCC. che faceva da tramite tra quest'ultimo e A., ha fatto pervenire ad A. dei documenti in bianco con apposta la firma falsificata dei clienti; A., dal canto suo, ha compilato il documento con gli ordini di bonifico che ha poi trasmesso a Banca 2 per esecuzione, tutto ciò con il comune intento di procacciarsi un indebito profitto. Da questi elementi ne deriva un disegno e una volontà comune di delinquere e va pertanto ritenuta la loro correità.
6.10 Alla luce di quanto precede, A. e C. vengono riconosciuti autori colpevoli del reato di falsità in documenti riferita alla relazione “R24.” (capi d'accusa n. 1.1.3.5 [A.] e n. 1.3.1.1 [C.].
Si rammenta infine che A. e C. risultano essere stati condannati in Italia, in primo grado, per il reato di truffa, commessa anche in danno della relazione “R24.”.
7. Falsità in documenti concernenti la relazione intestata al Fondo 1 (capi d'accusa n. 1.1.3.6 e n. 1.3.1.2)
7.1 L'imputazione di falsità in documenti riferita alla relazione intestata al Fondo 1 concerne gli imputati A. (capi d'accusa da n. 1.1.3.6.1 a n. 1.1.3.6.42) e C. (capi d'accusa da n. 1.3.1.2.1 a n. 1.3.1.2.42), i quali avrebbero agito in correità.
7.2 Ad A. e a C. viene imputato di avere, nel periodo tra dicembre 2006 e ottobre 2012, allo scopo di procacciarsi un indebito profitto, nell'ambito della gestione patrimoniale della relazione intestata al Fondo 1 (presso Società 3, poi divenuta Società 2 SA), al fine di mascherare le malversazioni oggetto di un procedimento penale condotto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma (N. 13927/13 R.G.N.R) sfociato nella sentenza di condanna in primo grado emessa dal Tribunale di I-Roma- Sezione X in data 20 giugno 2017 nei loro confronti e di altri, per titolo di appropriazione indebita ex art. 646 CP-I, commesso dei falsi documentali.
7.2.1 In specie A. è accusato di avere intenzionalmente formato dei documenti falsi, su cui erano apposte le firme falsificate di M. e/o N., quali procuratori della relazione n. “R60.” intestata al Fondo 1 presso Banca 2, documenti che gli aveva fatto pervenire C. dall'Italia. Secondo l'accusa A. avrebbe inserito in tali documenti falsi le istruzioni di trasferimento di denaro ed altre richieste di operazioni bancarie concordate con C. e non corrispondenti alla volontà del Fondo 1. Egli avrebbe inoltre intenzionalmente fatto uso a scopo d'inganno dei predetti documenti falsi trasmettendoli a Banca 2 a Z. per far eseguire gli ordini di trasferimento di denaro e le altre operazioni bancarie ivi contenute, transazioni bancarie che Banca 2 ha eseguito.
7.2.2 A C. viene invece rimproverato di avere fatto uso dei documenti falsi sui quali erano state apposte in Italia le firme falsificate di M. e/o N., che egli (C.) avrebbe fatto pervenire ad A.; documenti falsi che A. in accordo con lui (C.) avrebbe compilato inserendo istruzioni di trasferimento di denaro e altre operazioni bancarie che non corrispondevano alla volontà di Fondo 1, e che in seguito A., in accordo con lui, avrebbe trasmesso a Banca 2 a Z. per far eseguire gli ordini di trasferimento di denaro e le altre operazioni bancarie ivi contenute; operazioni che Banca 2, ricevuti i falsi documenti, avrebbe eseguito.
7.3 Si rileva innanzitutto come per i capi d'accusa da n. 1.1.3.6.1 a n. 1.1.3.6.4 [A.] e da n. 1.3.1.2.1 a n. 1.3.1.2.4 [C.] il procedimento va abbandonato per intervenuta prescrizione dell'azione penale (v. supra consid. I.3).
7.4 Per i restanti capi d'accusa, le imputazioni concernono 38 episodi, riferiti all'utilizzo, a scopo d'inganno, di altrettanti documenti, su cui sarebbe stata apposta la firma falsa solo di M. (19 episodi), solo di N. (un episodio) e di M. e N. insieme (18 episodi), procuratori sulla relazione intestata al Fondo 1. Si tratta in particolare di:
- una richiesta di finanziamento a Banca 2 - capi d'accusa n. 1.1.3.6.5 e 1.3.1.2.5;
- un contratto di credito a favore del Fondo 1, concluso con Banca 2 - capi d'accusa n. 1.1.3.6.6 e 1.3.1.2.6;
- una dichiarazione di conferma di ricezione di un bonifico - capi d'accusa n. 1.1.3.6.39 e 1.3.1.2.39;
- una richiesta di proroga dell'estinzione dei finanziamenti di Banca 2 a favore di Fondo 1 - capi d'accusa n. 1.1.3.6.19 e 1.3.1.2.19;
- il documento denominato “Esclusione di responsabilità in merito ai rischi Fondo 2 - Tutte le classi di azioni” - capi d'accusa n. 1.1.3.6.36 e 1.3.1.2.36);
- 33 ordini di bonifico a debito di Fondo 1 di cui:
24 a favore di Società 28 SA (capi d'accusa n. 1.1.3.6.7-16, 1.1.3.6.18, 1.1.3.6.20-21, 1.1.3.6.23-28, 1.1.3.6.30-33, 1.1.3.6.35 e 1.3.1.2.7-16, 1.3.1.2.18, 1.3.1.2.20-21, 1.3.1.2.23-28, 1.3.1.2.30-33, 1.3.1.2.35,) e
9 favore del conto C7. intestato al Fondo 1 presso Banca 30 - Tesoreria Centrale dello Stato (capi d'accusa n. 1.1.3.6.17 e 1.1.3.6.22, 1.1.3.6.29, 1.1.3.6.34, 1.1.3.6.37-38, 1.1.3.6.40-42 e 1.3.1.2.17, 1.3.1.2.22, 1.3.1.2.29, 1.3.1.2.34, 1.3.1.2.37-38, 1.3.1.2.40-42).
7.5 Dal Rapporto concernente i flussi finanziari Fondo 1 della PGF del 25 novembre 2011 (act. MPC 10.2.254 e segg.), con riferimento alla relazione bancaria n. R60. intestata al Fondo 1 (e di cui quest'ultimo risultava ADE), si evince che la documentazione di apertura è stata sottoscritta in data 28 aprile 2006 a VV. dalla signora M. (act. MPC 7.2.1.3.1-4). Quest'ultima risulta inoltre avere anche sottoscritto il mandato di gestione patrimoniale con delega a professionisti esterni di Banca 2 (act. MPC7.2.1.3.6-7). Nel profilo del cliente è indicato che i proventi depositati in conto sarebbero derivati da incassi di affitti di edifici storici appartenenti alla Repubblica Italiana.
Il conto è stato alimentato con un ammontare di oltre EUR 10 milioni tra luglio 2006 e maggio 2009.
Sempre dal Rapporto 25 novembre 2011, emerge che ad inizio dicembre 2006 è stata aperta la rubrica R60a. (conto collaterale agganciato al conto n. R60. intestato al Fondo 1) sulla quale sono stati concessi nel periodo di circa un anno e mezzo, degli anticipi fissi garantiti (per circa EUR 4'089'000.--), utilizzati, nella loro globalità per eseguire dei pagamenti a favore della Società 28 SA (act. MPC 10.2.273).
M., al momento della sottoscrizione dei documenti di apertura ricopriva la carica di viceprefetto in servizio presso la Direzione Centrale per l'Amministrazione del Fondo 1. La stessa era stata delegata il 26 aprile 2006 dal Prefetto N. - all'epoca Direttore Centrale del Ministero dell'Interno MMMMM. (Direzione Centrale per l'Amministrazione del Fondo 1) - a stipulare e a sottoscrivere con Banca 2 un contratto di gestione (act. MPC 8.5.1261).
Il Fondo 1, per il tramite del patrocinatore, con scritto del 17 settembre 2014 si è costituito accusatore privato nell'ambito del procedimento penale aperto in Svizzera nei confronti di A. e C. (act. MPC 15.17.3).
Si rileva al riguardo come inizialmente il procedimento penale in Svizzera a carico di A. e C. concerneva pure reati di natura patrimoniale commessi in danno della relazione intestata al Fondo 1 presso Banca 2. Queste ipotesi di reato sono state oggetto di due decreti di abbandono (di data 8 febbraio 2018 [A., act. MPC 3.1.87-93] e 22 maggio 2018 [C., act. MPC 3.1.163-173]) emanati nei confronti dei due imputati (v. supra Fatti, H.) da parte del MPC, in quanto A. e C. erano stati condannati in Italia.
A. e C. sono infatti stati condannati in primo grado in Italia, con sentenza 20 giugno 2017 del Tribunale ordinario di VV., X sezione, per il reato di appropriazione indebita in danno della relazione intestata al Fondo 1 presso Banca 2 (act. MPC 18.2.1365-1391). Le imputazioni in Italia concernono, tra l'altro, le malversazioni in danno del conto intestato al Fondo 1, in particolare i trasferimenti avvenuti per il tramite di Società 28 SA, avvenuti tra dicembre 2006 e giugno 2010. C. e A. sono stati ritenuti colpevoli del reato di appropriazione indebita limitatamente alle malversazioni avvenute nel periodo tra marzo e giugno 2010, essendo per tutte le altre malversazioni intervenuta la prescrizione. Si osserva che, come emerso al dibattimento, che al momento la procedura è pendente presso la Corte d'Appello competente (act. SK 306.731.7 e seg.).
7.6 M. e N. sono stati oggetto di un procedimento penale in Svizzera per le ipotesi di reato di riciclaggio di denaro aggravato, appropriazione indebita aggravata (subordinatamente amministrazione infedele qualificata, subordinatamente infedeltà nella gestione pubblica) e falsità in documenti.
Con decreto di data 20 novembre 2015 (cresciuto in giudicato), il MPC ha abbandonato il procedimento a carico di M. per tutte le ipotesi di reato (act. MPC 3.1.25-28). Nel decreto di abbandono il MPC ha pure indicato che anche in Italia era stato archiviato il procedimento aperto contro M., in quanto la stessa risultava essere estranea ai fatti.
Anche il procedimento aperto a carico del Prefetto N. è stato abbandonato con decreto (cresciuto in giudicato) del MPC di data 8 febbraio 2018 (act. MPC 3.1.72-76). Dal citato decreto risulta che N. era stato assolto in via definitiva in Italia da tutti i reati a lui ascritti in danno del Fondo 1.
7.7 Dal rapporto di analisi comparativa di firme manoscritte della PGF del 22 settembre 2014 (act. MPC 17.1.58) emerge che quasi tutte le firme di M. e N. apposte sui documenti oggetto dell'imputazioni sono false (act. MPC 17.1.58-65). Risulta pure essere falsificata la firma di M. apposta sul documento denominato “atto di pegno e di cessione generale a favore del Fondo 1 rubrica R60a.” sottoscritto il 15 dicembre 2006 (act. MPC 7.2.1.3.8-9 e 10.2.320).
Non sono state oggetto di analisi le firme apposte sui 4 ordini di bonifico di cui ai capi d'accusa n. 1.1.3.6.8 e 1.3.1.2.8, 1.1.3.6.11 e 1.3.1.2.11 (act. MPC 8.6.6941), 1.1.3.6.23 e 1.3.1.2.23 (act. MPC 8.6.6906), 1.1.3.6.37 e 1.3.1.2.37 (act. MPC 8.6.6886).
7.7.1 M., interrogata in via rogatoriale il 18 febbraio 2014 ha dichiarato che il Fondo 1 aveva un patrimonio formato da beni immobili e mobili e con i proventi della gestione di tali beni provvedeva al mantenimento delle chiese di sua proprietà, a loro volta affidate all'autorità religiosa per il culto. M. ha contestato l'autenticità delle firme apposte sui documenti ed ha affermato che, dopo la sottoscrizione dei documenti di apertura della relazione intestata al Fondo 1, è stata assegnata alla Direzione Centrale degli affari Generali e per le Risorse Finanziarie e Strumentali. Al momento dei fatti M. non era così più incaricata presso il Fondo 1 e quindi legittimata a firmare documenti. M. ha pure riferito che la delega attribuitale concerneva solo l'apertura della relazione bancaria ma non il potere di gestione del conto, assegnato ad un altro servizio, in particolare alla signora GGGGG.; A. ne era informato. M. ha infine affermato che, dopo l'apertura del conto presso Banca 2 non ha più visto né sentito A. e non ha più avuto nulla a che fare con il conto intestato al Fondo 1 (act. MPV 13.6.8-9).
7.7.2 GGGGG., funzionaria del Fondo 1, interrogata a VV., in data 3 giugno 2013, ha dichiarato che suo compito era quello della gestione dei portafogli titoli. La stessa si occupava di predisporre i prospetti contabili degli investimenti, curare i rapporti e la corrispondenza con le banche riguardo alla situazione contabile delle gestioni patrimoniali (act. MPC 12.22.1-2). Era GGGGG. a ricevere da A. le rendicontazioni (act. MPC 12.22.2). GGGGG. ha altresì riferito che le richieste di versamento dei risultati di gestione, venivano da lei allestite e sottoscritte dal nuovo Prefetto HHHHH. (act. MPC 12.22.2).
7.7.3 N. ha contestato che la firma sugli ordini di bonifico fosse la sua. Egli ha riferito di avere cessato la sua funzione di direttore centrale del Fondo 1 a far tempo dal dicembre 2006 e di avere smesso, da quel momento, di interessarsi alle questioni legate al conto del Fondo 1. Egli neppure sapeva di un conto collaterale (v. verbale di N. del 22 maggio 2015 presso il Raggruppamento operativo Speciale carabinieri, act. MPC 13.7.119-125 e memoria scritta act. MPC 13.7.115-118).
7.8 A. ha dichiarato di avere fatto uso dei documenti oggetto delle imputazioni ma di non sapere che le firme di M. e N. fossero false (v. verbali di A. del 10 novembre 2017, act. MPC 13.2.1760).
Con riferimento agli ordini di bonifico in favore di Società 28 SA, egli ha asserito che li riceveva da C. via DHL firmati in bianco, li compilava su istruzione di quest'ultimo (che gli indicava l'importo da trasferire a Società 28 SA e la destinazione finale) e li trasmetteva a Banca 2 per esecuzione. La Banca controllava le firme e dava seguito agli ordini (v. verbale di A. del 20 luglio 2018, act. MPC 13.2.1798). A detta di A., C. era il factotum del Prefetto N. e quest'ultimo gli avrebbe detto di far capo a C. (quest'ultimo gli era stato infatti presentato da N.). A. riteneva pertanto che C. fosse legittimato a dare istruzioni, anche se non disponeva di nessuna procura sul conto intestato al Fondo 1. A. ha inoltre dichiarato di non avere effettuato nessuna verifica circa l'autenticità delle firme apposte sui documenti, né di essersi accertato che M. fosse ancora una responsabile del Fondo 1 al momento della ricezione degli ordini. Nessuno lo avrebbe inoltre informato del fatto che la firma di M. non era più valida. A. ha però affermato che le rendicontazioni le inviava alla signora GGGGG., che si era annunciata telefonicamente quale funzionaria del Fondo 1. Egli ha pure riferito di non avere contattato direttamente il Fondo 1 di fronte ad ordini di bonifico a favore di una società di “spallonaggio” (v. verbale di A. del 20 luglio 2018 act. MPC 13.2.1799). Sul destino dato al denaro oggetto degli ordini di bonifico, A. ha dichiarato che, una volta giunto sul conto di Società 28 SA, veniva consegnato a C. tramite gli “spalloni” della società; era A. a dare le disposizioni agli “spalloni”, ma su indicazioni di C. (v. verbale di A. del 20 luglio 2018, act. MPC 13.2.1801). A. ha pure affermato che C. gli avrebbe riferito che il denaro lo avrebbe consegnato a N., per delle operazioni urgenti (v. verbale di A. del 20 luglio 2018, act. MPC 13.2.1801).
Con riferimento ai contratti di credito, in sede di confronto con C., A. ha affermato di averli trasmessi a C. (già firmati dalla Banca) per la firma dei clienti e di averli ricevuti di ritorno sempre da C. firmati (v. verbale di confronto A.-C. del 20 luglio 2018, act. MPC 13.11.15).
Al dibattimento, A. ha asserito di essersi posto delle domande di fronte a delle richieste, da parte di un ente amministrato dal Ministero dell'interno italiano, di far rientrare dei fondi in Italia tramite spalloni. Tuttavia, egli ha dichiarato di avervi sempre dato seguito, in quanto, gli veniva comunicato (verosimilmente da C.) che le richieste si riferivano a operazioni immobiliari urgenti e che, se non vi avesse dato seguito le stesse sarebbero saltate. Per A., C. era persona seria e il Prefetto N. era un amico e una persona influente (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale di A. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.731.51).
7.9 C., in un primo momento (v. verbale d'interrogatorio del 7 giugno 2013 presso il tribunale di Napoli (act. MPC 13.3.61 e segg.), ha ammesso di avere sottratto del denaro al Fondo 1, per coprire degli ammanchi nei confronti di suoi clienti. Egli ha riferito di avere falsificato le firme di M. sugli ordini di bonifico. Il denaro sarebbe stato bonificato dal conto del Fondo 1 in essere presso Banca 2, in favore di Società 28 SA, la quale faceva poi giungere il denaro in Italia.
Nel medesimo interrogatorio, C. ha pure confermato l'apertura, presso Banca 2, di un conto detto “collaterale”, sul quale venivano fatti dei finanziamenti da parte di Banca 2, garantiti dagli investimenti in essere sul conto principale intestato al Fondo 1. Grazie a questi finanziamenti venivano effettuati i bonifici oggetto delle sottrazioni al Fondo 1 (act. MPC 13.3.62).
In seguito, l'imputato ha contestato di avere falsificato le firme di M. e di N., come pure di avere trasmesso i documenti ad A. Egli ha inoltre affermato di non avere mai ricevuto presso il suo ufficio a UU. del denaro proveniente dal conto intestato al Fondo 1 e di non sapere che fine avesse fatto. Egli ha riferito di conoscere N., in quanto suo amico di infanzia (v. verbale di C. in via rogatoriale del 19 febbraio 2018, act. MPC 13.3.469).
In sede di verbale di confronto con A., C. ha, nuovamente, affermato di avere, tra la fine del 2006 e l'inizio del 2007, trasmesso ad A. quattro fogli firmati in bianco con apposta la firma di M. da egli (C.) falsificata. C. ha infatti dichiarato di avere avuto necessità di circa EUR 1,5 milioni per risolvere questioni con altri clienti e che doveva rimborsare delle perdite da loro subite. C. non è, però, stato in grado di identificare quali fossero i documenti da egli falsificati (v. verbale di confronto A.-C. del 20 luglio 2018, act. MPC 13.11.6-7). Egli, nel medesimo verbale, con riferimento ai quattro documenti in bianco che ha ammesso di avere falsificato, ha riferito di avere fotocopiato un foglio bianco su cui era presente il Logo del Ministero degli interni e di avervi poi apposto la firma di M., falsificandola. I documenti li avrebbe poi inviati ad A. (v. verbale di confronto A.-C. del 20 luglio 2018, act. MPC 13.11.7). C. ha poi riferito di non sapere da chi A. avesse ricevuto gli ulteriori ordini di bonifico con le firme false e ha negato di avere ricevuto altro denaro in Italia proveniente dal Fondo 1 (v. verbale di confronto A.-C. del 20 luglio 2018, act. MPC 13.11.14).
7.10 Con riferimento alla Società 28 SA, si rinvia a quanto già esposto al considerando V. 6.2.3 supra. HHHH., in sede di verbale del 17 dicembre 2013 ha dichiarato che tutte le consegne di denaro che riguardavano il Fondo 1 sarebbero state effettuate da “spalloni” della Società 28 SA a VV. nelle mani di C. Le indicazioni circa il luogo di consegna e il destinatario sarebbero state date a HHHH. da A. (act. MPC 12.6.15).
7.11 La Corte ritiene che i documenti oggetto delle imputazioni (richiesta di finanziamento a Banca 2, contratto di credito a favore del Fondo 1, dichiarazione di conferma di ricezione di un bonifico, richiesta di proroga dell'estinzione dei finanziamenti, ordini di bonifico, disclaimer riferito al Fondo 2) siano dei falsi.
Ciò emerge dall'analisi comparativa delle firme manoscritte della PGF che indica la falsificazione di quasi tutte le firme di M. e N. apposte sui documenti (ad eccezione di quattro). Ma non solo.
C. ha ammesso di avere formato dei falsi ordini di bonifico, falsificando pure la firma di M.
Con riferimento a M., la stessa non era legittimata a sottoscrivere i documenti incriminati, in quanto, poco dopo l'apertura del conto in Banca 2 non era più incaricata presso il Fondo 1. Stesso dicasi del Prefetto N. sia M. che N. sono stati prosciolti dalle imputazioni a loro carico in danno del Fondo 1, in quanto estranei ai fatti. A. e C. dal canto loro sono stati condannati, in territorio italiano, in primo grado per appropriazione indebita.
Inoltre, A. trasmetteva le rendicontazioni del conto intestato al Fondo 1 a GGGGG. (funzionaria del Fondo 1) e le richieste di versamento del risultato di gestione venivano sottoscritte da IIIII., dirigente del Fondo 1 (in calce alle lettere figurava il nome di GGGGG., vedi lettera a Società 3 del 1 ottobre 2008, act. MPC 8.5.1425).
Dal rapporto della PGF del 25.11.2014, riferito al conto intestato al Fondo 1 presso Banca 2, che ha ricostruito i flussi finanziari, risultano bonifici in uscita dai conti R60. e dalla rubrica R60a., entrambi intestati al Fondo 1 a favore di Società 28 SA, nonché a favore di un conto in Italia intestato sempre al Fondo 1.
Ogni volta che veniva richiesto e accordato da Banca 2 un anticipo fisso, il denaro era prontamente trasferito a favore di un conto intestato a Società 28 SA. In seguito i fondi venivano prelevati in contanti e trasportati fisicamente in Italia da “spalloni” della società e consegnate a C. (v. dichiarazioni di A. e HHHH., v. supra consid. V. 7.8 e 7.10).
Le richieste di finanziamento del Fondo 1 erano suffragate da una dichiarazione (v. ad esempio act. MPC 8.6.1628, “Dichiarazione” 5 febbraio 2007 contenente una richiesta di finanziamento di EUR 1,3 milioni) redatta su carta intestata del Ministero dell'Interno e riportante la firma M., la cui falsità è accertata nell'analisi della PGF (act. MPC 17.1.58 e segg.).
Nelle dichiarazioni veniva precisato che i prestiti erano finalizzati alla compravendita di immobili a VV. siti sempre in medesimo luogo, in [...]. M. ha però dichiarato che non era nella politica dell'amministrazione del Fondo 1 acquistare beni immobili (v. verbale del 18 febbraio 2014 a VV., act. MPC 13.6.8). Le affermazioni di M. trovano conferma negli atti. Da un documento del Ministero dell'Interno (act. MPC 7.1.2.6.188), risulta che il patrimonio del Fondo 1 è costituito da oltre 700 chiese, nonché conventi, caserme, un castello, centinaia di unità immobiliari, fondi rustici, cascine, ecc. Sempre da tale documento si evince che il patrimonio del Fondo 1 risale alla metà dell'800. Il fine istituzionale del Fondo 1 è costituito dalla conservazione e dalla valorizzazione delle chiese di proprietà. Non risulta quindi che tra gli scopi del Fondo 1 vi fosse l'acquisto di immobili. Le linee di finanziamento sono state azzerate ed estinte al 15 maggio 2008, attingendo alla liquidità presente sul conto R60. ottenuta mediante la scadenza di alcuni investimenti fiduciari (act. MPC 10.2.284).
Dalla ricostruzione della PGF del 25 novembre 2014 risulta che a favore di Società 28 vi sono stati bonifici per complessivi oltre EUR 9,4 milioni (act. MPC 10.2.284), di fronte a delle entrate di oltre EUR 10 milioni.
Con riferimento ai 9 bonifici a favore del conto intestato al Fondo 1 presso Banca 30 - Tesoreria dello Stato, si rileva come, gli stessi si riferirebbero al versamento al Fondo 1 dei risultati di gestione derivante dagli attivi investiti in Svizzera. Dalla ricostruzione della PGF (v. rapporto 25 novembre 2014), si evince come il denaro oggetto dei bonifici, provenga da versamenti a contanti effettuati da A., o da bonifici a debito di altre relazioni bancarie come “R24.” e “R17.” (act. MPC 10.2.285). Non si tratta quindi di liquidità derivante dagli utili di gestione della relazione e presente in conto.
7.12 Tutti questi elementi portano lo scrivente Collegio giudicante a ritenere che C. e A. abbiano formato e fatto uso di falsi documenti. La Corte non comprende infatti le ragioni per le quali il Fondo 1, ente dello Stato gestito dal Ministero dell'interno debba rivolgersi a società di “spallonaggio” per far confluire in Italia del denaro depositato in Svizzera.
Parimenti A., che gestiva il conto presso Banca 2, avrebbe dovuto porsi qualche domanda, quando riceveva delle richieste (di bonifico, di finanziamento o altro), da parte di tale ente, per il tramite di C. C. infatti nulla aveva a che vedere né con il Fondo 1, né con Società 3/Società 2 SA. Non è pertanto credibile che A. abbia dato seguito a istruzioni di C., ignorando che le stesse non pervenivano dal Fondo 1.
Le dichiarazioni di A., secondo cui egli non sapeva che M. non era più responsabile presso il Fondo 1, non sono attendibili. La corrispondenza concernente il conto, le rendicontazioni e i versamenti dei risultati di gestione era tenuta dal dirigente IIIII. e dalla funzionaria GGGGG., non da M. A. doveva pertanto sapere che M. non aveva più nulla a che fare con il Fondo 1.
A. nuovamente non è credibile laddove nega di sapere delle falsificazioni delle firme di N. e M., pur sapendo che N. non era più legittimato a rappresentare il Fondo 1. Circostanza questa comunicatagli da N. stesso, che gli aveva perfino presentato il suo “successore” in seno al Fondo 1, tale HHHHH. (v. verbale finale di A. del 22 gennaio 2020, act. MPC 13.2.2357). A., per giustificare l'invio a Banca 2 di ordini di bonifico sottoscritti da persona non autorizzata, ha affermato che N. era persona influente. Tale giustificazione è semplicemente inattendibile: A. conosceva molto bene le regole bancarie. Del resto, neppure è necessario essere uomo di banca per sapere che, ordini possono essere impartiti validamente, solo da persone legittimate a firmarli.
C., dal canto suo, non è apparso lineare nelle proprie dichiarazioni. Egli ha, dapprima, ammesso la falsificazione di documenti, per poi chiamarsi fuori da qualsiasi imputazione e ammettere, nuovamente, in seguito, la falsificazione di quattro documenti non meglio precisati, senza fornire ulteriori elementi a sua discolpa (v. supra consid. V. 7.9). Le dichiarazioni di HHHH., che ha affermato di avere consegnato il denaro a C., sono di conseguenza più credibili (medesime dichiarazioni al riguardo sono pure state rese da A.).
Ne consegue come C. e A. hanno formato documenti falsi e fatto uso degli stessi.
7.13 Pacifico anche che i due imputati hanno agito intenzionalmente e con l'intento di procacciarsi un indebito profitto e meglio di ottenere ed appropriarsi di denaro di pertinenza del Fondo 1.
In merito alla correità di A. e C., richiamata la giurisprudenza esposta al considerando IV. 1.5 supra, la Corte ritiene che la stessa sia data. Ognuno dei due imputati risulta infatti avere contribuito in maniera essenziale alla pianificazione e perpetrazione del reato: C. ha fatto pervenire ad A. dei documenti in bianco con apposta la firma falsificata di M. e N.; A., a sua volta ha compilato i documenti con gli ordini di bonifico che ha poi trasmesso a Banca 2 per esecuzione, tutto ciò con il comune intento di procacciarsi un indebito profitto.
Da questi elementi ne deriva un disegno e una volontà comune di delinquere e va pertanto ritenuta la correità.
7.14 Alla luce di quanto precede, A. e C. vengono riconosciuti autori colpevoli del reato di falsità in documenti riferita alla relazione intestata al Fondo 1 (capi d'accusa 1.1.3.6 [A.] e 1.3.1.2 [C.].
VI. Pena
1. Il 1 gennaio 2018 è entrata in vigore la revisione del diritto sanzionatorio nel Codice penale (CP; RU 2016 1249; FF 2012 4181). La nuova normativa proposta si prefigge, da un lato, di ridurre la molteplicità delle sanzioni possibili – il lavoro di pubblica utilità cessa infatti di essere considerato una pena a sé stante divenendo una forma di esecuzione – e, dall'altro, di ripristinare in parte le pene detentive di breve durata (FF 2012 4193).
1.1 Con mente alla pena detentiva, con la revisione è stata reintrodotta la possibilità per il giudice di pronunciare pene detentive di breve durata – meno di sei mesi – con o senza la condizionale.
La durata minima della pena detentiva inoltre è stata fissata in tre giorni, salvo per pene detentive pronunciate in sostituzione di una pena pecuniaria (art. 36 CP) o di una multa (art. 106 CP) non pagate (art. 40 cpv. 1 CP).
Le condizioni per pronunciare una pena detentiva in luogo di una pena pecuniaria sono inoltre state codificate all'art. 41 CP.
1.2 Per quanto attiene alla pena pecuniaria, con la revisione l'ammontare delle aliquote giornaliere è stato limitato a un minimo di tre aliquote e un massimo di 180 aliquote (art. 34 cpv. 1 CP), mentre il diritto previgente prevedeva un massimo di 360 aliquote (art. 34 cpv. 1 vCP) e il minimo – non regolamentato dalla legge – era di una aliquota giornaliera (Queloz, op. cit., n. 2 ad art. 34-41 CP).
L'importo dell'aliquota giornaliera – precedentemente non regolamentato dalla legge – è stato fissato in CHF 30.-- con la possibilità di ridurlo eccezionalmente fino a CHF 10.--, mentre l'importo massimo di CHF 3'000.-- ad aliquota è rimasto invariato (art. 34 cpv. 2 vCP e CP).
1.3 Il diritto previgente prevedeva la sospensione condizionale delle pene pecuniarie, del lavoro di pubblica utilità e delle pene detentive della durata di sei mesi a due anni (art. 42 cpv. 1 vCP), mentre il nuovo diritto prevede la sospensione delle pene pecuniarie e delle pene detentive di durata non superiore a due anni (art. 42 cpv. 1 CP).
Secondo la nuova normativa il giudice non può più cumulare a una pena condizionalmente sospesa una pena pecuniaria senza condizionale; la possibilità di cumulare una multa resta invece intatta (art. 42 cpv. 4 vCP e CP).
1.4 Con la revisione è stata soppressa la possibilità di sospendere parzialmente l'esecuzione della pena pecuniaria (art. 43 cpv. 1 CP).
Ai sensi del nuovo art. 43 CP, il giudice può dunque sospendere parzialmente l'esecuzione di una pena detentiva di un anno a tre anni se necessario per tenere sufficientemente conto della colpa dell'autore, mentre il diritto previgente permetteva di sospendere parzialmente l'esecuzione di una pena pecuniaria, di un lavoro di pubblica utilità o di una pena detentiva di un anno a tre anni se necessario per tenere sufficientemente conto della colpa dell'autore (art. 43 cpv. 2 vCP).
1.5 Alla luce di quanto sopra, e come si vedrà nel caso concreto, tenuto conto dei reati rimproverati ad A., a B. e a C. e per le pene commisurate, la Corte ritiene che il previgente regime sanzionatorio sarebbe indubbiamente più favorevole agli imputati rispetto alla vigente normativa; difatti, le nuove disposizioni in vigore dal 1 gennaio 2018 hanno introdotto le pene detentive di breve durata, nonché limitato le pene pecuniarie da un minimo di 3 aliquote ad un massimo di 180, introducendo altresì un importo minimo per l'aliquota giornaliera. Elementi, quelli appena citati, che risultano essere più sfavorevoli agli autori, rispetto alla normativa previgente (v. anche sentenza del Tribunale federale 6B_1308/2020 del 5 maggio 2021 consid. 4.3.2), ritenuto altresì che le differenze tra il vecchio e il nuovo diritto in merito alla sospensione condizionale della pena di cui all'art. 42 cpv. 1 CP e art. 43 CP non hanno alcun influsso nel caso concreto.
1.6 Conseguentemente, alla presente fattispecie, si deve applicare il regime sanzionatorio previgente, ossia le disposizioni in vigore all'epoca dei fatti imputati ad A., a B. e a C.
2. Giusta l'art. 47 cpv. 1 CP, il giudice commisura la pena alla colpa dell'autore. Tiene conto della sua vita anteriore e delle sue condizioni personali, nonché dell'effetto che la pena avrà sulla sua vita. Il cpv. 2 dello stesso disposto precisa che la colpa è determinata secondo il grado di lesione o esposizione a pericolo del bene giuridico offeso, secondo la reprensibilità dell'offesa, i moventi e gli obiettivi perseguiti nonché, tenuto conto delle circostanze interne ed esterne, secondo la possibilità che l'autore aveva di evitare l'esposizione a pericolo o la lesione. Il nuovo art. 47 CP conferisce al giudice un ampio margine di apprezzamento. Il giudice deve indicare nella sua decisione quali elementi, relativi al reato e al suo autore, sono stati presi in considerazione per fissare la pena, in modo tale da garantire maggiore trasparenza nella commisurazione della pena, facilitandone il sindacato nell'ambito di un'eventuale procedura di ricorso (sentenza 6B_207/2007 loc. cit.). Il giudice non è obbligato ad esprimere in cifre o in percentuali l'importanza attribuita a ciascuno degli elementi citati, ma la motivazione del giudizio deve permettere alle parti e all'autorità di ricorso di seguire il ragionamento che l'ha condotto ad adottare il quantum di pena pronunciato (cfr. DTF 144 IV 313 consid. 1.2; 136 IV 55 consid. 3.6).
2.1 In applicazione dell'art. 47 cpv. 2 CP la colpa va determinata partendo dalle circostanze legate all'atto stesso (Tatkomponenten). In questo ambito, va considerato, dal profilo oggettivo, il grado di lesione o di esposizione a pericolo del bene giuridico offeso e la reprensibilità dell'offesa (objektive Tatkomponenten), elementi che la giurisprudenza sviluppata nell'ambito del diritto applicabile prima del 1 gennaio 2007 designava con le espressioni “risultato dell'attività illecita” e “modo di esecuzione” (DTF 129 IV 6 consid. 6.1).
Vanno, poi, considerati, dal profilo soggettivo (Tatverschulden), i moventi e gli obiettivi perseguiti – che corrispondono ai motivi a delinquere del diritto vigente fino al 31 dicembre 2006 (art. 63 vCP) – e la possibilità che l'autore aveva di evitare l'esposizione a pericolo o la lesione, cioè la libertà dell'autore di decidersi a favore della legalità e contro l'illegalità nonché l'intensità della volontà delinquenziale (cfr. DTF 127 IV 101 consid. 2a; sentenze del Tribunale federale 6B_1092/2009, 6B_67/2010 del 22 giugno 2010 consid 2.1). In relazione alla libertà dell'autore, occorre tener conto delle “circostanze esterne”, e meglio della situazione concreta dell'autore in relazione all'atto, per esempio situazioni d'emergenza o di tentazione che non siano così pronunciate da giustificare un'attenuazione della pena ai sensi dell'art. 48 CP (Messaggio del 21 settembre 1998 concernente la modifica del codice penale svizzero e del codice penale militare nonché una legge federale sul diritto penale minorile, FF 1999, pag. 1745; sentenza del Tribunale federale 6B_370/2007 del 12 marzo 2008 consid. 2.2).
2.2 Determinata, così, la colpa globale dell'imputato (Gesamtverschulden), il giudice deve indicarne in modo chiaro la gravità su una scala e, quindi, determinare, nei limiti del quadro edittale, la pena ipotetica adeguata.
Così come disposto dall'art. 47 cpv. 1 CP in fine e precisato dal Tribunale federale (in particolare, DTF 136 IV 55 consid. 5.7), il giudice deve, poi, procedere ad una ponderazione della pena ipotetica in considerazione dei fattori legati all'autore (Täterkomponenten), ovvero della sua vita anteriore (antecedenti giudiziari o meno), della reputazione, della situazione personale (stato di salute, età, obblighi familiari, situazione professionale, rischio di recidiva, ecc.), del comportamento tenuto dopo l'atto e nel corso del procedimento penale (confessione, collaborazione all'inchiesta, pentimento, presa di coscienza della propria colpa) così come dell'effetto che la pena avrà sulla sua vita (DTF 141 IV 61 consid. 6.1.1; DTF 136 IV 55 consid. 5.7; 134 IV 17 consid. 2.1; 129 IV 6 consid 6.1; sentenze del Tribunale federale 6B_759/2011 del 19 aprile 2012 consid. 1.16B_1092/2009, 6B_67/2010 del 22 giugno 2010 consid. 2.2.2; cfr. anche 6B_585/2008 del 19 giugno 2009 consid. 3.5).
Con riguardo a quest'ultimo criterio, il legislatore ha precisato che la misura della pena delimitata dalla colpevolezza non deve essere sfruttata necessariamente per intero se una pena più tenue potrà presumibilmente trattenere l'autore dal compiere altri reati (Messaggio del 21 settembre 1998 concernente la modifica del codice penale svizzero e del codice penale militare nonché una legge federale sul diritto penale minorile, FF 1999, pag. 1744; DTF 128 IV 73 consid. 4; sentenze del Tribunale federale 6B_78/2008, 6B_81/2008, 6B_90/2008 del 14 ottobre 2008 consid. 3.2; 6B_370/2007 del 12 marzo 2008 consid. 2.2). La legge ha, così, codificato la giurisprudenza secondo cui occorre evitare di pronunciare sanzioni che ostacolino il reinserimento del condannato (DTF 128 IV 73 consid. 4c; 127 IV 97 consid. 3). Questo criterio di prevenzione speciale permette tuttavia soltanto di eseguire correzioni marginali, la pena dovendo in ogni caso essere proporzionata alla colpa (sentenze del tribunale federale TF 6B_78/2008, 6B_81/2008, 6B_90/2008 del 14 ottobre 2008 consid. 3.2; 6B_370/2007 del 12 marzo 2008 consid. 2.2; 6B_14/2007 del 17 aprile 2007 consid. 5.2 e riferimenti).
2.3 Secondo l'art. 49 cpv. 1 CP, se per uno o più reati risultano adempiute le condizioni per l'inflizione di più pene dello stesso genere, il giudice condanna l'autore alla pena prevista per il reato più grave aumentandola in misura adeguata, ritenuto che non è possibile, tuttavia, aumentare di oltre la metà il massimo della pena comminata per tale reato, e che il giudice è in ogni caso vincolato al massimo legale del genere di pena (v. art. 49 cpv. 1 CP). La pronuncia di una pena unica in applicazione del principio dell'inasprimento della pena (Asperationsprinzip) è possibile unicamente ove il giudice irroghi, nel caso concreto, pene dello stesso genere per ognuna delle norme violate; non basta che le disposizioni penali applicabili comminino (parzialmente) pene dello stesso genere (v. a questo proposito DTF 144 IV 217 consid. 3 e segg., consid. 3.6). Il reato più grave è quello per il quale la legge commina la pena più grave, non quello che, date le circostanze del caso, appare come il più grave dal profilo della colpevolezza (DTF 93 IV 7 consid. 2b). La determinazione della pena complessiva ex art. 49 cpv. 1 CP presuppone, secondo la giurisprudenza, anzitutto la delimitazione della cornice edittale per il reato più grave, per poi procedere, entro detta cornice, con la fissazione della pena di base per l'infrazione più grave. Dopodiché occorre, in forza del principio del cumulo giuridico, procedere all'adeguato aumento della pena di base sulla scorta degli altri reati. In altre parole, il giudice deve, in un primo tempo, e in considerazione dell'insieme delle circostanze aggravanti così come attenuanti, determinare mentalmente la pena di base per il reato più grave. In un secondo tempo, il giudice deve adeguatamente aumentare, in considerazione delle ulteriori infrazioni, la pena, al fine di fissare una pena complessiva, fermo restando il fatto che, anche in questo secondo stadio, si dovrà tener conto delle circostanze aggravanti e attenuanti peculiari alle infrazioni in parola (sentenze del Tribunale federale 6B_405/2011 e 6B_406/2011 del 24 gennaio 2012 consid. 5.4; 6B_1048/2010 del 6 giugno 2011 consid. 3.1; 6B_865/2009 del 25 marzo 2010 consid. 1.2.2; 6B_297/2009 del 14 agosto 2009 consid. 3.3.1; 6B_579/2008 del 27 dicembre 2008 consid. 4.2.2, con rinvii). Se vi è concorso di reati il giudice ha l'obbligo d'aggravare la pena (DTF 103 IV 225). La pronuncia di una pena unitaria, intesa come considerazione complessiva di tutte le infrazioni da giudicare, non è possibile (DTF 144 IV 217 consid. 3.5; DTF 6B_559/2018 del 26 ottobre 2018 consid. 1.4). Tuttavia, allorquando le differenti infrazioni sono strettamente collegate tra loro sia dal punto di vista materiale che temporale, in maniera tale da non poterle distinguere e giudicare separatamente, il giudice non viola il diritto federale se fissa globalmente la pena senza determinare una pena ipotetica per ogni singola infrazione (DTF 144 IV 217 consid. 2.4 e 4.3; sentenza del Tribunale federale 6B_523/2018 del 23 agosto 2018 consid. 1.2.2; 6B_1216/2017 dell'11 giugno 2018 consid. 1.1.1).
2.4 Giusta l'art. 48 CP lett. e CP, il giudice attenua la pena se questa ha manifestamente perso di senso visto il tempo trascorso dal reato e da allora l'autore ha tenuto una buona condotta. Questa circostanza attenuante è in ogni caso data se sono trascorsi i due terzi del termine di prescrizione dell'azione penale (DTF 132 IV 1 consid. 6.2). Se attenua la pena, il giudice non è vincolato alla pena minima comminata (art. 48a cpv. 1 CP) e può pronunciare una pena di genere diverso da quello comminato, ma è vincolato al massimo e al minimo legali di ciascun genere di pena (art. 48a cpv. 2 CP).
2.5 Il principio di celerità è garantito all'art. 5 CPP e dispone che le autorità penali avviano senza indugio i procedimenti penali e li portano a termine in tempi ragionevoli, senza ritardi ingiustificati. Tale massima costituisce una componente del divieto del diniego di giustizia e della garanzia ad un processo equo ai sensi degli art. 6 n. 1 CEDU, 14 n. 3 lett. c Patto ONU II e 29 cpv. 1 Cost. La questione a sapere se, in una determinata fattispecie, il principio di celerità sia rispettato, non deve essere affrontata in maniera astratta, bensì nel contesto di un apprezzamento globale degli elementi a disposizione dell'autorità giudicante in un caso concreto. Tre criteri, derivanti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e ripresi dal Tribunale federale (DTF 130 I 312 consid. 5.2), permettono di meglio effettuare la valutazione: la complessità del caso, l'attitudine dell'accusato e la conduzione del procedimento da parte delle competenti autorità istruttorie e giudicanti (Hottelier, Commentaire romand, 2a ediz. 2019, n. 12 ad art. 5 CPP). Secondo la giurisprudenza dell'Alta Corte, la violazione del principio di celerità può avere come conseguenze la diminuzione della pena, l'estinzione dell'azione penale per intervenuta prescrizione, l'esenzione della pena per l'imputato riconosciuto colpevole e, quale ultima ratio, l'emanazione di un decreto di abbandono (Moreillon/Parein-Reymond, op. cit., n. 13 ad art. 5 CPP, con rinvii giurisprudenziali).
2.6 Occorre, dunque, determinare la colpa degli imputati in funzione delle circostanze legate ai fatti commessi (Tatkomponenten), valutando dapprima le circostanze oggettive del reato di cui rispondono (objektive Tatkomponenten) e passando, poi, ad esaminare gli aspetti soggettivi del reato (Tatverschulden). Soltanto dopo la determinazione dell'intensità della colpa in relazione al reato e la determinazione della pena ad essa adeguata, vanno considerate - a ponderazione attenuante od aggravante della pena così determinata - le circostanze personali legate all'autore (Täterkomponenten; DTF 136 IV 55 consid. 5.4).
2.7 Per quanto attiene all'ammontare delle aliquote giornaliere, l'art. 34 cpv. 2 CP stabilisce che un'aliquota giornaliera ammonta al massimo a CHF 3'000.--, come pure che il giudice ne fissa l'importo secondo la situazione personale ed economica dell'autore al momento della pronuncia della sentenza, tenendo segnatamente conto del suo reddito e della sua sostanza, del suo tenore di vita, dei suoi obblighi famigliari e assistenziali e del minimo vitale. Nella determinazione dell'aliquota giornaliera il giudice del merito fruisce di ampia autonomia. Il Tribunale federale ha comunque precisato che l'ammontare delle aliquote giornaliere deve essere fissato partendo dal reddito dell'autore definito su scala giornaliera (v. DTF 134 IV 60 consid. 6; sentenze del Tribunale federale 6B_845/2009 dell'11 gennaio 2010 consid. 1; 6B_541/2007 del 13 maggio 2008 consid. 6.4). Vanno, qui, considerati tutti i redditi percepiti, indipendentemente dalla loro origine poiché determinante è la capacità economica dell'autore di fornire una prestazione (v. più in dettaglio Sentenza della Corte di appello e di revisione penale del Canton Ticino n. 17.2009.50 del 13 aprile 2010 consid. 4).
2.8 Il giudice sospende di regola l'esecuzione di una pena pecuniaria, di un lavoro di pubblica utilità o di una pena detentiva di sei mesi a due anni se una pena senza condizionale non sembra necessaria per trattenere l'autore dal commettere nuovi crimini o delitti (art. 42 cpv. 1 CP). Secondo l'art. 43 CP, il giudice può sospendere parzialmente l'esecuzione di una pena pecuniaria, di un lavoro di pubblica utilità o di una pena detentiva di un anno a tre anni se necessario per tenere sufficientemente conto della colpa dell'autore (cpv. 1). La parte da eseguire non può eccedere la metà della pena (cpv. 2). In caso di sospensione parziale dell'esecuzione della pena detentiva, la parte sospesa e la parte da eseguire devono essere di almeno sei mesi. Le norme sulla concessione della liberazione condizionale (art. 86) non sono applicabili alla parte di pena da eseguire (cpv. 3).
Ai sensi dell'art. 44 CP, se il giudice sospende del tutto o in parte l'esecuzione della pena, al condannato è impartito un periodo di prova da due a cinque anni (cpv. 1). Per la durata del periodo di prova, il giudice può ordinare un'assistenza riabilitativa e impartire norme di condotta (cpv. 2).
3. A.
3.1 A. viene ritenuto autore colpevole di amministrazione infedele qualificata ripetuta (art. 158 n. 1 cpv. 3 CP), in relazione a fatti commessi tra gennaio 2011 e dicembre 2014 (si precisa che dopo il suo arresto, avvenuto nel maggio 2013, vi sono state solo vendite di strutturati Banca 1, giunti a scadenza), di truffa ripetuta (art. 146 cpv. 1 CP), per fatti commessi tra dicembre 2010 e dicembre 2012, nonché di falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP), commessa tra febbraio 2007 e novembre 2012.
Tutti i reati per i quali A. è riconosciuto autore colpevole prevedono quale sanzione una pena detentiva fino a cinque anni o una pena pecuniaria. Occorre precisare che questa cornice edittale si applica anche all'amministrazione infedele qualificata, in quanto, contrariamente al testo di legge che cita “da uno a cinque anni”, non sussiste una pena minima (v. Niggli, Basler Kommentar, 4a ediz. 2019, n. 177 ad art. 158 CP e n. 30 e segg. ad art. 10 CP). Si tratta di una facoltà, per il giudice, di aumentare il limite massimo della pena detentiva da tre a cinque anni, facendo diventare il reato qualificato un crimine.
In applicazione dell'art. 49 cpv. 1 CP, in caso di concorso di reati, la pena va aumentata in misura adeguata, in ogni caso, non di oltre la metà del massimo della pena comminata (v. supra consid. VI. 2.3). Per A., la pena massima è dunque limitata a sette anni e mezzo.
3.2 La legge non determina quale sia il reato più grave per la commisurazione della pena, quando tutti i reati in concorso prevedono la stessa pena massima e sono, dunque, astrattamente della stessa gravità. Per A., la Corte considera l'amministrazione infedele qualificata quale comportamento centrale nei fatti accertati e, dunque, quale reato di base per la commisurazione della pena ai sensi dell'art. 49 cpv. 1 CP.
Sotto il profilo oggettivo, la colpa di A. è qualificata dal fatto che egli, nell'ambito della sua attività di gestore patrimoniale, ha agito infedelmente per un periodo prolungato, oltre due anni (da gennaio 2011 fino, almeno, ad inizio maggio 2013, momento del suo arresto), in numerose occasioni, in particolare per quanto concerne gli investimenti in prodotti strutturati Banca 1. Egli ha effettuato innumerevoli acquisti di prodotti strutturati, per l'esattezza 250, per conto dei suoi clienti, malgrado il mandato conferitogli da questi ultimi lo vietasse espressamente, e soltanto il suo arresto lo ha fermato.
L'imputato ha abusato della fiducia di numerosi clienti della sua società, circa una quarantina, cagionando loro un danno complessivo milionario (CHF 822'479.90, EUR 2'935'175.52 e USD 2'133'478.--, supra consid. III. 2.7) e, con la sua gestione illecita, ha realizzato un indebito profitto considerevole (CHF 204'875.--, EUR 603'938.76 e USD 417'271.60 quali retrocessioni indebitamente incassate per gli investimenti in prodotti strutturati Banca 1, v. supra consid. III. 2.6.6 e 2.8, nonché EUR 469'875.-- quali retrocessioni indebitamente incassate per gli investimenti in azioni S18a., v. supra consid. III. 3.9 e 3.10).
A favore di A., va tenuto conto del fatto che molti clienti non controllavano l'operato del loro gestore patrimoniale (A.) e questi era libero di agire come meglio credeva, senza dover intraprendere particolari sforzi.
Sotto il profilo soggettivo, a pesare sulla colpa di A. è il fine, puramente egoistico, di conseguire un significativo indebito profitto, che egli ha effettivamente realizzato (v. infra consid. VII. 4.5), costituito dalle retrocessioni sugli investimenti. Ciò, malgrado egli avesse la possibilità di evitare la lesione. A., come ha affermato, era un amministratore/gestore riconosciuto e apprezzato (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale di A., act. SK 306.73115 e seg.). Il suo stipendio annuo, in seno a Società 2 SA, nel 2011 ha superato CHF 270'000.-- e CHF 390'000.-- nel 2012. Le procedure esecutive a suo carico sono tutte posteriori al suo arresto. L'imputato, inoltre, ha agito in piena libertà decisionale, potendo, egli, ben valutare le circostanze del caso e decidere, con piena cognizione di causa, se passare o meno da una situazione di legalità ad una situazione di illegalità. L'intensità della volontà delittuosa è pertanto da considerarsi di una certa importanza.
Alla luce di quanto sopra indicato, la Corte ha valutato la colpa di A., in punto al reato di amministrazione infedele qualificata, da media a grave e ritiene dunque adeguata, a titolo di pena ipotetica di base, una pena detentiva di 3 anni e 9 mesi.
3.3 Ritenuta la presenza di ulteriori infrazioni, quali la ripetuta truffa (art. 146 CP) e la ripetuta falsità in documenti (art. 251 CP), in forza del principio dell'inasprimento (Asperationsprinzip), occorre procedere all'aumento della pena in misura adeguata e, parimenti, apprezzare nel loro complesso le eventuali circostanze aggravanti e attenuanti la pena.
3.3.1 Con riferimento alla truffa, sotto il profilo oggettivo, incide sulla commisurazione della pena, il fatto che A. ha commesso 11 truffe nell'arco di circa due anni (da dicembre 2010 a dicembre 2012), e ha cagionato un danno importante di EUR 1'370'000.-- e USD 134'238.-- (EUR 106'000.-- controvalore) (v. supra consid. IV. 9, importi che corrispondono all'indebito profitto conseguito: EUR 1'370'000.-- + EUR 106'000.--, v. supra consid. IV. 10.1), a due clienti di Società 2 SA (e meglio al titolare della relazione “R17.” e “R17a.”, nonché al titolare della relazione “R31.”). L'imputato si è prodigato a compilare dei falsi documenti, falsificando la firma di D. e K., e a trasmetterli, per esecuzione, ai funzionari di Banca 2, al fine di ingannarli e indurli in errore a dare seguito ai bonifici.
Il numero delle vittime, due, è invece basso, rispetto ai clienti toccati dall'amministrazione infedele qualificata. A., inoltre, non ha dato prova di particolare energia criminale, dal momento che le truffe - anche se corredate da falsi documenti - sono correlate all'amministrazione infedele qualificata e che, i due clienti truffati, residenti all'estero, non controllavano spesso l'operato del loro gestore, di modo che costui poteva agire liberamente.
Sotto il profilo soggettivo, vale quanto già esposto per l'amministrazione infedele qualificata. L'imputato ha agito con l'unico scopo di conseguire un indebito profitto, malgrado la sua buona situazione economica. Per il resto si rinvia a quanto già esposto al consid. VI. 3.2 supra.
Visto quanto precede, la colpa di A. in merito al reato di truffa ripetuta, viene valutata come non già più lieve.
3.3.2 In merito alla falsità in documenti, determinante, dal punto di vista oggettivo, è che A. ha agito nell'arco di circa 6 anni (da febbraio 2007 a maggio 2013), creando e facendo uso di 66 documenti falsi (e meglio: 38 riferiti al Fondo 1, 11 concernenti la relazione “R24.”, 16 relativi alle truffe e agli acquisti di titoli S18a., nonché un formulario A), allo scopo di commettere i reati patrimoniali che hanno cagionato un ingente danno ai suoi clienti.
I falsi documentali, per i quali l'imputato viene qui condannato - ad eccezione del formulario A, che è comunque correlato all'incasso delle retrocessioni derivanti dall'acquisto di titoli S18a. - sono quasi tutti funzionali ai reati patrimoniali (sia quelli oggetto del presente procedimento, sia quelli per i quali A. è imputato in Italia). A. ha compilato i falsi documenti, apponendo, su alcuni di essi, la firma contraffatta dei clienti, al fine di perfezionare i reati patrimoniali. Questa circostanza non incide, però, in modo rilevante sulla colpa dell'imputato, posto come, i reati da lui commessi sono correlati tra loro e non si rileva una diversa/maggiore energia criminale rispetto a quella già riscontrata nell'amministrazione infedele qualificata e nelle truffe.
Sotto il profilo soggettivo, dato il legame esistente tra i reati commessi dall'imputato, si rinvia a quanto già esposto per l'amministrazione infedele qualificata (v. supra consid. VI. 3.2) e per la truffa (v. supra consid. VI. 3.3.1). Con riferimento al disegno di indebito profitto concernente i falsi documenti riferiti alla relazione “R24.” e alla relazione intestata al Fondo 1, si rileva che, mediante i falsi documenti sono stati effettuati bonifici per oltre EUR 2,8 milioni a debito della relazione “R24.” e per circa EUR 9,4 milioni a debito della relazione intestata al Fondo 1, a favore di Società 28 SA e Società 20 (act. MPC 10.2.1331 e 10.2.284). denaro finito, nelle mani di A. e/o di C.
Visto quanto precede, la colpa di A. per il reato di ripetuta falsità in documenti, viene valutata come non già più lieve.
3.4 Data la stretta correlazione dei reati di amministrazione infedele qualificata, truffa e falsità in documenti, commessi in relazione a mandati di gestione patrimoniale con clienti di Società 2 SA, che avevano conferito un mandato di gestione patrimoniale alla società (e per essa al suo titolare A.), le predette infrazioni appaiono come parte di un disegno globale. Tenendo conto della gravità, del numero di illeciti da lui commessi, il Collegio giudicante ritiene adeguata una pena detentiva anche per la truffa e la falsità in documenti.
Alla luce di quanto sopra esposto, in virtù del principio dell'inasprimento della pena, tutto ben ponderato, questa Corte ritiene adeguata alla colpa di A. una pena detentiva di 4 anni e 5 mesi, quale pena ipotetica di base.
3.5 Allo scopo di stabilire una pena d'insieme definitiva ed appropriata, la Corte ha tenuto conto anche dei fattori personali legati ad A.
3.5.1 A., classe […], cittadino italiano, si è trasferito con i genitori in Svizzera nel 1964 (a soli 10 mesi), e vi ha risieduto fino al 31 marzo 2020 - quando ha dovuto lasciare il Paese, unitamente alla moglie e ai tre figli, minorenni, a seguito del mancato rinnovo del permesso. L'imputato ha frequentato le scuole dell'obbligo a Z. e, dopo avere ottenuto la maturità liceale - indirizzo scientifico -, ha iniziato a lavorare presso la Banca 31, dove ha intrapreso un percorso formativo in ambito di back office. Dopo circa 5 anni si è spostato, dapprima, presso Banca 32 e, poi, presso la Banca 33, dove ha iniziato ad occuparsi di gestione patrimoniale. Nel 1993 si è trasferito a X. e ha lavorato per Banca 26 (due anni), per Banca 10 (10 anni) e, infine, per Banca 2, con la quale ha aperto la Società 3, poi divenuta Società 2 SA. È stato poi arrestato in Italia nel maggio del 2013. Egli vanta un'esperienza in ambito bancario trentennale e, in Ticino, ha svolto una formazione, per diventare membro di direzione (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 13 gennaio 2022, act. SK 306.731.2 e seg.).
Dal 2015 è coniugato con la madre dei suoi figli, nati nel 2011, 2013 e 2018. L'imputato ha anche altri tre figli, nati da un primo matrimonio, tutti maggiorenni (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 13 gennaio 2022, act. SK 306.731.3 e seg.).
Dopo il suo arresto, nel maggio 2013, è rimasto in carcere per circa due anni e, in seguito, è stato posto agli arresti domiciliari, sempre in Italia, per un anno, fino all'aprile 2015. Egli ha potuto rientrare in Svizzera nel 2016 e ha iniziato a cercare un'attività lavorativa, senza successo, a causa dei suoi problemi giudiziari. È quindi finito a carico dell'assistenza, non potendo, egli, neppure beneficiare delle indennità di disoccupazione, in quanto è stato assente dalla Svizzera per oltre due anni. Scaduto il permesso di soggiorno, A. e la sua famiglia hanno lasciato la Svizzera a fine marzo 2020. Attualmente A. risiede, con la famiglia, a XXXX., in provincia di XXXXX. (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 13 gennaio 2022, act. SK 306.731.4 e 6 e seg.).
Oggi, A. non ha un'attività lavorativa e le sue entrate mensili ammontano e EUR 600.-- quale assegno familiare, nonché a EUR 640.-- quale reddito di emergenza. Quest'ultima entrata, introdotta durante la pandemia di Covid-19, è provvisoria e, a detta dell'imputato, terminerà a breve (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 13 gennaio 2022, act. SK 306.731.8).
Le spese mensili della famiglia ammontano a poco meno di EUR 2'000.-- e si compongono di EUR 1'200.-- per l'affitto (che l'imputato ha però dichiarato di non pagare da tre mesi), di altre uscite per il fabbisogno quotidiano della famiglia e per l'auto. Interrogato al riguardo, A. ha dichiarato che, per far fronte alle spese mensili, ha chiesto dei prestiti ai suoi genitori, alla sorella e a un amico (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 13 gennaio 2022, act. SK 306.731.8 e seg.).
Dall'estratto del registro delle esecuzioni risultano, a suo carico, esecuzioni per complessivi CHF 488'286.93 (act. SK 306.231.3.2 e segg.), concernenti tasse, assicurazione malattia, cassa cantonale di compensazione, un debito privato […], ecc., tutte posteriori al suo arresto. A. ha, inoltre, indicato di avere un debito di EUR 400'000.-- verso il Fondo 1, in solido con C., riferito alla sentenza di primo grado emanata il Italia (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 13 gennaio 2022, act. SK 306.731.9).
3.5.2 La situazione personale dell'autore sopra descritta ha un effetto neutro sulla pena detentiva.
A nulla giova l'assenza di precedenti penali a carico di A. (v. act. SK 306.231.1.5 e segg.), essendo, l'incensuratezza, a sua volta, un elemento neutro per la commisurazione della pena (DTF 136 IV 1 consid. 2.6.4).
3.5.3 Leggermente attenuante deve essere considerato, a favore di A., il disagio derivante dal fatto che due paesi (Svizzera e Italia) hanno proceduto nei suoi confronti. L'imputato è cittadino italiano, ha commesso reati in danno di cittadini italiani e ha soggiornato in Italia dopo il suo arresto. Se il perseguimento penale dei reati per i quali viene qui condannato fosse stato assunto dall'Italia, il procedimento condotto unitamente a quello italiano, probabilmente avrebbe richiesto meno tempo e risorse.
3.5.4 In merito all'attitudine nell'ambito del presente procedimento, incide leggermente a favore dell'imputato la sua collaborazione avuta durante l'inchiesta, pur contestando le imputazioni a suo carico. Egli ha sempre dato seguito alle citazioni, tenuto un comportamento corretto e riposto ai quesiti che gli venivano posti dagli inquirenti.
3.5.5 La difesa di A., in aula, ha menzionato altri elementi che ha chiesto alla Corte di considerare a favore dell'imputato nell'ambito della commisurazione della pena.
Secondo il difensore di A., occorrerebbe tener conto delle conseguenze dirette ed indirette del procedimento penale per l'imputato. In specie, A. avrebbe perso il lavoro e, lui e la famiglia, vivrebbero in uno stato di indigenza. Inoltre, egli avrebbe dovuto lasciare la Svizzera, Paese in cui viveva da oltre 50 anni.
A mente del Collegio giudicante, quanto evocato da A. non ha un impatto a lui favorevole per la commisurazione della pena. Non risulta che l'imputato abbia perso il lavoro a causa del procedimento penale aperto in Svizzera. Il permesso non gli è stato rinnovato a seguito del suo arresto, avvenuto in Italia, nel contesto del procedimento italiano. È, inoltre, sempre per la detenzione subita in Italia, che A. ora si trova in uno stato di indigenza. Lo stesso vale per il permesso di domicilio: l'imputato lo ha perso (malgrado in Svizzera avesse il centro dei suoi interessi e vi risiedeva da oltre 50 anni con la famiglia), in quanto è rimasto in carcere in Italia, per un lungo periodo di tempo.
Si rileva, poi, che la circostanza, citata in arringa, secondo cui A. non potrà più commettere reati di natura simile a quelli oggetto del presente procedimento, in quanto, a suo dire, avrebbe lasciato l'ambito lavorativo in cui operava, non è un aspetto che va considerato nella commisurazione della pena.
Il difensore di A. ha, pure, invocato la violazione del principio di celerità e il lungo tempo trascorso in applicazione dell'art. 48 lett. e CP. Tali aspetti saranno esaminati al considerando VI. 3.6 che segue.
3.5.6 Venendo al criterio della particolare sensibilità alla pena/effetto che la pena avrà sul futuro dell'imputato, il Tribunale federale ha già avuto modo di affermare che essa va riconosciuta solo in caso di circostanze straordinarie (“aussergewöhnlichen Umständen”), ritenuto come l'espiazione della pena detentiva implichi, per sua natura, pregiudizi in ambito professionale e familiare a discapito del condannato (sentenza del Tribunale federale 6B_846/2015 del 31 marzo 2016 consid. 2.2.1; 6B_375/2014 del 28 agosto 2014 consid. 2.6). In concreto, va ritenuto che non vi sono circostanze straordinarie che ostacolino la condanna ad una pena detentiva. A. è una persona che viene condannata ad una pena privativa della libertà per dei reati commessi, come accaduto ad altre persone nelle sue medesime condizioni.
3.6 Il Collegio giudicante si è, infine, chiesto se, nel caso di specie, vi sia stata violazione del principio di celerità (v. supra consid. VI. 2.5), rispettivamente se, il tempo trascorso dai fatti ha un impatto sulla commisurazione della pena (v. supra consid. VI. 2.4).
La violazione del principio di celerità può essere legata al criterio del lungo tempo trascorso dai fatti. In tale evenienza, entrambe le circostanze possono essere considerate cumulativamente a favore dell'imputato (DTF 124 I 139 consid. 2a).
3.6.1 Per quanto attiene al principio di celerità, lo scrivente Collegio ha considerato quanto qui di seguito. L'inchiesta è iniziata nel marzo 2013, con l'apertura dell'istruzione da parte del MPC nei confronti di A. La stessa si è protratta fino al primo rinvio a giudizio di A., B. e C. del 29 gennaio 2019. L'atto d'accusa è stato oggetto di rinvio ex art. 329 cpv. 2 CPP da parte di questo Tribunale. Il secondo atto d'accusa, oggetto del presente procedimento, è datato 24 luglio 2020. L'incarto è, poi, rimasto pendente presso questo Tribunale per circa un anno e mezzo, fino al 4 febbraio 2022, giorno della comunicazione del dispositivo. Il procedimento penale, sino a questo momento è quindi durato, complessivamente, circa 9 anni.
La Corte ha constatato che, durante la procedura preliminare, vi sono stati tempi morti, ma gli stessi non hanno avuto una durata tale da violare il principio di celerità. Va, infatti, detto che i tempi morti, all'interno di un'inchiesta, sono inevitabili (DTF 124 I 139). Nonostante questo, una durata complessiva di 9 anni per un procedimento (compresa la fase dibattimentale davanti a questo Tribunale) come quello che qui ci occupa, è da considerarsi troppo lunga e lesiva del principio di celerità. Questa violazione incide mediamente sulla commisurazione della pena, che deve essere, pertanto, attenuata in maniera ponderata - media.
3.6.2 Con riferimento all'applicazione dell'art. 48 cpv. 1 lett. e CPP (lungo tempo trascorso dai fatti), si rileva quanto segue.
Per i fatti avvenuti prima del 5 febbraio 2012 sono trascorsi almeno 10 anni e, quindi, oltre 2/3 del periodo di prescrizione di 15 anni. Con riferimento all'amministrazione infedele qualificata di cui al capo d'accusa n. 1.1.1.1, su 250 operazioni illecite ordinate da A. (ad eccezioni di quelle riferite alla relazione “R20.”), oltre la metà (circa 140) risalgono a più di 10 anni or sono (v. allegato 1 all'atto d'accusa).
L'incasso delle retrocessioni, derivanti dagli investimenti in azioni S18a. (capo d'accusa n. 1.1.1.3), come pure la maggior parte delle truffe (capo d'accusa n. 1.1.2) e dei falsi documentali (capo d'accusa n. 1.1.3), per i quali A. viene qui condannato, risalgono a oltre 9 anni or sono. Alcuni episodi sono addirittura precedenti (2010-2011).
Le ultime azioni di A., risalgono a prima del suo arresto, avvenuto a inizio maggio 2013. Da queste sono, quindi, trascorsi quasi 9 anni. Ad ogni modo, per tutti i fatti legati ai comportamenti per i quali l'imputato viene riconosciuto autore colpevole, sono trascorsi oltre 7anni.
Visto quanto precede, la pena dovrà essere mediamente attenuata, in applicazione dell'art. 48 cpv. 1 lett. e CP, per il lungo tempo trascorso, ritenuto, inoltre, come A., dall'epoca dei fatti, ha tenuto una buona condotta.
3.7 Alla luce di tutto quanto sopra esposto, ponderate tutte le circostanze, la Corte giudica adeguata una pena detentiva di 3 anni.
3.8 Ai sensi dell'art. 43 cpv. 1 CP, la Corte può sospendere parzialmente l'esecuzione di una pena detentiva fino a tra anni, se necessario per tenere sufficientemente conto della colpa dell'autore (v. supra consid. VI. 2.8). Anche se la norma non lo prevede esplicitamente, la concessione della sospensione condizionale parziale presuppone, come nell'ambito dell'art. 42 CP per la condizionale totale, una prognosi non sfavorevole (DTF 134 IV 60 consid. 7.4).
A. non ha precedenti penali e ha tenuto una buona condotta dopo la sua scarcerazione avvenuta nell'aprile del 2015.
In virtù dell'art. 43 cpv. 2 CP, tutto ben ponderato, il Collegio giudicante fissa in 12 mesi la parte da eseguire. La parte restante della pena è sospesa condizionalmente.
3.9 Per la pena sospesa, questa Corte, considerando l'incensuratezza dell'imputato, ritiene adeguato un periodo di prova di due anni ai sensi dell'art. 44 cpv. 1 CP.
3.10 Il Canton Ticino viene designato Cantone cui compete l'esecuzione (art. 74 cpv. 1 LOAP e 31 cpv. 1 CPP).
4. B.
4.1 B. viene ritenuto autore colpevole di amministrazione infedele qualificata ripetuta (art. 158 n. 2 CP), in relazione a fatti commessi tra aprile 2012 e novembre 2012, di truffa ripetuta (art. 146 cpv. 1 CP), per fatti commessi tra ottobre 2010 e febbraio 2013, nonché di falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP), commessa tra ottobre 2010 e febbraio 2013.
Tutti i reati per i quali B. è riconosciuto colpevole prevedono la possibilità di scegliere tra una pena detentiva fino a cinque anni e una pena pecuniaria.
In applicazione dell'art. 49 cpv. 1 CP, in caso di concorso di reati, la pena va aumentata in misura adeguata, in ogni caso, non di oltre la metà del massimo della pena comminata (v. supra consid. VI. 2.3). Per B. la pena massima è dunque limitata a sette anni e mezzo.
4.2 La legge non determina quale sia il reato più grave per la commisurazione della pena, quando tutti i reati in concorso prevedono la stessa pena massima e sono, dunque, astrattamente della stessa gravità. Per B., la Corte considera l'amministrazione infedele qualificata quale comportamento centrale nei fatti accertati e, dunque, quale reato di base per la commisurazione della pena ai sensi dell'art. 49 cpv. 1 CP.
Sotto il profilo oggettivo, determinante per la colpa di B. è il fatto che egli, nell'arco di pochi mesi (da aprile a novembre 2012), ha abusato del potere di rappresentanza di 15 titolari di relazioni presso Banca 9 e dal titolare di una relazione presso Banca 8, cagionando loro un danno di EUR 456'750.-- (che corrisponde all'indebito profitto), ritenuto considerevole, dato il breve lasso di tempo in cui è stato arrecato. Tra le vittime di B. vi sono il consulente di Banca 9, LLLL. (che a sua volta ha proposto l'investimento ai suoi clienti di Banca 9), nonché i titolari di “R49.”, “R57.” e “R58.”, ai quali B. ha proposto direttamente l'investimento in S18a. L'imputato ha abusato della fiducia di queste persone, che non potevano sapere (perché lui non le ha, volutamente, informate), dell'incasso delle retrocessioni.
B., spesso, non aveva un contatto diretto con la clientela di Banca 9 (che era gestita dal consulente LLLL.). Soltanto a LLLL. e ai titolari delle relazioni “R49.”, “R57.” e “R58.”, egli ha proposto direttamente l'investimento. Per gli altri, dunque, l'energia criminale, che B. ha dovuto mettere in atto, è minore.
Sotto il profilo soggettivo, determinante è il fine, puramente egoistico, di B. di voler percepire le retrocessioni, cha ha effettivamente incassato (v. supra consid. III. 4.14 e infra consid. VII. 4.5). Ciò, malgrado egli avesse la possibilità di evitare la lesione. Infatti, come è emerso dagli atti, Società 5 (e per essa B.), per gli investimenti effettuati in S18a. per la maggior parte dei clienti di Banca 9, ha trattenuto commissioni per complessivi EUR 66'707.-- (v. rapporto di situazione del 30 marzo 2016 della PGF, act. MPC 10.2.765 e supra consid. III. 4.13), importo ragionevole per le prestazioni fornite da Società 5. Lo stipendio annuo di B. presso Società 3 (poi divenuta Società 2 SA), ammontava a CHF 96'000.-- (CHF 7'384.-- per 13 mensilità), per un grado di occupazione del 60%. Egli non aveva, pertanto, necessità economiche importanti. L'imputato, infine, ha agito in piena libertà decisionale, potendo, egli, ben valutare le circostanze del caso e decidere, con piena cognizione di causa, se passare o meno da una situazione di legalità ad una situazione di illegalità. L'intensità della volontà delittuosa è pertanto da considerarsi di una certa importanza.
Visto quanto sopra indicato, la Corte ha valutato la colpa di B., in merito al reato di amministrazione infedele qualificata, non già più lieve e ritiene dunque adeguata, a titolo di pena ipotetica di base, una pena detentiva di 2 anni e 6 mesi.
4.3 Ritenuta la presenza di ulteriori infrazioni, quali le truffe (art. 146 CP), in forza del principio dell'inasprimento (Asperationsprinzip), occorre procedere all'aumento della pena in misura adeguata e parimenti apprezzare nel loro complesso le eventuali circostanze aggravanti e quelle attenuanti la pena.
4.3.1 Con riferimento alla truffa, sotto il profilo oggettivo, va considerato che l'agire truffaldino di B. si è protratto per 2 anni e mezzo (da ottobre 2010 a febbraio 2013), fino al suo licenziamento da Società 2 SA. L'imputato ha commesso 9 truffe, in danno di due clienti di Società 2 SA (E. e K.), cagionando loro un pregiudizio di una certa entità (circa EUR 542'000.--) e conseguendo, o facendo conseguire a terzi, un indebito profitto di pari importo (EUR 422'000.-- e CHF 150'050.-- [EUR 120'020.80, controvalore], v. supra consid. IV. 9 e 10.2). Solo il licenziamento ha fermato il suo agire, non potendo, B., più occuparsi dei clienti di Società 2 SA. L'intensità criminale dell'imputato è, però, leggermente mitigata dal fatto che, soprattutto i clienti E., risiedevano all'estero e non si recavano spesso presso gli uffici di Società 2 SA, per controllare l'operato dell'imputato, loro persona di riferimento.
Sotto il profilo soggettivo, vale quanto già esposto per l'amministrazione infedele qualificata (v. supra consid. VI. 4.2).
Visto quanto precede, la colpa di B. in merito al reato di truffa ripetuta, viene valutata come non già più lieve.
4.3.2 Alla luce della durata del reato, dell'entità del danno cagionato e dell'abuso di fiducia, lo scrivente Collegio ritiene adeguata una pena detentiva anche per la truffa.
In virtù del principio dell'inasprimento della pena, ritiene appropriata una pena ipotetica di base di 2 anni e 9 mesi di detenzione.
4.4 Per quanto concerne la falsità in documenti, determinante, sotto il profilo oggettivo, è che, come per le truffe, B. ha agito nell'arco di 2 anni e mezzo (da ottobre 2010 a febbraio 2013), fino al suo licenziamento - momento in cui non ha più potuto occuparsi dei clienti E. e della loro relazione “R21.”. Egli ha falsificato documenti in 11 occasioni: 9 episodi sono correlati alle truffe per le quali viene condannato (in danno di E. e K.), mentre due si riferiscono a dei formulari A, sempre riferiti ai clienti E.
Con riferimento al formulario A di cui al capo d'accusa 1.2.3.3, l'imputato ha dato prova di una certa sfrontatezza, fornendo giustificazioni menzognere ai funzionari di Banca 7, Istituto presso il quale egli ha lavorato per parecchi anni.
Come detto, la maggior parte dei falsi documentali, per i quali l'imputato viene qui condannato - ad eccezione dei formulari A - sono funzionali alle truffe. Questa circostanza placa, dunque, l'inasprimento della pena, posto come, non si rileva alcuna nuova energia criminale rispetto a quella già riscontrata nella truffa.
Sotto il profilo soggettivo, dato il legame esistente con la truffa, si rinvia a quanto già esposto (v. supra consid. VI. 4.3.1).
Le falsità in documenti, visto il legame con il reato di truffa, non denotano un'energia criminale superiore. A mente del Collegio giudicante, per queste non si impone una pena detentiva e si ritiene appropriata una pena ipotetica di base di 270 aliquote giornaliere.
4.5 Alla luce di quanto precede, tutto ben ponderato, questa Corte ritiene adeguata alla colpa di B. la seguente pena ipotetica di base: pena detentiva di 2 anni e 9 mesi, oltre a una pena pecuniaria di 270 aliquote giornaliere.
4.6 Allo scopo di stabilire una pena definitiva ed appropriata, la Corte ha tenuto conto anche dei fattori personali legati a B.
4.6.1 B., classe [...], cittadino svizzero, è nato a X. e ha sempre risieduto nel X. (ad eccezione di un breve trasferimento a YYYY.), fino alla fine del 2014/inizio 2015, quando, dopo il suo licenziamento dalla Società 2 SA, è partito per il Camerun, dove, ha dichiarato, avere trovato delle possibilità di poter essere d'aiuto a livello sociale e umanitario (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.3). L'imputato ha svolto un apprendistato di commercio negli anni '80 presso Banca 7 e, dopo il diploma, vi ha lavorato per quasi 20 anni, fino al 2000. Durante la sua attività presso questo istituto bancario, egli ha avuto la possibilità di effettuare degli stages linguistici, di tre o sei mesi, a ZZZZ. e YYYY. Dopo il lungo periodo in Banca 7, B. ha lavorato un paio d'anni presso la Banca 34, dove si è occupato di piccole consulenze, nonché in Banca 22, istituto poi venduto a Banca 35. Dopo la vendita, B. è stato licenziato e ha beneficiato della disoccupazione parziale nel 2004/2005. In seguito ha trovato un'occupazione al 50% per la Società 31 SA, presso la quale si occupava di intermediazione per i clienti di Banca 18. Dopo un ulteriore periodo in disoccupazione, l'imputato, tramite un conoscente, ha iniziato a lavorare al 60% alle dipendenze di Società 3, poi divenuta Società 2 SA, fino al suo licenziamento, avvenuto nel febbraio 2013. Da quel momento in poi, a causa anche dell'avvio del procedimento penale, B. ha riferito di non essere più riuscito a trovare un'attività lavorativa e si è ritrovato senza mezzi finanziari (i suoi averi sono stati sequestrati) e senza un alloggio. Dopo alcuni viaggi in Africa, vi si è trasferito (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.3 e seg.). Egli dichiara di vivere di aiuti umanitari in Camerun e di essere ospite di una famiglia, da cui riceve vitto e alloggio in cambio del suo aiuto per la costruzione di pozzi di acqua per una congregazione. Prima del dibattimento è stato arrestato in Svizzera, a seguito di un mandato d'arresto emanato dal Ministero pubblico del Cantone Ticino, per una denuncia che nulla ha a che vedere con il presente procedimento.
B. ha tre figli, tutti maggiorenni, nati da un primo matrimonio. Si è poi risposato e divorziato altre due volte. Non è vincolato da obblighi di mantenimento.
L'imputato, al dibattimento, ha dichiarato di avere dei problemi di salute a livello neurologico e urologico e di avere, in passato, contratto più volte la malaria, dalla quale sarebbe parzialmente guarito. Ha pure riferito di un sospetto di Parkinson, non accertato da alcun medico. B. ha, però, indicato di essersi attivato presso il carcere, per effettuare dei controlli medici approfonditi ed essere visto da uno specialista (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.5 e seg.).
Egli è titolare di averi patrimoniali per circa CHF 600'000.--, depositati presso Banca 6, attualmente in sequestro. Non risulta disporre di altri beni mobili e immobili.
Dall'estratto del registro delle esecuzioni risultano, a suo carico, esecuzioni per complessivi CHF 3'304'323.95, di cui CHF 3'298'700.-- riferiti ad un credito di JJJJJ. (act. SK 306.232.2 e seg.), denunciante in un procedimento penale pendente presso la procura del Cantone Ticino (v. verbale d'interrogatorio dibattimentale del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.5).
4.6.2 La situazione personale dell'autore sopra descritta ha un effetto neutro sulla pena. Non è, infatti, stato possibile verificare le dichiarazioni di B. circa i suoi problemi di salute, dal momento che, come egli ha affermato, non vi sono accertamenti medici in merito. Inoltre, non sono attendibili le affermazioni dell'imputato, comunicate alla Corte con scritto del 18 novembre 2021 (act. SK 306.522.20 e segg.), secondo cui egli non disporrebbe di mezzi sufficienti per finanziare un viaggio dal Camerun alla Svizzera. Infatti, al più tardi a fine novembre 2021, B. si è recato in Svizzera, dove è stato arrestato in relazione ad un'indagine cantonale.
4.6.3 A nulla giova l'assenza di precedenti penali a carico di B. (act. SK 306.232.1.3), essendo, l'incensuratezza, un elemento neutro per la commisurazione della pena (DTF 136 IV 1 consid. 2.6.4). Parimenti, ha una portata neutra anche il procedimento penale pendente in Ticino a suo carico, dal momento che lo stesso non è ancora concluso.
4.6.4 In merito all'attitudine nell'ambito del presente procedimento, la stessa ha una portata neutra. B., ad eccezione di un'unica occasione in cui era in Camerun, ha sempre dato seguito alle citazioni e tenuto un comportamento corretto, rispondendo ai questi degli inquirenti. Tuttavia, le sue dichiarazioni sono parse poco attendibili e non credibili.
4.6.5 Venendo al criterio della particolare sensibilità alla pena/effetto che la pena avrà sul futuro dell'imputato, il Tribunale federale ha già avuto modo di affermare che essa va riconosciuta solo in caso di circostanze straordinarie (“aussergewöhnlichen Umständen”), ritenuto come l'espiazione della pena detentiva implichi per sua natura pregiudizi in ambito professionale e familiare a discapito del condannato (sentenza del Tribunale federale 6B_846/2015 del 31 marzo 2016 consid. 2.2.1; 6B_375/2014 del 28 agosto 2014 consid. 2.6). In concreto, va ritenuto che non vi sono circostanze straordinarie che ostacolino la condanna ad una pena detentiva. Si tratta di una persona che viene condannata ad una pena privativa della libertà, per dei reati commessi, come capitato ad altre persone nelle sue medesime condizioni. Inoltre, lo stesso B. ha riferito di voler approfittare della carcerazione per effettuare degli accertamenti medici, che non ha potuto fare quando era in libertà.
4.7 La Corte, anche nel caso di B., ha ritenuto una violazione del principio di celerità e ha considerato il lungo tempo trascorso dai fatti ex art. 48 cpv. 1 lett. e CP. Valgono al riguardo le medesime conclusioni tratte per A. (v. supra consid. VI. 3.6.1 e 3.6.2).
4.7.1 Richiamate le precisazioni fatte per A. (v. supra consid. VI. 3.6.1), si rileva che, in merito alla violazione del principio di celerità, il procedimento a carico di B. è stato avviato nel maggio 2013, con l'apertura da parte del MPC dell'istruzione nei suoi confronti, e si è protratto fino all'emanazione del dispositivo della sentenza il 4 febbraio 2022.
Un lasso di tempo di 9 anni (comprensivo della fase dibattimentale davanti a questo Tribunale), per un procedimento come quello che ha coinvolto B., A. e C., è da considerarsi troppo lungo e lede il principio di celerità; circostanza che va ad attenuare mediamente la pena inflitta a B. (v. supra consid. VI. 3.6.1).
4.7.2 Anche per quanto attiene all'applicazione dell'art. 48 cpv. 1 lett. e CPP, si rinvia a quanto già ritenuto per A. (v. supra consid. VI. 3.6.2).
In particolare, la maggior parte delle truffe (8 episodi su 9) e delle falsità in documenti (7 episodi su 11), risalgono a più di 10 or sono (tra il 2010 e il 2011); quindi sono trascorsi oltre i 2/3 del periodo di prescrizione di 15 anni. L'amministrazione infedele qualificata e 3 falsi documentali sono stati commessi nel 2012, quindi quasi 10 anni fa, e un falso documentale nel febbraio 2013, dunque 9 anni fa.
Visto quanto sopra esposto, tenuto conto anche del fatto che B. ha, da allora, tenuto una buona condotta, la pena va mediamente attenuata, in applicazione dell'art. 48 cpv. 1 lett. e CP.
4.8 Alla luce di tutto quanto sopra esposto, ponderate tutte le circostanze, la Corte giudica adeguata una pena detentiva di 18 mesi, oltre a una pena pecuniaria di 180 aliquote giornaliere.
4.9 Per quanto attiene all'ammontare dell'aliquota giornaliera (v. supra consid. VI. 2.7), in concreto, la Corte, alla luce della situazione patrimoniale e personale esposta dall'imputato, e di cui al consid. VI. 4.5.1 supra, ha ritenuto giustificato un importo di CHF 30.--.
4.10 A mente del Collegio, la sospensione condizionale della pena può essere concessa. Difatti, nel caso concreto, le condizioni formali per ammettere B. al beneficio della condizionale ai sensi dell'art. 42 CP sono pacificamente date e, soggettivamente, non vi sono elementi che ostacolino una prognosi favorevole.
A B. è impartito un periodo di prova di due anni, senz'altro sufficiente per verificare che il condannato permanga meritevole del beneficio della condizionale.
5. C.
5.1 C. viene ritenuto autore colpevole di falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP), in relazione ai fatti commessi tra febbraio 2007 e ottobre 2012.
5.1 Il reato di falsità in documenti ripetuta, per il quale C. viene qui condannato, prevede la possibilità di scegliere tra una pena detentiva fino a cinque anni e una pena pecuniaria.
In virtù dell'art. 49 cpv. 1 CP, la cornice edittale che delimita l'esame del giudice, chiamato a procedere, si situa tra un minimo di un'aliquota giornaliera e un massimo di 7 anni e mezzo di pena detentiva.
Considerato che i falsi documentali commessi da C. sono strettamente collegati fra loro, sia dal punto di vista materiale che temporale, la Corte ha valutato il reato di falsità in documenti nel suo insieme.
Sotto il profilo oggettivo, a carico di C. va considerata la lunga durata della sua azione, protrattasi per quasi 6 anni, da gennaio 2007 a ottobre 2012. Egli viene qui condannato per 49 capi d'accusa, riferiti a falsi documenti concernenti i titolari di due relazioni bancarie presso Banca 2, e meglio: la relazione “R24.” (falsificazione della firma di F. e, in alcuni casi, di CCCC.) e la relazione intestata al Fondo 1 (falsificazione della firma di M. e, in alcune circostanze, di N.). L'imputato si è prodigato per fare avere al correo A., tramite DHL, i falsi documenti da utilizzare per commettere i reati patrimoniali per i quali A. e C. sono stati indagati in Italia. C., con il suo agire, ha abusato della fiducia di persone a lui vicine. Egli, infatti, stando a quanto è emerso dagli atti, era vicino sia al Prefetto N., sia a CCCC. (act. MPC 13.3.86, 13.3.149, 13.3.469, 13.3.666 e seg.).
Attenua, leggermente, l'energia criminale di C., il fatto che i titolari di “R24.” e le persone di riferimento all'interno del Fondo 1 lo hanno lasciato operare (con A.) liberamente, senza effettuare troppe verifiche.
Sotto il profilo soggettivo, va tenuto conto del fine, puramente egoistico, di C., teso al perfezionamento dei reati patrimoniali (per i quali è stato condannato in primo grado in Italia) e al conseguimento di un indebito profitto (v. supra consid. V. 6.9 e 7.13), che gli ha permesso di mantenere un alto tenore di vita (v. verbale d'interrogatorio del 7 giugno 2013 presso la Procura di Napoli, act. MPC 13.3.69). Al riguardo, si rileva come, mediante i falsi documenti, siano stati effettuati bonifici per oltre EUR 2,8 milioni a debito della relazione “R24.” e per circa EUR 9,4 milioni a debito della relazione intestata al Fondo 1, a favore di Società 28 SA e Società 20 (act. MPC 10.2.1331 e 10.2.284). Il denaro in questione è, poi, finito nelle mani di A. e/o di C. Ciò, malgrado avesse la possibilità di evitare la lesione. Egli ha infatti dichiarato di avere iniziato a lavorare come promotore finanziario sin dagli anni '90 e di svolgere, in parallelo, un'attività in ambito cinematografico (v. verbale d'interrogatorio del 19 giugno 2019 presso il Tribunale di Napoli, act. MPC 13.3.665 e seg.). Per questa seconda attività, l'imputato ha dichiarato avere, con il figlio, una società, la Società 30, che si occupava di produzione e gli permetteva di guadagnare EUR 200'000.-- all'anno (v. verbale d'interrogatorio del 7 giugno 2013 presso la Procura di Napoli, act. MPC 13.3.65 e 68 e seg.). Egli non aveva, pertanto, necessità finanziarie. L'imputato, infine, ha agito con piena libertà decisionale, potendo, egli, ben valutare le circostanze del caso e decidere, con piena cognizione di causa, se passare o meno da una situazione di legalità ad una situazione di illegalità. L'intensità della volontà delittuosa è pertanto da considerarsi di una certa importanza.
Alla luce di quanto sopra indicato, la Corte ha valutato la colpa di C., in punto al reato di falsità in documenti ripetuta, non già più lieve e ritiene dunque adeguata, a titolo di pena ipotetica di base, una pena di un anno e 6 mesi.
5.2 Allo scopo di stabilire una pena definitiva ed appropriata, la Corte ha tenuto conto anche dei fattori personali legati a C.
5.2.1 C., classe [...], è cittadino italiano residente a UU. Dalle sue dichiarazioni, rese in occasione dei verbali d'interrogatorio in Italia, è emerso che egli ha conseguito una maturità classica e, dal 1975, ha iniziato a lavorare presso Banca 36. Nel 1990 si è spostato presso Società 29, in qualità di promotore finanziario, dove è rimasto fino al 2008. Parallelamente, a far tempo dalla fine degli anni '80, ha iniziato un'attività in ambito di produzione cinematografica, diventando socio di una società, unitamente al figlio (v. verbale d'interrogatorio del 10 febbraio 2016 presso il Tribunale di Napoli, act. MPC 13.3.665 e seg. e verbale d'interrogatorio del 7 giugno 2013 presso la Procura di Napoli, act. MPC 13.3.65 e 68 e seg.).
Dal formulario relativo alla sua situazione patrimoniale e personale (act. SK 306.233.2.3 e segg.), risulta che C. è separato e ha due figli adulti. Egli indica che, attualmente, vive presso la sorella e un amico e non svolge alcuna attività lavorativa; un figlio e una sorella gli farebbero avere mensilmente un importo di EUR 500/600. Nel formulario, l'imputato non ha indicato spese mensili e neppure di avere sostanza e/o debiti.
5.2.2 La situazione personale dell'autore sopra descritta è neutra e non ha ripercussioni sulla commisurazione della pena. Nulla, nella vita dell'imputato, giustifica un effetto sulla valutazione.
5.2.3 A nulla giova l'assenza di precedenti penali a carico di C. (act. SK 306.233.1.5 e segg.), essendo, l'incensuratezza, un elemento neutro per la commisurazione della pena (DTF 136 IV 1 consid. 2.6.4).
5.2.4 Anche l'attitudine avuta da C., nell'ambito del presente procedimento, ha, a sua volta, una portata neutra. Il fatto che egli si sia avvalso della facoltà di non rispondere, in occasione di diversi interrogatori effettuati dal MPC (act. MPC 13.3.2 e segg., 13.3.455 e segg., 13.3.915 e segg.), e che non si sia presentato al dibattimento davanti al TPF, non giustifica un effetto sulla commisurazione della pena.
5.2.5 Venendo al criterio della particolare sensibilità alla pena/effetto che la pena avrà sul futuro dell'imputato, il Tribunale federale ha già avuto modo di affermare che essa va riconosciuta solo in caso di circostanze straordinarie (“aussergewöhnlichen Umständen”), ritenuto come l'espiazione della pena detentiva implichi per sua natura pregiudizi in ambito professionale e familiare a discapito del condannato (sentenza del Tribunale federale 6B_846/2015 del 31 marzo 2016 consid. 2.2.1; 6B_375/2014 del 28 agosto 2014 consid. 2.6). L'imputato non lavora e riceve il sostegno necessario da vari membri della sua famiglia. Una particolare sensibilità alla pena/effetto che la pena avrà sul futuro, non è, pertanto, data.
5.3 La Corte ha considerato mediamente attenuante la violazione del principio di celerità e il lungo tempo trascorso dai fatti ex art. 48 cpv. 1 lett. e CP. Valgono al riguardo le medesime conclusioni tratte per A. e B., alle quali si rinvia (v. supra consid. VI. 3.6 e VI. 4.7).
5.3.1 A C. è stato imputato unicamente il reato di falsità in documenti ripetuta. L'inchiesta penale nei suoi confronti è stata aperta, inizialmente anche per altri reati, nel giugno del 2013. Come per A. e B., il procedimento penale è durato 9 anni (di cui circa un anno e mezzo presso questo Tribunale). Alla luce dei reati oggetto del rinvio a giudizio del 20 luglio 2020, un lasso di tempo di 9 anni è da considerarsi eccessivo, per un procedimento come quello che qui ci occupa. Vi è pertanto da riconoscere, in casu, una violazione del principio di celerità e la pena va, di conseguenza, attenuata (v. supra consid. VI. 3.6.1 e 4.7.1).
5.3.2 Anche il lungo tempo trascorro ex art. 48 cpv. 1 lett. e CP, ha un effetto attenuante (v. supra consid. VI. 3.6.2 e 4.7.2).
I falsi documentali per i quali C. viene qui condannato risalgono al periodo febbraio 2007 - ottobre 2012. Dei 49 episodi, quasi tutti (46), sono stati commessi prima del 5 febbraio 2012 e, quindi, oltre 10 anni or sono. Gli ultimi tre risalgono al 2012, ovvero, oltre 9 anni fa. Ne consegue che per la maggior parte delle imputazioni, sono trascorsi almeno i 2/3 del termine di prescrizione, circostanza che ha un impatto sulla commisurazione della pena.
Visto quanto sopra esposto, considerato che C., dopo i fatti, risulta avere tenuto una buona condotta, la pena va mediamente attenuata, in applicazione dell'art. 48 cpv. 1 lett. e CP.
5.4 Alla luce di tutto quanto sopra esposto, ponderate tutte le circostanze, la Corte giudica adeguata una pena pecuniaria di 240 aliquote giornaliere.
5.5 Per quanto attiene all'ammontare dell'aliquota giornaliera (v. supra consid. VI. 2.7), alla luce della situazione patrimoniale e personale esposta al consid. VI. 5.2.1 supra, la Corte ha ritenuto giustificato fissare un importo di CHF 30.--. C. ha un'entrata mensile e non risulta avere né spese (è ospite di una sorella e di un amico) né obblighi di mantenimento.
5.6 A mente del Collegio, la sospensione condizionale della pena può essere concessa. Difatti, nel caso concreto le condizioni formali per ammettere C. al beneficio della condizionale ai sensi dell'art. 42 CP sono pacificamente date e, soggettivamente, non vi sono elementi che ostacolino una prognosi favorevole.
A C. è impartito un periodo di prova di due anni, senz'altro sufficiente per verificare che il condannato permanga meritevole del beneficio della condizionale.
VII. Misure
1. Ai sensi dell'art. 69 CP, il giudice, indipendentemente dalla punibilità di una persona, ordina la confisca degli oggetti che hanno servito o erano destinati a commettere un reato o che costituiscono il prodotto di un reato se tali oggetti compromettono la sicurezza delle persone, la moralità o l'ordine pubblico (cpv. 1). Il giudice può ordinare che gli oggetti confiscati siano resi inservibili o distrutti (cpv. 2).
Questo disposto non concerne la protezione degli interessi della persona lesa nei suoi diritti, ma ha una funzione preventiva, che consiste nell'impedire che taluni oggetti pericolosi vengano utilizzati (di nuovo) per minacciare la sicurezza delle persone, la moralità o l'ordine pubblico (DTF 137 IV 249 consid. 4.4 pag. 255). L'art. 69 CP consente, dunque, di confiscare oggetti che sono serviti a perpetrare un'infrazione o che potrebbero servire a commetterla, a condizione che essi compromettano la sicurezza delle persone, della moralità o dell'ordine pubblico. A tal fine non è necessario porre delle esigenze troppo elevate: è sufficiente la verosimiglianza del pericolo (DTF 127 IV 203 consid. 7 pag. 207; 125 IV 185 consid. 2a pag. 187).
1.1 Il MPC, in aula, ha chiesto la confisca ex art. 69 CP e, la relativa distruzione, di tutti i documenti originali sequestrati e costituenti il reato di falsità in documenti (art. 251 n. 1 CP) di cui all'atto d'accusa 24 luglio 2020, e meglio:
- i documenti con la firma falsificata di M., N., K. e O., elencati nella perizia-tecnico calligrafica della Polizia scientifica del Canton Berna effettuata su delega della PGF ed allegati alla stessa (documenti indicati nell'act. MPC 17.1.2 ed elencati negli act. MPC 17.1.45 e 17.1.53-55);
- il formulario A originale relativo al conto n. C4. EUR intestato a B. presso Banca 7 (act. MPC 7.20.1.2.9, capo d'accusa 1.2.3.3);
- il formulario A originale relativo al conto n. C8. intestato a B. presso Banca 8 (act. MPC 7.3.6.2.9, capo d'accusa 1.2.3.4).
1.2 La difesa di A. non si è opposta alla richiesta di confisca formulata dalla pubblica accusa (v. verbale principale dei dibattimenti, act. SK 306.720.31).
Il difensore di C. ha invece contestato la misura di confisca dei documenti sui quali risulta esservi una firma falsa, postulando semmai il loro mantenimento in sequestro, anche a fini probatori per tribunali esteri (v. verbale principale dei dibattimenti, act. SK 306.720.28).
La difesa di B. non si è espressa.
1.3 Considerato che i documenti di cui è chiesta la confisca si riferiscono a dei falsi documentali per i quali i tre imputati vengono qui condannati, gli stessi costituiscono dei mezzi di prova. Ritenuto inoltre, che, i mezzi di prova privi di valore economico, come le copie, le immagini elettroniche o fotografiche, possono di principio essere lasciate negli incarti senza un ordine di confisca (Stefan Heimgartner, Strafprozessuale Beschlagnahme, tesi 2011, pag. 328) e che questi documenti non sono oggetti pericolosi, si giustifica il loro mantenimento in sequestro a fini probatori.
Medesimo destino va dato a tutti gli altri documenti sequestrati in corso d'inchiesta ed elencati nell'allegato 4 all'atto d'accusa del 24 luglio 2020.
1.4 Visto quanto precede, è mantenuto il sequestro della documentazione agli atti, a valere quale mezzo di prova (art. 263 cpv. 1 lett. a CPP et 267 cpv. 1 a contrario CPP).
2. Giusta l'art. 70 cpv. 1 CP il giudice ordina la confisca dei valori patrimoniali che costituiscono il prodotto di un reato o erano destinati a determinare o a ricompensare l'autore di un reato, salvo che debbano essere restituiti alla persona lesa allo scopo di ripristinare la situazione legale. Il diritto di ordinare la confisca si prescrive in sette anni; se il perseguimento del reato soggiace a una prescrizione più lunga, questa si applica anche alla confisca (cpv. 3). Se l'importo dei valori patrimoniali sottostanti a confisca non può essere determinato o può esserlo soltanto con spese sproporzionate, il giudice può procedere a una stima (cpv. 5).
La confisca di valori patrimoniali in relazione con un reato ha carattere repressivo: ha lo scopo di impedire che il reo profitti dell'infrazione da lui commessa, evitando in tal senso che il crimine paghi (DTF 145 IV 237 consid. 3.2.1, 144 IV 1 consid. 4.2.1 e 141 IV 155 consid. 4.1). La confisca presuppone un comportamento che adempia i presupposti oggettivi e soggettivi di un reato e che sia illecito. Secondo la giurisprudenza, sottostanno a confisca sia i prodotti diretti del reato, sia i valori di sostituzione (“Surrogate”), fintanto che le differenti transazioni possano essere identificate e documentate (“paper trail”, traccia documentale). Ciò vale per i valori ottenuti direttamente in cambio del valore originale (“echte Surrogate”), ma anche in caso di valori di rimpiazzo ottenuti dopo una o più operazioni di cambio o trasformazioni (“unechte Surrogate”), purché il legame tra il valore patrimoniale originale ed il suo prodotto di sostituzione indiretto possa essere messo in evidenza, di modo da stabilire un legame con l'infrazione (DTF 126 I 97 consid. 3c/bb; Schmid, Kommentar: Einziehung Organisiertes Verbrechen, Geldwäscherei, vol. 1, 2a ediz. 2007, n. 50 ad art. 70-72 CP). Sovente, avviene che i valori illeciti siano versati su un conto bancario e si mescolino con altri valori di provenienza lecita, appartenenti all'autore o a terzi. In tal caso, la confisca degli importi illeciti rimane possibile, purché possa essere stabilito un nesso di connessione tra il conto bancario e l'infrazione (sentenza del Tribunale federale 6S.298/2005 del 24 febbraio 2006 consid. 3.1). Qualora il giudice non possa ricostruire la traccia dei valori, dovrà ordinare un risarcimento equivalente.
Deve, inoltre, esistere un nesso causale tale che l'ottenimento di valori patrimoniali appaia come la conseguenza diretta e immediata dell'infrazione commessa. Costituiscono valori patrimoniali confiscabili, tutti i vantaggi economici illeciti ottenuti mediante la commissione del reato, che possono essere determinati contabilmente e che prendano la forma di un aumento dell'attivo, una diminuzione del passivo, una non diminuzione dell'attivo o un non aumento del passivo (sentenza del Tribunale federale 1B_554/2017 del 19 aprile 2018 consid. 2.2 con riferimenti).
3. A norma dell'art. 71 cpv. 1 CP, se i valori patrimoniali sottostanti alla confisca non sono più reperibili, siccome consumati, dissimulati o alienati, il giudice ordina in favore dello Stato un risarcimento equivalente, e ciò per evitare che colui che si è spossessato di valori patrimoniali soggetti a confisca sia avvantaggiato rispetto a chi li ha conservati (DTF 129 IV 109 consid. 3.2; 123 IV 74 consid. 3; FF 1993 III pag. 221). Il risarcimento equivalente ha, dunque, un ruolo sostitutivo della confisca (“Ersatzforderung”) e, in quanto tale, non può creare vantaggi o inconvenienti (DTF 123 IV 74 consid. 3). In ragione del suo carattere sussidiario, il risarcimento equivalente può, quindi, essere ordinato solo nell'eventualità in cui, se valori patrimoniali fossero stati disponibili, la confisca sarebbe stata pronunciata (sentenza del Tribunale federale 1B_185/2007 del 30 novembre 2007 consid. 10.1; Schmid, op. cit., n. 99 ad art. 70-72 CP).
Il risarcimento equivalente soggiace, pertanto, alle stesse condizioni della confisca (Schmid, op. cit., n. 105 ad art. 70-72 CP). Ciò significa che il giudice, per poter ordinare un simile provvedimento, deve accertare che l'infrazione, che si è consumata, era generatrice di profitti e che valori patrimoniali provento del reato sono stati incorporati nel patrimonio dell'accusato (sentenza del Tribunale federale 1B_185/2007 del 30 novembre 2007) o di un terzo (v. supra consid. VII. 2).
L'art. 71 cpv. 2 CP prescrive, poi, che il giudice può prescindere in tutto o in parte dall'ordinare un risarcimento, quando questo risulti presumibilmente inesigibile o impedisca seriamente il reinserimento sociale dell'interessato.
Giusta l'art. 71 cpv. 3 CP, in vista dell'esecuzione del risarcimento - e meglio, del risarcimento equivalente ordinato ex art. 71 cpv. 1 CP dal giudice quando i valori soggetti a confisca non sono più reperibili - l'autorità inquirente o il giudice del merito (Trechsler, Praxiskommentar, 4a ediz. 2021, n. 3 ad art. 71 CP; Hirsig-Vouilloz, Commentaire romand, 2a ediz. 2021, n. 32 ad art. 71 CP) possono sottoporre a sequestro valori patrimoniali dell'interessato anche se non sono direttamente provento di reato. Il sequestro non fonda alcuna pretesa privilegiata in favore dello Stato nell'ambito dell'esecuzione forzata.
4. Il MPC, al dibattimento, ha chiesto che venisse ordinato un risarcimento equivalente sui beni e valori patrimoniali sequestrati ad A. e a B. (inclusi gli interessi nel frattempo maturati) elencati a pagina 16 dell'allegato 6 all'atto d'accusa (v. requisitoria dell'MPC del 18 gennaio 2022, act. SK 306.721.127 e seg. e supra Fatti P1).
4.1 La pubblica accusa ha sostenuto che A., per i reati di amministrazione infedele qualificata ripetuta descritti nell'atto d'accusa, ha tratto un indebito profitto di almeno complessivi CHF 321'789.--, EUR 1'079'813.-- e USD 417'271, e meglio:
- CHF 204'875.--, EUR 609'938.-- e USD 417'271.-- quali retrocessioni indebitamente percepite dagli investimenti in prodotti strutturati Banca 1 (capo d'accusa 1.1.1.1 e 2);
- EUR 469'875.-- quali retrocessioni indebitamente incassate e generate dagli investimenti in titoli S18a. (capo d'accusa 1.1.1.3);
- CHF 116'914.-- quali spese private che A. avrebbe fatto pagare alla sua Società 2 SA (capo d'accusa 1.1.1.5).
A questi importi andrebbe ad aggiungersi l'indebito profitto provento delle truffe (capo d'accusa 1.1.2), quantificato dal MPC in almeno EUR 991'000.--.
4.2 Per quanto attiene a B., l'accusa ha quantificato l'indebito profitto conseguito per i reati patrimoniali ripetutamente commessi in almeno EUR 845'930.08 e CHF 150'050.--, e meglio;
- EUR 614'580.08 quali retrocessioni indebitamente incassate e generate dagli investimenti in titoli S18a. (capo d'accusa 1.2.1);
- EUR 56'000.--, EUR 60'000.--, CHF 150'050.-- (EUR 120'020.80, controvalore) e EUR 115'350.-- che B. avrebbe tratto dalle ripetute truffe di cui al capo d'accusa 1.2.2.
4.3 Il difensore di A., in aula, non si è espresso sul risarcimento equivalente, ma ha indicato di non opporsi alle richieste di confisca formulate dal MPC (che, a onor del vero, ha postulato la condanna di A. ad un risarcimento equivalente e non una confisca), ad eccezione degli averi presenti sul conto intestato al MPC presso la Banca 5. A detta della difesa di A., tali averi sarebbero di spettanza della moglie dell'imputato (v. arringa della difesa di A. del 20 gennaio 2022, act. SK 306.721.341 e infra consid. VII. 5.5).
4.4 B., tramite il suo difensore, in considerazione delle richieste di proscioglimento, si è opposto alla confisca (che, come detto, in realtà è una richiesta di risarcimento equivalente) della relazione bancaria ad egli intestata presso Banca 6, chiedendone il dissequestro (v. arringa della difesa di B. del 19 gennaio 2022, act. SK 306.721.385).
4.5 Il prodotto delle attività delittuose per le quali A. e B. sono stati riconosciuti autori colpevoli - che corrisponde all'indebito profitto da loro conseguito grazie all'incasso delle retrocessioni (amministrazione infedele qualificata), rispettivamente al provento delle truffe - ammonta a complessivi CHF 204'875.--, EUR 2'549'813.76 e USD 417'271.60 per A., nonché a CHF 150'050.-- e a EUR 878'767.45 per B.
In particolare, con riferimento ad A., l'indebito profitto si compone di:
- CHF 204'875.--, EUR 603'938.76 e USD 417'271.60 per le retrocessioni indebitamente incassate a seguito degli investimenti in prodotti strutturati Banca 1 (capo d'accusa 1.1.1.1, in relazione con il capo d'accusa 1.1.1.2, v. supra consid. III. 2.6.6 e 2.8);
- EUR 469'875.-- per le retrocessioni indebitamente incassate a seguito degli investimenti in azioni S18a. (capo d'accusa 1.1.1.3, v. supra consid. III. 3.9 e 3.10);
- EUR 566'000.-- conseguiti con le truffe commesse in danno del titolare di “R17.”, di cui EUR 10'000.-- in correità con B. (capo d'accusa 1.1.2.1, v. supra consid. IV. 10.1);
- EUR 185'000.-- conseguiti con le truffe commesse in danno del titolare di “R17a.” (capo d'accusa 1.1.2.2, v. supra consid. IV. 10.1);
- EUR 725'000.-- conseguiti con le truffe commesse in danno del titolare di “R31.” (capo d'accusa 1.1.2.4, v. supra consid. IV. 10.1).
Per quanto concerne B., l'indebito profitto si compone di:
- EUR 456'750.-- per le retrocessioni indebitamente incassate a seguito degli investimenti in azioni S18a. (capo d'accusa 1.2.1.1, v. supra consid. III. 4.14 e 4.16);
- CHF 150'050.-- (pari ad un controvalore di EUR 120'020.80) e EUR 412'017.45 conseguiti con le truffe commesse in danno dei titolari di “R21.” (capo d'accusa 1.2.2.1, v. supra consid. IV. 10.2);
- EUR 10'000.-- conseguiti con la truffa commessa in danno del titolare di “R17.” in correità con A. (capo d'accusa 1.2.2.2, v. supra consid. IV. 10.2).
4.6 Risultano sotto sequestro oggetti e valori patrimoniali riconducibili ad A. e a B. Gli stessi sono elencati a pagina 16 dell'allegato 4 all'atto d'accusa 24 luglio 2020.
4.6.1 Oggetti/valori patrimoniali sequestrati ad A.:
- conto n. C1. intestato ad A. presso Banca 3 AG con un saldo di CHF 30'631.82 (stato al 31 dicembre 2021);
- conto n. C2. intestato ad A. presso Banca 4 con un saldo di CHF 8'079.84 (stato al 31 dicembre 2021);
- EUR 12'571.64 e USD 4'544.48 (stato al 30 giugno 2021), depositati presso la Banca 5;
- polizza vita n. 9. di A. presso l'assicurazione Società 4 AG con un valore di riscatto di CHF 10'104.-- (stato al 31 dicembre 2021);
- tre statue poste sotto sequestro, del valore di complessivi CHF 21'740.--.
4.6.2 Valori patrimoniali sequestrati a B.:
- conto n. C3. intestato a B. presso Banca 6 con un saldo di CHF 600'379.14 (stato al 31 dicembre 2021).
4.6.3 A., in sede di dibattimento, ha dichiarato che, sul conto presso Banca 3, è confluito lo stipendio della sua attività lavorativa, prima in Società 3 e poi in Società 2 SA (v. verbale d'interrogatorio di A. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.731.53). Le dichiarazioni dell'imputato trovano riscontro negli atti, in particolare dall'esame dell'estratto conto (act. MPC 7.6.1.9.1 e segg.).
Egli ha inoltre riferito che la polizza vita presso Società 4 AG veniva finanziata con fondi derivanti dal suo stipendio (v. interrogatorio dibattimentale di A. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.731.53).
In merito alle 26 banconote da EUR 500.-- e alle 59 banconote di USD, depositate presso la Banca 5, con un valore, al 30 giugno 2021, di complessivi EUR 12'571.64 e USD 4'544.48, A. ha dichiarato essere denaro di pertinenza di sua moglie P. e, quindi, di terzi. Egli ha precisato che questo denaro era il ricavato della vendita di un appartamento che apparteneva alla madre di sua moglie. A. ha aggiunto di avere prodotto, in passato, il contratto di compravendita dell'immobile che, però, non sarebbe stato preso in considerazione dagli inquirenti (v. interrogatorio di A. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.731.53).
Le statue, stando alle affermazioni dell'imputato, le avrebbe acquistate da un suo cliente a un prezzo di favore, senza specificare con quale denaro le avrebbe pagate (v. interrogatorio di A. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.731.53).
4.6.4 Con riferimento ai valori patrimoniali depositati presso Banca 6 AG (CHF 600'379.14, stato al 31 dicembre 2022), gli stessi sono stati oggetto di unico bonifico di CHF 600'000.-- del 12 agosto 2014 proveniente da KKKKK. (act. MPC 7.24.16.1.1-2).
Al dibattimento, la difesa di B. ha riferito trattarsi di fondi di pertinenza dell'imputato (v. interrogatorio di B. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.28). B., a detta del suo difensore, beneficiava di un diritto di compera su un immobile a W., poi ceduto a KKKKK. al prezzo di CHF 600'000.-- (v. interrogatorio di B. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.27). B. ha precisato, al riguardo, di avere immesso del capitale proprio in una società, la Società 32 SA, che, nel corso degli anni, avrebbe raggiunto l'ammontare di CHF 600'000.--. La società, in cambio, gli avrebbe concesso un diritto di opzione per l'acquisto di un appartamento, che poi egli avrebbe ceduto a KKKKK. (v. interrogatorio dei B. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.28). Agli atti vi sarebbe un contratto di mutuo tra B. e KKKKK. riferito alla cessione del diritto di compera (v. interrogatorio di B. del 14 gennaio 2022, act. SK 306.732.28 e act. MPC 5.8.73).
4.6.5 Le dichiarazioni rese dagli imputati (v. supra consid. VII. 4.6.3 e 4.6.4), come pure gli atti d'inchiesta, non hanno permesso di stabilire se, quanto attualmente in sequestro, sia il prodotto diretto o indiretto dei reati commessi da A. e B. In particolare, non è stato possibile accertare l'esistenza di un nesso tra i reati per i quali vengono condannati ed i valori/oggetti in sequestro (v. supra consid VII. 2).
Ne consegue che non sono dati i presupposti per pronunciare una confisca ai sensi dell'art. 70 cpv. 1 CP.
5. Considerato che, come detto, il provento dei reati per i quali A. e B. vengono qui condannati non è più reperibile, si giustifica condannare i due imputati ad un risarcimento equivalente in favore della Confederazione (art. 71 cpv. 1 CP, v. supra consid. VII. 3).
5.1 Per quanto attiene all'ammontare del risarcimento equivalente, si rammenta che, ai sensi dell'art. 71 cpv. 2 CP, il giudice può prescindere in tutto o in parte dall'ordinare un risarcimento quando questo risulti presumibilmente inesigibile o impedisca seriamente il reinserimento sociale dell'interessato.
La Corte si è quindi chiesta se, nel caso di specie, siano o meno dati gli estremi per ridurre l'ammontare del risarcimento compensatorio, rispettivamente per rinunciarvi.
Per fare ciò, il Collegio giudicante ha esaminato la situazione finanziaria di A. e di B., nonché l'impatto che potrebbe avere la pronuncia di un risarcimento equivalente nei loro confronti (DTF 122 IV 299 consid. 3b).
5.2 Come visto, A. e B. si trovano attualmente in una precaria situazione finanziaria ed entrambi sono senza fortuna (v. supra consid. VI. 3.5.1 [A.] e 4.6.1 [B.]), fatta eccezione per i beni e valori patrimoniali a loro sequestrati. Allo stato attuale, né A. né B. sarebbero in grado di far fronte al pagamento di un risarcimento equivalente (corrispondente all'ammontare del loro indebito profitto, che per A. supera EUR 2.5 milioni e per B. rasenta il milione di EUR, v. supra consid. VII. 4.5), anche qualora venissero loro concesse delle facilitazioni/agevolazioni. Le loro rispettive situazioni economiche non lasciano neppure intravvedere delle possibilità di successo nell'ambito di un'eventuale procedura esecutiva d'incasso, né oggi, né in un prossimo futuro.
La condanna ad un risarcimento equivalente, corrispondente all'importo che avrebbe potuto essere confiscato (ossia l'indebito profitto conseguito da A. e B., v. supra consid. VII. 4.5), a mente della Corte, avrebbe quale conseguenza quella di ulteriormente aumentare l'indebitamento dei due imputati, oltre a compromettere il loro reinserimento sociale.
5.3 Alla luce di tutto quanto precede, tutto ben ponderato (tenendo anche conto di quanto in sequestro) lo scrivente Collegio ritiene adeguato ridurre l'ammontare del risarcimento equivalente, che viene stabilito in:
- CHF 100'000.-- a carico di A. e
- CHF 605'000.-- a carico di B.
5.4 Al fine di garantire la parziale esecuzione dei risarcimenti equivalenti decisi a carico di A. e B., viene mantenuto il sequestro sui beni elencati ai considerandi VII. 4.6.1 (A.) e 4.6.2 (B.) supra (v. pagina 16 dell'allegato 4 all'atto d'accusa 24 luglio 2020).
5.5 A., come detto, in sede di dibattimento, si è opposto alla confisca delle somme di denaro di EUR 12'571.64 e USD 4'544.48 (stato al 30 giugno 2021) depositate presso la Banca 5, indicando che le stesse sono di pertinenza della di lui moglie (v. arringa della difesa di A. del 20 gennaio 2022, act. SK 306.721.341 e supra consid. VII. 4.3) e quindi di un terzo ai sensi degli artt. 70 cpv. 2 o 71 cpv. 1 CP.
In data 24 agosto 2013 la signora P. aveva chiesto al MPC il dissequestro degli importi di denaro che sosteneva essere di sua pertinenza, trasmettendo copia del contratto di compravendita menzionato da A. al dibattimento (act. MPC 15.5.3 e segg.).
Con decreto 26 agosto 2013, la pubblica accusa aveva respinto la richiesta della signora P., indicando che quest'ultima non aveva fornito una prova determinante circa l'esclusiva titolarità del denaro (act. MPC 15.5.12-13).
La Corte ritiene che, né A., né la di lui moglie, abbiano sufficientemente comprovato che il denaro in contanti rinvenuto presso il loro domicilio fosse di pertinenza di quest'ultima e provenisse della vendita di un immobile di proprietà della di lei madre. Oltre al contratto di compravendita dell'immobile (act. MPC 15.5.5 e segg., che nulla comprova al riguardo), non vi sono agli atti ulteriori elementi che attestino quanto sostenuto dall'imputato, ossia, che il denaro sia riconducibile unicamente alla di lui moglie. Quest'ultima, pur essendo al corrente del procedimento penale e del sequestro delle banconote, dopo la sua richiesta di dissequestro del 24 agosto 2013 - respinta dal MPC - nulla ha più intrapreso per ulteriormente comprovare che il denaro appartenesse solo ed esclusivamente e lei.
Visto quanto precede, ritenuto che non vi sono sufficienti elementi per ritenere che gli EUR 12'571.64 e gli USD 4'544.48 siano riconducibili solo alla moglie di A., gli stessi vanno mantenuti in sequestro, al fine di garantire la parziale esecuzione del risarcimento equivalente.
5.6 In sede di requisitoria, la pubblica accusa ha chiesto di assegnare agli accusatori privati e danneggiati, ex art. 73 lett. c CP, le pretese di risarcimento che la Corte avrebbe pronunciato in applicazione dell'art. 71 CP (v. requisitoria del MPC del 18 gennaio 2022, act. SK 306.721.128 e segg.).
L'avv. Fubiani, a nome e per conto degli accusatori privati E., ha chiesto, in data 5 gennaio 2022, la confisca di tutti i beni di pertinenza degli imputati A. e B. e la loro liberazione a favore dei suoi assistiti (act. SK 306.310.012 e segg.).
5.6.1 Ai sensi dell'art. 73 cpv. 1 CP, se, in seguito a un crimine o a un delitto, alcuno patisce un danno non coperto da un'assicurazione e si deve presumere che il danno o il torto morale non saranno risarciti dall'autore, il giudice assegna al danneggiato, a sua richiesta, fino all'importo del risarcimento o del—l'indennità per torto morale stabiliti giudizialmente o mediante transazione: la pena pecuniaria o la multa pagata dal condannato (lett. a), gli oggetti e i beni confiscati o il ricavo della loro realizza—zione, dedotte le spese (lett. b), le pretese di risarcimento (lett. c), l'importo della cauzione preventiva prestata (lett. d). Il giudice può tuttavia ordinare questi assegnamenti soltanto se il danneggiato cede allo Stato la relativa quota del suo credito (art. 7 cpv. 2 CP).
Come risulta dal testo di legge, affinché vi sia un assegnamento ai sensi dell'art. 73 CP, occorre una richiesta esplicita da parte delle persone danneggiate. Non vi è alcun assegnamento deciso d'ufficio (DTF 122 365 consid. 2). È, inoltre, necessaria l'esistenza di un reato penale e di un danno cagionato da tale reato (DTF 145 IV 237 consid. 3.1), nonché una cessione del credito da parte del danneggiato allo Stato. La cessione di credito allo Stato ha quale scopo quello di evitare, da un lato, che la persona condannata paghi due volte il medesimo risarcimento, dall'altro lato, che la persona danneggiata possa arricchirsi, beneficiando sia dell'assegnamento, sia del risarcimento da parte dell'imputato (DTF 117 IV 107). La cessione del credito deve intervenire, imperativamente, prima che il tribunale competente decida sugli assegnamenti ai danneggiati (Dupuis e al., op. cit, n. 7 ad art. 73 CP; con riferimenti).
5.6.2 In concreto, nessuno dei danneggiati ha presentato espressa richiesta di assegnamento ex art. 73 CP.
5.6.3 Unica richiesta presente negli atti è quella formulata dall'avv. Fubiani, il quale ha postulato la confisca di tutti i beni di pertinenza degli imputati e la loro liberazione a favore degli accusatori privati da lui assistiti (v. supra consid. VII. 5.6 e act. SK 306.310.012 e segg.). Questi risultano essere danneggiati dall'agire illecito di A. e di B. (v. infra consid. VIII. 6).
Occorre, quindi, stabilire se, la richiesta formulata dagli accusatori privati E., tramite il patrocinatore, sia sufficiente e possa essere considerata una richiesta ex art. 73 CP, rispettivamente se siano dati gli estremi per un assegnamento ai sensi della citata disposizione.
Si rileva innanzitutto come gli accusatori privati abbiano postulato, peraltro in maniera molto generica, la confisca di tutti i beni di pertinenza degli imputati. La Corte, lo si rammenta, ha pronunciato la condanna di A. e B. ad un risarcimento equivalente, non essendo possibile procedere con una confisca.
Inoltre, non risulta, né dallo scritto del 5 gennaio 2022, né da altri documenti agli atti, che gli E. abbiano ceduto le loro pretese verso A. e B. allo Stato.
Lo scritto 5 gennaio 2022 è stato redatto da un legale, dal quale ci si può, e ci si deve, aspettare delle richieste che siano conformi alle norme vigenti. Non si può esigere che la Corte “interpreti” una esplicita richiesta di confisca, quale richiesta di risarcimento equivalente. In siffatte circostanze, la richiesta del patrocinatore degli accusatori privati in data 5 gennaio 2022, non adempie i presupposti dell'art. 73 CP che, pertanto, non può essere applicato. Ne consegue che la richiesta 5 gennaio 2022 dell'avv. Fubiani va respinta.
5.6.4 In assenza di esplicite istanze di assegnamento da parte delle altre persone eventualmente danneggiate dall'agire penalmente rilevante di A. e di B., va respinta anche la richiesta formulata dal MPC in sede di requisitoria (act. SK 306.721.128 e segg.).
5.7 Tra l'elenco dei valori patrimoniali sequestrati dal MPC, vi sono anche 100'000 azioni Società 18a., depositate sulla relazione n. R59. presso Banca 9 (ora divenuta Banca 37 SA) intestata a RRRR. e sulla quale B. disponeva di una procura.
Con scritto del 23 agosto 2021, l'istituto bancario ha chiesto a questo Tribunale se il sequestro sui titoli S18a. era stato tolto e se poteva procedere con la chiusura del conto, considerato che l'attivo dei titoli era pari a CHF 0.-- (act. SK 306.510.45 e segg.).
Invitati a prendere posizione (act. SK 306.400.111-112), il MPC e il difensore di A. non si sono opposti alla levata del sequestro delle azioni S18a. (act. SK 306.510.58 [MPC] 306.521.22 [A.]). La difesa di B. si è rimessa al giudizio della Corte (act. SK 306.522.18). Tutte le altre parti sono rimaste silenti.
Visto quanto precede, considerato che nessuna delle parti si oppone al dissequestro dei titoli S18a., ritenuto che il valore dei medesimi è pari a CHF 0.--, si giustifica ordinarne il dissequestro.
VIII. Pretese civili
1. Le pretese di diritto civile derivanti da un reato possono essere fatte valere in via adesiva nella procedura penale dal danneggiato in veste di accusatore privato (art. 122 cpv. 1 CPP). Esse sono giudicate dal giudice investito della causa penale senza riguardo al valore litigioso (art. 124 cpv. 1 CPP). È accusatore privato il danneggiato che dichiara espressamente di partecipare al procedimento penale con un'azione penale o civile (art. 118 cpv. 1 CPP). La dichiarazione va fatta a un'autorità di perseguimento penale al più tardi alla conclusione della procedura preliminare (art. 118 cpv. 3 CPP). La pretesa fatta valere nell'azione civile deve per quanto possibile essere quantificata nella dichiarazione di cui all'art. 119 CPP e succintamente motivata per iscritto indicando i mezzi di prova invocati, al più tardi in sede di arringa (art. 123 CPP). Giusta l'art. 126 cpv. 1 CPP il giudice si pronuncia sull'azione civile promossa in via adesiva se: a) dichiara colpevole l'imputato; b) assolve l'imputato e la fattispecie è matura per la pronuncia di merito. L'azione civile è invece rinviata al foro civile se: a) il procedimento penale è abbandonato o concluso nella procedura del decreto d'accusa; b) l'accusatore privato non ha sufficientemente quantificato o motivato l'azione; c) l'accusatore privato non presta garanzie per le pretese dell'imputato; d) l'imputato è assolto ma la fattispecie non è ancora matura per la pronuncia di merito (art. 126 cpv. 2 CPP).
2. Nella presente fattispecie si sono costituite accusatrici private, ai sensi dell'art. 118 cpv. 1 CPP, le seguenti persone danneggiate:
- il cliente D., titolare e ADE della relazione “R31.” presso Banca 2 (act. MPC 5.11.3 e segg.)
- i clienti E., titolari e ADE delle relazioni “R21.” presso Banca 2 e “R49.” presso Banca 9 (act. MPC 5.8.10 e segg.)
- la cliente F., titolare e ADE della relazione “R24.” presso Banca 2 (act. MPC 5.9.1-5)
- la cliente G., ADE della relazione intestata a Società 6 presso Banca 2 (act. MPC 5.7.1-3)
- la Società 1 Srl, ADE della relazione a lei intestata presso Banca 2 (act. MPC 15.26.1)
- il cliente H., titolare e ADE della relazione “R18.” presso Banca 2 (act. MPC 15.25.1)
- l'Ufficio dei fallimenti, Lugano, in rappresentanza della massa fallimentare di Società 2 SA, in liquidazione (act. MPC 18.6.3)
- il Fondo 1, ADE della relazione ad esso intestata presso Banca 2 (act. MPC 15.7.1.1 e 15.17.1).
In sede di dibattimento, solo gli accusatori privati G., E. e D., hanno avanzato delle pretese civili nei confronti di A. e B. (per quest'ultimo solo i E.).
3. I difensori di A. e B., in aula, hanno chiesto alla Corte di respingere le istanze risarcitorie presentate dagli accusatori privati e, in via subordinate di demandarle al foro civile (v. arringa della difesa di A. del 20 gennaio 2022, act. SK 306.721.341 e arringa della difesa di B. del 19 gennaio 2022, act. SK 306.721.385 e seg.).
4. A. è stato riconosciuto autore colpevole, tra gli altri, di amministrazione infedele qualificata concernente gli investimenti in prodotti strutturati Banca 1 ed al relativo incasso delle retrocessioni (capo d'accusa n. 1.1.1.1, in relazione con il capo d'accusa n. 1.1.1.2, v. supra consid. III. 2.9) e di truffa (capi d'accusa n. 1.1.2.1, 1.1.2.2 e 1.1.2.4, v. supra consid. IV. 11). Il procedimento è invece stato abbandonato, tra gli altri, per l'accusa di amministrazione infedele concernente gli investimenti nel Fondo 2 (capo d'accusa n. 1.1.1.4, v. supra consid. III. 5.9.3).
B. è stato condannato per tutti i capi d'accusa a lui ascritti, in particolare per il reato di amministrazione infedele qualificata ripetuta legata agli investimenti in S18a. (capo d'accusa n. 1.2.1.1, v. supra consid. III. 4.17) e per la truffa ripetuta (capo d'accusa n. 1.2.2, v. supra consid. IV. 12).
5. Con scritto 13 gennaio 2022 (act. SK 306.551.4 e segg.), D., tramite il proprio patrocinatore, ha formulato un'istanza di risarcimento danni ai sensi degli art. 123, 338 cpv. 3 e 433 CPP nei confronti di A.
5.1 D. ha postulato, oltre alla condanna penale dell'imputato, che quest'ultimo venga condannato al pagamento dei seguenti importi, a titolo di parziale risarcimento danni:
- CHF 6'501'716.-- (CHF 197'000.-- + CHF 6'304'716.--) oltre interessi al 5% dal 1 giugno 2013
- EUR 733'100.-- (EUR 8'100.-- + EUR 725'000.--) oltre interessi al 5% dal 1 giugno 2013
- USD 12'000.-- oltre interessi al 5% dal 1 giugno 2013.
5.2 Gli importi richiesti dell'accusatore privato titolare del conto “R31.” si riferiscono al danno (indicato anche nell'atto d'accusa) che A. ha effettivamente cagionato a questo cliente mediante
l'incasso delle retrocessioni generate dagli investimenti in strutturati Banca 1 (CHF 197'000.-- + EUR 8'100.-- + USD 12'000.--, v. capo d'accusa n. 1.1.1.2.43),
la commissione delle truffe (EUR 725'000.--, v. capi d'accusa da n. 1.1.2.4.1 a n. 1.1.2.4.4),
nonché gli investimenti nel Fondo 2 (CHF 6'304'716.--, v. capo d'accusa n. 1.1.1.4.5).
5.3 Alla luce della condanna di A. per i reati di amministrazione infedele qualificata e di truffa in danno del titolare della relazione “R31.” di cui ai capi d'accusa n. 1.1.1.2.43 e 1.1.2.4.1-1.1.2.4.4, si giustifica riconoscere a D., a titolo di risarcimento CHF 197'000.--, EUR 733'100 e USD 12'000.--, oltre interesse del 5% a far tempo dal 1 giugno 2013.
5.4 In considerazione dell'abbandono del reato di amministrazione infedele riferito all'investimento nel Fondo 2 (v. supra consid. III. 5.9.3), la pretesa di CHF 6'304'716.--, non può essere riconosciuta in questa sede e viene rinviata al competente foro civile, ai sensi dell'art. 126 cpv. 2 lett. a CPP.
6. Con scritto 5 gennaio 2022 (act. SK 306.310.12 e segg.) gli accusatori privati E., tramite il loro patrocinatore, hanno chiesto la condanna di A. e B. per i reati a loro ascritti nell'atto d'accusa e formulato le seguenti richieste di risarcimento:
- EUR 269'807.20 a carico di A. (capi d'accusa n. 1.1.1.1.17, 1.1.1.1.28 e 1.1.1.4.4);
- EUR 584'533.87 a carico di B. (capi d'accusa n. 1.1.2.1.1.6, 1.2.2.1).
Gli accusatori privati hanno, inoltre, postulato la confisca e la liberazione a loro favore di tutti i beni in sequestro di pertinenza degli imputati (al riguardo si rinvia a quanto indicato al consid. VII. 5.6.3 supra.
6.1 Con riferimento ad A. i signori E. hanno fatto valere il danno effettivamente da loro patito a seguito dell'amministrazione infedele qualificata commessa dall'imputato nell'ambito degli investimenti in prodotti strutturati Banca 1. In particolare: la perdita di EUR 17'051.20 derivante da questi investimenti fatti contra mandato (v. capo d'accusa n. 1.1.1.1.17), nonché l'ammontare delle retrocessioni, indebitamente incassate da Società 2 SA e non riversate ai clienti, per complessivi EUR 10'925.-- (v. capo d'accusa n. 1.1.1.2.28).
6.1.1 Alla luce della condanna di A. per i succitati capi d'accusa, a favore degli accusatori privati E. vengono riconosciuti complessivi EUR 27'976.20 (EUR 17'051.20 + EUR 10'952.--) a titolo di risarcimento del danno. Importo che viene posto a carico dell'imputato.
6.1.2 Per le medesime ragioni esposte al considerando VIII. 5.4 supra, non viene riconosciuto, in questa sede, il danno di EUR 241'831.-- derivante dagli investimenti nel Fondo 2 e la pretesa degli accusatori privati viene rinviata al foro civile (art. 126 cpv. 2 lett. a CPP).
6.2 Per quanto concerne B., il danno da loro patito a seguito delle truffe riferite alla relazione “R21.” commesse dall'imputato e di cui al capo d'accusa n. 1.2.2.1 (in particolare da n. 1.2.2.1.1 a n. 1.2.2.1.8), ammonta a complessivi EUR 532'038.25 (v. supra consid. IV. 9), e meglio: EUR 50'000.-- come al punto n. 1.2.2.1.1 + EUR 6'000.-- come al punto n. 1.2.2.1.2 + EUR 25'000.-- come al punto n. 1.2.2.1.3 + EUR 25'000.-- come al punto n. 1.2.2.1.4 + EUR 59'533.87 come al punto n. 1.2.2.1.5 + EUR 120'020.80 come al punto n. 1.2.2.1.6 + EUR 129'983.58 come al punto n. 1.2.2.1.7 + EUR 116'500.-- come al punto n. 1.2.2.1.8 dell'atto d'accusa.
6.2.1 Ritenuto che B. è stato riconosciuto autore colpevole di tutti i reati a lui ascritti nell'atto d'accusa, quindi anche delle truffe commesse in danno dei titolari di “R21.”, la pretesa degli accusatori privati di EUR 532'038.25 viene riconosciuta.
6.2.2 Non viene invece accordato, in questa sede, l'importo di EUR 52'500.-- richiesto dagli accusatori privati e riferito a quanto pagato dagli E. (titolari del conto “R49.” presso Banca 9) per l'investimento effettuato in azioni S18a. tramite Società 5, oggetto dell'imputazione di cui al capo d'accusa n. 1.2.1.1.6. La Corte rileva, a tal proposito, che dall'esame dell'accusa di amministrazione infedele aggravata in capo a B. (capo d'accusa n. 1.2.1.1), il danno, che il MPC ha quantificato in complessivi EUR 614'580.08, corrisponde alla parte in valuta delle retrocessioni percepite dall'imputato in più occasioni (v. anche supra consid. III. 4.14). Si ha che, stando all'accusa, il danno non risulta essere l'importo investito, bensì la retrocessione incassata da B. In siffatte circostanze, la Corte ritiene di dovere rinviare al foro civile la richiesta di risarcimento di EUR 52'500.-- non essendo, la stessa, sufficientemente liquida per una pronuncia in sede penale (art. 126 cpv. 2 lett. b CPP), giacché il danno fatto valere dagli accusatori privati nello scritto 5 gennaio 2022 sembra divergere dal danno indicato nell'atto d'accusa e confermato da questo Collegio (v. supra consid. III. 4.14).
7. In occasione del dibattimento l'accusatrice privata G., con l'arringa del proprio patrocinatore (act. SK 306.721.154 e segg.), ha fatto valere un danno di complessivi EUR 1'394'005.56 (controvalore di CHF 1'749'616.38, cambio al 18 aprile 2017), che A. le avrebbe cagionato con il suo agire costitutivo di amministrazione infedele.
7.1 La pretesa avanzata da G. si compone di:
- EUR 321'455.68 riferiti alla perdita derivante dagli investimenti in strutturati Banca 1;
- EUR 45'446.25 concernenti le retrocessioni generate dagli investimenti in strutturati Banca 1, incassate da A. e non riversate a G.;
- EUR 78'306.35 derivanti dalla perdita degli investimenti nel Fondo 2;
- EUR 235'493.68 corrispondente al danno cagionato da investimenti in altri prodotti (contrari alle istruzioni di G.);
- EUR 19'087.61 per l'incasso di administration fees, non dovute in quanto riferite ad investimenti effettuati contrariamente al mandato;
- EUR 283'975.-- riferiti ad un prestito alla Società 16 SA fatto da A. a nome e per conto dell'accusatrice privata senza autorizzazione di quest'ultima;
- EUR 410'240.99 a titolo di rendite non conseguite, poiché il patrimonio andato perso dagli investimenti di A. non ha potuto essere investito conformemente al mandato e generare utili.
7.2 A., con riferimento alla cliente G., è stato riconosciuto autore colpevole di amministrazione infedele qualificata, concernente gli investimenti in prodotti strutturati Banca 1, di cui al capo d'accusa 1.1.1.1.2, in relazione con il capo d'accusa n. 1.1.1.2.2 (v. supra consid. III. 2.9).
Il danno cagionato da A., con il suo agire, alla titolare della relazione intestata a Società 6 ammonta a complessivi EUR 210'727.48, ossia EUR 165'281.23 riferiti al punto 1.1.1.1.2 dell'atto d'accusa (e non EUR 321'455.68 esposti dall'accusatrice privata) ed EUR 45'446.25 riferiti al punto 1.1.1.2.2 dell'atto d'accusa.
Tale importo viene riconosciuto all'accusatrice privata G., a titolo di risarcimento del danno.
7.3 La pretesa di EUR 78'306.35 derivante dalla perdita degli investimenti nel Fondo 2 non viene accordata in questa sede, dato l'abbandono pronunciato nei confronti di A. (v. supra consid. VIII. 5.4). La pretesa di G. viene rinviata al competente foro civile in applicazione dell'art. 126 cpv. 2 lett. b CPP.
7.4 Anche tutte le altre poste di danno fatte valere dall'accusatrice privata in aula (v. supra consid. VIII. 7.1), non vanno riconosciute in questa sede.
La Corte rileva che le somme avanzate per le perdite derivanti da altri investimenti effettuati da A. (EUR 235'493.68) e il prestito a Società 16 (EUR 283'975.--) concernono delle fattispecie diverse che non sono contemplate nell'atto d'accusa e non risultano essere la conseguenza dei reati penali per i quali l'imputato viene qui condannato.
Con riferimento alle administration fees non dovute (EUR 19'087.61) e alle rendite non conseguite (EUR 410'240.99), le stesse non sono state inserite nell'atto d'accusa quali poste di danno derivanti dall'amministrazione infedele commessa da A.
Inoltre, l'accusatrice privata neppure ha sufficientemente motivato e comprovato le proprie pretese.
Non è quindi stato possibile accertare se l'incasso da parte di A. delle administration fees, rispettivamente il mancato conseguimento di rendite, costituissero effettivamente un danno e se lo stesso fosse una conseguenza dell'amministrazione infedele qualificate commessa da A. nella gestione della relazione bancaria riconducibile a G.
7.5 Alla luce di quanto precede, la pretesa avanzata dall'accusatrice privata G. viene riconosciuta limitatamente a EUR 210'727.48.
Tutte le altre pretese, vanno demandate al compente foro civile, in virtù dell'art. 126 cpv. 2 lett. a e b CPP.
IX. Spese
1. Per la ripartizione delle spese giudiziarie e delle ripetibili si applicano gli art. 416 e segg. CPP. Esse sono calcolate secondo i principi fissati nel regolamento del Tribunale penale federale sulle spese, gli emolumenti, le ripetibili e le indennità della procedura penale federale (RSPPF; RS 173.713.162). Le spese procedurali comprendono gli emolumenti e i disborsi (art. 1 cpv. 1 RSPPF). Gli emolumenti sono dovuti per le operazioni compiute o ordinate dalla polizia giudiziaria federale e dal Ministero pubblico della Confederazione nella procedura preliminare, dalla Corte penale nella procedura dibattimentale di primo grado, dalla Corte d'appello nelle procedure d'appello e di revisione e dalla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale nelle procedure di ricorso ai sensi dell'articolo 37 LOAP (art. 1 cpv. 2 RSPPF). I disborsi sono gli importi versati a titolo di anticipo dalla Confederazione; essi comprendono segnatamente le spese della difesa d'ufficio e del gratuito patrocinio, di traduzione, di perizia, di partecipazione da parte di altre autorità, le spese postali e telefoniche ed altre spese analoghe (art. 1 cpv. 3 RSPPF). Gli emolumenti sono fissati in funzione dell'ampiezza e della difficoltà della causa, del modo di condotta processuale, della situazione finanziaria delle parti e dell'onere della cancelleria (art. 5 RSPPF). In caso di apertura di un'istruttoria, l'emolumento riscosso per le investigazioni di polizia si situa tra i CHF 200.-- e i CHF 50'000.-- (art. 6 cpv. 3 lett. b RSPPF). In caso di chiusura con un atto d'accusa (cfr. art. 324 e segg., 358 e segg., 374 e segg. CPP), l'emolumento relativo all'istruttoria oscilla tra CHF 1'000.-- e CHF 100'000.-- (cfr. art. 6 cpv. 4 lett. c RSPPF). Il totale degli emolumenti per le investigazioni di polizia e l'istruttoria non deve superare CHF 100'000.-- (art. 6 cpv. 5 RSPPF). Nelle cause giudicate dalla Corte penale nella composizione di tre giudici, l'emolumento di giustizia varia tra i CHF 1'000.-- e i CHF 100'000.-- (art. 7 lett. b RSPPF).
Giusta l'art. 426 cpv. 1 CPP, in caso di condanna, l'imputato sostiene le spese procedurali. Sono eccettuate le sue spese per la difesa d'ufficio; è fatto salvo l'art. 135 cpv. 4 CPP. L'imputato non sostiene le spese procedurali causate dalla Confederazione o dal Cantone con atti procedurali inutili o viziati (art. 426 cpv. 3 lett. a CPP) o derivanti dalle traduzioni resesi necessarie a causa del fatto che l'imputato parla una lingua straniera (art. 426 cpv. 3 lett. b CPP). L'autorità penale può dilazionare la riscossione delle spese procedurali oppure, tenuto conto della situazione economica della persona tenuta a rifonderle, ridurle o condonarle (art. 425 CPP).
L'art. 426 cpv. 1 CPP si basa sulla circostanza che la persona condannata sia la responsabile del procedimento penale aperto e condotto a suo carico ed è quindi tenuta ad accollarsi tutti i costi di procedura derivanti dal procedimento. Tuttavia, tra il comportamento criminale dell'accusato e i costi di procedura deve sussistere un nesso causale (Schmid/Jositsch, Schweizerische Strafprozessordnung, Praxiskommentar, 3a ediz. 2017, n. 1 ad art. 426 CPP).
2. Il MPC ha chiesto di porre a carico di A., B. e C., in ragione di 1/3 ciascuno, gli emolumenti riferiti alla procedura preliminare quantificati in complessivi CHF 70'000.-- (v. allegato 5 all'atto d'accusa 24 luglio 2020).
La pubblica accusa ha inoltre chiesto la condanna dei tre imputati al pagamento dei seguenti disborsi, per complessivi CHF 147'673.05 (v. allegato 5 all'atto d'accusa 24 luglio 2020):
- CHF 63'195.70 a carico di A. (CHF 51'960.-- costi difesa d'ufficio, CHF 5'640.80 costi viaggi di servizio, CHF 4'200.-- costi sorveglianza telefonica, CHF 100.-- tassa di giudizio per approvazione sorveglianza telefonica, CHF 1'294.95 quota parte di 1/2 costi perizia calligrafica);
- CHF 79'595.85 a carico di B. (CHF 43'656.20 costi difesa d'ufficio, CHF 35'584.00 costi sorveglianza telefonica, CHF 255.65 costi viaggi di servizio, CHF 100.-- tassa di giudizio per approvazione sorveglianza telefonica);
- CHF 4'881.50 a carico di C. (CHF 3'586.55 costi di viaggio, CHF 1'294.95 quota parte di 1/2 costi perizia calligrafica).
3. La Corte ritiene che gli emolumenti postulati dall'accusa siano elevati e ciò alla luce del fatto che solo una parte dei reati inizialmente prospettati a carico dei tre imputati è stata portata in giudizio. Si rileva infatti che diverse ipotesi di reato, come l'organizzazione criminale, il riciclaggio di denaro, nonché i reati patrimoniali in danno del Fondo 1 e di “R24.”, sono stati abbandonati (v. supra Fatti E, H e M).
A mente del Collegio giudicante appare congruo e adeguato ridurre gli emolumenti per la procedura preliminare a complessivi CHF 50'000.--; importo da porre a carico di A., B. e C. in ragione di 1/3 ciascuno.
L'ammontare degli emolumenti rimane comunque elevato, ma ciò è da ricondurre alle caratteristiche transfrontaliere con l'Italia che hanno caratterizzato l'inchiesta e che hanno implicato delle trasferte riguardanti tutti e tre gli imputati.
4. Per quanto attiene ai disborsi che il MPC ha chiesto di accollare agli imputati, gli stessi vanno ridotti come esposto di seguito.
4.1 Non vengono riconosciuti i complessivi CHF 95'616.20 (CHF 51'960.-- a carico di A. e CHF 43'656.20 a carico di B.) riferiti ai costi per le difese d'ufficio, che saranno oggetto del considerando X. infra. Al riguardo si osserva che le spese concernenti la difesa d'ufficio, riservato l'art. 135 cpv. 4 CPP, non vanno accollate agli imputati (v. supra consid. IX. 1).
4.2 I costi per le misure di sorveglianza telefonica di CHF 4'200.-- a carico di A. e di CHF 35'584.00 a carico di B., nonché le relative tasse di decisione del Giudice dei provvedimenti coercitivi di complessivi CHF 200.--, così come esposti, non possono essere posti a carico dei due imputati. Non risulta infatti essere sufficientemente comprovato che le sorveglianze telefoniche si siano rese necessarie per l'accertamento dei reati per i quali A. e B. sono stati rinviati a giudizio. La pubblica accusa, nella quantificazione di tali spese, non è stata sufficientemente dettagliata e neppure lo sono i giustificativi menzionati nell'allegato 5 all'atto d'accusa.
4.3 Gli altri disborsi elencati nell'allegato 5 all'atto d'accusa, riferiti ai costi viaggi di servizio (CHF 9'483.00, di cui CHF 5'640.80 a carico di A., CHF 255.65 a carico di B. e CHF 3'586.55 a carico di C.) e alla perizia calligrafica (CHF 2'589.85, a carico di A. e C. in ragione di metà ciascuno), vengono riconosciuti ed accollati agli imputati.
5. Ai sensi dell'art. 7 lett. b RSPPF, nelle cause giudicate dalla Corte penale nella composizione a tre giudici, l'emolumento di giustizia varia tra i CHF 1'000.-- e i CHF 100'000.--.
In casu, la Corte ritiene che un emolumento complessivo di CHF 20'000.-- sia adeguato per una procedura come quella che qui ci riguarda.
Lo stesso viene suddiviso tra i tre imputati, in ragione del numero e del tipo di imputazioni formulate a loro carico nell'atto d'accusa, e meglio:
- CHF 9'000.-- per A.;
- CHF 7'000.-- per B.;
- CHF 4'000.-- per C.
6. Alla luce di tutto quanto precede, il totale delle spese procedurali ammonta a CHF 82'072.85 (CHF 50'000.-- di emolumenti per la procedura preliminare, CHF 12'072.85 di disborsi per la procedura preliminare, CHF 20'000.-- di emolumenti del TPF), di cui:
- CHF 32'602.5 riferite ad A.;
- CHF 23'922.30 riferite a B.;
- CHF 25'548.15 riferite a C.
7. In considerazione del parziale proscioglimento di A., nonché degli abbandoni pronunciati nei confronti di A. e C., la Corte ritiene equo porre a carico degli imputati i seguenti importi:
- CHF 25'000.-- a carico di A.;
- CHF 23'922.30 a carico di B., che viene condannato per tutte le accuse mosse contro di lui;
- CHF 25'000.-- a carico di C.
8. Ai sensi dell'art. 442 cpv. 4 CPP, le autorità penali possono compensare le loro pretese per spese procedurali con le pretese d'indennizzo della parte tenuta al pagamento relative al medesimo procedimento penale, nonché con valori patrimoniali sequestrati.
Nel caso concreto, a copertura delle spese procedurali viene pertanto ordinata la compensazione con i valori patrimoniali sequestrati (v. supra consid. VII. 4.6.1 e 4.6.2).
X. Difese d'ufficio e patrocinio d'ufficio
1. Il difensore d'ufficio è retribuito secondo la tariffa d'avvocatura della Confederazione e l'autorità giudicante stabilisce l'importo della retribuzione al termine del procedimento (art. 135 cpv. 1 e 2 CPP). Se il mandato del difensore d'ufficio viene revocato durante l'istruzione, l'indennità deve essere stabilita già in tale fase (Moreillon/Parein-Reymond, op. cit., n. 6 ad art. 135 CPP). L'art. 135 cpv. 4 prevede che non appena le sue condizioni economiche glielo permettano, l'imputato condannato a pagare le spese procedurali è tenuto a rimborsare la retribuzione alla Confederazione (lett. a) e a versare al difensore la differenza tra la retribuzione ufficiale e l'onorario integrale (lett. b). Secondo la giurisprudenza (sentenza del Tribunale federale 1P.285/2004 del 1 marzo 2005 consid. 2.4 e 2.5; sentenza del Tribunale penale federale SK.2004.13 del 6 giugno 2005 consid. 13), la designazione di un difensore d'ufficio crea una relazione di diritto pubblico tra lo Stato e il patrocinatore designato ed è compito dello Stato remunerare il medesimo, fermo restando che il prevenuto solvibile dovrà in seguito rimborsare tali costi.
1.1 In applicazione degli art. 11 e 12 RSPPF le spese di patrocinio comprendono l'onorario e le spese indispensabili, segnatamente quelle di trasferta, di vitto e di alloggio, nonché le spese postali e telefoniche. L'onorario è fissato secondo il tempo, comprovato e necessario, impiegato dall'avvocato per la causa e necessario alla difesa della parte rappresentata. L'indennità oraria ammonta almeno a CHF 200.-- e al massimo a CHF 300.--; essa è in ogni caso di CHF 200.-- per gli spostamenti. L'indennità oraria per le prestazioni fornite dai praticanti ammonta a CHF 100.-- (sentenza del Tribunale federale 6B_118/2016 del 20 marzo 2017 consid. 4.4.2, sentenze del Tribunale penale federale SK.2010.28 del 1 dicembre 2011 consid. 19.2; SK.2015.4 del 18 marzo 2015 consid. 9.2). Secondo giurisprudenza costante, le spese e indennità delle procedure di ricorso sono indipendenti da quelle della procedura di fondo (sentenza del Tribunale federale 6B_118/2016 del 20 marzo 2017 consid. 4.5.2; sentenze del Tribunale penale federale SK.2011.27 del 19 agosto 2014; SK.2011.8 del 13 gennaio 2012 consid. 14.1; BK.2015.5 del 21 dicembre 2010 consid. 3.7). Di regola, le spese sono rimborsate secondo i costi effettivi; se circostanze particolari lo giustificano, invece dei costi effettivi può essere versato un importo forfettario (art. 13 RSPPF). Giusta l'art. 13 cpv. 2 RSPPF sono rimborsati al massimo: per le trasferte in Svizzera, il costo del biglietto ferroviario di prima classe con l'abbonamento metà prezzo (lett. a); per il pranzo e la cena, gli importi di cui all'articolo 43 dell'ordinanza del DFF del 6 dicembre 2001 concernente l'ordinanza sul personale federale (lett. c); per fotocopia CHF 0.50, rispettivamente CHF 0.20 per grandi quantità (lett. e). L'imposta sul valore aggiunto (in seguito: “IVA”) dovrà pure essere presa in considerazione (cfr. art. 14 RSPPF). Va a tal proposito precisato che sino al 31 dicembre 2017 l'aliquota applicabile era dell'8%; dal 1 gennaio 2018 essa è del 7.7%.
1.2 Nella presente fattispecie, la tariffa oraria applicata è quella usuale per casi come quello che qui ci occupa, ovvero CHF 230.-- per le prestazioni e CHF 200.-- per le trasferte.
1.3 Il dibattimento, tenutosi dal 12 al 21 gennaio 2022, è durato, complessivamente 35 ore (v. verbali del dibattimento I e II data, act. SK 306.720.1 e segg.). Vanno, poi, considerate 2 ore per la comunicazione del dispositivo, avvenuta il 4 febbraio 2022, nonché accordata come indispensabile un'ora di colloquio con il cliente, dopo la comunicazione del dispositivo.
2. Con decreto del 23 febbraio 2017 (act. MPC 16.2.726), l'avv. Borradori è stato nominato difensore d'ufficio di A. a far tempo dal 18 gennaio 2017.
In sede di dibattimento, il difensore d'ufficio di A. ha presentato la nota d'onorario per le prestazioni da lui fornite dal 18 gennaio 2017 al 21 gennaio 2022 (act. SK 306.821.032 e segg.).
La nota professionale è suddivisa in due parti e meglio: prestazioni prima del 31 dicembre 2017 (IVA 8%) e prestazioni a far tempo dal 1 gennaio 2018 (IVA 7,7%).
2.1 La Corte ha provveduto a tassare la nota d'onorario.
Come verrà meglio dettagliato in seguito, dall'onorario esposto dal difensore di A., sono state dedotte le prestazioni che nulla hanno a che vedere con il procedimento in oggetto, in specie, la corrispondenza avuta con l'OCST e con l'Ufficio della Migrazione.
Con riferimento alle spese, non sono stati riconosciuti i costi per l'apertura dell'incarto, nonché le spese ordinarie di cancelleria, come i costi delle stampe, della carta, delle buste, delle telefonate (ad eccezione di quelle effettuate all'estero), ecc. Vengono accordati unicamente i costi di invio della corrispondenza. Per le fotocopie, sono stati riconosciuti CHF 0.50 a copia, fino a 100 fotocopie; sopra le 100 fotocopie, l'importo è di CHF 0.20 a copia.
2.1.1 Per quanto attiene alle prestazioni fornite fino al 31 dicembre 2017 (IVA 8%), l'avv. Borradori fa valere un dispendio di tempo di 130 ore e 55 minuti. Dallo stesso, come detto, vanno dedotti 30 minuti per uno scritto inviato all'OCST. Le ore di lavoro sono, pertanto, 130 e 25 minuti, per un onorario di CHF 29'994.30 (tariffa oraria di CHF 230/h).
Gli onorari per le trasferte, 10 ore e 40 minuti a CHF 200/h per complessivi CHF 2'132.--, vengono riconosciuto così come esposti.
Il totale degli onorari ammonta, pertanto, a CHF 32'126.30 (CHF 29'994.30 + CHF 2'132.--).
Le spese, effettuate le deduzioni menzionate al consid. X. 2.1 supra, vengono riconosciute nella misura di CHF 307.70, in luogo dei CHF 795.20 indicati nella nota.
L'IVA dell'8% sul totale di onorari e spese (CHF 32'434.--), è di CHF 2'259.72.
Visto quanto precede, per le prestazioni dell'avv. Borradori fino al 31 dicembre 2017 vengono riconosciuti CHF 35'028.72 (CHF 32'126.30 di onorari + CHF 307.70 di spese + CHF 2'259.72 di IVA 8%).
2.1.2 Con riferimento alle prestazioni a far tempo dal 1 gennaio 2018 (IVA 7,7%), l'avv. Borradori ha esposto un onorario di CHF 63'930.80 per complessive 277 ore e 58 minuti di lavoro. Le prestazioni vanno decurtate di 2 ore e 10 minuti, riferite alla corrispondenza avuta con l'ufficio della Migrazione. Sono, inoltre, da dedurre 4 ore inserite di troppo dal difensore per il dibattimento, durato circa 35 ore. Alle prestazioni per la partecipazione al dibattimento vengono, aggiunte ulteriori 3 ore il giorno della comunicazione del dispositivo (v. supra consid. X. 1.3), non indicate nella nota professionale. L'onorario, per le prestazioni riconosciute, ammonta, pertanto a CHF 63'204.--, pari a 274 ore e 48 minuti di lavoro a CHF 230/h.
All'onorario per le trasferte di 5 ore e 20 minuti, vanno aggiunti 40 minuti per la trasferta (andata e ritorno dal TPF) il giorno della comunicazione del dispositivo. L'onorario per le trasferte è, quindi, di CHF 1'200.--, corrispondenti a 6 ore a CHF 200/h.
Il totale degli onorari ammonta, pertanto, a CHF 64'404.-- (CHF 63'204.-- + CHF 1'200.--).
Le spese, quantificate dall'avv. Borradori in CHF 1'333.20, alla luce delle decurtazioni di cui al consid. X. 2.1 supra, vengono riconosciute nella misura di CHF 469.40.
L'IVA del 7,7%% sul totale di onorari e spese (CHF 64'873.40), è di CHF 4'995.25.
Visto quanto precede, le prestazioni dell'avv. Borradori a far tempo dal 1 gennaio 2018 ammontano CHF 69'868.65 (CHF 64'404.-- di onorari + CHF 469.40 di spese + CHF 4'995.25 di IVA 7,7%).
2.2 In considerazione degli importi calcolati sopra di CHF 35'028.72 (IVA all'8% inclusa) per prestazioni fino al 31 dicembre 2017 e di CHF 69'868.65 (IVA al 7,7% inclusa) per prestazioni a fa tempo dal 1 gennaio 2018; la retribuzione del difensore d'ufficio, avv. Borradori, viene fissata in complessivi CHF 104'900.-- (arrotondati, IVA inclusa), da cui vanno dedotti eventuali acconti nel frattempo versati.
2.3 A. è tenuto al rimborso alla Confederazione non appena le sue condizioni economiche glielo permetteranno (art. 135 cpv. 4 CPP).
3. Con decreto del 9 gennaio 2015 del MPC (act. MPC 16.4.331 e segg.), l'avv. Galante è stato nominato difensore d'ufficio di B., a far tempo dal 25 novembre 2014.
In sede di dibattimento, il difensore d'ufficio di B. ha presentato una nota d'onorario professionale per le sue prestazioni a far tempo dal 29 maggio 2020 (act. SK 306.721.414 e segg.). L'avv. Galante, inoltre, ha consegnato alla Corte copia di quattro note d'onorario (già inviate, a suo tempo, al MPC), riferite a prestazioni precedenti il 29 maggio 2020, che sono state, anch'esse, analizzate dalla Corte.
3.2 Il Collegio giudicante ha provveduto a tassare le note d'onorario nel modo seguente, applicando la tariffa oraria di CHF 230/h per le prestazioni e CHF 200/h per le trasferte, e riconoscendo per le spese, laddove esposte, un forfait pari al 1,5% dell'onorario.
3.3 In data 4 settembre 2015, l'avv. Galante ha trasmesso al MPC una nota professionale di complessivi CHF 6'955.20 (IVA all'8% inclusa) per prestazioni dal 25 novembre 2014 al 4 settembre 2015 (act. MPC 24.3.5 e segg.). La nota esponeva un onorario di CHF 6'440.-- per 28 ore di lavoro (a CHF 230/h), a cui aggiungere l'IVA al 8% di CHF 515.20. Nessuna spesa è stata fatta valere.
Le prestazioni esposte vengono riconosciute nella misura di 23 ore e 30 minuti, per complessivi CHF 5'405.--, a cui aggiungere l'IVA al 8% (CHF 432.40), per un ammontare complessivo di CHF 5'837.40. Non vengono infatti riconosciute 4 ore e 30 di colloqui avuti con il MPC il 25 novembre 2014 e il 4 dicembre 2014 (act. MPC 24.3.7).
3.3.1 In data 4 dicembre 2017, l'avv. Galante ha inviato al MPC un'ulteriore nota professionale di CHF 13'360.-- (IVA all'8% inclusa), per prestazioni tra il 1 settembre 2015 e il 30 novembre 2017, pari a 51 ore e 10 minuti di lavoro e 3 ore di trasferta al MPC per gli interrogatori (act. MPC 16.4.409 e segg.). Nessuna spese è stata fatta valere.
La nota d'onorario viene riconosciuta così come esposta, in quanto appare adeguata alle prestazioni fornite per la tutela degli interessi di B.
3.3.2 Visto quanto precede, per le prestazioni fino al 31 dicembre 2017, all'avv. Galante viene riconosciuto l'importo di CHF 19'197.40, IVA all'8% inclusa.
3.4 Il 3 gennaio 2020, il difensore di B. ha trasmesso al MPC un'ulteriore nota d'onorario di CHF 14'585.-- (fattura senza IVA), per prestazioni dal 2 gennaio 2018 fino al 31 dicembre 2019 (act. MPC 16.4.508 e segg.). L'onorario esposto di CHF 14'295.-- (pari a circa 60 ore di lavoro e 3 ore e 40 minuti di trasferte al MPC per gli interrogatori), viene riconosciuto.
Per quanto attiene alle spese, viene riconosciuto l'importo di CHF 214.43, pari all'1,5% dell'onorario (CHF 14'295.--), in luogo dei CHF 290.-- indicati nella nota (v. supra consid. X. 3.2).
Vengono, pertanto, accordati complessivi CHF 14'509.43, a cui aggiungere l'IVA all'8% (CHF 1'160.75).
3.4.1 Con l'invio al MPC della nota professionale del 19 maggio 2020, l'avv. Galante ha chiesto il pagamento di CHF 8'756.-- (IVA al 7,7% inclusa), per le prestazioni fornite tra il 14 gennaio 2020 e il 19 maggio 2020 (act. MPC 16.4.546 e segg.).
L'onorario di CHF 8'114.--, così come indicato (circa 3 ore e 40 minuti di lavoro e un'ora di trasferte al MPC per gli interrogatori), viene riconosciuto. Le spese ammontano a CHF 121.71, pari all'1,5% dell'onorario di CHF 8'114.-- (v. supra consid. X. 3.2), in luogo dei CHF 16.-- esposti nella nota.
Ne consegue, che la nota viene riconosciuta nella misura di CHF 8'235.71, oltre IVA al 7,7% (CHF 634.15).
3.4.2 Infine, l'avv. Galante ha consegnato a questo Tribunale, il 21 gennaio 2022, la nota professionale per le sue prestazioni a far tempo dal 29 maggio 2020 (act. SK 306.721.414 e segg.). La stessa ammonta a complessivi CHF 29'376.70 (IVA al 7,7% inclusa).
L'avv. Galante ha esposto complessive 105 ore a CHF 230/h (CHF 24'150.--) di onorario di lavoro, nonché 10 ore e 25 minuti per le trasferte a CHF 200/h (CHF 2'050--).
L'onorario esposto va decurtato di 5 ore e 15 minuti, inserite in eccesso per la partecipazione al dibattimento, durato circa complessivamente 35 ore. Vanno, però, aggiunte le ulteriori 3 ore il giorno della comunicazione del dispositivo, non indicate dal difensore (v. supra consid. X. 1.3).
Vengono, pertanto, accordate complessive 102 ore e 45 minuti di lavoro a CHF 230/h, corrispondenti ad un onorario di CHF 23'632.50.
In merito alle trasferte, vengono riconosciute quelle esposte e meglio, 10 ore e 15, alle quali va aggiunta ancora un'ora e 15 minuti, per la trasferta di andata e ritorno dal TPF il 4 febbraio 2022 (giorno della comunicazione del dispositivo). L'onorario per le trasferte ammonta, quindi, a 11 ore e 30 minuti, per un totale di CHF 2'300.-- (tariffa oraria di CHF 200.--).
L'onorario complessivo è di CHF 25'932.50 (CHF 23'632.50 + CHF 2'300.--).
Le spese, applicando il forfait dell'1,5% dell'onorario di CHF 25'932.50 (v. supra consid. X. 3.2), ammontano a CHF 388.99, in luogo delle 786.-- indicate. Il forfait è comprensivo delle spese di trasferta, non vengono, quindi, riconosciute quelle inserite nella nota, pari a CHF 290.70.
Si ha che, la nota professionale del 21 gennaio 2022 dell'avv. Galante viene riconosciuta nella misura di CHF 26'321.49 (CHF 25'932.50 + CHF 388.99), oltre IVA al 7.7% (CHF 2'026.75).
3.4.3 Visto quanto precede, per le prestazioni effettuate a far tempo dal 1 gennaio 2018 dall'avv. Galante, vengono riconosciuti complessivi CHF 49'066.63 (CHF 14'509.43 + CHF 8'235.71 + CHF 26'321.49), a cui aggiungere l'IVA del 7,7%, pari a CHF 3'778.13, per un ammontare di CHF 52'844.75.
3.5 In considerazione delle somme calcolate sopra (CHF 19'197.40 [IVA all'8% inclusa] per prestazioni fino al 31 dicembre 2017 + CHF 52'844.75 [IVA al 7,7% inclusa] per prestazioni a fa tempo dal 1 gennaio 2018), la retribuzione del difensore d'ufficio avv. Galante viene fissata in complessivi CHF 72'050.-- (arrotondati, IVA inclusa), da cui vanno dedotti eventuali acconti nel frattempo versati.
3.6 B. è tenuto al rimborso alla Confederazione non appena le sue condizioni economiche glielo permetteranno (art. 135 cpv. 4 CPP).
4. Con istanza del 15 dicembre 2021 (act. SK 306.523.2 e seg.), C., per il tramite del proprio difensore di fiducia ha formulato una richiesta di designazione dell'avv. Guglielmoni quale difensore d'ufficio, in quanto sprovvisto dei mezzi necessari per far fronte ai costi connessi alla sua difesa.
Con decreto del 3 gennaio 2022 (SN.2021.28, act. SK 306.911.1 e segg.), la Direzione del procedimento ha nominato l'avv. Guglielmoni quale difensore d'ufficio di C. a far tempo dal 15 dicembre 2021.
4.1 Al termine del dibattimento, l'avv. Guglielmoni ha presentato una nota professionale di CHF 21'882.65 (act. SK 306.721.436 e segg.), per le sue prestazioni a far tempo dal 15 dicembre 2021.
4.2 La Corte ha provveduto a tassare la nota d'onorario nel modo seguente.
4.2.1 Il difensore di C. ha esposto un onorario di 31 ore e 28 minuti per la fase predibattimentale (prestazioni dal 15 dicembre 2021 fino all'11 gennaio 2022), nonché, durante il dibattimento, 16 ore e 13 per la preparazione dello stesso. Lo scrivente Collegio ritiene che un ammontare complessivo di 47 ore e 41 minuti, per la fase predibattimentale e per la preparazione al dibattimento, sia un dispendio di tempo eccessivo per la difesa di C. L'avv. Guglielmoni ha assunto la difesa di fiducia dell'imputato il 9 aprile 2018 (act. MPC 16.6.102). Egli, al momento della sua nomina quale difensore d'ufficio, avvenuta circa un mese prima dell'apertura del dibattimento, conosceva pertanto già l'incarto concernente il suo assistito. L'onorario esposto nella nota non si giustifica, anche in considerazione degli onorari fatti valere dagli altri due difensori d'ufficio, i cui assistiti dovevano rispondere di accuse più gravi, rispetto a quelle mosse a C.
Visto quanto precede, ponderate tutte le circostanze, per una corretta esecuzione del mandato di tutela degli interessi di C., si ritiene adeguato un dispendio di tempo di 35 ore per la fase predibattimentale e per la preparazione al dibattimento.
4.2.2 Per quanto concerne la partecipazione al dibattimento, vengono riconosciute 31 ore e 24 minuti (in luogo delle 31 ore e 45 minuti esposte). Al riguardo, si osserva che l'avv. Guglielmoni era assente la mattina del 21 gennaio 2022. Vengono, inoltre, riconosciute ulteriori 2 ore per la comunicazione del dispositivo del 4 febbraio 2022 e 30 minuti di colloquio (non immediato vista l'assenza di C.) con il cliente dopo la comunicazione della sentenza (prestazioni, queste ultime, non contemplate nella nota).
4.2.3 Si ha, quindi, un onorario complessivo di 68 ore e 54 minuti alla tariffa oraria di CHF 230/ora, per un totale di CHF 15'847.--.
4.2.4 Vengono riconosciute, inoltre, le trasferte a Bellinzona e rientro, durante i giorni del dibattimento, nonché il giorno della comunicazione del dispositivo, per complessive 5 ore e 36 minuti. Applicando la tariffa oraria di CHF 200.--/ora, si ha un onorario totale per le trasferte di CHF 1'120.--.
4.2.5 L'onorario complessivo riconosciuto ammonta pertanto a CHF 16'967.-- (CHF 15'847.-- + CHF 1'120.--), oltre IVA del 7.7%.
4.2.6 Con riferimento alle spese, il difensore di C. le ha quantificate in CHF 576.95, corrispondenti al 3% dell'onorario esposto, a cui aggiungere le spese di trasferta di CHF 510.--.
La Corte ritiene congruo e adeguato riconoscere all'avv. Guglielmoni un forfait di spese pari all'1,5% dell'onorario riconosciuto di CHF 16'967.--, per un totale di CHF 254.50, oltre IVA del 7.7% (come riconosciuto anche al difensore di B.).
Le spese di trasferta di CHF 510.-- non vengono accordate, in quanto già comprese nel forfait dell'1,5%.
4.2.7 L'IVA al 7,7% sull'importo totale di onorari e spese di CHF 17'221.50 (CHF 16'967.-- + CHF 254.50) ammonta a CHF 1'326.06.
4.3 Considerando la somma di CHF 16'967.-- di onorari + CHF 254.50 di spese e di CHF 1'326.06 di IVA al 7,7%, la retribuzione del difensore d'ufficio, avv. Guglielmoni, viene fissata a CHF 18'550.-- (arrotondati, IVA inclusa), da cui vanno dedotti eventuali acconti nel frattempo versati.
4.4 C. è tenuto al rimborso alla Confederazione non appena le sue condizioni economiche glielo permetteranno (art. 135 cpv. 4 CPP).
5. Ai sensi dell'art. 136 cpv. 1 CPP, chi dirige il procedimento accorda parzialmente o totalmente il gratuito patrocinio all'accusatore privato, affinché questi possa far valere le sue pretese civili, se: l'accusatore privato è sprovvisto dei mezzi necessari (lett. a); e l'azione civile non appare priva di probabilità di successo (lett. b).
Il gratuito patrocinio comprende la designazione di un patrocinatore, se necessario per tutelare i diritti dell'accusatore privato (art. 136 cpv. 2 lett. c CPP.
La retribuzione del patrocinatore è retta per analogia dall'articolo 135 CPP (v. supra consid. X. 1); è fatta salva la decisione definitiva circa l'onere delle spese del gratuito patrocinio e degli atti procedurali per i quali è disposto l'esonero dall'anticipo delle spese (art. 138 cpv. 1 CPP). Se l'imputato è condannato a versare un'indennità processuale all'accusatore privato, l'indennità è devoluta alla Confederazione o al Cantone fino a concorrenza per le spese del gratuito patrocinio (art. 138 cpv. 2 CPP).
A norma dell'art. 135 CPP, vengono, di regola, riconosciute le prestazioni necessarie e adeguate per una corretta esecuzione del mandato di tutela degli interessi, in questo caso, dell'accusatore privato (Harari/Jakob/Santamaria, Commentaire romand, 2a ediz. 2019, n. 13 ad art. 135 CPP). Il principale criterio di valutazione è il tempo concretamente consacrato alle attività necessarie, direttamente connesse con il procedimento penale, segnatamente: studio dell'incarto, partecipazione agli atti istruttori, (comprese trasferte e tempi d'attesa), redazione di atti procedurali e preparazione delle udienze e delle arringhe (Harari/Jakob/Santamaria, op. cit., n. 14 ad art. 135 CPP).
5.1 Con decreto del 13 febbraio 2020 del MPC, l'accusatrice privata G., su sua richiesta, è stata posta a beneficio del gratuito patrocinio, a far tempo dal 10 gennaio 2020 (act. SK 306.854.7 e segg.). Quale patrocinatore di G. è stato designato l'avv. Marty, già avvocato di fiducia dell'accusatrice privata, a far tempo dal 2014.
5.2 Per le prestazioni effettuate dal 10 gennaio 2020, il patrocinatore di G. ha presentato tre note professionali, e meglio:
- nota d'onorario del 30 giugno 2021, di complessivi CHF 36'969.10 (IVA inclusa), per le prestazioni tra il 10 gennaio 2020 e il 29 luglio 2020 (act. SK 306.510.22 e seg.);
- nota d'onorario del 30 giugno 2021, di complessivi CHF 44'289.25 (IVA inclusa), per le prestazioni dal 29 luglio 2020 al 25 giugno 2021 (act. SK 306.854.1 e segg.);
- nota d'onorario del 18 gennaio 2022, di complessivi CHF 49'865.55 (IVA inclusa), per le prestazioni dal 29 giugno 2021 al 5 febbraio 2022 (act. SK 306.721.154 e segg.), presentata con l'arringa dibattimentale.
Il totale delle prestazioni quantificate dall'avv. Marty a far tempo dal 20 gennaio 2020, comprensive di onorari, spese e IVA, ammonta a CHF 131'123.90, per un dispendio di tempo di oltre 537 ore ad una tariffa oraria, indicata dal patrocinatore di CHF 220/h.
5.3 La Corte ha provveduto a tassare le tre note d'onorario, tenendo in considerazione quanto qui di seguito.
5.3.1 Il dispendio di tempo, quantificato in oltre 538 ore, per prestazioni fornite nell'arco di poco più di due anni, è eccessivo, in considerazione del fatto che l'avv. Marty è il patrocinatore di un accusatore privato. Il patrocinio dell'accusatore privato deve essere limitato a quanto utile e necessario alla tutela degli interessi della signora G., che, nel caso concreto, si limitano alle pretese civili, fatte valere nei confronti del solo A., derivanti dal reato di amministrazione infedele qualificata riferito ai prodotti strutturati Banca 1 e al Fondo 2. Inoltre, occorre considerare che, l'avv. Marty è patrocinatore della signora G. dal 2014. Al momento della nomina quale patrocinatore d'ufficio, pertanto, egli conosceva già da tempo l'incarto. Considerato, pure, che l'avv. Borratori, difensore dell'imputato principale A., ha esposto un tempo di lavoro inferiore (circa 409 ore di lavoro e 16 ore per le trasferte), per un periodo di tempo lungo più del doppio, ovvero circa 5 anni (da gennaio 2017 a febbraio 2022), è ovvio che le prestazioni del patrocinatore privato (anche se eventualmente utili) non sono da considerare necessarie nella loro totalità.
5.4 Visto quanto appena esposto, come verrà meglio dettagliato in seguito, dalle note professionali dell'avv. Marty, si giustifica stralciare le prestazioni che non sono necessarie per una corretta e adeguata tutela degli interessi dell'accusatrice privata, per un totale di almeno 240 ore.
5.4.1 Dalla nota d'onorario del 30 giugno 2021, che contempla 156 ore di lavoro nel periodo dal 10 gennaio 2020 al 29 luglio 2020 (act. SK 306.510.22 e seg.), vanno dedotte almeno 90 ore di prestazioni non dovute. A titolo d'esempio si citano le seguenti prestazioni: la lettura del 15 gennaio 2020 del verbale di A. del 19 dicembre 2019 di quasi 2 ore (l'avv. Marty era presente al quel verbale), le prestazioni (non meglio specificate) di oltre 17 ore del 31 gennaio e 5 febbraio 2020, riferite a 4000 pagine di documenti del MPC (oltre a non essere chiare, le prestazioni non sono giustificate), la lettura del verbale di LLLL. del 3 marzo 2020 di oltre 3 ore (LLLL. nulla ha a che vedere con la pretesa concernente la signora G.), la lettura della sentenza di Napoli del 28 e 29 maggio 2020 per quasi 9 ore (il procedimento a Napoli non concerne la relazione bancaria riconducibile a G., ma i titolari della relazione “R24.”), ecc.
5.4.2 La nota d'onorario, sempre del 30 giugno 2021, per le prestazioni dal 29 luglio 2020 al 25 giugno 2021 (act. SK 306.854.1 e segg.), va decurtata di almeno 85 ore (sulle quasi 187 esposte). A titolo esemplificativo, non vanno riconosciute: le oltre 2 ore del 30 settembre 2020 per la ricerca dei delitti nel codice penale italiano della sentenza di Napoli (tale sentenza, come detto, non concerne la signora G.), tutte le prestazioni riferite al “Noveneingabe” al Bezirksgericht Zürich, tutto quanto concerne la “Mittäterschaft” di Banca 2, nonché le prestazioni di quasi 5 ore riferite agli interrogatori di SSSS., Q. e LLLLL. (le stesse non concernono il presente procedimento) e le circa 30 ore di prestazioni esposte a fine 2020 per la richiesta a questo Tribunale di accesso agli atti da parte dello studio legale NNNNN. (in quanto eccessive, alla luce della tipologia di richiesta), ecc.
5.4.3 In merito all'ultima nota professionale del 18 gennaio 2022, il dibattimento è durato complessivamente 35 ore (v. supra consid. X. 1.3). Le prestazioni che eccedono questo periodo di tempo non sono state riconosciute e meglio: 26 ore esposte nel periodo dal 12 al 21 gennaio 2022, 34 ore e 12 minuti esposte dal 23 al 26 gennaio 2022 (in quanto non vi è stato dibattimento), nonché ulteriori 12 ore esposte tra il 4 e il 5 febbraio 2022.
5.5 Ponderate tutte le circostanze, considerato, inoltre, che l'avv. Marty segue l'incarto di G. dal 2014, questo Collegio ritiene che un tempo di lavoro di 50 ore sia adeguato per far valere la pretesa civile dall'accusatrice privata nei confronti di A.
Inoltre, per il dibattimento, oltre alle 35 ore per la partecipazione al processo, la Corte ha riconosciuto, come per l'avv. Borradori e l'avv. Galante, il 4 febbraio 2022, ulteriori due ore 2022 per la comunicazione del dispositivo, un'ora di colloquio con la cliente dopo il dispositivo, nonché il tempo e i costi di trasferta al Tribunale quel giorno.
Si ha, pertanto, un onorario complessivo, riferito a tutte e tre le note professionali, di 88 ore che, a CHF 230/h, equivalgono a un totale di CHF 20'240.--.
5.6 Vengono inoltre riconosciute tre trasferte per venire da Zurigo al TPF (e ritorno) per il dibattimento, per un totale di 15 ore. Si tratta delle trasferte dell'11 gennaio 2022 (e ritorno al 14 gennaio 2021), del 17 gennaio 2022 (e ritorno al 21 gennaio 2022) e del 4 febbraio 2022 (andata e ritorno). Applicando la tariffa di CHF 200/h, l'onorario complessivo è di CHF 3'000.--.
5.7 Per quanto concerne le spese, vengono riconosciuti i CHF 6.-- e i CHF 18.--, esposti nelle due note del 30 giugno 2021.
5.7.1 Con riferimento alla nota professionale del 18 gennaio 2022, per le trasferte riconosciute (v. supra consid. X. 5.6) viene accordato unicamente il costo del biglietto del treno Zurigo - Bellinzona (andata e ritorno) in prima classe a metà prezzo, pari a CHF 104.-- a trasferta, per complessivi CHF 312.-- (CHF 104.-- x 3). Tutte le altre spese di trasferta (compresi i trasferimenti dall'hotel al Tribunale) esposte, vengono stralciate.
Per quanto attiene ai pernottamenti, vengono riconosciuti quelli effettivi durante il dibattimento, e meglio: 3 notti dall' 11 al 13 gennaio 2022 (CHF 516.--, come esposto) e 4 notti dal 17 al 21 gennaio 2022 (CHF 672.--, pari a CHF 168.-- x 4). Viene inoltre riconosciuta la tassa di soggiorno di CHF 5.20 per ogni pernottamento, per complessivi CHF 36.40.
Le spese (Spesen und Auslagen) vengono, pertanto, accordate nella misura di CHF 1'571.--.
5.7.2 In complesso, per le tre note professionali, le spese ammontano a CHF 1'595.-- (CHF 6.-- + CHF 18.-- + CHF 1'571.--), arrotondati a CHF 1'600.--.
5.8 L'IVA al 7,7%, sull'importo totale di onorari e spese di CHF 24'840.-- (CHF 20'240.-- + CHF 3'000.-- + CHF 1'600.--), è di CHF 1'912.68.
5.9 La retribuzione del patrocinatore d'ufficio avv. Marty (composta da CHF 23'240.-- di onorari + CHF 1'600.-- di spese + CHF 1'912.68 di IVA al 7,7%.) viene pertanto fissata a CHF 26'800.-- (arrotondati, IVA inclusa), da cui vanno dedotti eventuali acconti nel frattempo versati.
5.10 Se l'imputato è condannato a versare un'indennità processuale all'accusatore privato ex art. 433 CPP, l'indennità è devoluta alla Confederazione o al Cantone fino a concorrenza per le spese del gratuito patrocinio (art. 138 cpv. 2 CPP).
Secondo la giurisprudenza, l'art. 433 CPP non trova applicazione, allorquando l'accusatore privato è posto a beneficio del gratuito patrocinio (v. DTF 138 IV 205, sentenze del Tribunale federale 3B_205/2014 del 17 febbraio 2015 consid. 4.2, 6B_234/2013 dell'8 luglio 2013 consid. 5.2).
Ne consegue che, essendovi, per la signora G., il gratuito patrocinio, A. non può essere condannato al pagamento di un'indennità ex art. 433 CPP. Non può, di conseguenza, essere stabilita nessuna devoluzione a favore dello Stato a carico dell'imputato.
XI. Risarcimenti
1. Giusta l'art. 433 cpv. 1 CPP l'imputato deve indennizzare adeguatamente l'accusatore privato delle spese necessarie da lui sostenute nel procedimento: a) se l'accusatore privato vince la causa, oppure b) se l'imputato è tenuto a rifondere le spese secondo l'art. 426 cpv. 2 CPP.
L'accusatore privato vince la causa qualora, in caso di azione penale, l'imputato venga condannato e, in caso di azione civile, la pretesa dell'accusatore privato venga tutelata.
L'autorità penale decide la richiesta sulla base dell'istanza di indennizzo che l'accusatore privato inoltra quantificando e comprovando le proprie pretese.
Le spese ai sensi dell'articolo 433 ccv. 1 CPP si riferiscono principalmente alle spese legali, nella misura in cui queste sono state causate dalla partecipazione al procedimento penale dell'accusatore privato ed erano necessarie a tutelare i suoi interessi (DTF 139 IV 102 consid. 4.1 e 4.3; sentenza del Tribunale federale 6B_423/2016 del 26 gennaio 2017 consid. 2.3 con rinvii).
Secondo la giurisprudenza la nozione di adeguato indennizzo ai sensi dell'art. 433 CPP lascia un ampio margine di apprezzamento al giudice e concerne le spese necessarie per un'adeguata e ragionevole tutela degli interessi dell'accusatore privato (DTF 139 IV 102 consid. 4.1 e 4.3, Mizel/ Rétonaz, Commentaire romand, 2a ediz. 2019, n. 8b ad art. 433 CPP). L'indennizzo viene stabilito prendendo in considerazione le spese necessarie ad un avvocato cognito in materia di patrocinio di accusatori privati in ambito penale, che ha solide conoscenze della materia ed è quindi in grado di effettuare le sue prestazioni in modo mirato ed efficiente sin dall'inizio (sentenza 6B_1389/2016 del 16 ottobre 2017 consid. 2.2.1). Questo vale anche, per le difficoltà linguistiche. Gli avvocati attivi in territorio elvetico devono conoscere, almeno passivamente, le lingue nazionali. Le difficoltà linguistiche che hanno un impatto sul dispendio di tempo necessario per l'esecuzione del mandato, non vengono considerate nell'indennizzo ex art. 433 CPP.
2. Con scritto del 20 gennaio 2022, il Fondo 1, tramite il proprio patrocinatore, ha presentato un'istanza d'indennizzo ai sensi dell'art. 433 CPP, chiedendo la condanna degli imputati A. e C. al pagamento, in solido, dell'importo di EUR 48'475.--, per le spese legali sostenute (act. SK 306.552.005). Il patrocinatore del Fondo 1 ha allegato una nota professionale dettagliata, con le prestazioni da lui fornite tra il 12 settembre 2014 e il 5 gennaio 2022. Le prestazioni esposte contemplano unicamente l'onorario di lavoro; nessuna spesa è stata indicata.
2.1. A. e C. sono stati riconosciuti autori colpevoli del reato di falsità in documenti ripetuta, concernenti il Fondo 1, per tutti i capi d'imputazione contemplati nell'atto d'accusa, ad eccezione di 4 episodi, per i quali è stato pronunciato l'abbandono, per intervenuta la prescrizione (v. supra consid. V. 7.14).
Ne consegue che, il Fondo 1 ha vinto la causa e ha, quindi, diritto a un indennizzo ai sensi dell'art. 433 CPP, essendo, l'avv. Paparelli, un patrocinatore di fiducia.
2.2. Lo scrivente Collegio ha esaminato la nota professionale dell'avv. Paparelli e rileva quanto qui di seguito.
2.2.1 Il patrocinatore del Fondo 1 ha esposto complessivamente 138 ore e 30 minuti di lavoro a una tariffa oraria di EUR 350/h.
Si osserva, innanzitutto, che, al caso concreto si applica l'onorario di CHF 230/h, usuale per cause come quella qui in esame. Medesima tariffa è stata applicata pure al patrocinatore e ai difensori d'ufficio (v. supra consid. X. 1.2).
Ciò detto, l'onorario dell'avv. Paparelli va decurtato di 6 ore, riferite agli incontri con il MPC (1 ora e 30 muniti il 1 ottobre 2014 e 2 ore il 27 novembre 2014), nonché alle prestazioni concernenti la Pretura di Lugano e l'Ufficio dei fallimenti (30 minuti il 3 ottobre 2014 e 2 ore il 3 dicembre 2014). Tutte le altre prestazioni vengono riconosciute, come esposte nella nota.
2.2.2 Visto quanto sopra, all'avv. Paparelli vengono riconosciute 132 ore e 30 minuti di lavoro (per il periodo dal 12 settembre 2014 al 5 gennaio 2022), a cui applicare la tariffa oraria di CHF 230/h, per un onorario complessivo di CHF 30'475.--.
2.3 Alla luce della condanna di A. e C. (v. supra consid. V. 7.14), gli stessi sono condannati, in solido, al pagamento di CHF 30'475.-- al Fondo 1, a titolo di indennizzo ex art. 433 CPP.
3. In sede di arringa, il patrocinatore d'ufficio della signora G. ha chiesto di porre a carico dell'imputato A. l'importo di CHF 131'123.90 oggetto delle tre note professionali per le prestazioni legali a far tempo dalla nomina quale patrocinatore d'ufficio (act. SK 306.721.161).
Per il periodo precedente la nomina, nessuna richiesta di indennizzo è stata presentata dall'accusatrice privata.
3.1 Le prestazioni dell'avv. Marty, per la tutela degli interessi dell'accusatrice privata sono già state tassate al considerando X. 5 supra.
Come visto, l'ammontare riconosciuto per il patrocinio d'ufficio, corrisponde alle spese necessarie all'esecuzione del mandato dell'accusatrice privata, nell'ambito del presente procedimento. Non si giustifica, pertanto, riconoscere ulteriori spese legali ai sensi dell'art. 433 CPP, a carico di A., il quale, è, inoltre, sprovvisto dei mezzi necessari per farvi fronte.
3.2 Considerata la presenza del gratuito patrocinio, in virtù della giurisprudenza del Tribunale federale, l'art. 433 CPP, non trova applicazione nel caso di specie (v. supra consid. X. 5.10).
La Corte pronuncia:
I. A.
1.
1.1 Il procedimento nei confronti di A. è abbandonato:
- in relazione alle imputazioni da 1.1.3.6.1 a 1.1.3.6.4 dell'atto d'accusa (falsità in documenti, art. 251 n. 1 CP), per intervenuta prescrizione dell'azione penale;
- in relazione all'imputazione 1.1.1.4 (e sottopunti) dell'atto d'accusa (amministrazione infedele, art. 158 CP), per intervenuta prescrizione dell'azione penale;
1.2 A. è prosciolto dalle accuse di:
- amministrazione infedele qualificata (art. 158 n. 1 cpv. 3 CP), in relazione alle imputazioni 1.1.1.1.16 e 1.1.1.5 (e sottopunti) dell'atto d'accusa;
- truffa (art. 146 cpv. 1 CP), in relazione all'imputazione 1.1.2.3 (e sottopunti) dell'atto d'accusa;
- falsità in documenti (art. 251 n. 1 CP), in relazione alle imputazioni 1.1.3.1 (e sottopunti), 1.1.3.2 (e sottopunti), 1.1.3.4.2, 1.1.3.4.3 e 1.1.3.4.7 dell'atto d'accusa;
1.3 A. - per quanto il procedimento nei suoi confronti non sia stato abbandonato oppure egli non sia stato prosciolto, come al sub I. 1.1 e I. 1.2 del presente dispositivo - è riconosciuto autore colpevole di:
- amministrazione infedele qualificata ripetuta (art. 158 n. 1 cpv. 3 CP) come al punto 1.1.1 (e sottopunti) dell'atto d'accusa;
- truffa ripetuta (art. 146 cpv. 1 CP), come al punto 1.1.2 (e sottopunti) dell'atto d'accusa;
- falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP), come al punto 1.1.3 (e sottopunti) dell'atto d'accusa.
2. A. è condannato a una pena detentiva di tre anni.
L'esecuzione della pena detentiva è sospesa parzialmente. La parte da eseguire è di 12 mesi. L'esecuzione della parte restante è sospesa condizionalmente e al condannato è impartito un periodo di prova di due anni.
3. Il Canton Ticino è designato Cantone cui compete l'esecuzione (art. 74 LOAP).
II. B.
1. B. è riconosciuto autore colpevole di:
- amministrazione infedele qualificata ripetuta (art. 158 n. 2 CP), come al punto 1.2.1 (e sottopunti) dell'atto d'accusa;
- truffa ripetuta (art. 146 cpv. 1 CP), come al punto 1.2.2 (e sottopunti) dell'atto d'accusa;
- falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 2 CP), come al punto 1.2.3 (e sottopunti) dell'atto d'accusa.
2. B. è condannato a una pena detentiva di 18 mesi ed a una pena pecuniaria di 180 aliquote giornaliere di CHF 30.-- cadauna.
L'esecuzione della pena detentiva e della pena pecuniaria è sospesa condizionalmente e al condannato è impartito un periodo di prova di due anni.
III. C.
1.
1.1 Il procedimento nei confronti di C. è abbandonato:
- in relazione alle imputazioni da 1.3.1.2.1 a 1.3.1.2.4 (falsità in documenti, art. 251 n. 1 CP), per intervenuta prescrizione dell'azione penale;
1.2 C. - per quanto il procedimento nei suoi confronti non sia stato abbandonato come al sub III. 1.1 del presente dispositivo - è riconosciuto autore colpevole di:
- falsità in documenti ripetuta (art. 251 n. 1 CP) come al punto 1.3.1 (e sottopunti) dell'atto d'accusa.
2. C. è condannato a una pena pecuniaria di 240 aliquote giornaliere di CHF 30.-- cadauna.
L'esecuzione della pena è sospesa condizionalmente e al condannato è impartito un periodo di prova di due anni.
IV. Documentazione e valori patrimoniali sequestrati
1. È mantenuto il sequestro della documentazione agli atti, a valere quale mezzo di prova.
2. È ordinato il dissequestro della relazione n. R59. intestata a RRRR. presso Banca 37 SA.
V. Risarcimento equivalente (art. 71 CP)
1.
1.1 A. è condannato al pagamento di un risarcimento equivalente a favore della Confederazione di complessivi CHF 100'000.--.
1.2 Al fine di garantire la parziale esecuzione del risarcimento equivalente, viene mantenuto il sequestro:
- sul conto n. C1. intestato ad A. presso Banca 3 AG con un saldo di CHF 30'631.82 (stato al 31 dicembre 2021);
- sul conto n. C2. intestato ad A. presso Banca 4 con un saldo di CHF 8'079.84 (stato al 31 dicembre 2021);
- sulle somme di EUR 12'571.64 e USD 4'544.48 (controvalore in CHF al giorno 4 febbraio 2022) depositate presso la Banca 5;
- sulla polizza vita n. 9. di A. presso l'assicurazione Società 4 AG con un valore di riscatto di CHF 10'104.-- (stato al 31 dicembre 2021);
- sulle tre statue poste sotto sequestro.
2.
2.1 B. è condannato al pagamento di un risarcimento equivalente a favore della Confederazione di complessivi CHF 605'000.--.
2.2 Al fine di garantire la parziale esecuzione del risarcimento equivalente, viene mantenuto il sequestro:
- sul conto n. C3. intestato a B. presso Banca 6 AG con un saldo di CHF 600'379.14 (stato al 31 dicembre 2021).
VI. Pretese civili
1.
1.1 La pretesa di G. nei confronti di A. è accolta limitatamente ad EUR 210'727.48 (EUR 165'281.23 come al punto 1.1.1.1.2 + EUR 45'446.25 come al punto 1.1.1.2.2 dell'atto d'accusa).
Per gli importi che eccedono la pretesa civile riconosciuta, l'accusatrice privata è rinviata al foro civile (art. 126 cpv. 2 lett. b CPP).
1.2 La pretesa di E1., E2. e E3. nei confronti di A. è accolta limitatamente ad EUR 27'976.20 (EUR 17'051.20 come al punto 1.1.1.1.17 + EUR 10'925.-- come al punto 1.1.1.2.28 dell'atto d'accusa).
Per gli importi che eccedono la pretesa civile riconosciuta, gli accusatori privati sono rinviati al foro civile (art. 126 cpv. 2 lett. b CPP).
1.3 La pretesa di D. nei confronti di A. è accolta limitatamente a:
- CHF 197'000.-- (come al punto 1.1.1.2.43 dell'atto d'accusa)
- EUR 733'100.-- (EUR 8'100.-- come al punto 1.1.1.2.43 + EUR 120'000.-- come al punto 1.1.2.4.1 + EUR 220'000.-- come al punto 1.1.2.4.2 + EUR 310'000.-- come al punto 1.1.2.4.3 + EUR 75'000.-- come al punto 1.1.2.4.4 dell'atto d'accusa)
- USD 12'000.-- (come al punto 1.1.1.2.43 dell'atto d'accusa)
importi oltre interessi al 5% dal 1 giugno 2013.
Per gli importi che eccedono la pretesa civile riconosciuta, l'accusatore privato è rinviato al foro civile (art. 126 cpv. 2 lett. b CPP).
2. La pretesa di E1., E2. e E3. nei confronti di B. è accolta limitatamente ad EUR 532'038.25 (EUR 50'000.-- come al punto 1.2.2.1.1 + EUR 6'000.-- come al punto 1.2.2.1.2 + EUR 25'000.-- come al punto 1.2.2.1.3 + EUR 25'000.-- come al punto 1.2.2.1.4 + EUR 59'533.87 come al punto 1.2.2.1.5 + EUR 120'020.80 come al punto 1.2.2.1.6 + EUR 129'983.58 come al punto 1.2.2.1.7 + EUR 116'500.-- come al punto 1.2.2.1.8 dell'atto d'accusa).
Per gli importi che eccedono la pretesa civile riconosciuta, gli accusatori privati sono rinviati al foro civile (art. 126 cpv. 2 lett. b CPP).
VII. Spese procedurali
1. Le spese procedurali per:
CHF 50'000.-- a titolo di procedura preliminare
CHF 12'072.85 a titolo di disborsi
CHF 20'000.-- a titolo di emolumenti di giustizia
per complessivi CHF 82'072.85, sono poste:
- a carico di A. in ragione di CHF 25'000.--
- a carico di B. in ragione di CHF 23'922.30
- a carico di C. in ragione di CHF 25'000.--.
Le ulteriori spese procedurali sono poste a carico della Confederazione.
2. È mantenuto il sequestro di quanto menzionato al sub V., anche in vista del pagamento delle spese procedurali (art. 268 cpv. 1 lett. a CPP).
VIII. Difese e patrocinio d'ufficio
1. La retribuzione del patrocinatore d'ufficio di G., avv. Marco Marty, è fissata in CHF 26'800.-- (IVA inclusa), da dedursi eventuali anticipi già versati, importo a carico della Confederazione.
2. La retribuzione del difensore d'ufficio di A., avv. Carlo Borradori, è fissata in CHF 104'900.-- (IVA inclusa), da dedursi eventuali anticipi già versati, importo a carico della Confederazione.
A. è condannato al rimborso alla Confederazione non appena le sue condizioni economiche glielo permetteranno (art. 135 cpv. 4 lett. a CPP).
3. La retribuzione del difensore d'ufficio di B., avv. Matteo Galante, è fissata in CHF 72'050.-- (IVA inclusa), da dedursi eventuali anticipi già versati, importo a carico della Confederazione.
B. è condannato al rimborso alla Confederazione non appena le sue condizioni economiche glielo permetteranno (art. 135 cpv. 4 lett. a CPP).
4. La retribuzione del difensore d'ufficio di C., avv. Nadir Guglielmoni, è fissata in CHF 18'550.-- (IVA inclusa), da dedursi eventuali anticipi già versati, (IVA inclusa), importo a carico della Confederazione.
C. è condannato al rimborso alla Confederazione non appena le sue condizioni economiche glielo permetteranno (art. 135 cpv. 4 lett. a CPP).
IX. Risarcimenti
A. ed C. sono condannati a versare in solido all'accusatore privato Fondo 1 l'importo di CHF 30'475.-- a titolo di indennizzo.
In nome della Corte penale
del Tribunale penale federale
La Presidente del Collegio giudicante La Cancelliera
Il testo integrale della sentenza viene notificato a:
- Ministero pubblico della Confederazione, Procuratori federali Stefano Herold e Alessandro Bernasconi,
- Avv. Carlo Borradori,
- Avv. Matteo Galante,
- Avv. Nadir Guglielmoni,
- Avv. Costantino Castelli,
- Avv. Ivan Paparelli,
- Avv. Carlo Fubiani,
- F.,
- Avv. Marco S. Marty,
- Società 1 S.R.L, rappresentata dal Presidente del CdA NNN.
- H.,
- Società 2 SA in liquidazione, rappresentata dall'Ufficio dei fallimenti del Distretto di Lugano
Dopo il passaggio in giudicato la sentenza sarà comunicata a:
- Ministero pubblico della Confederazione in quanto autorità d'esecuzione (testo integrale)
Informazione sui rimedi giuridici
Il Tribunale rinuncia a una motivazione scritta se motiva oralmente la sentenza e non pronuncia una pena detentiva superiore a due anni, un internamento secondo l'articolo 64 CP, un trattamento secondo l'articolo 59 capoverso 3 CP oppure una privazione di libertà di oltre due anni conseguente alla revoca simultanea della sospensione condizionale di sanzioni (art. 82 cpv. 1 CPP). Il Tribunale notifica successivamente alle parti una sentenza motivata se una parte lo domanda entro 10 giorni dalla notificazione del dispositivo oppure se una parte interpone ricorso (art. 82 cpv. 2 CPP).
Appello alla Corte d'appello del Tribunale penale federale
L'appello contro le sentenze della Corte penale del Tribunale penale federale che pongono fine, in tutto o in parte, al procedimento va annunciato alla Corte penale del Tribunale penale federale entro 10 giorni dalla comunicazione della sentenza, per scritto oppure oralmente (art. 399 cpv. 1 in relazione con l'art. 398 cpv. 1 CPP; art. 38a LOAP).
La Corte d'appello può esaminare per estenso tutti i punti impugnati. Mediante l'appello si possono censurare: le violazioni del diritto, compreso l'eccesso e l'abuso del potere di apprezzamento e la denegata o ritardata giustizia, l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti, come pure l'inadeguatezza (art. 398 cpv. 2 e 3 CPP).
La parte che ha annunciato il ricorso in appello inoltra una dichiarazione scritta d'appello entro 20 giorni dalla notificazione della sentenza motivata alla Corte d'appello del Tribunale penale federale. Nella dichiarazione precisa se intende impugnare l'intera sentenza o soltanto sue parti, in che modo domanda sia modificata la sentenza di primo grado e le sue istanze probatorie. Se vengono impugnate soltanto parti della sentenza, deve essere precisato, in modo vincolante, su quali aspetti verte l'appello (art. 399 cpv. 3 e 4 CPP).
Reclamo alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale
Il reclamo contro i decreti e le ordinanze, nonché gli atti procedurali della Corte penale del Tribunale penale federale, eccettuate le decisioni ordinatorie, deve essere presentato e motivato per scritto entro 10 giorni alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (art. 393 cpv. 1 lett. b e art. 396 cpv. 1 CPP; art. 37 cpv. 1 LOAP).
Il reclamo contro la decisione che fissa la retribuzione del difensore d'ufficio deve essere presentato e motivato per scritto entro 10 giorni alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (art. 135 cpv. 3 lett. a e art. 396 cpv. 1 CPP; art. 37 cpv. 1 LOAP).
Mediante il reclamo si possono censurare: la violazione del diritto, compreso l'eccesso e l'abuso del potere di apprezzamento e la denegata o ritardata giustizia, l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti, come pure l'inadeguatezza (art. 393 cpv. 2 CPP).
Rispetto dei termini
Le istanze o memorie devono essere consegnate al più tardi l'ultimo giorno del termine presso l'autorità penale oppure, all'indirizzo di questa, presso la posta svizzera, una rappresentanza diplomatica o consolare svizzera oppure, qualora provengano da persone in stato di carcerazione, alla direzione dello stabilimento (art. 91 cpv. 2 CPP).
Data di spedizione: 7 settembre 2022
Bitte beachten Sie, dass keinen Anspruch auf Aktualität/Richtigkeit/Formatierung und/oder Vollständigkeit besteht und somit jegliche Gewährleistung entfällt. Die Original-Entscheide können Sie unter dem jeweiligen Gericht bestellen oder entnehmen.
Hier geht es zurück zur Suchmaschine.