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Bundesstrafgericht Urteil

Kopfdaten
Instanz:Bundesstrafgericht
Abteilung:Beschwerdekammer: Rechtshilfe
Fallnummer:RR.2015.210
Datum:04.11.2015
Leitsatz/Stichwort:Assistenza giudiziaria internazionale in materia penale all'Italia. Consegna di mezzi di prova (art. 74 AIMP).
Schlagwörter : Apos;; Apos;art; Apos;autorità; Tribunal; Tribunale; Apos;attività; Apos;assistenza; FINMA; Corte; Svizzera; Apos;AFD; LFINMA; Italia; Accordo; Apos;esecuzione; -svizzero; Ufficio; Amministrazione; Apos;estero; Apos;Ufficio; Berna; Apos;esercizio; Convenzione; Apos;Accordo; Apos;applicazione; Apos;esistenza; RSPPF; Apos;avv; Assistenza; Apos;Italia
Rechtskraft:Kein Weiterzug, rechtskräftig
Rechtsnorm: Art. 44 Or;
Kommentar:
Bernhard Waldmann, Philippe Weissenberger, Frank, Praxis zum Bundesgesetz über das Verwaltungsverfahren [Bernhard Waldmann, Philippe Weissenberger, Art. 52 VwVG, 2009
Entscheid

Bundesstrafgericht

Tribunal pénal fédéral

Tribunale penale federale

Tribunal penal federal

Numero dell'incarto: RR.2015.210

Sentenza del 4 novembre 2015

Corte dei reclami penali

Composizione

Giudici penali federali Stephan Blättler, presidente,

Tito Ponti e Roy Garré ,

Cancelliera Susy Pedrinis Quadri

Parti

A. SA , rappresentata dall'avv. Rosangela Locatelli,

Ricorrente

contro

Amministrazione federale delle dogane ,

Controparte

Oggetto

Assistenza giudiziaria internazionale in materia penale all'Italia

Consegna di mezzi di prova (art. 74 AIMP )


Fatti:

A. Il 1° aprile 2014 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Massa (Italia) ha presentato alla Svizzera una domanda d'assistenza giudiziaria, nell'ambito di un procedimento penale avviato nei confronti di svariati soggetti per i reati di riciclaggio (art. 648 -bis CP italiano) e abusiva attività finanziaria (art. 132 Decreto legislativo 385/1993) con l'aggravante del reato transnazionale (art. 3 Legge 146/2006). Secondo l'attività investigativa svolta in Italia, commercianti all'ingrosso e al dettaglio di gioielli e preziosi avrebbero trasferito il ricavo delle vendite, tra cui anche contanti, a imprenditori del settore del marmo. Questi ultimi avrebbero a loro volta trasferito/scambiato il denaro ricevuto, mediante cessione a terzi imprenditori nazionali o tramite l'apertura di rapporti bancari o finanziari all'estero (anche in Svizzera), mediante ditte fittizie, al fine di occultarne la provenienza. L'attività di indagine avrebbe permesso di individuare gli autori che hanno preso in consegna il denaro contante e lo hanno trasmesso alle ditte destinatarie finali oppure direttamente o indirettamente agli intermediari finanziari in territorio svizzero, come pure gli estremi dei rapporti finanziari in Svizzera. A mente dell'autorità inquirente estera l'obiettivo di questo modo di procedere sarebbe stato quello di rendere impossibile il monitoraggio dei flussi finanziari da parte dell'autorità italiana di sorveglianza sui mercati finanziari (v. act. 6.1 pag. 2). Con la domanda di assistenza, l'autorità rogante ha segnatamente postulato l'acquisizione presso banca B. AG, di informazioni e documentazione a far tempo dal 1° gennaio 2005, in particolare della documentazione completa di apertura, dei documenti C. e degli allegati, delle procure e dei documenti di identificazione delle persone abilitate a disporre e degli estratti conto relativamente alla relazione intestata a A. S.A. n. IBAN 1 (v. act. 11.1 pag. 3 e 4).

B. Con scritto del 5 giugno 2014 l'Amministrazione federale delle dogane (in seguito: AFD) ha informato l'Ufficio federale di Giustizia di necessitare di sapere, segnatamente, se le inchieste penali comprendessero anche la sottrazione di imposte (act. 11.3). Con e-mail del 19 agosto 2014 l'autorità estera ha precisato che dalle indagini sarebbe emersa anche l'ipotesi del reato di associazione per delinquere (art. 416 CP italiano), come pure che i commercianti di gioielli non sarebbero indagati per violazioni ai fini IVA, mentre alcuni dei soggetti indicati nella domanda rogatoriale sarebbero indagati per reati tributari nel settore delle imposte dirette, reati questi ultimi per il cui chiarimento verranno utilizzati anche i mezzi di prova raccolti; infine, ha indicato che le operazioni illegali sarebbero iniziate nel 2008 (v. act. 11 pag. 3).

C. Mediante decisione di entrata in materia del 20 gennaio 2015 l'AFD, autorità alla quale l'Ufficio federale di giustizia (in seguito: UFG) ha delegato l'esecuzione della rogatoria, è entrata in materia sulla domanda presentata dall'autorità italiana, ordinando i provvedimenti in questa menzionati, limitando tuttavia gli estratti conti al periodo a partire dal 1° gennaio 2008 (act. 11.2, 11.4).

D. Il 5 febbraio 2015 banca B. AG ha inviato all'AFD la documentazione richiesta (act. 11.9, 11.10), documentazione che è stata sequestrata con processo verbale del 13 febbraio 2015 (v. act. 1.1 pag. 3 e 4).

E. Il 31 marzo 2015, dopo aver consultato gli atti, la ricorrente ha inoltrato all'AFD le proprie osservazioni e conclusioni (act. 11.5).

F. Con decisione finale in base a una domanda di assistenza giudiziaria del 16 giugno 2015 l'AFD ha ordinato la trasmissione all'autorità richiedente della documentazione sequestrata relativa alla relazione bancaria n° 1 (v. act. 1.2).

G. Il 14 luglio 2015 A. ha interposto ricorso contro tale decisione dinanzi alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale chiedendo in via principale la modifica della stessa, nel senso di trasmettere all'autorità richiedente unicamente i documenti di apertura del conto IBAN 1; in via subordinata la ricorrente ha chiesto che vengano trasmessi unicamente i documenti di apertura e sei fiches di accredito elencate e, in via ancor più subordinata, che vengano trasmessi unicamente i documenti di apertura e l'intero estratto conto secretato (act. 1).

H. Con osservazioni del 24 e 31 agosto 2015, l'UFG rispettivamente l'AFD hanno postulato la reiezione del ricorso, nella misura della sua ammissibilità (v. act. 10 e 11).

I. Con replica del 15 settembre 2015, la ricorrente si è in sostanza riconfermata nelle proprie allegazioni ricorsuali, postulando l'annullamento della decisione gravata (act. 13).

L. Le ulteriori argomentazioni delle parti saranno riprese, per quanto necessario, nei considerandi di diritto.

Diritto:

1.

1.1 In virtù degli art. 37 cpv. 2 lett. a della legge federale sull'organizzazione delle autorità penali della Confederazione ( LOAP ; RS 173.71), la Corte dei reclami penali giudica i gravami in materia di assistenza giudiziaria internazionale.

1.2 In tale ambito, la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale non è vincolata dalle conclusioni delle parti (art. 25 cpv. 6 AIMP ; DTF 119 Ib 64 consid. 3a). Essa esamina liberamente se i presupposti per la concessione dell'assistenza sono adempiuti e in quale misura questa debba esser prestata (v. DTF 123 II 134 consid. 1d; 118 Ib 269 consid. 2e), può esaminare aspetti non censurati nel ricorso, senza tuttavia essere tenuta, come lo sarebbe un'autorità di vigilanza, a verificare d'ufficio la conformità delle decisioni impugnate con l'insieme delle norme applicabili (v. 123 II 134 consid. 1d; 119 Ib 56 consid. 1d; TPF 2011 97 consid. 5; Robert Zimmermann, La coopération judiciaire internationale en matière pénale, 4a ediz., Berna 2014, n. 522).

A tale proposito, il Tribunale federale ha in effetti già constatato che le parti possono presentare davanti all'istanza federale domande nuove ivi compresa quella tendente ad una reformatio in peius, come pure che esso - liberato dal vincolo del principio di disposizione ed applicando la massima ufficiale - può modificare la decisione impugnata a favore o a sfavore del ricorrente, andando oltre le conclusioni prese ed ammettendo ad esempio l'assistenza in punti sui quali essa era stata negata o negandola invece ove era stata concessa (reformatio in peius sive in melius). Questa estensione del potere cognitivo è stata voluta per l'importanza primordiale che riveste la collaborazione internazionale nel campo della lotta contro il crimine, da un lato, e per la protezione degli interessi personali legittimi del perseguito o di terzi, dall'altro. Il Tribunale federale ha pure constatato che, nell'applicare la massima ufficiale, esso è tenuto a rispettare i limiti dell'oggetto del litigio, poiché il suo intervento sconfinerebbe altrimenti nell'esercizio di poteri di sorveglianza che non gli competono, né nei riguardi delle autorità cantonali sulle quali vigila l'Ufficio federale (art. 3 OAIMP ), né nei confronti delle autorità federali. L'art. 25 cpv. 6 AIMP non implica neppure un obbligo tassativo del giudice adito di ricercare d'ufficio e ad ogni costo motivi cui le parti - tenute a collaborare per la ricerca del diritto - non abbiano fatto allusione, sia per estendere sia per restringere la concessione dell'assistenza (DTF 112 Ib 576 consid. 3, con rinvii; Fritz Gygi , Bundesverwaltungsrechtspflege, 2a ediz., Berna 1983, pag. 249 e segg., pag. 42 e segg.; Curt Markees , SJK n. 421a, pag. 26/27, lett. d e e).

1.3 I rapporti di assistenza giudiziaria in materia penale fra la Repubblica Italiana e la Confederazione Svizzera sono anzitutto retti dalla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, entrata in vigore il 12 giugno 1962 per l'Italia ed il 20 marzo 1967 per la Svizzera (CEAG; RS 0.351.1), dall'Accordo italo-svizzero del 10 settembre 1998 che completa e agevola l'applicazione della CEAG ( RS 0.351.945.41), entrato in vigore mediante scambio di note il 1° giugno 2003 (in seguito: l'Accordo italo-svizzero), nonché, a partire dal 12 dicembre 2008 (Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, L 327/15 -17, del 5 dicembre 2008), dagli art. 48 e segg. della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 (CAS; testo non pubblicato nella RS ma consultabile nel fascicolo "Assistenza e estradizione" edito dalla Cancelleria federale, Berna 2014). Di rilievo nella fattispecie è anche la Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, conclusa a Strasburgo l'8 novembre 1990, entrata in vigore il 1° settembre 1993 per la Svizzera ed il 1° maggio 1994 per l'Italia (CRic; RS. 0.311.53). Alle questioni che il prevalente diritto internazionale contenuto in detti trattati non regola espressamente o implicitamente, come pure quando il diritto nazionale sia più favorevole all'assistenza rispetto a quello pattizio (cosiddetto principio di favore), si applicano la legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale del 20 marzo 1981 (AIMP; RS 351.1), unitamente alla relativa ordinanza (OAIMP; RS 351.11; v. art. 1 cpv. 1 AIMP , art. I n. 2 Accordo italo-svizzero; DTF 140 IV 123 consid 2; 137 IV 33 consid. 2.2.2; 136 IV 82 consid. 3.1; 135 IV 212 consid. 2.3; 123 II 134 consid. 1a; 122 II 140 consid. 2). Il principio di favore vale anche nell'applicazione delle pertinenti norme di diritto internazionale (v. art. 48 n. 2 CAS, 39 n. 3 CRic e art. I n. 2 Accordo italo-svizzero). È fatto salvo il rispetto dei diritti fondamentali ( DTF 135 IV 212 consid. 2.3; 123 II 595 consid. 7c).

1.4 Interposto tempestivamente contro una decisione di chiusura dell'autorità federale d'esecuzione, il ricorso è ricevibile sotto il profilo degli art. 25 cpv. 1 , 80 e cpv. 1 e 80 k AIMP . La legittimazione della ricorrente, titolare della relazione bancaria oggetto della criticata misura rogatoriale, è pacifica (v. art. 80 h lett. b AIMP e art. 9 a lett. a OAIMP ; DTF 137 IV 134 consid. 5.2.1; 118 Ib 547 consid. 1d; TPF 2007 79 consid. 1.6).

2. Nella propria impugnativa, la ricorrente censura anzitutto la violazione del principio della doppia punibilità. In particolare, ella evidenzia come le fattispecie evocate nella rogatoria non permetterebbero di determinare per quali reati esattamente siano indagate le persone menzionate nella rogatoria, ciò che non permetterebbe la verifica dell'esistenza del reato posto alla base della richiesta di assistenza.

2.1 Aderendo alla CEAG, la Svizzera ha posto il principio della doppia punibilità quale condizione all'esecuzione di ogni commissione rogatoria esigente l'applicazione di una qualsiasi misura coercitiva (v. art. 5 n . 1 lett. 1 CEAG e la riserva formulata mediante l'art. 3 del decreto federale del 27 settembre 1966 che approva la Convenzione del Consiglio d'Europa, RU 1967 p. 893 e segg.). L'art. X n. 1 dell'Accordo italo-svizzero prevede a sua volta che l'assistenza giudiziaria consistente in una misura coercitiva è concessa solo se il fatto che ha dato luogo alla commissione rogatoria è punibile secondo il diritto dei due Stati. Nel diritto interno, tale principio è espresso all'art. 64 cpv. 1 AIMP . Il giudice dell'assistenza e prima di esso le autorità d'esecuzione non devono procedere a un esame dei reati e delle norme penali menzionati nella domanda di assistenza, ma devono semplicemente vagliare, limitandosi a un esame " prima facie", se i fatti addotti nella domanda estera - effettuata la dovuta trasposizione - sarebbero punibili anche secondo il diritto svizzero, ricordato che la punibilità secondo il diritto svizzero va determinata senza tener conto delle particolari forme di colpa e condizioni di punibilità da questo previste (DTF 124 II 184 consid. 4b/cc pag. 188; 118 Ib 543 consid. 3b/aa pag. 546; 116 Ib 89 consid. 3b/bb; 112 Ib 576 consid. 11b/bb pag. 594). I fatti incriminati non devono forzatamente essere caratterizzati, nelle due legislazioni toccate, dalla medesima qualificazione giuridica (DTF 124 II 184 consid. 4b/cc pag. 188).Nel campo della cosiddetta piccola assistenza (a differenza dell'estradizione) le misure di cooperazione sono già ammesse se la doppia punibilità è ossequiata alla luce di una singola fattispecie (sentenza del Tribunale federale 1C_138/2007 del 17 luglio 2007, consid. 2.3 e rinvii).

2.2 Nel caso di specie, l'inchiesta estera porta su diverse ipotesi di reato, già evidenziate in precedenza (v. lett. A supra), ossia il riciclaggio (art. 648 -bis CP italiano) e l' abusiva attività finanziaria (art. 132 Decreto legislativo 385/1993) con l'aggravante del reato transnazionale (art. 3 Legge 146/2006). L'autorità richiedente sostiene infatti che commercianti all'ingrosso o al dettaglio di gioielli e preziosi, in gran parte di origine indiana, esercitando illecitamente l'attività finanziaria, avrebbero procurato del denaro, anche in contanti, ad imprenditori italiani operanti nel settore dell'estrazione e della commercializzazione di marmo. A loro volta, detti imprenditori avrebbero - al fine di ostacolare la ricostruzione della sua provenienza - trasferito/sostituito il denaro ricevuto cedendolo a terzi imprenditori italiani o aprendo rapporti bancari/finanziari all'estero, verosimilmente in Svizzera, ricorrendo a società-schermo.

2.3 Dalla decisione finale impugnata (act. 1.1 pag. 2), si evince che l'AFD ha considerato adempiuto il requisito della doppia punibilità alla luce dell'art. 44 della legge federale del 22 giugno 2007 concernente l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (legge sulla vigilanza dei mercati finanziari; LFINMA; RS 956.1). In effetti il reato di abusiva attività finanziaria giusta l'art. 132 del Decreto legislativo 385/1993 presenta affinità con le equivalenti norme di diritto svizzero relative alla vigilanza sui mercati finanziari, attività per l'appunto svolta dalla FINMA (v. Peter Nobel , Schweizerisches Finanzmarktrecht und internationale Standards, 3a ediz., Berna 2010, pag. 484).

Secondo l'art. 44 LFINMA , chiunque, intenzionalmente, esercita senza autorizzazione, riconoscimento, abilitazione o registrazione un'attività soggetta ad autorizzazione, riconoscimento, abilitazione o registrazione conformemente alle leggi sui mercati finanziari è punito con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria (cpv. 1). Chi ha agito per negligenza è punito con la multa sino a 250'000 franchi (cpv. 2). In caso di recidiva entro cinque anni da una condanna passata in giudicato, la pena pecuniaria è di almeno 45 aliquote giornaliere (cpv. 3).

Sotto il profilo oggettivo la fattispecie presuppone l'esistenza di un'attività soggetta ad autorizzazione, riconoscimento, abilitazione o registrazione da parte della FINMA (v. Renate Schwob/Wolfgang Wohlers , Basler Kommentar, Börsengesetz Finanzmarktaufsichtsgesetz, 2a ediz., Basilea 2011, n. 11 ad art. 44 LFINMA ). Ora, dalla descrizione contenuta nella domanda di assistenza, non risulta quale sarebbe l'attività finanziaria illecitamente esercitata dai commercianti di gioielli e preziosi, limitandosi l'autorità estera ad indicare che essi si sarebbero "adoperati per procurare del denaro, talora in contanti, in dispregio ai vincoli e senza le prescritte autorizzazioni richiesti dal D. Lgs. n. 385/1993 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), in favore di imprenditori italiani, con aziende ubicate sul territorio nazionale, operanti nel settore dell'estrazione e della commercializzazione del marmo" (act. 6.1 pag. 2).

Su tale base, senza alcuna descrizione concreta dei comportamenti, delle modalità dei trasferimenti, delle tipologie dei valori procurati, né benché minima indicazione dei valori in gioco, non è possibile stabilire se l'attività asseritamene svolta dai citati commercianti ricadrebbe, nel diritto svizzero, sotto una delle attività soggette ad autorizzazione giusta l'art. 44 LFINMA . Del resto in base all'art. 1 cpv. 2 terza proposizione della legge sulla banche ( LBCR ; RS.952.0), la mera emissione di prestiti non basta per far ricadere un'attività sotto il regime di autorizzazione (v. anche art. 2 dell'Ordinanza sulle banche e le casse di risparmio; OBCR; RS 952.02), né l'autorità d'esecuzione ha in alcun modo spiegato in virtù di quale disposizione della stessa LBCR l'attività in parola, se trasposta nel diritto svizzero, costituirebbe un reato penale. Gli elementi forniti dall'autorità rogante sono altresì talmente scarni da rendere impossibile una simile valutazione, per tacere del fatto che una violazione delle disposizioni in ambito di fiscalità indiretta (che di per sé permetterebbe misure di assistenza ex art. 50 CAS; v. DTF 136 IV 88 consid. 3.2) è stata esclusa e le pretese violazioni in ambito di fiscalità diretta cadrebbero comunque nella riserva di cui all'art. 3 cpv. 3 AIMP.

Ne discende che, sotto questo profilo, il requisito della doppia punibilità non può considerarsi adempiuto.

2.4 L'autorità rogante reputa che l'agire dei commercianti e degli imprenditori italiani adempirebbe anche la fattispecie del reato di riciclaggio di denaro. L'AFD, dal canto suo, non ha ritenuto di dover approfondire questo aspetto, avendo già ritenuto adempiuto il requisito della doppia punibilità con l'applicazione dell'art. 44 LFINMA (act. 1.2 pag. 2).

In base all'art. 305 bis CP chiunque compie un atto suscettibile di vanificare l'accertamento dell'origine, il ritrovamento o la confisca di valori patrimoniali sapendo o dovendo presumere che provengono da un crimine, è punito con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria (n. 1). Nei casi gravi, la pena è una pena detentiva sino a cinque anni o una pena pecuniaria. Con la pena detentiva è cumulata una pena pecuniaria sino a 500 aliquote giornaliere (n. 2). Vi è caso grave segnatamente se l'autore: agisce come membro di un'organizzazione criminale (lett. a), agisce come membro di una banda costituitasi per esercitare sistematicamente il riciclaggio (lett. b) o realizza una grossa cifra d'affari o un guadagno considerevole facendo mestiere del riciclaggio (lett. c). L'autore è punibile anche se l'atto principale è stato commesso all'estero, purché costituisca reato anche nel luogo in cui è stato compiuto (n. 3).

Nel diritto svizzero dunque, presupposto per l'esistenza del reato di riciclaggio di denaro, è che il reato a monte sia costituito da un crimine, ossia da un reato per cui è comminata una pena detentiva di oltre tre anni (art. 10 cpv. 2 CP ). In casu, il reato presupposto sarebbe costituito, stando alla descrizione contenuta nella rogatoria, dall'esercizio di un'attività finanziaria senza autorizzazione, ossia da un comportamento rientrante nel campo di applicazione dell'art. 44 LFINMA . Detta norma, tuttavia, oltre a non essere comunque concretamente applicabile visto quanto ritenuto al consid. 2.3, non costituisce nemmeno un crimine, prevedendo essa quale sanzione una pena detentiva sino a tre anni o la pena pecuniaria. Ne discende che, secondo il diritto svizzero, il reato di riciclaggio di denaro non potrebbe entrare in considerazione.

2.5 Certo ci si può chiedere se l'abusiva attività finanziaria che viene rimproverata ai commercianti di gioielli e preziosi in questione non comprenda anche il commercio stesso di preziosi e quindi se a livello di doppia punibilità non potrebbe entrare in considerazione un'eventuale violazione delle disposizioni penali di cui agli art. 44 e segg. della legge federale sul controllo del commercio in metalli preziosi e in lavori di metalli preziosi (LCMP; RS 941.31). Sennonché nella rogatoria non vi è alcun elemento in tal senso e viene fatto riferimento esclusivamente al fatto di essersi "adoperati per procurare del denaro, talora in contanti, in dispregio ai vincoli e senza le prescritte autorizzazioni richiesti" dal Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. Non vi è dunque nessun elemento per ritenere che essi abbiano esercitato in maniera abusiva anche l'attività di commerciante di gioielli e preziosi e che quindi, se trasposta nel diritto svizzero, la loro attività avrebbe dovuto essere sottoposta alla sorveglianza da parte dell'Ufficio centrale di controllo dei metalli preziosi (v. art. 3 e segg. dell'ordinanza sul controllo dei metalli preziosi, OCMP ; RS 941.311). Del resto l'art. 132 del citato Testo unico si riferisce ad attività finanziarie in senso stretto e non ad altre forme di commercio, come appunto quello dei metalli preziosi. La dottrina italiana (v. Francesco Antolisei , Manuale di diritto penale, Leggi complementari, vol. I, I reati societari, bancari, di lavoro e previdenza, 14a ediz., a cura di Luigi Conti, Milano 2013, pag. 339 e seg.) sottolinea a questo proposito come la norma in questione "trova la sua ragion d'essere in una esigenza di controllo dell'esercizio, nei confronti del pubblico, dell'assunzione di partecipazioni, concessione di finanziamenti, prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi, negozi tutti compresi nella formula 'attività finanziaria' (art. 106 legge bancaria)". In una prospettiva di doppia punibilità non viene nemmeno in soccorso l'art. 2 cpv. 3 lett. c della legge sul riciclaggio di denaro ( LRD ; RS 955.0), perlomeno sulla base delle informazioni agli atti, nella misura in cui l'estensione della nozione di "intermediario finanziario" anche alle persone che commerciano, per contro proprio o per conto terzi, segnatamente metalli preziosi, con conseguente assoggettamento ad una specifica vigilanza ex art. 12 lett. c LRD (v. Schwob/Wohlers , op. cit., n. 17), non è prevista all'art. 132 Testo unico, né l'autorità rogante sembrerebbe sostenere che gli illeciti siano stati commessi nell'esercizio del commercio di gioielli e preziosi. Su quest'ultimo aspetto la rogatoria è comunque lacunosa e non permette al giudice dell'assistenza di valutare se potrebbe eventualmente entrare in considerazione una doppia punibilità alla luce dell'art. 12 lett. c LRD . Ciò non toglie che, con un esposto dei fatti più completo, potrebbe emergere l'esistenza di irregolarità sotto il profilo delle autorizzazioni in quanto commercianti di preziosi. Vi è quindi ragione per rinviare il fascicolo all'autorità precedente affinché chieda senza indugio all'autorità rogante un completamento ai sensi dell'art. 28 cpv. 6 AIMP .

2.6 Per il resto non occorre chinarsi sulle ulteriori censure formulate dalle ricorrente non potendosi comunque fornire assistenza senza che i predetti chiarimenti vengano effettuati dall'autorità precedente e se del caso venga emanata una nuova decisione che affronti la questione della doppia punibilità giusta l'art. 44 LFINMA in combinato disposto con l'art. 12 lett. c LRD .

3. Ritenuto che questa Corte non è vincolata dalle conclusioni delle parti (v. supra consid. 1.2), essa è giunta alla conclusione, indipendentemente dalle richieste formulate nell'atto ricorsuale e nell'allegato di replica e dai limiti posti alle possibilità di modificare le conclusioni contenute nel ricorso ( Gygi , op. cit., pag. 249 e segg, pag. 257; Frank Seethaler/Fabia Bichsler , in: VwVG Praxiskommentar zum Bundesgesetz über das Verwaltungsverfahren [Bernhard Waldmann/Philippe Weissenberger, ed.], Zurigo/Basilea/Ginevra 2009, n. 40 e seg. ad art. 52 PA ), che la decisione impugnata debba essere annullata. Non va dunque dato seguito alla domanda di assistenza giudiziaria in materia penale del 1° aprile 2014 formulata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Massa relativamente alla relazione 1 intestata alla ricorrente.

4.

4.1 Visto l'esito della procedura, non si riscuote tassa di giustizia (art. 63 cpv. 2 PA richiamato l'art. 39 cpv. 2 lett. b LOAP ). La cassa del Tribunale penale federale restituirà alla ricorrente l'anticipo delle spese già pervenuto pari a fr. 5'000.--.

4.2 Giusta l'art. 64 cpv. 1 PA , richiamato l'art. 39 cpv. 2 lett. b LOAP , l'autorità di ricorso, se ammette il ricorso in tutto o in parte, può, d'ufficio o a domanda, assegnare al ricorrente una indennità per le spese indispensabili e relativamente elevate che ha sopportato (ripetibili). Nei procedimenti davanti al Tribunale penale federale le ripetibili consistono nelle spese di patrocinio (art. 11 cpv. 1 RSPPF applicabile in virtù del rinvio di cui all'art. 10 RSPPF). L'onorario è fissato secondo il tempo, comprovato e necessario, impiegato dall'avvocato per la causa e necessario alla difesa della parte rappresentata. L'indennità oraria ammonta almeno a 200 e al massimo a 300 franchi (art. 12 cpv. 1 RSPPF). Davanti alla Corte dei reclami penali, se l'avvocato, come in casu, non presenta alcuna nota delle spese al più tardi al momento dell'inoltro dell'unica o ultima memoria, il giudice fissa l'onorario secondo libero apprezzamento (art. 12 cpv. 2 RSPPF ). Nel caso concreto si giustifica di fissare in favore della ricorrente un'indennità di fr. 2'500.--, la quale è messa a carico dell'AFD in quanto autorità inferiore giusta l'art. 64 cpv. 2 PA .


Per questi motivi, la Corte dei reclami penali pronuncia:

1. Il ricorso è accolto e la decisione impugnata viene annullata.

2. Non vengono prelevate spese. La cassa del Tribunale penale federale restituirà alla ricorrente l'anticipo delle spese già pervenuto pari a fr. 5'000.--.

3. L'Amministrazione federale delle dogane verserà alla ricorrente un importo di fr. 2'500.-- a titolo di ripetibili.

Bellinzona, il 5 novembre 2015

In nome della Corte dei reclami penali

del Tribunale penale federale

Il Presidente: La Cancelliera :

Comunicazione a:

- Avv. Rosangela Locatelli

- Amministrazione federale delle dogane

- Ufficio federale di giustizia, Settore Assistenza giudiziaria

Informazione sui rimedi giuridici

Il ricorso contro una decisione nel campo dell'assistenza giudiziaria internazionale in materia penale deve essere depositato presso il Tribunale federale entro 10 giorni dalla notificazione del testo integrale della decisione (art. 100 cpv. 1 e 2 lett. b LTF). Il ricorso è ammissibile soltanto se concerne un'estradizione, un sequestro, la consegna di oggetti o beni oppure la comunicazione di informazioni inerenti alla sfera segreta e se si tratti di un caso particolarmente importante (art. 84 cpv. 1 LTF ). Un caso è particolarmente importante segnatamente laddove vi sono motivi per ritenere che sono stati violati elementari principi procedurali o che il procedimento all'estero presenta gravi lacune (art. 84 cpv. 2 LTF ).

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